N. 657 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 1993
N. 657 Ordinanza emessa il 15 luglio 1993 dal tribunale di Bergamo nel procedimento di rilascio ed espulsione proposto da Quiadar Aziz Liberta' personale - Cittadino extracomunitario sottoposto a custodia cautelare, condannato in primo grado (sentenza non definitiva) - Possibilita', su propria determinazione, di chiedere, in alternativa, l'espulsione dallo Stato italiano - Preclusione di fatto dell'esecuzione dell'eventuale condanna - Irragionevole disparita' di trattamento, in materia di esecuzione di misure cautelari, rispetto al cittadino italiano, anche se imputato per la medesima condotta delittuosa - Svilimento della ratio della sanzione penale - Violazione del principio di buon andamento della p.a. (D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, aggiunto dal d.l. 14 giugno 1993, n. 187, art. 8, primo comma). (Cost., artt. 3, 13, 27 e 97).(GU n.44 del 27-10-1993 )
IL TRIBUNALE Deliberando in camera di consiglio sull'istanza di Quiadar Aziz, nato a Tetovan (Marocco), avanzata ai sensi dell'art. 7, comma 12- ter del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39), aggiunto dall'art. 8, primo comma, del d.l. 14 giugno 1993, n. 187, ha pronunciato la seguente ordinanza. O S S E R V A Il richiedente e' stato condannato con sentenza di questo tribunale in data 30 giugno 1993 (non definitiva) alla pena di anni uno mesi otto di reclusione e lire 4 milioni di multa, per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. Per tale reato Quiadar Aziz - tuttora detenuto - veniva arrestato il 29 dicembre 1992 e sottoposto alla misura coercitiva della custodia in carcere. In data 20 giugno 1993 lo stesso presentava la richiesta di essere rilasciato ed espulso dallo Stato italiano, ai sensi della normativa indicata in premessa. Si disponeva quindi l'acquisizione del passaporto del Quiadar, documento che risultava in corso di validita'. Ritiene quindi il collegio la necessita' di dover sollevare d'ufficio la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 12- ter, del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39), aggiunto dall'art. 8, primo comma, del d.l. 14 giugno 1993, n. 187, in quanto la predetta normativa si prospetta in contrasto con gli artt. 3/1, 13/2, 27/3 e 97 della Costituzione, questione che, per i motivi che saranno di seguito prospettati, non appare manifestamente infondata. La rilevanza inoltre della questione di legittimita' costituzionale risulta chiaramente sussistente, essendo la normativa indicata proprio l'oggetto della decisione del presente procedimento. Venendo dunque ad affrontare le varie censure di costituzionalita' prospettate,' dalla lettura dell'eccepita normativa, in primo luogo, appare evidente il contrasto con il combinato disposto degli artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione. Del tutto irragionevole ed immotivata risulta la disparita' di trattamento del cittadino italiano rispetto allo straniero, in materia di esecuzione della custodia cautelare in carcere. La norma in esame di fatto attribuisce una particolare condizione di privilegio agli stranieri sottoposti a custodia cautelare, permettendo che gli stessi, su propria personale determinazione, possano sottrarsi al regime carcerario, chiedendo in alternativa di essere espulsi dallo Stato. Tale violazione del principio di uguaglianza appare tanto piu' rilevante se si analizza l'ampia gamma di gravi ipotesi delittuose per le quali lo straniero e' autorizzato a sottrarsi volontariamente alla misura cautelare della custodia in carcere, trovando la normativa in questione il solo limite fissato per i delitti indicati nell'art. 275, terzo comma, del c.p.p. L'inosservanza del principio di uguaglianza e' dunque quanto mai evidente nelle ipotesi criminose commesse in concorso dal cittadino italiano e dallo straniero. In applicazione infatti della normativa indicata, mentre per lo straniero sarebbe in ogni momento possibile ottenere il rilascio dal carcere (e la conseguente espulsione), al cittadino invece sarebbe preclusa qualsiasi analoga possibilita' di scarcerazione, pur essendo entrambi imputati (o indagati) per la medesima condotta delittuosa. Inoltre non puo' certo sostenersi ragionevolmente che il principio di uguaglianza sia stato soddisfatto dalle limitazioni imposte al rilascio