N. 347 SENTENZA 20 - 28 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Regione Lombardia - Edilizia residenziale pubblica  -  Determinazione
 del  canone locatizio ad opera di legge regionale che ricomprende fra
 gli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica  non  solo  quelli
 costruiti  con  i contributi statali ma anche quelli acquistati dagli
 enti locali con fondi propri - Indebita interferenza della regione in
 materia  riservata  alla  competenza  statale  -  Esclusione  -   Non
 fondatezza della questione.
 
 (Legge  regione  Lombardia  5  dicembre  1983, n. 91, art. 1, secondo
 comma).
 
 (Cost., art. 117).
 
(GU n.32 del 4-8-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  prof.  Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi   MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
 Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale delle leggi della Regione
 Lombardia 5 dicembre 1983, nn.  91  (Disciplina  dell'assegnazione  e
 della  gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) e 92
 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 5 dicembre  1983,  n.
 91),  promosso  con ordinanza emessa il 16 ottobre 1990 dal Tribunale
 di Como nel procedimento civile vertente tra  Pizzuto  Lorenzo  e  il
 Comune  di  Como,  iscritta  al  n. 670 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,  n.  43,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 16 ottobre  1990,  e  pervenuta  alla
 Corte  costituzionale  il 24 settembre 1992 (R.O. n. 670 del 1992) il
 Tribunale di Como ha sollevato, in  riferimento  all'art.  117  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale delle leggi
 della  Regione  Lombardia  5  dicembre  1983,   n.   91   (Disciplina
 dell'assegnazione   e   della  gestione  degli  alloggi  di  edilizia
 residenziale  pubblica),  e  n.  92,  di  pari  data  (Modifiche   ed
 integrazioni  alla  legge  regionale  5  dicembre 1983, n. 91), nella
 parte in cui  ricomprendono  gli  alloggi  costruiti  dai  Comuni  ed
 acquisiti  con fondi propri del bilancio di questi, all'interno delle
 categorie  degli   alloggi   di   edilizia   residenziale   pubblica,
 determinandone la commisurazione del canone locatizio.
    La  questione e' stata sollevata nel corso di un giudizio proposto
 da Lorenzo Pizzuto, assegnatario in locazione di un  appartamento  di
 edilizia  economica  e  popolare  a  seguito  di concorso indetto dal
 Comune di Como, in cui il ricorrente, dopo avere  avuto  la  consegna
 dell'immobile  assegnato,  ha  chiesto  l'applicazione  del canone di
 locazione previsto dalla legge regionale Lombardia 5  dicembre  1983,
 n.  92,  la  cui  misura  risulta ridotta del 33 per cento rispetto a
 quella prevista dalla legge statale 27 luglio 1978, n. 392.
    In  punto  di  rilevanza,  il  Tribunale  osserva  come  non   sia
 controverso  in  causa  che  l'alloggio assegnato al Pizzuto e' stato
 costruito ed acquisito  con  fondi  propri  del  Comune  e  senza  il
 concorso  di altri enti: pertanto, nel caso in cui la legge impugnata
 fosse illegittima, e dovesse conseguentemente non tenersi conto della
 dilatazione  del  concetto  definitorio  di  "edilizia   residenziale
 pubblica"  ivi  contenuto,  non  potrebbero applicarsi i parametri di
 canone definiti da detta legge regionale,  e  la  determinazione  del
 canone dovrebbe seguire alla stregua delle norme ordinarie.
    Quanto  alla  non manifesta infondatezza, il Tribunale fa propri i
 motivi prospettati dal convenuto Comune di Como, secondo il quale  la
 materia  degli  alloggi  costruiti  dai  Comuni  con  fondi propri di
 bilancio, e senza contributi di altri enti, non sarebbe compresa  tra
 quelle  contemplate nell'art. 117 della Costituzione, ne' sarebbe mai
 stata delegata al legislatore regionale, ex art. 117, terzo (rectius:
 secondo) comma, della Costituzione, mentre i d.P.R. 30 dicembre 1972,
 nn. 1035 e 1036 avrebbero consentito alle  Regioni  di  integrare  la
 normativa  statale  in  materia  di alloggi di "edilizia residenziale
 pubblica"  soltanto  per  settori  diversi  dalla  definizione  degli
 alloggi  stessi (di cui all'art. 1, secondo comma, del d.P.R. n. 1035
 del 1972), come di quelli cioe' costruiti o da  costruirsi  da  parte
 degli  enti  pubblici  a  totale  carico o con il contributo o con il
 concorso dello Stato.
