N. 620 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio - 17 settembre 1993

                                N. 620
 Ordinanza  emessa  il  22  gennaio   1993   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il 17 settembre 1993) dalla commissione tributaria di
 primo grado di Milano sui ricorsi  riuniti  proposti  da  De  Giudici
 Giovanni ed altri contro intendenza di finanza di Milano.
 Imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche  -  Esenzione da detta
 imposta per le pensioni  privilegiate  per  invalidita'  contratta  a
 causa di servizio - Condizione - Anzianita' di servizio non inferiore
 a  quindici  anni - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
 alle pensioni privilegiate ordinarie tabellari spettanti ai  militari
 di leva, che per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.
 387/1989,  sono  in  ogni  caso esenti dall'I.R.Pe.F. - Incidenza sul
 principio della capacita' contributiva.
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34).
 (Cost., artt. 2, 3 e 53).
(GU n.42 del 13-10-1993 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI I GRADO
    Riuniti i seguenti ricorsi ai sensi dell'art. 34 d.P.R. 26 ottobre
 1972, n. 636:
      n. 91/19556 proposto da De Giudici Giovanni, domiciliato in  via
 Cesare Pascarella, 20, Milano;
      n.  91/19563 proposto da Pecis Aldo, domiciliato in viale Gadio,
 2, Milano;
      n. 91/19581 proposto da Berardelli Ubaldo,  domiciliato  in  via
 F.lli Induno, 26, Milano;
      n.  91/19582  proposto  da  Garozzo  Rosario, domiciliato in via
 Cannero, 16, Milano;
      n. 91/19583 proposto da  Russo  Francesco,  domiciliato  in  via
 Gabbro, 9, Milano;
      n.  91/19588  proposto  da  Lonigro Antonino, domiciliato in via
 Eugenio Curiel, 8, Corsico (Milano);
      n. 91/19594 proposto da Verdino  Giustino,  domiciliato  in  via
 Bruzzesi, 35, Milano;
    Tutti  rappresentati  e  difesi dall'avv. Antonio Neri e dal dott.
 proc. Marco Boretti di Milano;
    Visto gli atti di giudizio;
    Sentito il relatore;
    Sentito le conclusioni delle parti;
                            RILEVA IN FATTO
    Con  gravami  presentati  in data 29 ottobre 1991, i ricorrenti si
 oppongono ritualmente contro il silenzio-rifiuto  dell'intendenza  di
 finanza  di  Milano e chiedono che questa commissione dichiari dovuto
 il rimborso dell'imposta sul reddito delle  persone  fisiche  (Irpef)
 trattenuta alla fonte sulla pensione privilegiata del Ministero della
 difesa   ai  sensi  del  d.P.R.  n.  1092/73  e  la  conseguente  non
 assoggettabilita' fiscale della pensione predetta, ovvero che accerti
 il  loro  diritto  e  condanni  l'aministratozione  finanziaria  alla
 restituzione del dovuto.
    Sostengono i ricorrenti che la propria pensione sarebbe di origine
 indennitaria  e  di  natura  meramente  risarcitoria  per  infermita'
 permanente invalidante riconosciuta dipendente da causa  di  servizio
 istituzionale  prestato  nell'Arma  dei  carabinieri  o nell'Esercito
 italiano.
    I ricorrenti adombrano l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 34  del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  601 nella parte in cui non
 estende l'esenzione dall'imposta sul reddito  delle  persone  fisiche
 alle pensioni privilegiate quali quelle percepite dai ricorrenti.
    Mancano  in  atti  deduzioni  dell'intendenza  di  finanza, il cui
 rappresentante - in udienza - si rimette alla commissione.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    La commissione osserva:
    Circa la rilevanza della questione ai fini della  definizione  del
 giudizio,  appare  pregiudiziale a questo Collegio che sia necessario
 affrontare  la  fondatezza  del  lamentato  difetto  di  legittimita'
 costituzionale in ordine alla normativa delle esenzioni fiscali nella
 parte in cui non sono contemplate le pensioni privilegiate.
    Infatti, l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' dell'art.
 34  del  d.P.R. n. 601/1973 nel senso di cui sopra, determinerebbe il
 buon diritto  dei  ricorrenti  ad  ottenere  il  rimborso  di  quanto
 richiesto nell'atto introduttivo al giudizio.
    Circa   la   non   manifesta   infondatezza   della  questione  di
 legittimita' costituzionale della  norma  in  esame,  la  commissione
 eccepisce quanto segue:
    Risulta  dagli atti che i ricorrenti non riscuotono una "pensione"
 nel  senso  stricto  jure  del   termine,   bensi'   un   trattamento
 risarcitorio per l'invalidita' contratta durante il servizio militare
 prestato.
