N. 359 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 gennaio 1993

                                N. 359
 Ordinanza  emessa  il  25  gennaio 1993 dal pretore di Lecce, sezione
 distaccata di Campi Salentina, nel procedimento penale  a  carico  di
 Grasso Nicola
 Processo penale - Procedimento pretorile - Richiesta di rito
    abbreviato - Accertamento da parte del g.i.p. della diversita' del
    fatto  per  come  contestato nel decreto che dispone il giudizio -
    Conseguente impossibilita' di decidere allo  stato  degli  atti  -
    Restituzione  degli  atti  al p.m. - Successiva emissione di altro
    decreto di citazione con la nuova contestazione - Preclusione  per
    l'imputato  di  richiedere  il  giudizio  abbreviato  -  Lamentata
    disparita' di trattamento  rispetto  ai  procedimenti  innanzi  al
    tribunale  con  incidenza  sul  diritto di difesa - Violazione del
    principio di legalita' della pena.
 (C.P.P. 1988, artt. 562, primo e secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.28 del 7-7-1993 )
                              IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  n.
 13003/93  r.g.  a  carico  di Grasso Nicola, nato il 9 gennaio 1964 a
 Campi Salentina ed ivi residente, imputato: A)  del  delitto  di  cui
 agli artt. 110 e 648 c.p. commesso in Squinzano il 21 luglio 1992; B)
 del  delitto  di  cui  agli  artt. 110, 624 e 625 nn. 2 e 7 del c.p.,
 commesso in Casalabate nella notte tra il 19 ed il 20 luglio 1992.
    Visti gli atti del processo,
                             O S S E R V A
    Il 24 novembre 1992 il  procuratore  della  Repubblica  presso  la
 pretura  circondariale  di  Lecce  emetteva  nei  confronti di Grasso
 Nicola decreto di citazione a giudizio per il  delitto  di  cui  agli
 artt. 110, 81 e 648 del c.p.
    Entro  quindici giorni dalla notificazione del decreto, l'imputato
 depositava nell'ufficio del pubblico ministero richiesta di  giudizio
 abbreviato.
    Il  p.  m.,  ricevuta  detta  richiesta,  trasmetteva  gli atti al
 giudice per le indagini preliminari e avvisava l'imputato ed  il  suo
 difensore della data fissata per l'udienza.
    All'udienza  dell'8  gennaio  1993  per  il  giudizio  abbreviato,
 svoltasi  in  camera  di  consiglio,  il  giudice  per  le   indagini
 preliminari, successivamente alla formulazione ed illustrazione delle
 conclusioni delle parti, ritenendo che il fatto fosse diverso da come
 descritto  nel  decreto  che  disponeva  il giudizio, configurando il
 delitto di furto pluriaggravato e non di ricettazione con riferimento
 alla disponibilita' dell'autovettura Lancia delta turbo HF targata KA
 W  1964,  non potendo decidere "allo stato degli atti", li restituiva
 al pubblico ministero, il quale, per il disposto  dell'art.  562  del
 c.p.p.,   contestualmente  emetteva  altro  decreto  di  citazione  a
 giudizio fissando l'udienza del 25 gennaio 1993 davanti a questo pre-
 tore. Con il nuovo decreto il p.m. modificava l'imputazione nel senso
 indicato nell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari.
    All'udienza dibattimentale, subito  dopo  compiuto  l'accertamento
 della  costituzione  delle parti, il difensore dell'imputato, oltre a
 censurare di abnormita' l'ordinanza con la quale il  giudice  per  le
 indagini preliminari aveva restituito gli atti al pubblico ministero,
 nonche'  il  conseguente  decreto  di  citazione a giudizio emesso ai
 sensi dell'art. 562 del c.p.p., eccepiva che, se  per  ipotesi  fosse
 consentito  al  p.m.  di  formulare  con  il  decreto  di citazione a
 giudizio emesso ai sensi dell'art. 562 del c.p.p.  l'imputazione  per
 un  "fatto  diverso" da quello contestato con l'originario decreto di
 citazione innanzi al pretore, per espresso  divieto  normativo  (art.
 562,  secondo  comma,  del  c.p.p.)  si  priverebbe  l'imputato della
 possibilita' di richiedere il rito speciale del  giudizio  abbreviato
 (con  la  conseguente  riduzione di un terzo della pena irroganda) in
 relazione ad un fatto-reato mai contestatogli in precedenza.