dello straniero assoggettato alla custodia in carcere, individuate dalla norma in esame nelle "inderogabili esigenze processuali" ovvero nelle gravi ragioni personali di salute o gravi pericoli per la sicurezza e l'incolumita' in conseguenza di eventi bellici o di epidemie. Tali preclusioni infatti - fondate sull'esigenza di assicurare il regolare proseguimento dell'iter processuale e sulla necessita' di salvaguardare l'incolumita' fisica dello straniero da espellere - non sono quindi informate al principio di eguaglianza e non giustificano dunque il differente (e piu' favorevole) regime che si stabilisce per il solo straniero sottoposto alla custodia cautelare. Con riferimento alla seconda censura di incostituzionalita', relativa all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, occorre osservare che la normativa denunciata appare violare - sia pure in astratto, in quanto nella fattispecie concreta il richiedente Quiadar Aziz e' stato condannato con sentenza non ancora definitiva - il principio della funzione rieducativa della sanzione penale. L'espulsione dello straniero preclude di fatto la possibilita' di eseguire la pena irrogata, rendendo del tutto inattuabile la principale finalita' della punizione del condannato. Qualora intervenisse infatti una condanna definitiva dello straniero (superiore al limite di tre anni di reclusione, previsti dalla norma censurata), successivamente alla sua espulsione dello Stato, sarebbe completamente svilita la stessa ratio della sanzione penale, in quanto non sempre (e non facilmente) puo' essere ottenuta l'estradizione dello straniero condannato. Su tali considerazioni in ordine all'inutilita' concreta di proseguire il processo penale (una volta che lo straniero e' stato rimpatriato) si innesta l'ultima questione di illegittimita' costituzionale, relativa all'art. 97 della Costituzione. Del tutto irragionevole risulta infatti l'articolo del decreto-legge denunciato, nella parte in cui prevede l'obbligo (costituzionalmente sancito) di proseguire il procedimento penale anche nell'impossibilita' di fatto di dare attuazione alla (eventuale) condanna. Appare dunque evidente la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, frustrato proprio dall'impossibilita' (o anche solo dall'estrema difficolta', qualora si ritenesse sussistente la residua possibilita' di richiedere l'estradizione dello straniero, condannato ad oltre tre anni di reclusione) di dare esecuzione all'atto definitivo dell'iter processuale, cioe' proprio alla (eventuale) sentenza di condanna. Ne' al riguardo puo' sostenersi che la sospensione degli effetti penali della sentenza siano giustificati da una favorevole prognosi di ravvedimento del condannato (in analogia a quanto previsto dall'art. 163 del c.p.), non essendo affidato al giudice alcun giudizio di merito in tal senso, ma dovendosi limitare l'autorita' giudiziaria ad un semplice accertamento delle condizioni normative previste per il rilascio e l'espulsione dello straniero. In sostanza quindi tutti i procedimenti penali, rientranti nell'ambito applicativo della norma eccepita, si trasformerebbero in inutili attivita' giurisdizionali, prive di fatto di qualsiasi concreta attuazione. Ritiene il tribunale, per i motivi esposti, di sollevare questione di legittimita' costituzionale, non potendo il giudizio essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni prospettate e, per l'effetto, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e dichiara sospeso il giudizio in corso.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, e 23 della legge n. 87/1953; Dichiara la sospensione del procedimento di rilascio ed espulsione dallo Stato, proposto su richiesta avanzata da Quiadar Aziz, nato a Tetovan (Marocco) il 19 maggio 1968, ai sensi dell'art. 7, comma 12-ter, del d.l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39), aggiunto dall'art. 8, primo comma, del d.l. 14 giugno 1993, n. 187; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la notificazione del presente provvedimento, a cura della cancelleria, al richiedente Quiadar Aziz, al suo difensore ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bergamo, addi' 15 luglio 1993 Il presidente: GALIZZI I giudici: RIZZARDI - ROSATI Depositato in cancelleria, addi' 16 luglio 1993. Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile) 93C1092