N. 280 ORDINANZA 28 maggio - 10 giugno 1993
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Verbalizzazione riassuntiva - Opzione per la verbalizzazione integrale - Mezzi operativi - Appalto del servizio ad aziende esterne specializzate - Materia non attinente all'ambito di applicazione della norma processuale denunziata - Manifesta inammissibilita'. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 51). (Cost., artt. 24, secondo comma, 76, 97, primo comma, e 101, secondo comma).(GU n.25 del 16-6-1993 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 51 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 1992 dal Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano nel procedimento penale a carico di Panarotto Umberto ed altro, iscritta al n. 802 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 aprile 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un processo penale il Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano solleva, con l'ordinanza indicata in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, in riferimento agli articoli 24, secondo comma, 76, 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione; che il giudice rimettente premette: che pubblico ministero e difesa non hanno prestato il loro consenso alla verbalizzazione riassuntiva, a norma dell'art. 567, comma 3, c.p.p., ed anzi hanno chiesto la verbalizzazione integrale a mezzo trascrizione delle registrazioni ovvero a mezzo stenotipia; che tale opzione per la verbalizzazione integrale e' giustificata in ragione della delicatezza e della complessita' del procedimento, non potendosi ravvisare l'ipotesi del "contenuto semplice" o della "limitata rilevanza" degli atti da documentare (ipotesi cui consegue l'adozione della verbalizzazione in forma riassuntiva a norma dell'art. 140, comma 1, c.p.p.); e che neppure ricorre, nel caso,l'ipotesi, prevista dalla citata norma in via alternativa alla precedente, della "contingente indisponibilita' di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici", giacche': a) l'ufficio a quo dispone dei necessari strumenti di riproduzione; b) con gli ausiliari tecnici (estranei all'amministrazione) e' stato stipulato apposito contratto, a norma dell'art. 51 disp. att. c.p.p., contratto la cui efficacia e' stata tuttavia sospesa a tempo indeterminato, con provvedimento del capo dello stesso ufficio giudiziario, a causa del rifiuto di registrazione di analoghi contratti da parte della Corte dei Conti; che riguardo a tale ultimo profilo, in particolare, il giudice rimettente espone le vicende amministrative che hanno originato l'accennato rifiuto di registrazione di contratti con imprese esterne per il servizio di documentazione tecnica degli atti processuali; che, in punto di fatto, il giudice a quo adduce altresi' l'impossibilita' di procedere a verbalizzazione integrale con il sistema di scrittura manuale, data la quantita' di imputati e testimoni da interrogare ed esaminare, alla stregua di criteri di esperienza maturati in procedimenti di analogo spessore; mentre as- sume, quale presupposto interpretativo della questione di legittimita' costituzionale, il dato per cui non e' consentito dal sistema processuale effettuare la verbalizzazione stenotipica o comunque non manuale attraverso l'applicazione delle disposizioni in tema di perizia (artt. 220 e seguenti del c.p.p.), a loro volta richiamate, quanto a "forme, modi e garanzie" di espletamento, dall'art. 268, comma 7, c.p.p., concernente la trascrizione delle intercettazioni telefoniche; che, tutto cio' premesso, il giudice a quo reputa in conclusione che la norma dell'art. 51 delle norme di attuazione del c.p.p., nella parte in cui appunto non consente al giudice - una volta rilevata l'esigenza di avvalersi di personale tecnico esterno all'amministrazione, e sempre che non siano "operanti" a tal fine contratti con imprese esterne - di effettuare le riproduzioni fonografiche o la verbalizzazione stenotipica (integrale) "con le forme, i modi e le garanzie" previsti per l'espletamento delle perizie (analogamente a quanto disposto dal richiamato art. 268, comma 7, c.p.p.), si ponga in contrasto con i seguenti parametri costituzionali: 1) art. 24, secondo comma, della Costituzione, per compressione del diritto di "difendersi provando" giacche' l'impossibilita' del ricorso