N. 261 SENTENZA 26 maggio - 1 giugno 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale -  Minori  -  Giudice  per  l'udienza  preliminare  -
 Decisione "allo stato degli atti" - Sentenza di non luogo a procedere
 per  concessione del perdono giudiziale - Opposizione - Richiamo alla
 giurisprudenza della Corte (cfr. sentenza n.   77/1993)  -  Questione
 assorbita   nella   statuizione   della   Corte  -  Insussistenza  di
 compressione del diritto di difesa - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, primo comma).
 
 (Cost., art. 24).
(GU n.24 del 9-6-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
    prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi  MENGONI,
    prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,
    prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 32, primo comma,
 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni
 sul  processo penale a carico degli imputati minorenni), promossi con
 n. 2 ordinanze emesse il 14 ottobre 1992 dalla Corte  di  Appello  di
 Bologna - Sezione per i minorenni nei procedimenti penali a carico di
 Montanari  Barbara  e Braghieri Ivan, rispettivamente iscritte ai nn.
 17 e 18 del registro  ordinanze  1993  e  pubblicate  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  5,  prima serie speciale, dell'anno
 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Braghieri Ivan, rappresentato  dai
 genitori  esercenti  la  potesta'  nonche' gli atti di intervento del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 maggio 1993 il Giudice  relatore
 Giuliano Vassalli;
    Uditi  l'avvocato  Davide  Fratta  per Braghieri Ivan e l'avvocato
 dello Stato Stefano Onufrio  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con due ordinanze pronunciate il 14 ottobre 1992, la Corte di
 appello  di Bologna - Sezione per i minorenni, chiamata a decidere su
 appelli proposti avverso  sentenze  di  non  luogo  a  procedere  per
 concessione  del  perdono  giudiziale,  ha  sollevato, in riferimento
 all'art. 24 della Costituzione, questione di  legittimita'  dell'art.
 32,  primo  comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione
 delle disposizioni  sul  processo  penale  a  carico  degli  imputati
 minorenni),  nella  parte in cui prevede che il Giudice per l'udienza
 preliminare possa pronunciare sentenza di non luogo a  procedere  per
 concessione del perdono giudiziale, decidendo allo stato degli atti.
    Osserva  il giudice a quo che la sentenza di non luogo a procedere
 per concessione del perdono giudiziale implica che gli atti  assumono
 "definitivo  rilievo  probatorio"  non a seguito di un accordo tra le
 parti, ma in virtu' di una  delibazione  del  giudice  che  non  puo'
 essere  rimossa  dall'imputato,  il quale rimane quindi privo di ogni
 strumento per introdurre nuovi mezzi di prova al fine di  contrastare
 le risultanze cosi' "cristallizzatesi".
    Ne' a tal fine puo' soccorrere il rimedio dell'appello, in quanto,
 essendo  la  relativa  decisione ugualmente adottata allo stato degli
 atti e poiche' e' comunque escluso l'esito dibattimentale nel caso di
 appello del solo imputato, il diritto di difesa  non  puo'  ritenersi
 esercitato  in  quello  che  non  puo'  essere considerato "un vero e
 proprio giudizio di primo grado".
    Tale preclusione di attivita' probatoria si risolve,  dunque,  per
 il  giudice a quo, in una "rilevantissima compressione del diritto di
 difesa"  che  assume  rilevanza  decisiva  nel   caso   del   perdono
 giudiziale,  giacche' questo "presuppone il positivo accertamento del
 reato e della sua riconducibilita' alla  condotta  dolosa  o  colposa
 dell'imputato".
