N. 259 SENTENZA 26 maggio - 1 giugno 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Filiazione - Successione legittima - Diritto di rappresentazione  dei
 figli  naturali  -  Esclusione  -  Richiamo alla giurisprudenza della
 Corte (cfr. sentenza n. 167/1992) - Previsione di costituzione di una
 nuova autonoma classe di successibili formata dai discendenti del  de
 cuius  -  Rapporto  di  filiazione  indipendente   dalla   fonte   di
 discendenza  -  Innovazione  introdotta  dalla  legge  di riforma del
 diritto  di  famiglia  senza efficacia retroattiva - Discrezionalita'
 legislativa - Inammissibilita'.
 
 (C.C., art. 467, nel testo anteriore alla legge 19  maggio  1975,  n.
 151).
 
 (Cost., artt. 3 e 30, terzo comma).
(GU n.24 del 9-6-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 467 del  codice
 civile,  nel  testo  anteriore alla innovazione introdotta con l'art.
 171 dalla legge 19 maggio  1975,  n.  151  (Riforma  del  diritto  di
 famiglia),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  3  marzo  1992  dal
 Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Re Elena  ed
 altre  e Re Roberto, iscritta al n. 391 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  35,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
   Nel corso di un procedimento civile promosso da Elena Re, Piera  Re
 e Jose' Molinari vedova Re, rispettivamente figlie legittime e moglie
 di  Pietro Re deceduto nel 1973, contro Roberto Re, dichiarato figlio
 naturale di Pietro Re con sentenza in data 21 febbraio 1978, al  fine
 di  ottenere  la  declaratoria  di  nullita' dell'atto di divisione -
 stipulato dai medesimi nel 1986 - dell'eredita' di Mario Re, deceduto
 nel 1974 (successivamente alla morte del figlio Pietro), il Tribunale
 di  Genova,  con  ordinanza  del  3  marzo  1992,  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  30,  terzo comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 467 cod. civ., nel
 testo anteriore alla legge n. 151 del 1975 di riforma del diritto  di
 famiglia  modificato  dalla sentenza costituzionale n. 79/1969, nella
 parte in cui  esclude  dal  diritto  di  rappresentazione  il  figlio
 naturale  di  chi, discendente o fratello del de cuius, non potendo o
 non  volendo  accettare  l'eredita',  lasci   o   abbia   discendenti
 legittimi;
    Secondo  la norma impugnata, vigente all'epoca dell'apertura della
 successione di Mario Re (1974),  il  figlio  naturale  di  un  figlio
 premorto  del  de  cuius  non  ha  diritto di venire alla successione
 dell'avo in rappresentanza del  genitore  quando  quest'ultimo  lasci
 figli  legittimi.  Di  qui  la  domanda  di  nullita' della divisione
 intervenuta tra le figlie legittime e il loro fratello  naturale,  in
 quanto stipulata con un soggetto estraneo alla comunione ereditaria.
    Ad  avviso del giudice remittente, sia in linea di interpretazione
 storica, sia in linea di interpretazione logica, il dispositivo della
 sentenza n. 79/1969, pronunziata in relazione a un  caso  in  cui  il
 figlio   premorto   del  de  cuius  non  aveva  lasciato  discendenti
 legittimi, ma solo un figlio naturale, non consente di argomentare  a
 contrario   il   diniego   ai   figli   naturali   del   diritto   di
 rappresentazione  in  presenza  di   figli   legittimi,   ma   lascia
 impregiudicata la questione, che ora viene sollevata, relativamente a
 quest'altro caso.
    Cio'  premesso,  il  Tribunale  ritiene che la norma impugnata, in
 quanto esclude i figli naturali dalla chiamata  per  rappresentazione
 quando il loro genitore (figlio o fratello premorto o rinunziante del
 de  cuius)  abbia lasciato discendenti legittimi, non possa sottrarsi
 al confronto con gli artt. 541 e 574 (abrogati), che nell'ordinamento
 previgente attribuivano ai figli naturali il  diritto  di  concorrere
 nella successione legittima con i figli legittimi in ragione di meta'
 della  quota  conseguita dai legittimi. Dal confronto emergerebbe una
 ingiustificata disparita' di trattamento e un eccesso irrazionale  di
 tutela   dei   membri   della   famiglia  legittima  nell'ipotesi  di
 successione per rappresentazione. Pertanto si chiede una sentenza che
 parifichi la disciplina di questa ipotesi  a  quella  prevista  dalle
 norme da cui e' stato tratto il tertium comparationis.
                         Considerato in diritto
   1. - Il Tribunale di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt.
