N. 41 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 agosto 1993
N. 41 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 agosto 1993 (del commissariato dello Stato per la regione Sicilia). Regione Sicilia - Nuove norme per l'elezione con suffragio popolare dei presidenti delle province regionali e per la composizione ed il funzionamento degli organi di amministrazione di detti enti - Previsione di casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' non previsti dalla normativa statale - Trasformazione di cause di incompatibilita' in cause di ineleggibilita' - Attenuazione delle previgenti norme sulla compatibilita' con le cariche di sindaco e di assessore - Previsione di nuova disciplina derogatoria a quella statale vigente in materia, non giustificata dall'esistenza di situazioni o soggetti peculiari dell'ordinamento siciliano ne' da finalita' adeguate e ragionevoli inerenti alla tutela di un interesse regionale - Violazione del principio di uguaglianza, nonche' dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Delibera legislativa regione Sicilia 14 agosto 1993). (Cost., artt. 3, 51 e 97).(GU n.38 del 15-9-1993 )
L'assemblea regionale siciliana nella seduta del 14 agosto 1993 ha approvato il disegno di legge nn. 530-2-258-285-317-318-320-321-419-489-492-505-526 dal titolo "Nuove norme per l'elezione con suffragio popolare del Presidente della provincia regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle province regionali, per la composizione ed il funzionamento degli organi di amministrazione di detti enti. Norme modificative ed integrative al t.u. approvato con d.p. reg. 20 agosto 1960, n. 3, ed alla legge regionale 26 agosto 1992, n. 7", comunicato a questo Ufficio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale il successivo 17 agosto 1993. Con tale iniziativa l'A.R.S. ha inteso completare la disciplina legislativa gia' avviata con la precedente legge n. 7/1992 sull'elezione diretta del sindaco estendendone i principi ispiratori all'elezione degli organi delle province regionali ed apportandovi al contempo alcuni correttivi e modifiche suggerite dall'esperienza delle consultazioni elettorali amministrative svoltesi nella scorsa primavera. In particolare con l'approvazione del predetto disegno di legge il legislatore regionale siciliano ha introdotto talune innovazioni al sistema delle cause di ineleggibilita' ed incompatibilita' risultanti dalla normativa in materia contenuta nelle ll.rr. nn. 20 e 31 del 1986 ed in alcuni articoli della gia' citata legge n. 7/1992 sull'elezione diretta del sindaco, nonche' nella legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 e successive modifiche relative all'elezione dei componenti dell'A.R.S. Con le disposizioni contenute nell'art. 2 si dispone, precisamente che: 1. - Sono eleggibili a presidente di provincia regionale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della Repubblica in possesso dei requisiti stabiliti per la elezione a consigliere di provincia regionale. 2. - Non e' eleggibile alla carica di presidente di provincia regionale il presidente di altra provincia o sindaco di un comune. La causa di ineleggibilita' non ha effetto se l'interessato cessa per dimissioni non oltre la data di presentazione della candidatura. 3. - La carica di presidente di provincia regionale e' incompatibile con la carica di assessore comunale. Ricorrono inoltre le cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' disciplinate per la carica di consigliere della provincia regionale, nonche' quelle previste nell'art. 156, primo comma, n. 4 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16. L'incompatibilita' deve essere rimossa entro dieci giorni dalla notifica dell'atto di proclamazione o dal verificarsi dell'ipotesi. 4. - Nessuno contemporaneamente puo' presentare la propria candidatura a sindaco ed a presidente di provincia. 5. - Il presidente di provincia e' immediatamente rieleggibile una sola volta. 6. - Non e' immediatamente rieleggibile il presidente di provincia che sia stato rimosso dalla carica secondo l'art. 9 o revocato dalla carica secondo l'art. 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come introdotto dall'art. 1 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48. 7. - La carica di deputato regionale e' incompatibile con le cariche di presidente o di assessore di provincia regionale e di sindaco o di assessore dei comuni capoluogo di provincia siti in zone dichiarate aree metropolitane ai sensi degli artt. 19 e seguenti della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9. 