N. 372 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 novembre 1992- 21 giugno 1993

                                N. 372
       Ordinanza emessa il 3 novembre 1992 (pervenuta alla Corte
 costituzionale il 21 giugno 1993) dalla commissione tributaria di
 primo grado di Modena sul ricorso proposto dal Banco San Gemignano
 e San Prospero S.p.a. contro l'ufficio distrettuale delle imposte
 dirette di Modena.
 Imposta sul reddito delle persone giuridiche (I.R.Pe.G.) - Interessi
    sui  crediti  di  imposta  maturati  anteriormente  all'entrata in
    vigore del testo  unico  delle  imposte  sul  reddito  (d.P.R.  n.
    917/1986)   e   dichiarati   (come   attivo)   nel   mod.   760  -
    Assoggettamento ad imposizione fiscale, secondo la  giurisprudenza
    della  Cassazione, in virtu' di disposizione del d.P.R. n. 42/1988
    dotata di effetto retroattivo - Ingiustificata disparita' rispetto
    ai contribuenti che per gli stessi interessi abbiano apportato nel
    mod. 760 un'esplicita variazione in diminuzione  -  Incidenza  sul
    principio della capacita' contributiva con violazione dei principi
    e criteri direttivi contenuti nella legge di delega.
 (D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36).
 (Cost., artt. 3, 53, 76 e 77).
(GU n.29 del 14-7-1993 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso prodotto dal:
 Banco San Gemignano e San Prospero S.p.a., avverso: silenzio  rifiuto
 dell'intendenza di finanza di Modena.
    Letti gli atti;
    Udito il relatore: avv. Emilio Bianchi;
    Sentito  il  rappresentante  dell'Ufficio  sig.ra  Rosalba dott.sa
 Campione; il contribuente rappresentato dal dott. Mario Pollacci.
    In esito alla trattazione all'udienza del 9 marzo  1992  la  parte
 ricorrente  ha eccepito l'incostituzionalita' dell'art. 36 del d.P.R.
 4 febbraio 1988,  n.  42;  tale  eccezione  non  pare  manifestamente
 infondata per le ragioni di seguito esposte.
    Con  ricorso  presentato  l'8  febbraio  1989,  contro il silenzio
 rifiuto dell'amministrazione finanziaria (intendenza  di  finanza  di
 Modena),   la  contribuente  richiedeva  il  rimborso  delle  imposte
 (I.R.P.E.G. - I.L.O.R) pagate con riferimento agli  interessi  attivi
 maturati   a  proprio  favore  sui  crediti  d'imposta  dalla  stessa
 contribuente vantati, e contabilizzati nel periodo 1985.
    Assumeva  la  ricorrente  che  gli  interessi  in  questione   non
 sarebbero  da  considerare  quali  componenti del reddito di impresa,
 dato  il  loro  carattere  compensativo  e  vista  la  loro  funzione
 tipicamente  ripristinatoria  degli  effetti  negativi  causati dalla
 mancata disponibilita' dei capitali (crediti d'imposta  in  relazione
 al  loro mancato rimborso). Poneva inoltre in evidenza che gli stessi
 interessi,  da  un  punto  di  vista   tributario,   non   dovrebbero
 considerarsi  componenti  attivi  ai  fini  della  determinazione del
 reddito  imponibile  in  quanto  somme  accessorie  di   un   credito
 principale relativo ad un'imposta a suo tempo non dedotta dal reddito
 secondo  quanto  disposto  dall'art. 5 della legge n. 645/1981. Sotto
 questo  aspetto  il  considerare  imponibili  i proventi della specie
 porterebbe  ad  un'impostazione   contrastante   con   il   principio
 costituzionale,    sottoponendosi   a   tassazione   un   fatto   non
 rappresentativo di capacita' contributiva.
    Assumeva poi che l'interpretazione  dell'art.  36  del  d.P.R.  n.
 42/1988  fornita dalla suprema Corte di cassazione con la sentenza n.
 7091/1990  richiamata  dall'amministrazione  finanziaria  a  sostegno
 della   propria  tesi,  potrebbe  contrastare  con  il  principio  di
 uguaglianza  sancito  dall'articolo  3  della  Costituzione   qualora
 facesse  conseguire  un  effetto  fiscale diverso in relazione ad uno
 stesso fenomeno oggettivamente considerato (interessi  per  ritardato
 pagamento  dei  crediti  d'imposta)  a  seconda del comportamento del
 contribuente: riconoscendo l'intassabilita' del provento  qualora  in
 sede  di  dichiarazione dei redditi (per T.U.I.R. n. 917/1986), fosse
 stata fatta un'esplicita variazione in diminuzione, sottoponendo  per
 contro  ad imposizione la stessa fattispecie nel caso in cui la posta
 fosse  stata  dapprima  assoggettata  a  tassazione  (per  tuziorismo
 operativo) con successiva presentazione di domanda di rimborso.