a strumenti meccanici determinerebbe di necessita' la sospensione a tempo indeterminato del dibattimento; 2) art. 76 della Costituzione, in riferimento all'art. 2, comma 1, punto 8) della legge-delega per il c.p.p. n. 81 del 1987, per contrasto con i criteri e principi ivi definiti, quali rilevati nella sentenza n. 529 del 1990 della Corte costituzionale, circa la necessita' di salvaguardare la possibilita' del giudice di avvalersi della verbalizzazione integrale; 3) art. 97, primo comma, della Costituzione, poiche' il buon andamento dell'amministrazione della giustizia risulterebbe ostacolato da una normativa che demanda all'iniziativa amministrativa la possibilita' - o meno - di effettuare la verbalizzazione integrale con strumenti tecnici; 4) art. 101, secondo comma, della Costituzione, poiche' anche la esclusiva soggezione del giudice alla legge sarebbe compromessa dal riferito condizionamento della forma di verbalizzazione all' iniziativa amministrativa; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, osservando che il legislatore, nel prevedere la possibilita' di avvalersi di personale estraneo all'amministrazione per le varie forme di documentazione di atti (redazione di verbali, trascrizione di quelli stenotipici, riproduzioni fonografiche o audiovisive), ha stabilito, con criterio razionale nell'ambito della discrezionalita' ad esso accordata, che l'opera di tale personale deve trovare fondamento nella preventiva stipulazione di contratti a termine con imprese specializzate, e che questa disciplina non lede in alcun modo le norme costituzionali invocate; Considerato che, come esposto nella stessa narrativa dell'ordinanza di rimessione, lo svolgimento della verbalizzazione dibattimentale in forma integrale e a mezzo di strumenti tecnici e' ostacolato dalle vicende che hanno determinato il capo dell'ufficio giudiziario di cui fa parte il rimettente a sospendere l'efficacia dei contratti appositamente stipulati con imprese specializzate esterne all'amministrazione; che questa conseguenza deriva dal piu' generale problema che ha interessato i modi di approvazione di tali contratti in rapporto all'inclusione, o meno, delle relative spese tra quelle "di giustizia" a norma del r.d. 23 dicembre 1865 n. 2701; che tale problema, manifestatosi in sede di controllo contabile e di determinazioni amministrative circa l'imputazione delle spese in argomento, non attiene all'ambito di applicazione della norma processuale denunziata, il cui contenuto e' rappresentato dalla autorizzazione alla conclusione di contratti per la documentazione degli atti processuali; che sotto tale profilo le vicende amministrative accennate risultano estranee alla verifica di legittimita' costituzionale della norma, costituendo rispetto a quest'ultima delle evenienze o degli inconvenienti applicativi, estranei alla disciplina processuale della verbalizzazione, che non possono trovare ingresso in sede di sindacato di costituzionalita' delle leggi (ord. n. 23 del 1993; sentt. nn. 468, 333, 249 del 1992), ond'e' che per questo aspetto la questione e' manifestamente inammissibile; che, sotto altro profilo, la richiesta addizione normativa nel corpo della disposizione attuativa del codice di procedura penale, oltre a non costituire in alcun modo una soluzione costituzionalmente obbligata a fronte degli inconvenienti lamentati, si basa sull'asserita impossibilita' di ricorrere alla verbalizzazione manuale (e dunque sulla necessita' di ricercare soluzioni normative nuove ed ulteriori); mentre, al contrario, il fondamentale principio della indefettibilita' della funzione giurisdizionale impone in ogni caso il ricorso a detta modalita' di documentazione (ord. n. 23 del 1993 cit.), non essendo ammissibile, proprio alla stregua dei principi costituzionali invocati, un impedimento dell'attivita' giurisdizionale a causa degli accennati ostacoli di ordine applicativo; che, pertanto, anche sotto tale profilo si configura il rilievo di manifesta inammissibilita' della questione proposta; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 76, 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione dal Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 maggio 1993. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 10 giugno 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 93C0670