8. - Sono abrogati l'art. 5 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, ed il primo comma, n. 4, dell'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, e successive modifiche. 9. - Il secondo comma, dell'art. 18 della legge regionale 21 setternbre 1990, n. 36, cosi' come modificato ed integrato dalle leggi successive, e' sostituito dal seguente: 2. - Il personale che riveste funzioni direttive negli uffici o nelle sezioni circoscrizionali di collocamento non puo' essere candidato per le elezioni dei consigli comunali e provinciali della Sicilia ne' essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia ne' ricoprire la carica di assessore comunale o provinciale. Le norme di cui al secondo, settimo e ottavo comma del citato art. 2 danno adito a rilievi di carattere costituzionale sotto il profilo del mancato rispetto dei principi sanciti dagli art. 3, 51 e 97 della Costituzione. Al riguardo va preliminarmente rilevata l'intrinseca contraddittorieta' delle innovazioni introdotte con le surriportate norme con le quali da un canto si inaspriscono le cause limitative dell'elettorato passivo sia mediante la previsione di nuove situazioni di ineleggibilita', non contemplate dalla vigente normativa statale (nono comma) sia trasformando quelle di incompatibilita' in condizioni di ineleggibilita' (secondo comma), mentre dall'altro, senza alcuna convincente motivazione, si attenuano vistosamente per i deputati regionali le pre-vigenti norme sulla compatibilita' con le cariche di sindaco o di assessore comunale. Orbene, se e' vero che il diritto all'elettorato passivo e' la regola e l'ineleggibilita' l'eccezione, e' altresi' principio incontestabile ed incontestato quello secondo il quale il legislatore deve prevedere una disciplina uniforme consentendo deroghe solo se giustificate, non discriminatorie e, soprattutto, in linea con un sistema organico e razionale. E se e' indubbio che il legislatore siciliano ha in materia competenza esclusiva, ai sensi degli art. 14 lett. o) e 15 dello statuto speciale e' altrettanto indubbio che le norme adottate nell'esercizio di tale competenza possano differenziarsi rispetto alle leggi nazionali soltanto per disciplinare peculiari situazioni locali purche' esse comunque rispondano adeguatamente ai canoni di parita' di trattamento (art. 3) e del diritto di accesso alle cariche pubbliche (art. 51). La legislazione regionale, pertanto, deve attenersi rigorosamente al principio di eguaglianza e deve rispettare conseguentemente i limiti posti non solo dalla Costituzione ma anche dai principi desumibili dalle leggi statali sicche' l'elettorato passivo comunale e provinciale possa essere esercitato in condizioni di eguaglianza per tutto il popolo italiano (Corte costituzionale sent. n. 105/1957). Tale garanzia deve intendersi necessariarnente estesa anche a quanto attiene alla disciplina delle incompatibilita' non potendosi ritenere, invero, che la Costituzione abbia voluto imporre l'osservanza del principio di eguaglianza nell'esclusivo momento elettorale, lasciando all'arbitrio del legislatore (nazionale o regionale) la previsione dei casi di incompatibilita' e decadenza dalle cariche conseguite, atteso che il dettato dell'art. 3 della Costituzione, collegato con l'art. 51, non puo' non riguardare ogni vicenda relativa alla preposizione dei cittadini ad una carica pubblica. Ne deriva che la prevista causa di incompatibilita' per i deputati regionali limitata alle sole ipotesi di sindaco delle tre aree metropolitane, nel porsi in palese contrasto con quanto disposto dall'art. 4 della legge n. 154/1981. che estende a tutti i sindaci e assessori dei comuni compresi nel territorio della regione la condizione di incompatibilita' con la carica di consigliere regionale, ad avviso del ricorrente, configura un ingiustificato ed irrazionale privilegio nei confronti dei parlamentari regionali che, unici in Italia, potrebbero, in base alla norma oggetto di censura, ricoprire contemporaneamente le due cariche elettive. Come codesta ecc.ma Corte ha avuto piu' volte modo di rilevare, l'ammissibilita' di una disciplina derogatoria e' subordinata all'esistenza di situazioni concernenti categorie di soggetti e fig- ure che siano proprie dell'ordinamento siciliano e cioe' che, nella peculiare realta', si presentino diverse rispetto a quelle proprie della stessa categoria di soggetti nel restante territorio nazionale. Ancora e' ammissibile una disciplina derogatoria qualora, in ogni caso, si debbano perseguire finalita' adeguate e ragionevoli miranti alla tutela di un interesse generale. Ora