    Ne' un allargamento della materia  sarebbe  ricavabile,  sempre  a
 parere  del  giudice  a  quo,  dal  d.P.R.  24  luglio  1977,  n. 616
 (richiamato nella relazione del  progetto  di  legge  regionale),  in
 quanto  questo  riguarderebbe il trasferimento alle Regioni (art. 87,
 primo comma, ed art. 93) soltanto di funzioni amministrative  (e  non
 legislative), conservando allo Stato (art. 88, primo comma, n. 13) le
 competenze  amministrative in ordine ai criteri per le assegnazioni e
 per la fissazione dei canoni degli alloggi di  edilizia  residenziale
 pubblica.
    La  legge  5  agosto 1978, n. 457 (art. 55, secondo comma) avrebbe
 consentito inoltre alle Regioni di integrare la normativa statale  di
 cui  al d.P.R. n. 1035 del 1972 soltanto in relazione alla disciplina
 del procedimento di assegnazione, nulla prevedendo invece  in  ordine
 alla  definizione  e/o  alla individuazione degli alloggi di edilizia
 residenziale pubblica.
    Osserva  infine  il  giudice  remittente  come   la   disposizione
 impugnata  sia  mutuata,  con  l'aggiunta  di  "enti  locali,"  dalla
 deliberazione CIPE del 19 novembre 1981: normativa  che  risulterebbe
 anch'essa  illegittima  in  quanto  avente natura regolamentare, come
 tale non idonea a modificare od integrare una norma di  legge.  Anche
 ritenendo   infatti  che  la  competenza  del  CIPE  in  materia  sia
 conseguente alla delega stabilita dalla legge n.  457  del  1978,  si
 osserva   come  essa  debba  intendersi  riferita  esclusivamente  ai
 "criteri generali per le assegnazioni e per la fissazione dei  canoni
 delle  abitazioni  di  edilizia  residenziale  pubblica", e non anche
 quindi per la definizione e/o  la  individuazione  degli  alloggi  di
 edilizia residenziale pubblica, mentre con la legge 8 agosto 1977, n.
 513  (artt.  22  e  24) il legislatore statale avrebbe implicitamente
 confermato la  distinzione  tra  "alloggi  di  edilizia  residenziale
 pubblica" ed "alloggi di proprieta' di enti pubblici".
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il Tribunale di Como ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, della
 legge della Regione Lombardia 5  dicembre  1983,  n.  91  (Disciplina
 dell'assegnazione   e   della  gestione  degli  alloggi  di  edilizia
 residenziale pubblica), integrata dalla legge n.  92,  di  pari  data
 (Modifiche  ed  integrazioni alla legge regionale 5 dicembre 1983, n.
 91), nella parte in cui commisura il canone locatizio e definisce  la
 nozione  di edilizia residenziale pubblica come comprendente non solo
 gli alloggi costruiti con il concorso o con il contributo dello Stato
 (secondo quanto previsto dal d.P.R. 30 dicembre 1972,  n.  1035),  ma
 altresi'   quelli   "acquisiti   a  qualunque  titolo,  realizzati  o
 recuperati da enti locali o da enti pubblici non  economici,  per  le
 finalita' sociali proprie della edilizia residenziale pubblica".
   Malgrado  l'imprecisa  prospettazione  della  questione operata dal
 giudice a quo, questa deve essere correttamente riferita all'art.  1,
 secondo  comma,  della  legge regionale Lombardia 5 dicembre 1983, n.
 91, contenente la definizione di edilizia residenziale  pubblica  cui
 si estende l'ambito di applicazione della legge stessa.
