N. 575 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 1993

                                N. 575
    Ordinanza emessa il 28 giugno 1993 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Siracusa nel procedimento
 enale a carico di Maiorca Carmelo ed altri
 Processo penale - Divieto di pubblicazione anche parziale di atti del
    fascicolo  del  dibattimento  -  Irragionevolezza  - Disparita' di
    trattamento  rispetto  alla  fattispecie  di   pubblicazione   del
    contenuto degli atti - Lesione del principio di liberta' di stampa
    - Violazione delle direttive della legge di delega.
 (C.P.P. 1988, art. 114, n. 3).
 (Cost., artt. 3, 21 e 76 in relazione alla legge 16 febbraio 1987, n.
    81, art. 2, direttiva 71).
(GU n.41 del 6-10-1993 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha emesso la seguene ordinanza.
    Esaminati  gli  atti  del  procedimento  penale  nei  confronti di
 Maiorca Carmelo, Ermanno Adorno e Giuseppe Guastella,  indiziati  del
 reato  di  arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale
 (art. 684 del c.p.), e preso atto della  richiesta  di  archiviazione
 formulata dal p.m. in data 8 maggio 1993.
    Il   procuratore  della  Repubblica,  a  chiusura  delle  indagini
 preliminari, ha chiesto l'archiviazione del procedimento,  sostenendo
 che  gli  indiziati,  nel  concorrere alla pubblicazione parziale del
 testo di alcune trascrizioni di intercettazioni telefoniche  comprese
 nel  fascicolo  per il dibattimento del processo penale, pendente per
 il giudizio presso il tribunale di Siracusa, promosso  nei  confronti
 di  tale  Giuseppe  Basso,  imputato di concussione, hanno esercitato
 legittimamente il diritto-dovere di cronaca.
    Ma poiche' la avvenuta pubblicazione  a  mezzo  stampa  di  alcuni
 passi  integrali  delle  trascrizioni  di  registrazioni  telefoniche
 intercettate nel corso del menzionato  procedimento  penale,  integra
 una  ipotesi di "pubblicazione parziale" (vietata dall'art. 114.3 del
 c.p.p., quando avvenga, come nel caso di specie, prima della sentenza
 di primo grado), e' preliminare ad ogni statuizione di  merito  -  ed
 assume  per  cio'  stesso  rilevanza - la verifica della legittimita'
 costituzionale  della  norma,  essendo  evidente  che   non   sarebbe
 configurabile a carico degli indiziati il reato pevisto dall'art. 684
 del  c.p.,  nei  loro  confronti  ipotizzato,  qualora il fatto della
 pubblicazione parziale di quegli atti non possa essere vietato  dalla
 legge ordinaria.
    Orbene,  a  fronte  del  divieto di pubblicazione, anche parziale,
 degli atti del  fascicolo  per  il  dibattimento  anteriormente  alla
 sentenza di primo grado, l'ultimo comma dello stesso art. 114 dispone
 che  "e' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non
 coperti da segreto".
    Con tale disposizione il legislatore ha operato  una  scelta  che,
 nel  concorso e nel bilanciamento con altri valori costituzionalmente
 garantiti  (quali,  ad   esempio,   la   salvaguardia   dei   diritti
 fondamentali  della  persona;  la  presunzione  di  non  colpevolezza
 dell'imputato fino alla condanna definitiva; la  tutela  in  giudizio
 dei  diritti  e  la inviolabilita' della difesa in ogni stato e grado
 del  procedimento),  conferisce  giusta   prevalenza,   superata   la
 interinale  fase  della segretezza di cui all'art. 329 del c.p.p., al
 principio della liberta' di stampa, previsto dall'art. 21 cpv., della
 Costituzione come strumento diffusivo della libera manifestazione del
 pensiero, come espressione  del  diritto-dovere  all'informazione  e,
 dunque, con specifico riguardo al settore della giustizia, come mezzo
 per l'esercizio di un corretto controllo sociale sul processo penale.
    Se,  con  il  solo  limite dell'obbligo temporaneo del segreto, la
 pubblicazione  del  contenuto  degli   atti   del   processo   penale
 costituisce  un  fatto  non soltanto privo di offensivita' ma, stando
 alla   ratio   della   norma,    espressione    di    una    funzione
 costituzionalmentegarantita,   non  sembra  infondato  ritenere  che,
 sussistendo fondamentali connotati di parita', eguale dovrebbe essere
 il trattamento da riservare a quella pubblicazione "parziale" di atti
 del fascicolo per il dibattimento, la cui conoscenza  a  mezzo  della
 stampa  null'altro  nella normalita' dei casi puo' aggiungere (se non
 una garanzia in piu' sul piano della correttezza della  informazione)
 alla  conoscenza derivabile a una esauriente notizia del contenuto di
 atti.
    La stessa preoccupazione, espressa  nella  relazione  al  progetto
 preliminare  del  c.p.p., che gli atti anteriori non siano conosciuti
 dal giudice prima del dibattimento, in modo  da  evitare  distorsioni
 della regola processuale che affida al dibattimento la formazione del
 convincimento  del  giudice, si e' rivelata, strada facendo, priva di
 concretezza;  al  pari  di  quell'altra affermazione, pure risultante
 dalla  relazione  suddetta,  secondo  la  quale   "il   giudice   del
 dibattimento,  se  puo'  essere influenzato dalla pubblicazione degli
 atti  veri  e  propri,  e'  in  grado  di  non  fondare  il   proprio
 convincimento  su  notizie di stampa piu' o meno generiche e prive di
 riscontri  documentali  riguardanti  il  contenuto  di  atti":   dove
 sembrano  evidenti  non  solo  la  petizione  di  principio  ma anche
 l'eccesso, nella previsione dell'art. 114.3 del c.p.p., rispetto alla
 direttiva n. 71 dell'art. 2 della legge-delega 16 febbraio  1987,  n.
