N. 58 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 ottobre 1993

                                 N. 58
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria l'8 ottobre 1993 (del Presidente del Consiglio dei
 Ministri)
 Caccia - Disposizioni sulle attivita' venatorie nel patrimonio
    agricolo forestale regionale - Autorizzazione all'esercizio  della
    caccia,  per  la  stagione  1993-94, nei territori appartenenti al
    patrimonio agricolo e forestale regionale  -  Conferma,  altresi',
    del  divieto  generale  della caccia, imposto con legge statale n.
    157/1992, nelle foreste demaniali e in altre porzioni di territori
    del patrimonio agricolo forestale regionale  con  possibilita'  di
    autorizzazione  statale  a  deroghe,  previo  parere dell'Istituto
    nazionale per la fauna selvatica, quando  ricorre  il  presupposto
    che   determinate   aree   forestali   non  presentino  condizioni
    favorevoli alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica  -
    Lamentata  esorbitanza  della  impugnata  disciplina regionale dai
    limiti che la legge  nazionale  ha  imposto  nella  materia  della
    caccia.
 (Legge regione Toscana riapprovata il 15 settembre 1993).
 (Cost., art. 117).
(GU n.43 del 20-10-1993 )
    Ricorso  del Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e
 difeso dall'avvocatura generale  dello  Stato,  presso  la  quale  ha
 domicilio  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12, contro la regione
 Toscana, in persona del presidente della Giunta regionale  in  carica
 per  la  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale della legge
 regionale  recante   "Disposizioni   sull'attivita'   venatoria   nel
 patrimonio  agricolo  forestale  regionale"  approvata  dal consiglio
 regionale  della  Toscana il 27 luglio 1993 (atto n. 90), riapprovata
 dal  medesimo  Consiglio  il  15  settembre  1993  e   trasmessa   al
 commissariato  del Governo il 18 settembre 1993 per contrasto con gli
 articoli 127.4 e 117 della Costituzione, in relazione alla  legge  n.
 157/1992.
    La  legge  regionale  in epigrafe descritta, e' stata inizialmente
 approvata dal consiglio regionale della Toscana nel testo formato  da
 un unico articolo del seguente tenore:
    "In  attesa  dell'attuazione dell'art. 21, primo comma, lettera c)
 della legge 11 febbraio  1992,  n.  157,  ai  fini  di  una  corretta
 programmazione  che  tenga conto anche delle diverse realta' presenti
 nelle singole  province,  finalizzata  a  raggiungere  un  equilibrio
 cacciatore-territorio,  l'esercizio  dell'attivita' venatoria, per la
 stagione  1993-94,  e'  consentito  nei  territori  appartenenti   al
 patrimonio agricolo e forestale regionale di cui alla legge regionale
 4  settembre  1976,  n.  64,  gia'  disciplinati ai sensi della legge
 regionale  15  marzo  1980,  n.  17  e  successive  modificazioni   e
 integrazioni".
    In  tale testo e' intervenuto il rinvio governativo con telegramma
 27 agosto 1993  cosi'  motivato:  "Normativa  contenuta  in  articolo
 unico,   consentendo   esercizio  venatorio  in  determinate  foreste
 demaniali 'in attesa attuazione art.  21,  primo  comma,  lettera  c)
 della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157',  contrasta con principio
 sancito  in  tale  norma  statale  che,  previsto  generale   divieto
 esercizio  venatorio  in  foreste  demaniali, consente deroga at tale
 divieto solamente at seguito verificarsi particolari presupposti  che
 invece non sussistono in caso in esame".
    Il  Consiglio  regionale  ha  riapprovato  la legge aggiungendo al
 testo originario, rimasto inalterato, un secondo comma  del  seguente
 tenore:  "Nelle  foreste  demaniali e in altre porzioni di territorio
 del patrimonio agricolo forestale  regionale,  ove  -  alla  data  di
 entrata  in  vigore  della  presente  legge  - gia' vige il regime di
 divieto di caccia, resta comunque vietato l'esercizio venatorio  fino
 a  diversa  disposizione  assunta  in  applicazione  della  legge  n.
 157/1992".
    La riapprovazione della legge e' avvenuta a maggioranza semplice.