    Alla   disposizione   denunziata  e'  collegata  quella  contenuta
 nell'art. 28 della stessa legge,  come  modificato  dall'art.  unico,
 lettera  N),  della  legge regionale 5 dicembre 1983, n. 92, il quale
 prevede una  riduzione  del  canone  di  locazione  per  gli  alloggi
 ricompresi  nella  nozione in oggetto: di tale disposizione era stata
 invocata l'applicazione, nel giudizio a quo, da parte del  conduttore
 di  un  alloggio di proprieta' comunale dato in locazione, insieme ad
 altri, per le finalita' sociali risultanti da  specifico  regolamento
 comunale,  nonche' dalla delibera di acquisto degli immobili ed anche
 dalla pubblica  gara  di  assegnazione  a  particolari  categorie  di
 cittadini,  in  cui si teneva conto altresi' della modesta misura del
 loro reddito.
    2. - La questione non appare meritevole di accoglimento.
    La soluzione dei quesiti circa l'ambito dell'edilizia residenziale
 pubblica  come  materia  di  competenza  regionale  presenta   alcune
 difficolta',  per  i  motivi,  avvertiti  anche  dalla  dottrina, del
 sovrapporsi  nel  tempo  di  numerosi  e  non  chiari   provvedimenti
 legislativi ed amministrativi.
    Di  cio'  sembra  aver  coscienza  lo  stesso legislatore, secondo
 quanto puo' dedursi dalla relazione alla  proposta  di  legge  delega
 presentata  in  data  28  aprile  1992 per l'elaborazione di un testo
 unico sulla materia, presentato alla Camera dei  deputati  nel  corso
 dell'XI  legislatura,  in  cui  si  osserva,  tra  l'altro,  che  "le
 disposizioni di  legge  relative  all'edilizia  residenziale  e  alle
 materie  ad  essa  attinenti,  costituiscono  ormai  un aggrovigliato
 complesso normativo del quale e' difficile venire a capo".
    Malgrado le difficolta' connesse a tale situazione, possono trarsi
 dalle  norme  che   si   sono   susseguite   e   dagli   orientamenti
 giurisprudenziali  di questa Corte le linee evolutive del sistema che
 va ritenuto vigente, in base al quale la  questione  prospettata  dal
 Tribunale di Como risulta non fondata.
    3.  -  Nei  primi  anni '70, la materia dell'edilizia residenziale
 pubblica e' stata organicamente disciplinata con d.P.R.  30  dicembre
 1972,  n.  1035,  che  all'art. 1 ha definito la relativa nozione con
 riguardo agli alloggi sovvenzionati dallo Stato, stante le  finalita'
 cui  la  normativa  si riferiva. Gia' il d.P.R. n. 1036 di pari data,
 peraltro, stabiliva (art. 1) che  "la  realizzazione  unitaria  degli
 obiettivi stabiliti nei programmi di interventi di edilizia abitativa
 pubblica  e  di  edilizia  sociale  di  cui all'art. 1 della legge 22
 ottobre 1971, n. 865, e' affidata al Ministro per i lavori pubblici e
 alle Regioni in conformita' con gli  indirizzi  del  CIPE  e  con  le
 modalita'  stabilite  dal  presente  decreto". E la giurisprudenza di
 questa Corte (sentenza n. 221 del 1975) affermava, a proposito  della
 legge   della   Regione  Lombardia  10  maggio  1973,  relativa  alla
 costruzione di alloggi di edilizia  residenziale,  che  "le  funzioni
 amministrative  (e  quindi anche quelle legislative) sulla materia in
 oggetto sono ormai di competenza della Regione, ovviamente  entro  il
 limite   della   dimensione   regionale   degli   interessi   al  cui
 soddisfacimento le relative attivita' sono rivolte"; cio' soprattutto
 per la considerazione che "tanto la materia  dell'urbanistica  quanto
 quella  dei  lavori  pubblici  di  interesse  regionale sono comprese
 nell'elenco dell'art. 117 senza riserve od ulteriori distinzioni  nel
 loro  interno  e senza percio' che sia lecito postulare la esclusione
 da quest'ultima di quel che piu' particolarmente concerne  l'edilizia
 residenziale pubblica, nella sua accezione piu' ampia".
    4. - E' noto che proprio dal 1975 (legge delega 22 luglio 1975, n.
