N. 369 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 marzo 1993

                                N. 369
     Ordinanza emessa il 12 marzo 1993 dal pretore di Voghera nel
  procedimento civile vertente tra Zanlungo Mario ed altre
  l'Unita' sanitaria locale n. 79 di Voghera
 Sanita' pubblica - Medici in rapporto di lavoro dipendente con il
    S.S.N.  -  Divieto  di  svolgimento  di  altro  rapporto di lavoro
    dipendente    nonche'    dell'esercizio    o     titolarita'     a
    compartecipazione  di impresa in potenziale conflitto di interessi
    con il S.S.N. - Diversa disciplina per  il  personale  medico  con
    rapporto di lavoro a tempo definito (per il quale l'incompatibita'
    decorre  dal  1› gennaio 1993) rispetto al personale convenzionato
    (per il quale dovranno disporre i  futuri  accordi  di  esecuzione
    dell'art.   48   della  legge  n.  833/1978)  -  Irrazionalita'  e
    disparita' di trattamento di situazioni omogenee con incidenza sui
    principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento   della   p.a.   -
    Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 61/1965.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.29 del 14-7-1993 )
                              IL PRETORE
    Sciogliendo  la  riserva,  rileva  il  diritto che a seguito della
 emanazione  della  legge  n.  412/1991,  nella  prospettiva  di   una
 tendenziale   "rivoluzione   copernichiana"  del  servizio  sanitario
 nazionale, si e'  introdotto  (art.  4,  n.  7)  il  nuovo  principio
 dell'"esclusivita'"  di  ogni rapporto di lavoro con detto servizio e
 della  sua  incompatibilita'  con  ogni  altro  rapporto  di   lavoro
 dipendente  e  di  natura convenzionale, nonche' con l'esercizio e la
 titolarita' o compartecipazione delle quote di imprese in  potenziale
 conflitto di interesse con il medesimo servizio.
    Non interessano a questo pretore le considerazioni di opportunita'
 ma  esclusivamente  quelle di natura giuridica: i ricorrenti invocano
 la violazione di una serie di precetti costituzionali (art. 97  e  3)
 che  si  sostanziano nella "irragionevolezza" della recente normativa
 soprattutto rispetto ai "diritti quesiti", ed il  dubbio  prospettato
 e' senza meno fondato.
    In  primo  luogo  il  legislatore  ha  "separato" la posizione del
 personale medico con rapporto di lavoro  a  tempo  definito  (per  il
 quale   l'unicita'   decorre  dal  1›  gennaio  1993)  dal  personale
 convenzionato e "pluriconvenzionato" (la  cui  sorte  e'  rimessa  ai
 futuri  accordi  di esecuzione dell'art. 48 della legge n. 833/1978).
 Non appare  francamente  giustificata  questa  scelta  ne'  tantomeno
 ragionevole  (pur  condivisa  dal  Ministero  della  sanita'  con  la
 circolare 24 novembre 1992): e' infatti prevedibile che  i  tempi  di
 elaborazione  dei  suddetti  accordi  consentano a parecchi operatori
 sanitari di  sottrarsi  al  termine  e  alle  incompatibilita'  della
 normativa  de  quo  e,  cio'  che  e' piu' grave, in dipendenza degli
 "umori" della relativa  gestione  contrattuale  e  sindacale  (con  i
 risvolti  amministrativi) e in danno di chi si trova "immediatamente"
 azzerato. Per quanto concerne i ricorrenti (con  doppio  rapporto  di
 dipendenza  e  convenzione)  la  stessa circolare 24 novembre 1992 ha
 previsto  la  non  applicazione  "immediata"  dell'art.  4,   n.   7,
 precisando  che  la  sua  efficacia  non  si  estende  agli operatori
 provenienti da altre strutture sanitarie pubbliche (ad esempio gli ex
 medici condotti e i medici scolastici) dovendo agli stessi applicarsi
 il regime "ad esaurimento" di cui alla legge n. 58/1991.
    Francamente  anche  questa  differenziazione   appare   priva   di
 ragionevole  giustificazione  e  lesiva  del principio di uguaglianza
 alla luce anche delle innovazioni portate dalla legge n. 833/1978 che
 aveva dato luogo, com'e' noto, alla nascita di uno  status  giuridico
 "unico"  sia per i sanitari "di provenienza" che per quelli di "nuova
 nomina".