    2.  -  Nei  giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata inammissibile od
 infondata. La questione sarebbe inammissibile, secondo  l'Avvocatura,
 per  difetto  di  rilevanza,  in quanto la disposizione impugnata "e'
 norma che attiene ai poteri decisori del giudice di primo grado e che
 il giudice di appello non deve applicare". Nel  merito  la  questione
 sarebbe  infondata  in  quanto,  come  questa  Corte ha avuto modo di
 affermare  (sent.  n.  64/1991  e  ord.   n.   300/1991),   l'udienza
 preliminare  non  e' fase di "accertamento della verita' materiale" e
 spetta al  giudice  individuare,  anche  su  richiesta  delle  parti,
 eventuali  temi  nuovi  o  incompleti  ai  fini  del controllo che il
 giudice deve compiere sulla domanda di giudizio avanzata dal pubblico
 ministero. Non vi sarebbe quindi violazione del diritto di difesa, in
 quanto  i  modi  del  relativo esercizio "possono essere diversamente
 articolati in relazione alle speciali caratteristiche strutturali dei
 singoli procedimenti".
    3. - Con memoria del 13 febbraio 1993 si e' costituita  la  difesa
 di uno degli imputati per sostenere l'incostituzionalita' della norma
 sulla  base  di  argomenti  analoghi  a quelli sviluppati dalla Corte
 rimettente.
    Nella  memoria  si  e'  altresi'  osservato  che  la  disposizione
 denunciata  vulnera  anche il principio di uguaglianza, in quanto nei
 confronti degli imputati minorenni  "sarebbe  preclusa  quella  ampia
 possibilita'  di  difesa  che e' invece riservata "agli adulti" dalla
 normativa del giudizio avanti al giudice per le indagini  preliminari
 e del conseguente giudizio di primo grado".
                        Considerato in diritto
    1.   -   Entrambe   le  ordinanze  sollevano,  con  argomentazioni
 identiche, la medesima questione: i relativi giudizi  vanno  pertanto
 riuniti al fine di essere decisi con un'unica sentenza.
    2.  -  La  Corte  di  appello  di Bologna denuncia, in riferimento
 all'art. 24 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 32,  primo
 comma,  del  d.P.R.  22  settembre  1988,  n. 448 (Approvazione delle
 disposizioni sul processo penale a carico degli imputati  minorenni),
 nella  parte in cui prevede che il giudice possa pronunciare sentenza
 di non luogo a procedere  per  concessione  del  perdono  giudiziale.
 Rileva  a tal proposito il giudice a quo che la sentenza di non luogo
 a procedere per concessione del perdono giudiziale  si  inquadra  nel
 modello  offerto dall'art. 425 del codice di procedura penale, con la
 conseguenza che l'appello dell'imputato e' disciplinato dall'art. 428
 dello stesso codice. Da cio'  scaturisce  che  la  pronuncia  che  il
 giudice  adotta  all'esito dell'udienza preliminare "cristallizza" il
 materiale probatorio raccolto, senza che all'imputato  siano  offerti
 strumenti   per   dedurre   elementi  di  prova  contraria  a  quelle
 risultanze. D'altra parte, anche in fase di gravame la decisione  as-
 sume  le  caratteristiche  di  una  pronuncia emessa allo stato degli
 atti, giacche' non e' consentito al giudice di  appello  operare  "un
 ampliamento  del  costituto  istruttorio"  sulla  base  del  quale il
 giudice della udienza preliminare ha adottato  la  propria  sentenza;
 cosicche',   osserva   il   rimettente,   essendo  escluso  l'epilogo
 dibattimentale nel caso in cui l'appello sia stato proposto dal  solo
 imputato, questi viene privato del diritto di difesa, essendo mancato
 "un  vero e proprio giudizio di primo grado". La compressione di tale
 diritto,  conclude  il  giudice  a  quo,  assume  poi  una  "decisiva
 rilevanza"  nel  caso  della  concessione  del perdono giudiziale, in
 quanto, a differenza di altre cause che legittimano l'adozione  della
 sentenza  di  non luogo a procedere, la concessione di quel beneficio
 "presuppone  il  positivo  accertamento  del  reato   e   della   sua
 riconducibilita' alla condotta dolosa o colposa dell'imputato".