    Ai  sensi  dell'art.  52  del  d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, il
 militare ha diritto alla "pensione normale" dopo aver  raggiunto  una
 anzianita'  di  almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici
 di servizio effettivo.
    I ricorrenti non hanno potuto compiere una anzianita' di servizio,
 come prevista dalla normativa, per invalidita' contratta per causa di
 servizio, dopo  soli  pochi  anni,  comunque  inferiore  ai  15  anni
 previsti dall'art. 52.
    Cessando  il  servizio,  a  causa della contratta invalidita', non
 possono pertanto percepire il trattamento pensionistico previsto  dal
 d.P.R. citato.
    Di  contro,  per  la  natura  e il grado di invalidita' contratta,
 ripetesi  a  causa  di  servizio,  gli  esponenti   percepiscono   un
 trattamento indennitario.
    Non  vi  e' dubbio, quindi, che la rendita privilegiata de qua non
 puo' che costituire un indennizzo della diminuzione della  integrita'
 fisica determinata dal servizio militare.
    L'esclusione  dei  ricorrenti  da  tale normativa contrasta con la
 razionale applicazione della norma  stessa  citata  e  non  puo'  che
 essere  considerata  discriminatoria  pcr  coloro  che abbiano subito
 infortuni durante il servizio militare, rispetto a  coloro  che  tale
 servizio hanno prestato senza danno alcuno alla persona.
    La  "pensione  privilegiata",  di  cui  sono  titolari gli istanti
 costituirebbe esclusivamente un indennizzo della  diminuizione  della
 integrita'  fisica  contratta  per causa di servizio, che non puo' in
 alcun  modo  essere  assimilata  ad  un  trattamento   pensionistico,
 sostitutivo  all'assicurazione  generale  obbligatoria,  avendo i due
 trattamenti natura e finalita' completamente differenti.
    Riprova del fatto che il  titolo  del  trattamento  economico  dei
 ricorrenti  sarebbe  l'invalidita'  contratta  e  non  il  periodo di
 servizio prestato, si puo' rilevare anche nella forma tabellare della
 pensione,  cioe'  in   riferimento   al   tipo   ed   alla   qualita'
 dell'infermita'.  A  tal  fine  si  confronti l'art. 67 del d.P.R. n.
 1092/1973, che richiama espressamente,  ai  fini  della  liquidazione
 della "pensione privilegiata", il grado dell'invalidita' contratta.
    In   altre  parole,  il  trattamento  pensionistico  in  esame  si
 sostanzia nell'attribuzione di una  pensione  commisurata  alla  sola
 gravita'  della  lesione  invalidante,  ex  art.  67  del  d.P.R.  n.
 1092/1973.
    Emergerebbe, quindi,  la  natura  non  reddituale  della  pensione
 privilegiata   ordinaria,  natura  che  la  diversifica  dagli  altri
 trattamenti  pensionistici,  i  quali  presentano  invece   carattere
 reddituale,  mentre  la rende assimilabile alle pensioni di guerra in
 ragione della comune funzione risarcitoria.
    La natura non  reddituale  della  pensione  privilegiata  e',  del
 resto,  concordemente  riconosciuta dalla giurisprudenza: la Corte di
 cassazione (26 novembre 1987 n. 8753) ha escluso che debba intendersi
 quale carattere sostitutivo ed ha,  invece,  ritenuto  compatibile  e
 cumulabile   con   altri   trattamenti   pensionistici   la  pensione
 privilegiata per invalidita' contratta per causa di servizio  durante
 il  servizio  militare  od assimilato, atteso che essa costituisce un
 trattamento  di  natura  risarcitoria  ed  indennitaria  e  non  gia'
 previdenziale,  con  la  conseguenza  che  non  e'  di  ostacolo alla
 computabilita' del servizio militare od assimilato ai fini suddetti.
    Ad alimentare il sospetto di incostituzionalita' si pone anche  la
 disamina della sentenza della stessa Corte costituzionale, n. 387 del
 4-11  luglio  1989,  che ha riconosciuto la natura risarcitoria e non
 reddituale della pensione privilegiata ordinaria tabellare a  seguito
 di una menomazione riportata a causa del servizio di leva prestato.
    In   tale   sentenza,   la   Corte   dichiarava   l'illegittimita'
 costituzionale  dell'articolo  in  esame  nella  parte  in  cui   non
 estendeva l'esenzione dall'IRPEF alle pensioni privilegiate spettanti
 ai militari di leva.
    Quindi,  se l'esenzione a' stata riconosciuta al militare di leva,
 non si vede perche' non debba essere cosi' per  i  militari  che  non
 hanno  potuto  continuare  la  carriera  e,  pertanto,  maturare  una
 anzianita' utile ai fini pensionistici  proprio  per  la  diminuzione
 della propria capacita' lavorativa contratta a servizio dello Stato.