    Rilevava  inoltre che l'interpretazione fornita con la gia' citata
 sentenza della suprema Corte di cassazione potrebbe essere viziata da
 un'ulteriore  ragione  di   illegittimita':   attribuendo   efficacia
 retroattiva  anche  in malam partem alle disposizioni del testo unico
 delle Imposte sui redditi, in funzione del disposto dell'art. 36  del
 d.P.R.  n.  42/1988,  si travalicherebbe la funzione tipica e propria
 delle disposizioni di attuazione strettamente ed  unicamente  tese  a
 raccordare  le  nuove  disposizioni  del  t.u.i.r.  con la precedente
 normativa, venendo addirittura a modificare una  norma  dello  stesso
 t.u.i.r.,  come quella che ne disciplina l'entrata in vigore, facendo
 retroagire gli effetti della nuova normativa a tempo indefinito.
   Da ultimo faceva rilevare che la dichiarazione dei  redditi  a  suo
 tempo presentata, ed includente tra le sue poste gli interessi di cui
 trattasi, risultava successivamente corretta - Vista la sua natura di
 dichiarazione  di  scienza  e  non  di  volonta'  -  a  seguito della
 presentazione della domanda di rimborso nella quale  tra  l'altro  si
 era  provveduto  ad  una puntuale ricostruzione delle voci originarie
 del mod. 760, per cui non potrebbe operare la retroattivita' in malam
 partem dell'art. 36 del d.P.R.  n.  42/1988  per  il  fatto  che,  al
 momento  dell'entrata  in  vigore  del  testo unico delle imposte sui
 redditi e  delle  relative  norme  attuative,  la  dichiarazione  dei
 redditi della richiedente - quale risultante dall'originario mod. 760
 e  della  successiva  rettifica  -  risultava  gia'  avere escluso da
 tassazione il provento in discorso.
    L'ufficio nelle  proprie  deduzioni  ha  fatto  osservare  che  la
 richiesta  della  ricorrente  non potrebbe essere accolta dal momento
 che gli interessi in questione, contabilizzati in base  al  principio
 della   compentenza,  hanno  influenzato  positivamente  l'utile  del
 relativo bilancio e concorso alla formazione del  reddito  imponibile
 in  conformita' alle norme regolanti la determinazione del reddito di
 impresa secondo le disposizioni contenute nel titolo V del d.P.R.  n.
 597/1973; ha inoltre affermato che nessuna norma contentua nel d.P.R.
 n.  601/1973,  recante  la  disciplina delle agevolazioni tributarie,
 prevede  specifiche  detrazioni  o  esenzioni  con  riferimento  agli
 interessi sui crediti corrisposti dall'erario per ritardato pagamento
 dei crediti d'imposta.
    Ed ha da ultimo fatto presente che la suprema Corte di cassazione,
 con la citata decisione n. 7091 del 19 febbraio 1990 ha riconosciuto,
 in  relazione  a  fattispecie  analoghe a quelle oggetto del presente
 ricorso, la tassabilita' dei proventi in discorso.
    La commissione tributaria di primo grado, dopo aver udito le parti
 rappresentate secondo quanto sopra specificato;
    Rilevato:
      che  secondo  l'interpretazione  data  dalla  suprema  Corte  di
 cassazione con sentenza n. 7091 del 19 febbraio 1990, all'art. 36 del
 d.P.R.  n.  42/1988, la sottoposizione ad imposizione degli interessi
 sui crediti d'imposta  maturati  prima  dell'entrata  in  vigore  del
 t.u.i.r.  n.  917/1986  verrebbe  fatta  dipendere  non  dalla  norma
 legislativa vigente all'epoca della presentazione della dichiarazione
 dei redditi, bensi' dal comportamento del singolo contribuente, cosi'
 determinandosi  un  risultato  non   consono   al   principio   della
 corrispondenza  alla  capacita' contributiva di cui all'art. 53 della
 Costituzione,  e  potendosi  in  tal   modo   creare   ingiustificata
 disparita'  di trattamento tra situazioni oggettivamente identiche in
 violazione dell'art. 3 della Costituzione;
      che inoltre appare fondatamente dubitabile che detta norma (art.
 36 del d.P.R. n. 42/1988), intesa come sopra e  cioe'  con  carattere
 retroattivo  in  malam partem, corrisponda all'effettiva volonta' del
 legislatore delegante con conseguente violazione degli artt. 76 e  77
 della Costituzione;
      che  nel  caso  che  occupa,  la  soluzione  di  tali  dubbi  di
 legittimita'  costituzionale  ha  evidente  carattere  decisivo,   in
 quanto,  ove  non  dovesse applicarsi la disposizione del citato art.
 36, si dovrebbe accogliere la richiesta della contribuente;
                               P. Q. M.
    A scioglimento della riserva espressa nella  seduta  del  9  marzo
 1992;
    Visti   gli   artt.  134  della  Costituzione  e  23  della  legge
 costituzionale 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza,  con
 riferimento  agli  artt.  3,  53,  76  e 77 della Costituzione, della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36  del  d.P.R.  4
 febbraio  1988, n. 42, cosi' come interpretato dalla suprema Corte di
 cassazione con la sentenza n. 7091 del 19 febbraio 1988;
    Ordina la sospensione del presente giudizio;
    Ordina che a  cura  della  segreteria  di  questa  commissione  la
 presente  ordinanza  sia notificata alla Presidenza del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai presidenti della Camera e del Senato;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
      Modena, addi' 3 novembre 1992
                          Il presidente: POGGI
   Il membro relatore: BIANCHI
                                             Il segretario: MURACCHINI
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