N. 338 ORDINANZA 7 - 23 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Dichiarazione resa dall'imputato alla p.g.  e  alla
 presenza  del  difensore  -  Lettura  -  Esclusione  - Questione gia'
 dichiarata  non  fondata  e  manifestamente  infondata  (sentenza  n.
 476/1992 e ordinanza n. 176/1993) - Manifesta infondatezza.
 
 (C.p.p. art. 513).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 112)
 
(GU n.34 del 18-8-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo
 SPAGNOLI,  prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo  CHELI,  dott.    Renato
 GRANATA,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 513 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio  1992
 dal  Pretore  di Verona, sezione distaccata di Soave nel procedimento
 penale a carico di Fusi  Luca  ed  altro,  iscritta  al  n.  116  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 luglio 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che, con ordinanza del 25 maggio 1992 (pervenuta a questa
 Corte il 3 marzo 1993), il Pretore di Verona, sezione  distaccata  di
 Soave,   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 513 del codice di procedura penale nella parte in  cui  non
 consente  che sia data lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato
 alla polizia  giudiziaria  alla  presenza  del  difensore,  ai  sensi
 dell'art. 350 del codice medesimo;
      che, ad avviso del giudice a quo , la norma censurata da un lato
 viola  l'art.  3  della  Costituzione in quanto la esclusione in essa
 prevista non trova razionale giustificazione,  essendo  l'atto  della
 polizia giudiziaria assistito dalla garanzia difensiva della presenza
 del  difensore, e, dall'altro, gli artt. 24 e 112 della Costituzione,
 ponendosi in contrasto con il diritto di difesa e  con  l'obbligo  di
 esercizio  dell'azione  penale,  "principi  che  coordinati  tra loro
 devono tendere all'acquisizione come prove idonee alla decisione  fi-
 nale  di tutti gli atti del procedimento acquisiti al contraddittorio
 delle parti";
      che e' intervento il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 concludendo per l'infondatezza della questione.
    Considerato  che,  con  sentenza  n. 476 del 1992, questa Corte ha
 gia' dichiarato  non  fondata  (e  con  ordinanza  n.  176  del  1993
 manifestamente   infondata),   in   riferimento   all'art.   3  della
 Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 513,  primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui
 non prevede la possibilita' di dar lettura delle  dichiarazioni  rese
 dall'imputato alla polizia giudiziaria con l'assistenza del difensore
 ai sensi dell'art. 350 del codice medesimo;
      che  in dette pronunce si e' osservato, in sintesi, che la norma
 impugnata,  limitando  la   possibilita'   di   lettura   alle   sole
 dichiarazioni  rese  dall'imputato al pubblico ministero o al giudice
 con esclusione delle  sommarie  informazioni  assunte  dalla  polizia
 giudiziaria  ex  art.  350  del  codice  di  procedura penale, non e'
 certamente  irragionevole,  in   considerazione   della   sostanziale
 differenza  - proprio sotto l'angolo visuale delle garanzie difensive
 dell'imputato  (fra  le  quali  e'  compresa  la  facolta'   di   non
 rispondere)  -  tra tale atto di indagine della polizia giudiziaria e
 l'interrogatorio effettuato dall'autorita' giudiziaria, dovendo  solo
 quest'ultimo  essere  svolto  con  le  modalita' garantistiche di cui
 all'art. 65 del codice di procedura penale;
      che, in ordine, poi alla denunciata violazione degli artt. 24  e
 112  della  Costituzione,  va  ribadito  (cfr. le citate pronunce nn.
 476/1992 e 176/1993) che la disciplina dettata dalla norma  censurata
 concerne  il  regime  di utilizzabilita', ai fini della decisione, di
 precedenti  dichiarazioni  provenienti   dall'imputato   ed   attiene
 pertanto   essenzialmente   al   tema  delle  garanzie  difensive  di
 quest'ultimo, per cui il generico richiamo agli  anzidetti  parametri
 costituzionali  risulta, nei termini in cui e' prospettato, del tutto
 inconferente;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  513  del  codice  di   procedura   penale,
 sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione,
 dal Pretore di Verona, sezione distaccata di Soave,  con  l'ordinanza
 in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0851