    La questione veniva proposta dalla difesa sotto il  profilo  della
 abnormita'  del  decreto  di  citazione a giudizio innanzi al pretore
 emesso nel caso di specie dal p.m. o della nullita' di tale  atto  ex
 art.  178,  lett.  c)  del  c.p.p.  per  inosservanza  del termine di
 comparizione fissato dall'art. 555, terzo comma del c.p.p.
    Orbene,   secondo   l'impostazione   accolta   dal   codice,   nel
 procedimento  pretorile  (art.  560  del  c.p.p.)  lo svolgimento del
 giudizio abbreviato, sia precedente sia successivo all'emissione  del
 decreto   di   citazione   al  giudizio  pretorile,  e'  disciplinato
 attraverso poche disposizioni (artt. 561 e 562 del c.p.p.), le quali,
 occorrendo, richiamano situazioni normative ordinarie per  completare
 la descrizione della particolare procedura.
    Dall'art.  562 del c.p.p., si ricava che il giudice, se ritiene di
 non potere decidere allo stato degli atti, li restituisce al pubblico
 ministero, il quale contestualmente emette  decreto  di  citazione  a
 giudizio davanti al pretore del dibattimento (privo delle indicazioni
 di  cui  alle  lettere e), f) e g) dell'art. 555 del c.p.p.) fissando
 l'udienza per una data non successiva a venti giorni.
    La trasformazione del rito da  abbreviato  in  ordinario  avviene,
 dunque, secondo un unico meccanismo senza distinguere se la richiesta
 di  giudizio abbreviato sia stata presentata prima e dopo l'emissione
 del decreto di citazione a giudizio. Anche  se  presentata  dopo,  il
 pubblico  ministero deve rinnovare il decreto di citazione a giudizio
 davanti al pretore, non solo per  soddisfare  l'esigenza  formale  di
 individuazione  del  particolare modo di procedere ma anche perche' i
 tempi  di  svolgimento  del  giudizio   abbreviato   potrebbero   non
 conciliarsi  con  la  data  dell'udienza  dibattimentale  fissata con
 l'originario decreto di citazione e con i termini per  il  compimento
 di determinati atti preliminari al dibattimento.
    Quindi,  non  possono  definirsi abnormi ne' l'ordinanza in data 8
 gennaio 1993 del giudice per le indagini preliminari di  restituzione
 al  p.m.  degli  atti  relativi  al  procedimento  a carico di Grasso
 Nicola, ne' la contestuale emissione del nuovo decreto di citazione a
 giudizio  perche'  non  in  contrasto  con  le  previsioni di singole
 disposizioni di legge, ne' con l'intero sistema organico  del  codice
 di procedura penale.
    Per  le  argomentazioni  svolte,  anche  la  eccepita nullita' del
 decreto di citazione a giudizio per l'inosservanza del termine minimo
 per comparire previsto dall'art. 555, terzo  comma  del  c.p.p.  deve
 ritenersi  insussistente  avendolo  il p.m. emesso nel rispetto delle
 forme  e  dei  termini  previsti  dall'art.  562   del   c.p.p.   per
 semplificare  al  massimo la trasformazione del rito da abbreviato in
 ordinario, nell'intento di eliminare  i  tempi  morti  del  passaggio
 degli  atti  dal  giudice per le indagini preliminari all'ufficio del
 pubblico ministero.
    Resta  da  valutare  se  nel  parametro  normativamente   previsto
 dall'art.  562  del  c.p.p.  la non definibilita' o meno del processo
 "allo stato degli atti" possa correlarsi alla  diversita'  del  fatto
 contestato   rispetto   a   quello   ritenuto   dal   giudice  ovvero
 esclusivamente alla necessita' di  assumere  o  meno  altri  elementi
 probatori   concernenti   la   ricostruzione   storica  del  fatto  e
 l'attribuibilita' del reato all'imputato.
    Tra i limiti previsti per questa particolare procedura l'art.  441
 del c.p.p. introduce la non modificabilita' dell'imputazione ai sensi
 dell'art. 423.