non solo difettano del tutto peculiari situazioni locali a sostegno della deliberata norma derogatoria, ma, anzi, la speciale ed ampia autonomia accordata dallo statuto rende ancora piu' imperiosa la necessita' di mantenere, quanto meno per i comuni di una certa dimensione (non soltanto quindi per i sindaci delle aree metropolitane), il divieto di cumulo delle cariche di sindaco e di deputato regionale. Infatti e' di palmare evidenza che godendo l'A.R.S. di competenza legislativa esclusiva in non poche ed importanti materie ai sensi degli artt. 14 e 15 dello statuto, i compiti affidati ai deputati regionali siciliani sono assai piu' impegnativi ed onerosi rispetto a quelli spettanti ai componenti dei consigli delle regioni a statuto ordinario. Invero non risulta dai lavori parlamentari che sia stato fornito alcun argomento a sostegno della regolamentazione difforme da quella statale come quella di cui al settimo comma dell'art. 2. Nel corso dell'acceso dibattito tenutosi in aula, a fronte della motivata opposizione di talune forze politiche e del presidente della giunta non sono emerse, infatti, le peculiari situazioni differenziate che sole possano giustificare un radicale capovolgimento del complesso regime delle incompatibilita'. Non appare convincente, anzi si rivela del tutto pretestuoso, l'argomento portato avanti da taluni deputati, secondo il quale l'esperienza politica comunque acquisita, sia nell'attivita' di parlamentare sia in quella di amministratore locale consentirebbe di garantire la presenza in assemblea di qualificati soggetti portatori di istanze locali. Tale motivazione non appare invero rivestire una valenza superiore di quella che sorregge la causa di incompatibilita' prevista dal legislatore nazionale la cui previsione invece mira a garantire, oltre al buon andamento della pubblica amministrazione, sia la funzionalita' degli organi amministrativi degli enti locali (sent. Cort. Costituzionale n. 235/1988) sia la tutela della libera espressione del voto eliminando o riducendo ogni possibile situazione di fatto che possa tradursi in una captatio benevolentiae dell'elettorato. Ed, invero, il legislatore regionale con le leggi nn. 20 e 31 del 1986, nel recepire nell'ordinamento siciliano la casistica della legge n. 154/1981, aveva dettato una norma assai rigorosa trasformando la causa di incompatibilita' di cui all'art. 4 (fra la carica di consigliere regionale e sindaco) in ineleggibilita', seppure limitandola ai sindaci ed assessori dei comuni con piu' di 40.000 abitanti; questo limite successivamente, veniva ampliato estendendolo ai sindaci dei comuni con piu' di 20.000 abitanti con l'art. 5 della recentissima legge regionale n. 7/1992, abrogato con l'ottavo comma, dell'art. 2 della legge teste' approvata. Sulla legittimita' costituzionale della ora citata causa di ineleggibilita', codesta Corte si e' pronunciata con la sentenza n. 130/1987 mettendo in evidenza la opportunita' della sua previsione in quanto ispirata dalla necessita' di garantire a tutti gli aspiranti alla carica elettiva di sindaco e di deputato regionale di essere posti in condizioni di effettiva eguaglianza nel pieno rispetto del principio dell'art. 51 della Costituzione ponendo a fondamento del maggior rigore della norma rispetto all'ordinamento nazionale l'esistenza delle particolari condizioni ambientali siciliane. Orbene, le particolari condizioni ambientali tenute in debito conto dal legislatore regionale nel 1986, riconfermate nel 1992 con la legge regionale n. 7, nonche' riconosciute valide, come prima accennato, da codesta Corte, non sembra si siano oggi affievolite tant'e' che negli anni piu' recenti la normativa statale ha dovuto prenderne atto contemplando una serie di disposzioni che affondano la propria ratio nella consapevolezza di dover affrontare e progettare la ricostruzione del tessuto connettivo di una societa' democratica. L'inversione di tendenza cui si ispirano le innovazioni che con il presente ricorso si intendono impugnare sembrano scaturire dall'erroneo presupposto che le condizioni ambientali in sicilia siano mutate e che, pertanto, si possano adottare norme discordanti con il generale disegno politico in atto perseguito ed in via di attuazione anche in sede nazionale. Ma sul punto non ininfluente e' la considerazione che la ratio della causa di ineleggibilita' inserita nella legge sull'elezione diretta del sindaco (art. 5) non poteva che tener conto, anche delle ben piu' impegnative funzioni e responsabilita' affidate a quest'ultimo, che, derivando la propria legittimazione dal diretto consenso