 81.
    Vi  e'  petizione  quando si assume, senza averlo dimostrato, che,
 mentre la pubblicazione, sia pure  parziale,  del  testo  degli  atti
 spiegherebbe  sempre,  per  il  crisma di ufficialita' conferito alla
 notizia, una sua capacita' di influenzare il giudice, analogo rischio
 non  sarebbe  indotto,   invece,   dalla   pubblicazione   del   solo
 "contenuto", appunto per cio' consentito con la sola esclusione degli
 atti segreti.
    Ma  la  norma in commento sembra anche viziata di eccesso rispetto
 alla legge delega, perche' la citata direttiva n. 71,  mentre  impone
 il  divieto  di  pubblicazione per gli atti coperti dal segreto e per
 altri atti specificamene indicati (diversi  da  quelli  destinati  al
 fascicolo  per  il dibattimento), lo esclude proprio per gli atti del
 fascicolo dibattimentale.
    E'  pur  vero  che,  alla  stregua  della  citata  relazione,  per
 "contenuto"  di  un  atto  si  e' sostanzialmente inteso "qualcosa di
 diverso dalla esatta riproduzione dello stesso o di una  sua  parte",
 ovverosia  la  pubblicazione di quanto si rappresenta nell'atto senza
 richiamarlo testualmente,  come  e'  stato  osservato  da  autorevole
 dottrina. Ma e' innegabile, per altro verso, che la pubblicazione del
 contenuto  di  atti  puo' costituire, per sue specificita' (ricchezza
 della informazione,  tempi  ed  efficacia  della  sua  presentazione,
 diffusione  della  testata,  caratteri  impaginazione e risalto della
 notizia)  fattore  di  convincimento  talvolta  ben  piu'   pressante
 rispetto  alla  nuda  pubblicazione di parti di un atto del processo,
 si' da sembrare illegittima la disposta compressione,  in  tal  caso,
 del diritto di cronaca spettante al giornalista.
    Cio'   e'   tanto  piu'  vero  quando  nella  pubblicazione,  alla
 rappresentazione  del  contenuto  di  un  atto   del   processo,   si
 accompagna,  pur  senza  citazioni  dirette del testo, la indicazione
 degli elementi di individuazione dell'atto stesso, per cui  anche  in
 questo  caso  si vengono ad offrire elementi di riscontro documentale
 di quel che si narra e si finisce per conferire alla  notizia  quello
 stesso crisma di ufficialita' che sarebbe insito nella pubblicazione,
 anche parziale, dell'atto.
    Per  contro,  non  sempre  la pubblicazione (parziale) di atti del
 fascicolo  dibattimentale  comporta  il  rischio  di  influenzare  il
 giudice,  dovendosi  cio'  escludere  in tutti i casi in cui vi siano
 atti, come potrebbero  essere  considerati  quelli  pubblicati  dagli
 odierni    indiziati,   non   riguardanti   l'oggetto   dell'indagine
 dibattimentale e che non influiscono, dunque, sull'accertamento della
 responsabilita' dell'imputato.
    Lo stesso criterio discretivo tra l'illecito e il  consentito,  in
 quanto  fondato  sulla  enunciazione  di  una distinzione concettuale
 ontologicamente incerta tra "pubblicazione parziale" e "pubblicazione
 del contenuto" di  atti,  non  sembra  un  parametro  ragionevole  di
 distinzione: gli effetti della pubblicazione di una notizia, piu' che
 dal  dato  formale  della  divulgazione  di  una  parte dell'atto del
 processo che la  documenta,  possono  scaturire  dal  suo  intrinseco
 valore informativo e da circostanze specifiche.
    Non  sembra  manifestamente  infondato  ritenere, pertanto, che la
 norma dell'art. 114.3 del c.p.p., refluente sulla configurazione  del
 reato  previsto  dall'art.  684  del c.p., si pone in contrasto con i
 principi costituzionali di eguaglianza (secondo il quale a parita' di
 situazioni  deve  corrispondere  uguale  trattamento)  e  di  ragione
 enunciati  dall'art.  3;  con  il  principio  di  liberta'  di stampa
 previsto dall'art. 21 cpv. e con il criterio  dettato  dall'art.  76,
 avendo il Governo delegato stabilito, con l'art. 114.3 del c.p.p., un
 divieto che il legislatore delegante non sembra abbia voluto imporre,
 per le ragioni sopra accennate.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953,
    Dichiara d'ufficio non manifestamente infondata, in relazione agli
 artt.  3,  21  e  76 della Costituzione, la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 114.3 del c.p.p.,  nel  senso  precisato  in
 motivazione;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il procedimento in corso;
    Ordina,  altresi',  che  a  cura  della  cancelleria  la  presente
 ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa, al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei  due  rami  del
 Parlamento.
      Siracusa, addi' 28 giugno 1993
             Il giudice per le indagini preliminari: LO RE

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