    Ove  si  ritenesse  che  l'incontro  della  volonta'  delle parti,
 indispensabile  per  la  praticabilita'  del   giudizio   abbreviato,
 vincolasse il giudice alla prospettazione dei fatti data dal pubblico
 ministero,  siffatta situazione verrebbe in conflitto con l'art. 101,
 secondo comma della Costituzione perche' il giudice, anziche'  essere
 soggetto  soltanto  alla  legge,  sarebbe sostanzialmente tenuto alla
 volonta' delle parti. La stessa Corte costituzionale (sent. 2  aprile
 1970,  n.  50)  ha affermato che "La Costituzione, legando il giudice
 alla legge, vuole assoggettarlo non solo al vincolo di una norma  che
 specificamente contempli la fattispecie da decidere, ma altresi' alle
 valutazioni  che la legge da' dei rapporti, degli atti e dei fatti, e
 al rispetto degli effetti che ne desume".
    La norma  cosi'  interpretata  derogherebbe  irragionevolmente  al
 principio  di  carattere  generale di cui all'art. 521 del c.p.p. che
 impone al giudice di controllare la correttezza della  contestazione,
 disponendo  la  restituzione degli atti al pubblico ministero qualora
 ritenga il fatto diverso da come descritto nel decreto che dispone il
 giudizio.
    Quindi,   il   limite   introdotto   dall'art.   441   della   non
 modificabilita'  dell'imputazione  non  si  pone  con  riferimento al
 potere-dovere  del  giudice  di  verificare  la   correttezza   della
 contestazione, ma alla correlazione necessaria fra la sentenza emessa
 in  esito  al giudizio abbreviato e l'accusa cosi' come formulata con
 l'atto introdottivo del giudizio.
    Nella scelta dell'imputato in favore del  giudizio  abbreviato  e'
 determinante  la  "fissazione formale" del fatto al quale dichiara di
 volersi attenere, di tal che non puo' essere giudicato,  all'udienza,
 per  un  fatto diverso che, se fosse stato a sua conoscenza, avrebbe,
 per avventura, potuto indurlo a non  avanzare  affatto  richiesta  di
 giudizio abbreviato.
    Requisito   di  operativita'  del  rito,  oltre  l'incontro  della
 volonta'  delle  parti,  e'  necessariamente  che  la   ricostruzione
 giudiziale del fatto non sia diversa da come descritta dall'accusa.
    Questa  attivita'  di controllo deve essere esercitata dal giudice
 nel momento in cui si pronuncia sulla possibilita'  di  emettere  una
 sentenza "allo stato degli atti".
    L'inciso  "allo  stato  degli  atti" viene comunemente inteso come
 situazione  probatoria  tale  da  giustificare  una  valutazione   di
 idoneita'  del giudice ai fini della decisione. Ma si ritiene che sia
 piu' corretto affermare che la  definibilita'  o  meno  del  giudizio
 "allo  stato  degli atti" sia correlata alla "sufficienza probatoria"
 degli  elementi  fino  a  quel  momento   acquisiti   rispetto   alla
 ricostruzione  storica  del  fatto  "cosi'  come  contestato" ed alla
 attribuibilita'  all'imputato  del  reato  "cosi'  come  configurato"
 nell'atto introduttivo del giudizio.
    Se  la  situazione  degli atti e' incompatibile con il fatto cosi'
 come  contestato,  il  giudice  non  puo'   ammettere   il   giudizio
 abbreviato.
    Per  i  reati  di  competenza  del  tribunale  la  valutazione  di
 ammissibilita' del giudizio  abbreviato,  prescritta  dall'art.  440,
 primo  comma,  del  c.p.p.,  e'  preliminare, con la conseguenza che,
 l'eventuale rigetto  motivato  dall'accertamento  "che  il  fatto  e'
 diverso" da come contestato, non preclude (art. 440, terzo comma, del
 c.p.p.)  la  reiterazione  della  richiesta  nel  momento in cui, nel
 prosieguo dell'udienza preliminare, il  pubblico  ministero  provvede
 alla modificazione dell'imputazione ai sensi dell'art. 423 del c.p.p.