    Se  cosi'  non  fosse,  una  interpretazione  contraria violerebbe
 l'art. 3 della Costituzione.
    In sostanza, i militari che  abbiano  una  anzianita'  sufficiente
 godono  di una pensione; i militari di leva che durante detto periodo
 contraggono una invalidita' godono di un'indennita',  che  ha  natura
 risarcitoria.
    Da  questo  schema rimarrebbe ingiustamente esclusi i militari che
 non abbiano potuto maturare una anzianita' di servizio a causa di  un
 sinistro,  i  quali  sono  costretti  a  pagare  delle  imposte su un
 trattamento risarcitorio ed indennitario.
    Ai sensi dell'art. 53 della Costituzione, tale pensione  non  puo'
 che  avere  il medesimo trattamento tributario-fiscale della medesima
 pensione percepita per lo stesso titolo dagli invalidi per  cause  di
 servizio durante il periodo di leva.
    Ingiustificata  risulta la sperequazione dei militari invalidi che
 non abbiano compiuto (propria a causa della  situazione  invalidante)
 il  periodo  utile  ai  fini pensionistici, rispetto agli invalidi di
 guerra, agli invalidi  del  lavoro  ed  agli  invalidi  per  servizio
 durante   il   periodo  di  leva,  categorie  tutte  che  non  vedono
 assoggettati i loro trattamenti indennitari all'imposta sulle persone
 fisiche.
    In conclusione, l'art. 52 del d.P.R. 29 dicembre  1973,  n.  1092,
 dispone  che  gli ufficiali, i sottufficiali e i militari che cessano
 dal servizio permanente o continuativo hanno  diritto  alla  pensione
 normale  se  hanno  raggiunto  una  anzianita'  di  almeno 15 anni di
 servizio utile di cui 12 di servizio effettivo.
    Nello stesso articolo seguono poi un elenco  di  casi  particolari
 che  comunque  non  interessano  la  fattispecie  in esame; l'art. 53
 stabilisce la base pensionabile per i militari, indicando che essa e'
 costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga percepita, l'art.
 67, sempre dal d.P.R. n. 1092/1973 determina la misura della pensione
 "privilegiata" per i militari  le  cui  infermita'  o  lesioni  siano
 dipendenti da fatti di servizio.
    Ne  deriva  che  la  cosiddetta  pensione  privilegiata  che viene
 assegnata ai militari che hanno contratto infermita' o lesioni  senza
 aver  compiuto  i 15 anni di servizio non puo' che essere considerata
 come risarcimento in quanto la pensione, come tale, e come stabilisce
 in modo molto preciso l'art. 52, viene  corrisposta  solo  dopo  aver
 compiuto almeno 15 anni di effettivo servizio continuativo.
    La riprova di quanto sopra viene data dalla considerazione che per
 coloro  che  avendo  superato 15 anni di effettivo servizio e abbiano
 contratto un infermita' o lesione,  viene  riconosciuta  la  pensione
 cosi'  come  sarebbe stata comunque ad essi dovuta con l'aggiunta del
 10%, tale essendo la percentuale che lo Stato ad essi  riconosce  per
 l'invalidita' contratta in servizio.
    Tale  10%  e'  appunto  l'indennita' o risarcimento riconosciuto a
 loro favore.
    La  situazione  stridente  e  discriminatoria  si   appalesa   sul
 risarcimento dei militari che viene sottoposto ad una ritenuta IRPEF,
 cosa  che  invece non accade per i mutilati, invalidi di guerra e gli
 invalidi sul lavoro, nonche' per gli invalidi per servizio durante il
 periodo di leva.
    Tutto  cio' considerato, e' evidente il denunciato squilibrio, che
 appare  in  conflitto  sia  col  principio  di  uguaglianza   sancito
 dall'art.  3  della Costituzione, sia col principio di ragionevolezza
 che la giurisprudenza costituzionale ha da tempo ritenuto essere  ivi
 implicitamente affermato.
                               P. Q. M.
    La  commissione, dichiara rilevante e non manifestamente infondata
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34  del  d.P.R.
 29  settembre 1973, n. 601 in relazione agli articoli 2, 3 e 53 della
 Carta costituzionale, nella parte  in  cui  non  estende  l'esenzione
 dall'imposta   sul   reddito  delle  persone  fisiche  alle  pensioni
 ordinarie tabellari spettanti ai militari che non abbiano raggiunto i
 minimi contributivi previsti dalla legge;
    Sospende il giudizio in corso e dispone  l'immediata  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria  la presente ordinanza sia
 notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
 Repubblica.
    Cosi' deciso in Milano il 22 gennaio 1993
                       Il presidente: COLAJANNI
                                                  Il segretario: GOBBI
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