    Sotto il diverso profilo dell'art. 97 della Costituzione non  puo'
 qui  non  rilevarsi  come,  in  sede  di  legge  finanziaria,  si sia
 addivenuti a questo nuovo status degli operatori  sanitari  senza  il
 previo parere del dipartimento della funzione pubblica (art. 27 della
 legge 29 marzo 1983, n. 92).
    Ancora   una   violazione   dell'art.   3  della  Costituzione  e'
 ipotizzabile poi rispetto alla posizione  del  sanitario  con  doppio
 rapporto "al di fuori della U.S.L.". Ed invero le lodevoli ragioni di
 limitazione della spesa pubblica dovrebbero valere anche (per fare un
 esempio)  per  i  medici fiscalisti o per quelli dell'amministrazione
 militare).
    Beninteso  vi  e'  l'opzione:  ma  "azzerando"  il   rapporto   di
 dipendenza,  il  sanitario  (e' il nostro caso) verrebbe a perdere il
 minimo della pensione, non avendolo ancora maturato, o si  troverebbe
 nell'altrettanto  poco  edificante prospettiva di dovere fare i conti
 con la recente normativa finanziaria che condiziona detto  godimento,
 per  il  dipendente  pubblico  che si licenzia, al sessantacinquesimo
 anno di eta'. Non solo ma la legge n.  421/1992  prevede  che  nessun
 trattamento  pensionistico  possa  essere  erogato  al  medico che si
 pensiona  e  che  chiede  il  collocamento  a  riposo   quale   forma
 "opzionale"  prima  del  1994. Senza tenere conto poi della ulteriore
 "nefasta"  prospettiva  di   un   azzeramento   della   "convenzione"
 nell'auspicato  (dagli interessi politico-ideologici ispiratori della
 legge n. 412) passaggio al "libero mercato"  nel  settore  sanitario.
 Uscire  dai seri dubbi di incostituzionalita' esposti con un generico
 richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale  che  ritiene
 legittima ogni differenziazione ove i dati relativi siano "pertinenti
 ai  fini  dell'esigenza che la legge si propone di soddisfare" (Corte
 costituzionale n. 61/1965) costituirebbe sono una ipotesi di  "negata
 giustizia".
    Queste  esigenze hanno condotto, in sede legislativa alla proposta
 di un rinvio al 31 dicembre 1993 dell'applicazione delle norme  sulla
 cosiddetta  "incompatibilita'  medica",  presentata  alla commissione
 sanita' del Senato, sotto forma di emendamento nel disegno  di  legge
 di   conversione  del  decreto  sulla  proroga  degli  amministratori
 straordinari delle u.s.l. riproposto il 30 dicembre 1992 dal Governo.
    Secondo questa proposta il medico che ha rinunciato al rapporto di
 lavoro dipendente e che ha  maturato  il  diritto  alla  pensione  di
 anzianita' potrebbe appunto rimanere in servizio per un altro anno al
 fine  di  ovviare  al  blocco  delle  pensioni  di anzianita'. Questa
 proposta, e l'altra che  prevede  poi  una  deroga  al  blocco  delle
 pensioni di anzianita', sono indice evidente della consapevolezza che
 la  maggior  parte  delle  forze  politiche  ha  dei  seri  dubbi  di
 legittimita' costituzionale della norma tanto piu'  che,  il  decreto
 delegato  e'  stato pubblicato il 30 dicembre mentre l'opzione andava
 esercitata entro il 31, con la conseguenza che i medici  hanno  avuto
 solo 24 ore di tempo per esercitare la scelta|
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1 della legge costituzionale 9 dicembre 1948, n.
 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone  la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la
 decisione della questione di legittimita' costituzionale del  settimo
 comma dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, per contrasto
 con gli artt. 3 e 97 della Costituzione;
    Trattasi  di questione non manifestamente infondata e rilevante ai
 fini del giudizio che viene sospeso;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  comunicazione  della   presente
 ordinanza  alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti
 della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Voghera, addi' 12 marzo 1993
                        Il pretore: BUONASSISI

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