    Le   esigenze   di   "ulteriore"   massima   semplificazione   del
 procedimento davanti al pretore si  sono  tradotte  nella  scelta  di
 escludere  la valutazione preliminare del giudice sull'ammissibilita'
 del rito. L'art. 561, terzo comma, dispone, infatti, che il  giudice,
 ove  ritenga  di  potere  decidere  allo stato degli atti, provvede a
 pronunciare direttamente la relativa sentenza. Se, invece, ritiene di
 non potere decidere, l'art.  562  stabilisce  che  gli  atti  vengano
 restituiti   al   pubblico   ministero,   il   quale   deve  emettere
 contestualmente decreto di citazione a giudizio  davanti  al  pretore
 del  dibattimento,  senza possibilita' per l'imputato di reiterare la
 richiesta di giudizio  abbreviato  neppure  nell'ipotesi  in  cui  il
 provvedimento  negativo  sia  stato determinato dalla discrepanza tra
 gli atti e la ricostruzione storica del fatto e con il nuovo  decreto
 di  citazione  il pubblico ministero si sia conformato alla pronuncia
 del giudice riformulando l'imputazione.
    E' quel che e' accaduto nel caso di specie.
    Dunque, la iniziale scelta del pubblico ministero  di  configurare
 la notizia criminis entro una determinata imputazione, rivelatasi er-
 rata al vaglio del giudice delle indagini preliminari, per i reati di
 competenza  del  pretore condizionerebbe l'interesse dell'ordinamento
 alla semplificazione del rito e quello dell'imputato  alla  riduzione
 della pena.
    Nell'attuale   assetto   normativo   che  disciplina  il  giudizio
 abbreviato, in  relazione  all'ipotesi  contemplata  risulta  esclusa
 dall'art. 562, secondo comma, del c.p.p. la possibilita' di procedere
 con tale rito quando il p.m., emettendo il nuovo decreto di citazione
 a  giudizio  davanti  al pretore, riformuli l'imputazione non essendo
 prevista,  come  per  i  reati  di  competenza  del   tribunale,   la
 possibilita'  (art.  440,  terzo comma, del c.p.p.) per l'imputato di
 riproporre    la    richiesta   con   riferimento   alla   modificata
 contestazione.
    La disparita' prevista tra  identiche  situazioni  processuali  e'
 incompatibile  con  un ordinamento costituzionale fondato su principi
 di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) e di legalita' della  pena
 (art.  25 della Costituzione) restando evidente che dall'introduzione
 o meno del giudizio abbreviato dipende la possibilita' per il giudice
 di concedere la riduzione di pena di cui all'art. 442, secondo comma,
 del c.p.p. Detti principi e quello di tutela del  diritto  di  difesa
 (art. 24 della Costituzione) dell'imputato contro un provvedimento di
 natura   processuale   che  disconosce  un  suo  diritto,  imporrebbe
 l'armonizzazione del sistema con l'estensione al rito pretorile della
 possibilita', prevista dall'art. 440, terzo comma,  del  c.p.p.,  per
 l'imputato  di  riproporre  la  richiesta  di  giudizio abbreviato in
 presenza delle condizioni sopra enunciate.
    La prospettata questione e' certamente rilevante nel  giudizio  in
 corso in quanto se venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale
 dell'articolo  del codice di procedura penale citato verrebbe offerta
 all'imputato la possibilita' di riproporre la richiesta  di  giudizio
 abbreviato   con   accesso   ad   un   rito  dal  quale  scaturiscono
 automaticamente rilevanti effetti sulla determinazione della pena.
                                P. Q. M.
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della   legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata con riferimento
 agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e  25,  secondo  comma,
 della   Costituzione  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 562, primo e secondo comma, del c.p.p. nella parte  in  cui
 non  dispone  che il giudice per le indagini preliminari, ove accerti
 che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone  il
 giudizio,  debba trasmettere gli atti al p.m. ai sensi dell'art. 521,
 secondo comma, del c.p.p. perche' emetta altro decreto di citazione a
 giudizio senza preclusione per l'imputato  di  richiedere,  ai  sensi
 dell'art.  555,  lett.  e)  del  c.p.p.,  il  giudizio abbreviato con
 riferimento alla nuova contestazione dell'imputazione;
    Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Sospende  il  procedimento  fino  alla  definizione  del  giudizio
 incidentale di costituzionalita' cosi' promosso d'ufficio;
    Manda   alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
 ordinanza alle parti private ed ai  loro  difensori,  al  procuratore
 della  Repubblica  presso  la  pretura  circondariale  di Lecce ed al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e per la sua  comunicazione  al
 Presidente  della  Camera  dei  deputati  ed al Presidente del Senato
 della Repubblica.
      Campi Salentina, addi' 25 gennaio 1993
                          Il pretore: BOSELLI

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