 3  e  30,  terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 467 cod.  civ.,  nel  testo  anteriore  alla
 riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151), nella
 parte in cui esclude dal diritto di rappresentazione i figli naturali
 di  chi, discendente o fratello o sorella del de cuius, non potendo o
 non  volendo  accettare  l'eredita',  lasci   o   abbia   discendenti
 legittimi.
    Nella  parte  motiva l'ordinanza precisa che la questione non mira
 ad ammettere,  anche  nell'ordinamento  anteriore  alla  riforma,  il
 diritto  di rappresentazione a pari titolo dei figli naturali insieme
 con i figli legittimi, ma ad  ammetterlo  nella  misura  ridotta  del
 diritto  di concorso con i figli legittimi previsto dagli artt. 541 e
 574 (abrogati) nella successione (legittima) diretta.
    2. - La questione e' inammissibile.
    La limitazione dell'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  467
 cod.  civ.,  testo del 1942, dichiarata dalla sentenza n. 79/1969, al
 caso di sopravvivenza al figlio premorto del de cuius di  soli  figli
 naturali,  non  e'  legata,  come  pensa  il Tribunale remittente, al
 petitum formulato in quell'occasione dal giudice a quo in riferimento
 al  caso  oggetto   di   quel   giudizio.   Indipendentemente   dalla
 controversia   concreta   che   ha   dato   luogo   all'incidente  di
 costituzionalita', l'esclusione dell'ipotesi di  esistenza  anche  di
 figli  legittimi  dall'ambito  normativo  della  sentenza riflette un
 limite, derivante dal sistema successorio allora vigente,  al  potere
 della  Corte  di  incidere  sulla  disciplina  della rappresentazione
 ereditaria per accordarla con  la  tutela  costituzionale  dei  figli
 naturali.
    In tale sistema i figli legittimi e i figli naturali (riconosciuti
 o  dichiarati)  appartenevano  a  classi,  o  categorie,  diverse  di
 successibili, gli uni alla classe dei parenti  legittimi,  gli  altri
 alla  classe  dei  parenti  naturali  (art.  565 cod. civ., testo del
 1942). I figli naturali erano chiamati a concorrere nella successione
 legittima con i figli legittimi in base a vocazioni distinte, fondate
 su titoli successori diversi e in ragione di  quote  determinate  dal
 concorso,  ma  contando  ciascun  legittimo  per  due:  mancando  una
 vocazione congiunta in parti uguali, non poteva verificarsi nei  loro
 reciproci  rapporti  il  fenomeno  dell'accrescimento  (art. 674 cod.
 civ.).
    Ne   consegue   che   -   essendo  la  vocazione  (indiretta)  per
 rappresentazione, in quanto determinata per relationem a una chiamata
 antecedente di cui sarebbe stato  destinatario  il  rappresentato  se
 avesse  potuto  o  voluto  venire  all'eredita',  essenzialmente  una
 chiamata unica collettiva - nell'ordinamento del codice 1942 non  era
 configurabile una vocazione ab intestato di questa specie indirizzata
 congiuntamente  a figli legittimi e a figli naturali, appunto perche'
 erano successibili di classi diverse.  Nell'ambito  dell'istituto  di
 cui agli artt. 467 sgg. cod. civ., in presenza di figli legittimi, il
 criterio  di  differenziazione  del  trattamento dei figli naturali -
 riconosciuto legittimo, di fronte all'art. 30 della Costituzione,  da
 una  giurisprudenza  costante  di  questa  Corte  fino  alla  recente
 sentenza n. 167/1992 - non poteva operare se  non  come  criterio  di
 esclusione dei figli naturali.
    Sola alternativa possibile e' l'attribuzione congiunta della quota
 del  rappresentato  ai  figli  legittimi  e  ai  figli  naturali, con
 conseguente divisione in parti uguali. Ma questa soluzione presuppone
 l'equiparazione  delle  due  categorie  di   figli,   e   quindi   la
 costituzione di una nuova autonoma classe di successibili formata dai
 discendenti  del  de  cuius e identificata dal rapporto di filiazione
 indipendentemente  dalla  fonte  della  discendenza   (matrimonio   o
 procreazione fuori del matrimonio). Una tale innovazione, introdotta,
 senza  efficacia  retroattiva,  dalla legge di riforma del diritto di
 famiglia   (art.   565,   nuovo   testo,   cod.   civ.),   appartiene
 esclusivamente al potere legislativo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 467 cod. civ., nel testo anteriore  alla  legge  19  maggio
 1975,  n.  151  (Riforma  del  diritto  di  famiglia),  sollevata, in
 riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della  Costituzione,  dal
 Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 1› giugno 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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