    3.   -   Deve  essere  preliminarmente  disattesa  l'eccezione  di
 inammissibilita', per difetto di rilevanza,  che  l'Avvocatura  dello
 Stato  solleva  sul presupposto che la norma censurata atterrebbe "ai
 poteri decisori del giudice di  primo  grado  e  che  il  giudice  di
 appello  non  deve  applicare".  Posto,  infatti, che la disposizione
 impugnata costituisce il necessario referente normativo che traccia i
 confini entro i quali il giudice dell'udienza preliminare e' chiamato
 a pronunciare la sentenza di non luogo a procedere, e considerato che
 e'  proprio  quella  sentenza  a  formare  oggetto  del  giudizio  di
 impugnazione, risulta, allora, del tutto evidente, che il giudice  di
 appello  puo' ritenere legittima la propria investitura ai fini della
 celebrazione della fase di  gravame  soltanto  attraverso  la  previa
 delibazione  della  legittimita' della fonte normativa sulla cui base
 la pronuncia impugnata e' stata emessa.
    Nel merito, la questione  e'  infondata.  Questa  Corte,  infatti,
 chiamata   a  pronunciarsi  su  questione  analoga  (v.  sentenza  n.
 77/1993),  ha  avuto  modo  di  affermare  che,  alla  stregua  delle
 previsioni  dettate  dall'art.  3,  lettera l), della legge-delega 16
 febbraio 1987, n. 81, l'istituto della opposizione e' stato delineato
 dal  legislatore  delegante  quale  rimedio  "inteso   a   consentire
 l'accertamento  dibattimentale  nelle ipotesi in cui la pronuncia del
 giudice della udienza preliminare contiene un enunciato in  punto  di
 responsabilita'  che la parte deve avere la facolta' di rimuovere per
 poter esercitare appieno il proprio diritto alla prova". Da  cio'  si
 e' tratto il corollario "che il diritto a proporre l'opposizione deve
 essere    riconosciuto   non   solo   quando   la   pronuncia   sulla
 responsabilita' e' coessenziale alla sentenza che definisce l'udienza
 preliminare, come  nel  caso  della  condanna,  ma  anche  quando  la
 responsabilita'  dell'imputato  e'  ontologicamente presupposta, come
 nel perdono giudiziale, ovvero,  infine,  e'  logicamente  postulata,
 come  nella  ipotesi di sentenza di non luogo a procedere per difetto
 di imputabilita' a  norma  dell'art.  98  del  codice  penale".  Tali
 rilievi  hanno  dunque  comportato  la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 32, terzo comma,  del  d.P.R.  22  settembre
 1988, n. 448, come sostituito dall'art. 46 del decreto legislativo 14
 gennaio  1991,  n. 12, nella parte in cui non prevede la possibilita'
 di proporre opposizione avverso le sentenze di non luogo a  procedere
 con  le  quali  e'  stata  comunque  presupposta  la  responsabilita'
 dell'imputato, restando cosi' assorbita nella statuizione della Corte
 proprio l'ipotesi della concessione del perdono giudiziale che  forma
 oggetto  della  specifica  questione  sollevata dal giudice a quo. Al
 minorenne nei confronti del quale viene pronunciata sentenza  di  non
 luogo  a  procedere  per concessione del perdono giudiziale, e' cosi'
 offerta la possibilita' di rimuovere,  attraverso  l'opposizione,  la
 pronuncia  adottata  in  sede di udienza preliminare e dar corso alla
 celebrazione del dibattimento, nel cui ambito e' posto in  condizione
 di  esercitare  compiutamente  il  proprio diritto alla prova. Resta,
 pertanto, integralmente soddisfatto  il  petitum  che  il  rimettente
 mostra  di perseguire, giacche' la lamentata compressione del diritto
 di difesa che scaturirebbe  dalla  assenza  di  "un  vero  e  proprio
 giudizio  di primo grado" trova, invece, immediato ristoro attraverso
 il rimedio della opposizione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  32,  primo  comma,  del  d.P.R.  22 settembre 1988, n. 448
 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a  carico  degli
 imputati  minorenni),  sollevata,  in  riferimento  all'art. 24 della
 Costituzione, dalla Corte di Appello  di  Bologna  -  Sezione  per  i
 minorenni, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 1› giugno 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0593