popolare e' obbligato oggi nel "rappresentare" le istanze del proprio elettorato, a espletare con il massimo impegno il mandato. Non suffragato da valide motivazioni appare pertanto il repentino mutamento di indirizzo con cui si consente ai sindaci di ricoprire contemporaneamente l'onerosa carica di deputato regionale, inserito in una normativa con la quale, mentre si porta a compimento il disegno politico gia' intrapreso, si ribadiscono e si ampliano i numerosi e pregnanti compiti loro attribuiti. Anche dal punto di vista strettamente tecnico va osservato che la formulazione della norma oggi impugnata non assolve e non soddisfa alcuna esigenza di opportunita' politica o funzionale poiche' non e' volta ad individuare una categoria generica di soggetti nei cui confronti comminare la incompatibilita' per rispondere all'una o all'altra ratio o ad un indirizzo politico, essendo al contrario volta ad impedire la possibilita' di rivestire contemporaneamente due cariche elettive soltanto a tre soggetti ben individuati: i sindaci delle citta' di Palermo, Catania e Messina. Appare evidente che qualunque sia il fine che si voglia perseguire l'individuazione dei soggetti destinatari della norma dovrebbe rispondere almeno al carattere di "categoria di soggetti" e non invece trasformarsi in un mero limite individuale che crea sicuramente disparita' di trattamento, senza peraltro raggiungere con chiarezza le finalita' prefisse. L'intrinseca irragionevolezza della norma si desume, altresi', dal contenuto dell'intero art. 2 che, mentre prevede a tutela della liberta' di formazione della volonta' elettorale quale causa di ineleggibllita' l'esercizio delle funzioni direttive negli uffici al collocamento (nono comma) nonche' l'essere sindaco in un qualsiasi comune della Repubblica (secondo comma), manifestando un chiaro intendimento di eliminare qualsiasi coincidenza di piu' cariche in un solo soggetto, dall'altro consente ai soli deputati regionali di mantenere la carica di sindaco, con la sola eccezione delle citta' di Palermo, Catania e Messina. La dedotta complessiva disorganicita' della norma induce questo ufficio a proporre, per ragioni che appaiono di senso inverso, ma che conducono a comporre infine una normativa organica ad un disegno funzionalmente preordinato, impugnativa nei confronti della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 2 laddove si prevede quale causa di ineleggibilita' alla carica di presidente di una provincia regionale l'essere genericamente sindaco di un comune e cio' in assenza di analoga previsione ostativa nella legislazione nazionale. La enunciata previsione non sembra essere fondata sul timore di un eventuale condizionamento della volonta' dell'elettore che potrebbe ragionevolmente giustificare la descritta condizione di ineleggibilita'. Piu' logico sarebbe stato ravvisare una motivazione di tipo funzionale da cui sarebbe semmai scaturita una ulteriore causa di incompatibilita' peraltro gia' contemplata fra le cariche di consigliere provinciale e consigliere comunale nell'art. 11, secondo comma, legge regionale n. 31/1986. Pur volendo ammettere un'ipotesi di ineleggibilita' nella prevalente considerazione delle particolari condizioni ambientali siciliane il legislatore regionale ad avviso dello scrivente, avrebbe dovuto almeno opportunatamente ancorare la predetta limitazione all'ambito territoriale della provincia interessata. (sent. Corte costituzionale n. 344/1993).
P. Q. M. E con riserva di presentare memorie illustrative nei termini di legge, la sottoscritta dott.ssa Isabella Giannola, vice commissario dello Stato per la regione Siciliana; Visto l'art. 28 dello statuto speciale con il presente atto impugna per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, il secondo comma, limitatamente alle parole "il sindaco di un comune", 7 nei limiti e nei sensi di cui alla motivazione, e 8 dell'art. 2 del disegno di legge dal titolo "Nuove norme per l'elezione con suffragio popolare del presidente della provincia regionale. Norme per l'elezione dei consigli delle province regionali, per la composizione ed il funzionamento degli organi di amministrazione di detti enti. Norme modificative ed integrative al t.u. approvato con d.p. reg. 20 agosto 1960, n. 3 ed alla legge regionale 26 agosto 1992, n. 7" approvato dall'assemblea regionale siciliana nella seduta del 14 agosto 1993 e comunicato a questo commissariato ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 17 agosto 1993. Palermo, addi' 21 agosto 1993 Il vice commissario dello Stato per la regione Siciliana: GIANNOLA 93C0938