 382)  si sviluppa e si razionalizza l'ambito dei poteri di competenza
 regionale non piu' per materie analiticamente elencate, ma in  ordine
 a  "settori  organici". Il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ricomprende
 (artt. 87 e 93)  l'edilizia  residenziale  e  abitativa  pubblica  di
 interesse  regionale  fra  le  materie  in  cui  alle  regioni  viene
 riconosciuta una plena cognitio, sia per le funzioni  amministrative,
 sia   (in   virtu'   del  parallelismo  di  cui  all'art.  118  della
 Costituzione) per i poteri  legislativi,  residuando  allo  Stato  la
 competenza  (art.  88,  n. 13) relativa soltanto alla "programmazione
 nazionale e (al)la ripartizione sulla sua base  fra  le  regioni  del
 fondo nazionale per gli interventi di edilizia residenziale pubblica,
 (al)la  previsione  di  programmi congiunturali di emergenza, nonche'
 (al)la determinazione dei criteri per le assegnazioni  di  alloggi  e
 per la fissazione dei canoni".
    La  successiva  legge 5 agosto 1978, n. 457 contiene la previsione
 (art. 1) di un piano decennale di edilizia residenziale  comprendente
 anche gli interventi pubblici di edilizia convenzionata, agevolata, e
 diretti  al  recupero  del  patrimonio  edilizio esistente, affidando
 (art. 2) ampi poteri di indirizzo al C.I.P.E. ed alle  Regioni  (art.
 4).
    In  attuazione  del  citato art. 2, il C.I.P.E., con deliberazione
 del 19 novembre  1981,  ha  stabilito  i  "criteri  generali  per  le
 assegnazioni e per la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia
 residenziale  pubblica"  premettendo che tali criteri "si applicano a
 tutti gli alloggi realizzati o recuperati da enti pubblici  a  totale
 carico  o  con  il concorso o contributo dello Stato o delle regioni,
 nonche' a quelli acquistati, realizzati o recuperati da enti pubblici
 non  economici  per  le  finalita'  sociali   proprie   dell'edilizia
 residenziale  pubblica", specificando le ipotesi da ritenersi escluse
 da tale ambito,  ed  attribuendo  alle  regioni  la  possibilita'  di
 "stabilire  ulteriori  particolari  esclusioni  per  edifici  le  cui
 caratteristiche o la cui destinazione non si prestino alle  finalita'
 sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica".
    Tale  delibera  ha  stabilito  infine  (par. 11) che "il canone di
 locazione  degli  alloggi  indicati  al  paragrafo  2  e'  diretto  a
 compensare i costi di amministrazione, di gestione e di manutenzione,
 nonche' a consentire il recupero di una parte delle risorse impiegate
 per  la  realizzazione  degli  alloggi  stessi';  ed  inoltre che "la
 regione disciplina la determinazione dei canoni di locazione  tenendo
 conto  delle  caratteristiche  oggettive  dell'alloggio  espresse dai
 parametri della legge 27 luglio 1978, n.    392  e  del  reddito  del
 nucleo familiare dell'assegnatario".
    Da  quanto  fin  qui  esposto  si  evince  come l'evoluzione della
 disciplina richiamata sia nel senso di un ampliamento  della  nozione
 di  edilizia  residenziale pubblica (quale comprendente altresi' ogni
 intervento  operato  da  enti   pubblici   non   economici   per   il
 conseguimento  di  finalita' sociali), e di un ampliamento dei poteri
 delle regioni in questa materia.
    Ulteriori conferme normative di  questa  evoluzione  si  ravvisano
 nella  legge  8  agosto  1977  n. 513, che ha riconosciuto in capo ai
 Comuni la competenza a realizzare "programmi  costruttivi  occorrenti
 alle  temporanee esigenze di alloggio dei nuclei familiari soggetti a
 sgombero per consentire il recupero o il risanamento  del  patrimonio
 edilizio  esistente"  (art.  16),  la  cui  pertinenza  alla  materia
 dell'edilizia  residenziale  pubblica  si  deduce  dall'essere  detta
 disposizione  inserita  nel  titolo  che  ad  essa  espressamente  si
 richiama.  Analogamente  puo'  dirsi,  sebbene  con   riferimento   a
 fattispecie  in  parte diversa (e cioe' relativamente all'acquisto da
 parte dei Comuni di immobili per assegnare gli alloggi a soggetti nei
 cui confronti sia stato emesso provvedimento esecutivo di  rilascio),
 con  riguardo  all'art. 7 del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 629,
 convertito in legge 15 febbraio 1980, n. 255.
