N. 420 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 1993
N. 420 Ordinanza emessa il 10 maggio 1993 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Manfredi Goffredo ed altro Processo penale - Codice abrogato - Imputato - Infermita' fisica non contingente, di durata indeterminata e comportante l'assoluto impedimento a comparire - Sospensione del procedimento - Omessa previsione - Conseguenti indefiniti reiterati rinvii - Impossibilita' per la parte civile di adire la tutela giurisdizionale civile - Disparita' di trattamento rispetto all'analoga situazione di infermita' mentale sopravvenuta dell'imputato - Lesione del diritto di difesa. (C.P.P. 1930, art. 88). (Cost., artt. 3 e 24, primo comma).(GU n.35 del 25-8-1993 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'istanza di rinvio del processo nei confronti degli imputati Manfredi Goffredo e Minciaroni Aladino avanzata dalla difesa, per il legittimo ed assoluto impedimento degli stessi a comparire; sentita la parte civile che ha chiesto il rigetto dell'istanza e l'applicazione in via analogica dell'art. 453 del c.p.p. 1930 ovvero, in via subordinata, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 453 citato, ovvero infine dell'art. 88 del c.p.p. 1930, sentito il p.m. che ha chiesto che vengano preliminarmente disposti nuovi accertamenti medico-legali volti a stabilire se l'impedimento riguardi oppure no il trasferimento dal luogo di residenza alla sede del Tribunale territorialmente competente; O S S E R V A 1) Sull'impedimento assoluto a comparire: anche gli ultimi, all'esito di una lunga serie, accertamenti di natura medico-legale disposti dal tribunale nei confronti degli imputati a far tempo da circa tre anni (29 maggio 1990) hanno ribadito l'esistenza attuale di condizioni di malattia fisica, tali da comportare un impedimento di carattere assoluto a comparire per entrambi gli imputati. 2) Sull'applicabilita' in via analogica agli imputati dell'art. 453 del c.p.p. 1930, ovvero, in caso di ritenuta inapplicabilita' di tale norma agli imputati, sulla asserita incostituzionalita' della norma stessa per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, e 112 della Costituzione va premesso al riguardo che la ragione dell'impedimento dedotta dai periti consiste, per entrambi gli imputati, nel rischio che lo stesso derivante dalla partecipazione al giudizio si inserisca in una situazione patologica di per se' grave, mettendo in pericolo gli equilibri gia' precari, soprattutto a carico degli apparati cardiocircolatori. Che il rischio piu' grave paventato non dipenda dalla prospettiva del trasferimento dal luogo di residenza (Roma) a Milano e' confermato anche dal fatto che uno degli imputati, nelle more di questi accertamenti, ha chiesto il rinnovo del passaporto. Tali osservazioni si riflettono anche sulla delibazione della rilevanza della prima delle due questioni di costituzionalita' che il patrono di parte civile chiede che venga sollevata, oltre che sull'applicazione analogica dell'art. 453 del c.p.p. 1930, in alternativa invocata. L'uno e l'altro tipo di valutazione sono preclusi al tribunale dal complesso delle scelte del legislatore del 1930 e dalla ragionevolezza delle medesime. La norma dell'art. 453 citato si inserisce con carattere di eccezionalita' in un sistema processuale governato dalla pubblicita' del dibattimento, e la differenza tra il teste e l'imputato trae le sue basi, in costanza dei casi eccezionali previsti dalla norma (impedimento del teste o del perito, qualita' particolare e personale del teste), nella diversita' della partecipazione del teste e dell'imputato al procedimento. Da un lato infatti la partecipazione dell'imputato non puo' limitarsi all'interrogatorio, dovendo assicurarsi al medesimo la possibilita' di seguire tutto lo svolgimento del dibattimento, ove lo desideri, per orientare la sua difesa in ciascun frangente o situazione completa (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alle facolta' previste dal diritto transitorio, a quelle di intervenire con dichiarazioni in ogni momento del dibattimento, a quelle di conferire col difensore e di far porre domande dal medesimo a periti o testi, non da ultimo, e significativamente, a quella di partecipare alla speciale udienza non pubblica prevista dall'art. 453 del c.p.p. 1930); dall'altro la partecipazione dell'imputato non si limita, come nel caso del teste o del perito, ad un apporto di conoscenza o scienza, ma comporta un interesse diretto allo svolgimento e all'esito del giudizio, di talche' l'interesse dell'imputato viene a coincidere con quello generale del processo e che l'udienza, tesa all'emanazione della sentenza in nome del popolo italiano, si tenga in luogo pubblico. In questo senso l'art. 497 del c.p.p. 1930 parola di "impossibilita' a comparire". 3) Sulla questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 88 del c.p. p. 1930 in relazione agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione: costituisce corollario indefettibile della serie dei principi processuali dai quali il Tribunale trae la ragionevolezza della differenza voluta dal legislatore tra la possibilita' dell'esame a domicilio del teste o del perito e l'impossibilita' della celebrazione di un'udienza domiciliare, l'altro principio dell'incoercibilita' della scelta dell'imputato, in caso di impedimento legittimo, di consentire o meno la celebrazione del processo in sua assenza (costituisce applicazione dello stesso principio l'orientamento pacifico della Cassazione secondo il quale "nemmeno la durata indeterminabile della malattia dell'imputato legittima il giudizio in contumacia"). Orbene, e' evidente che gli imputati non intendono consentire allo svolgimento del dibattimento in loro assenza. Tuttavia, in un caso come il presente in cui l'impedimento non si presenta come contingente, e neppure come determinabile nella durata, pare al tribunale che non sia ragionevole la disparita' di trattamento tra la valutazione che lo stesso legislatore ha operato, con riferimento alla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti della parte civile nel quinto comma dell'art. 88 in caso di infermita' di mente sopravvenuta all'imputato e quella determinata dalla malattia fisica dell'imputato che abbia le caratteristiche di quelle da cui sono affetti il Manfredi e il Minciaroni. In entrambi i casi infatti la conclusione del processo e' rinviata sine die con gli stessi pregiudizi per la parte civile, che tuttavia nel caso specificamente previsto dall'art. 88 puo' esercitare l'azione davanti al giudice civile, indipendentemente dal processo penale, senza pregiudizio della facolta' indicata dall'art. 24 del c.p.p., nel caso in cui il procedimento penale riprenda il suo corso. La impossibilita', a tenore del disposto dell'art. 88, di disporre la sospensione del presente procedimento, alla quale la parte civile ha piu' volte manifestato il proprio interesse, conferisce rilevanza alla questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla parte civile con riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione. Non a caso la Corte costituzionale, nella sentenza n. 205/1971, ha dichiarato infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 88 del c.p.p. che limita la sospensione del procedimento alla sola ipotesi di incapacita' di intendere e volere dipendente da accertate infermita' di mente, senza estenderla all'ipotesi di impossibilita' di esercitare la difesa materiale con esclusivo riferimento alla impossibilita' che abbia carattere di contingenza.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione relativa alla illegittimita' dell'art. 88 del c.p.p. 1930 nella parte in cui non prevede la sospensione del procedimento penale quando l'imputato venga a trovarsi in tale stato di malattia fisica da comportare l'assoluto impedimento a comparire, laddove questo non sia contingente o di durata determinabile, e non prevede quindi la facolta' della parte civile, dopo l'ordinanza di sospensione, di esercitare l'azione civile avanti il giudice civile indipedentemente dal processo penale, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il dibattimento in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, addi' 10 maggio 1993 Il presidente: POPPI 93C0810