                              M O T I V I
    1) La legge approvata dal Consiglio regionale della Toscana il  15
 settembre  1993  non puo' essere considerata una legge nuova rispetto
 alla legge approvata il 27 luglio 1993.
    Cio' per motivi sia procedurali che sostanziali.
    La  legge  ora  impugnata  e'   stata   approvata   nel   medesimo
 procedimento  legislativo  e  d'altra  parte  non  basta a conferirle
 l'attributo della  novita'  l'aggiunta  del  secondo  comma  che  nel
 contesto complessivo presenta un incerto quanto ambiguo significato.
    Atteso  che  la prima approvazione aveva formato oggetto di rinvio
 da parte del Governo, la riapprovazione di  un  testo  che  non  puo'
 considerarsi  legge nuova doveva avvenire a maggioranza assoluta come
 previsto dall'art. 127, quarto comma, della Costituzione, tanto  piu'
 che  le  modifiche  apportate  al  testo  originario  non  comportano
 accoglimento del rilievo del Governo.
    Infatti,  se  il  comma  aggiunto   lascia   in   qualche   misura
 impregiudicta  l'efficacia liberatoria del divieto di caccia disposta
 dal primo comma, in tale misura non vi e' stato adeguamento al rinvio
 governativo. Se invece potesse ritenersi che per effetto del  secondo
 comma il primo non produce piu' alcun effetto soppressivo del divieto
 di  caccia  nelle  foreste  demaniali,  si  dovrebbe  inevitabilmente
 constatare che la norma nel suo complesso e' contraddittoria e quindi
 viziata da  irrazionalita',  tale  da  vulnerare  l'effettivita'  del
 divieto  stabilito  dalla  norma statale in quanto viene a minarne la
 certezza giuridica.
    2) La legge impugnata si richiama all'art. 21, lettera  c),  della
 legge  n.  157/1992  dove  e' stabilito un divieto generale di caccia
 nelle oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura,  nei
 centri  di  riproduzione  di  fauna selvatica ed infine nelle foreste
 demaniali.  Per  quanto  concerne  queste  ultime  la  norma  statale
 autorizza  le regioni a cogliere il divieto con proprie disposizioni,
 quando ricorre il presupposto  che  determinate  aree  forestali  non
 presentino  condizioni  favorevoli  alla  riproduzione  ed alla sosta
 della fauna selvatica.
    Poiche' la ragione  su  cui  puo'  fondarsi  la  soppressione  del
 divieto  dipende  da  condizioni  che richiedono valutazioni tecnico-
 scientifiche, la norma  statale  vincola  la  funzione  regionale  ad
 operare  sulla  base  del parere dell'Istituto nazionale per la fauna
 selvatica.
    La legge regionale impugnata dispone in evidente difformita' dalle
 condizioni stabilite dalla norma statale, in tal modo esorbitando dai
 limiti che la legge nazionale sulla caccia pone  ai  sensi  dell'art.
 117   della  Costituzione  alla  attribuzione  regionale  per  quanto
 concerne la specifica materia in esame.
    I  suddetti  limiti   impediscono   alle   regioni   di   disporre
 l'abrogazione  del  divieto  di  esercizio  venatorio  nelle  foreste
 demaniali anche a titolo temporaneo, gicche' trattasi pur  sempre  di
 deroga non ammissibile.
    Operando  nei  sensi  predetti,  la  regione  Toscana ha levato il
 divieto di caccia in base a motivazioni diverse, anzi  diametralmente
 opposte   a   quelle  tassativamente  indicate  dalla  legge  statale
 (ispirate al primario valore di  tutela  della  fauna  selvatica)  ed
 inoltre  ha  disposto  sulla  materia  con carattere di generalita' e
 astrattezza - riferendosi la norma a tutto il territorio regionale  -
 senza  osservare  il  giusto procedimento definito dall'art. 21, dove
 l'obbligatorio parere dell'Istituto nazionale per la fauna  selvatica
 assolve  ad  una insopprimibile funzione di garanzia di conservazione
 delle risorse faunistiche nazionali.
    E per tali ragioni si chiede che la  Corte,  in  accoglimento  del
 presente  ricorso,  dichiari  la  illegittimita' costituzionale della
 legge della regione Toscana indicate in epigrafe.
      Roma, addi' 1 ottobre 1993
               Pier Giorgio FERRI, avvocato dello Stato

 93C1050