    5.  -  Le  nuove  prospettive  circa  l'ambito  della materia e le
 competenze regionali in tema di edilizia residenziale  pubblica  sono
 state ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte. Dopo la sentenza
 n. 221 del 1975 gia' richiamata, va ricordata la senteenza n. 140 del
 1976,  che  riconosce  alle  regioni  a  statuto  ordinario  potesta'
 legislativa in materia di edilizia pubblica abitativa; la sentenza n.
 217  del  1988,  che  sottolinea  il  "dato  storico  dell'evoluzione
 legislativa  della  materia"  ..  ed "il principio giustificativo che
 consiste nella predisposizione di interventi pubblici di varia natura
 comunque diretti al fine di  provvedere  al  servizio  sociale  della
 provvista  di  alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti",
 precisando che nell'ambito dell'edilizia pubblica "deve  considerarsi
 compresa anche la sub-materia relativa al reperimento (o al recupero)
 e  all'assegnazione  degli alloggi e che quest'ultima non puo' essere
 circoscritta  alle  abitazioni  costruite  con  fondi   pubblici   o,
 comunque, con il concorso degli stessi".
    Con  sentenza  n.  727  del  1988,  infine, si e' affermato che, a
 seguito  dell'evoluzione  normativa   della   materia   dell'edilizia
 residenziale pubblica, alle regioni deve essere riconosciuta "la piu'
 ampia  potesta'  legislativa"  (analogamente  v. anche le sentenze n.
 1134 del 1988, 594 del 1990, 393 e 486 del 1992).
    6.  -  In  attesa  del  nuovo  testo  unico  che   aggiorni   piu'
 coerentemente   tutta  la  materia,  precisando  funzioni,  organi  e
 competenze, appare logico dedurre dalle  osservazioni  che  precedono
 alcune   linee   del   vigente  sistema,  riferibili  alla  questione
 sottoposta all'esame di questa Corte.
    Dall'evoluzione  normativa  descritta  emerge  anzitutto  come  la
 nozione iniziale di edilizia residenziale pubblica, di cui all'art. 1
 del  d.P.R.  30  dicembre  1972,  n.  1035, sia stata successivamente
 sviluppata, a partire dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come  questa
 Corte  ha  in  piu'  occasioni  affermato,  nel senso che, in tema di
 edilizia residenziale e abitativa pubblica o di  edilizia  cosiddetta
 sociale,   alle   regioni   spettano  ampi  poteri  amministrativi  e
 legislativi, nei limiti del territorio o degli  interessi  regionali,
 in coordinamento con i programmi, i criteri e le disposizioni in sede
 nazionale;   ed  inoltre,  che  l'ambito  dell'edilizia  residenziale
 pubblica e' ravvisabile quando ricorrono gli  elementi  propri  delle
 finalita'  sociali  della destinazione di immobili comunque acquisiti
 da enti pubblici non economici; finalita'  riscontrabili,  oltre  che
 nella  tipologia non di lusso degli stessi, nella loro destinazione a
 categorie di cittadini non abbienti, cui vengono offerti gli  alloggi
 con gare pubbliche di assegnazione in base a determinati requisiti.
    Tali  elementi  appaiono ricorrere nella presente fattispecie, per
 le modalita' di comportamento del Comune; e la legge regionale  della
 Lombardia  oggetto  del presente giudizio ha correttamente preso atto
 del contesto normativo  statale,  senza  eccedere  dai  limiti  delle
 materie di competenza regionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  1,  secondo  comma,  della  legge  regionale  Lombardia  5
 dicembre  1983,  n. 91 (Disciplina dell'assegnazione e della gestione
 degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica)  sollevata,  in
 riferimento  all'art.  117  della Costituzione, dal Tribunale di Como
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0870