N. 707 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1993

                                N. 707
 Ordinanza  emessa  il  15  ottobre  1993  dal  tribunale  di Roma nel
 procedimento elettorale vertente tra Mecci Paolo e Di Fausto Amanto
 Elezioni - Ineleggibilita' a consigliere provinciale del dipendente
    provinciale - Cessazione della condizione di ineleggibilita'  solo
    per  effetto  di  dimissioni  del dipendente provinciale - Mancata
    previsione della cessazione della condizione  di  ineleggibilita',
    altresi',  per  effetto  del collocamento in aspettativa alla data
    fissata per la presentazione della  candidatura  -  Ingiustificata
    disparita'  di  trattamento dei dipendenti provinciali rispetto ai
    dipendenti regionali, ai quali, per effetto della  sentenza  della
    Corte  costituzionale  n. 388/1991, e' sufficiente il collocamento
    in aspettativa alla data di presentazione  della  candidatura  per
    far cessare la condizione di ineleggibilita'.
 (Legge 23 aprile 1981, n. 154, art. 2, terzo comma).
 (Cost., artt. 3 e 51).
(GU n.50 del 9-12-1993 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  deliberato  la seguente ordinanza nel procedimento contenzioso
 in materia elettorale, iscritto al n. 57407 del  ruolo  generale  per
 gli   affari   civili  dell'anno  1993,  vertente  tra  Paolo  Mecci,
 rappresentato e difeso dal proc. Giuseppe  Cignitti,  con  studio  in
 Roma,  via  A.  Bertoloni  n. 35, e Amanto Di Fausto, rappresentato e
 difeso dall'avv. Giuseppe Di Gioia, con studio  in  Roma,  piazza  G.
 Mazzini n. 27, con l'intervento del pubblico ministero.
 ciogliendo la riserva di dui al verbale 6 luglio 1993;
    Premesso   che   con  decreto  del  31  maggio  1993  il  Ministro
 dell'interno ha rimosso dalla  carica  un  componente  del  consiglio
 provinciale di Roma;
      che  con deliberazione del 10 giugno 1993 lo stesso consiglio ha
 disposto la surrogazione dell'uscente con Amanto Di Fausto, primo dei
 non eletti nella stessa lista,  il  quale  per  poter  presentare  la
 propria  candidatura  si  era  dimesso  a  suo  tempo dall'ufficio di
 assistente di cattedra, dipendente dell'amministrazione  provinciale,
 ma  in  seguito  all'esito  per  lui  sfavorevole della consultazione
 elettorale era  stato  successivamente  riassunto  e  infine  su  sua
 richiesta   era   stato  posto  in  aspettativa  senza  assegni,  per
 disposizione della giunta provinciale dello stesso 10 giugno 1993;
      che il provvedimento di surrogazione  e'  stato  tempestivamente
 impugnato  davanti  a  questo  tribunale  - con ricorso depositato in
 cancelleria il 29 luglio 1993 e poi  regolarmente  notificato  -  dal
 secondo  dei  non  eletti Paolo Mecci, il quale ha dedotto: che il Di
 Fausto  si  trovava  nella  condizione  di  ineleggibilita'  prevista
 dall'art.  2,  primo  comma, n. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154;
 che infatti il suo collocamento  in  aspettativa  senza  assegni  non
 aveva  eliminato  tale condizione, in quanto la rimozione delle cause
 di ineleggibilita' e incompatibilita' e' prevista e  consentita  solo
 per  quelle  sopravvenute  e  per  i consiglieri gia' eletti, con una
 procedura che peraltro non era stata seguita;
      che comunque a norma della citata disposizione legislativa  (non
 investita dalla pronuncia di incostituzionalita' adottata dalla Corte
 costituzionale   con   la  sentenza  n.  388  del  17  ottobre  1991,
 riguardante le elezioni regionali)  per  eliminare  l'ineleggibilita'
 dei  dipendenti delle province sono necessarie le dimissioni e non e'
 sufficiente il collocamento in aspettativa;
      che al ricorso ha resistito il Di Fausto,  osservando:  che  nel
 caso  di  surrogazione  le  cause di ineleggibilita' si convertono in
 ipotesi di incompatibilita', di cui e' consentita la  rimozione  fino
 alla  deliberazione  di  decadenza;  che  non  era  stato  necessario
 adottare il relativo  procedimento  (contestazione,  formulazione  di
 osservazioni,  invito  alla  eliminazione) poiche' il collocamento in
 aspettativa aveva preceduto la deliberazione di surrogazione; che  la
 decisione  della  Corte  costituzionale aveva effetto non solo per le
 elezioni regionali, ma anche per quelle provinciali e comunali;
    Sentiti all'ordierna udienza il ricorrente e il resistente, che si
 sono riportati alle rispettive loro deduzioni e richieste, nonche' il
 pubblico ministero, che ha eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  2,  terzo  comma, della leggge 23 aprile 1981, n. 154, con
 riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, nella parte in  cui
 non prevede che la causa di ineleggibilita' a consigliere provinciale
 cessi  anche  con  il  collocamento  in aspettativa (eccezione che e'
 stata fatta propria anche dal ricorrente);
    Ritenuto che la questione e rilevante, in quanto:
      1) non puo' essere accolta la  tesi  sostenuta  dal  ricorrente,
 secondo  il  quale nelle ipotesi di surrogazione non e' consentita la
 rimozione delle condizioni  di  ineleggibilita'  in  via  successiva,
 essendo questa prevista dall'art. 7 della legge citata soltanto per i
 gia' eletti e soltanto per ragioni sopravvenute. La fattispecie - non
 prevista  espressamente  dalla legge - del potenziale subentrante per
 il quale dopo le elezioni si verifichi una causa di  ineleggibilita',
 e'  perfettamente  analoga  a  quella  dell'eletto  che  in  siffatta
 condizione venga  a  trovarsi  nel  corso  del  mandato  e  non  puo'
 pertanto,  come  vorrebbe il Mecci, ritenersi sottoposta alla diversa
 disciplina della rimozione in via preventiva, la quale e'  prescritta
 invece  dall'art. 3 della stessa legge esclusivamente con riferimento
 al periodo anteriore  alla  presentazione  delle  candidature  ed  e'
 sorretta  da  una  ratio  (la  necessita' di evitare eventuali scelte
 elettorali influenzate da captationes benevolentiae e metus pubblicae
 potestatis) che non e' piu' attuale al  momento  della  surrogazione,
 quando inconvenienti del genere non possono piu' verificarsi;
      2)  legittimamente  pertanto  il  Di  Fausto si e' avvalso della
 facolta' di eliminazione "successiva" della causa di ineleggibilita'.
 Ne' evidentemente  rileva  che  non  si  sia  adottata  la  procedura
 prevista  dal  medesimo art. 7 (contestazione da parte del consiglio,
 formulazione   di   osservazioni   del   subentrante,   invito   alla
 eliminazione  della  causa  di  ineleggibilita', decisione definitiva
 dell'assemblea): procedura che si  sarebbe  risolta  in  una  inutile
 superfetazione,  dato  che nello stesso giorno della deliberazione di
 surrogazione era stato gia' disposto il collocamento  in  aspettativa
 del Di Fausto;
      3)  secondo  il resistente, e' appunto in seguito all'emanazione
 di quest'ultimo provvedimento che e' venuta  meno  la  condizione  di
 ineleggibilita'  in  cui  egli  versava.  Ma  la tesi non puo' essere
 accolta, poiche' la disposizione di cui si tratta prescrive invece, a
 tal fine, che il dipendente cessi dalle funzioni "per dimissioni". La
 norma e' stata bensi' dichiarata costituzionalmente illegittima dalla
 Corte costituzionale con la sentenza 17  ottobre  1991,  n.  388,  ma
 soltanto   per   la  "ineleggibilita'  a  consigliere  regionale  del
 dipendente regionale", come il dispositivo  testualmente  recita,  in
 coerenza  con  la precisazione - contenuta nella motivazione - che la
 decisione concerne "la disciplina .... sancita per i dipendenti della
 regione",  mentre  "esultano  dal  giudizion  a  quo"  quelli   della
 provincia  e del comune. In conclusione, pertanto, in questo giudizio
 l'art. 2, terzo comma, della legge 23 aprile 1981, n.  154,  dovrebbe
 trovare  applicazione  (essendo  consentita ai membri subentranti nei
 consigli  degli   enti   locali   la   rimozione   delle   cause   di
 ineleggibilita'  esistenti  al momento della surrogazione) ma nel suo
 testo  originario  (non  essendo  stato  questo  investimento   dalla
 menzionata   pronuncia  di  incostituzionalita',  relativamente  alle
 elezioni provinciali);
      che la questione non puo' che  considerarsi  non  manifestamente
 infondata,  dato che e' gia' stata accolta dalla Corte costituzionale
 (con la citata  sentenza  n.  388  del  1991)  con  riferimento  alle
 elezioni  regionali,  riguardo  alle  quali  quelle  provinciali  non
 appaiono  presentare,  sotto il profilo in esame, alcuna specificita'
 che consenta una diversa valutazione;
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  per  la  risoluzione  della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 23 aprile  1981,
 n.  154,  con riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, nella
 parte  in  cui  non  prevede  che  la  causa  di  ineleggibilita'   a
 consigliere provinciale del dipendente provinciale cessi anche con il
 collocamento in aspettiva;
    Sospende il giudizio;
    Ordina   che   a  cura  della  cancelleria  questa  ordinanza  sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 15 ottobre 1993
                         Il presidente: ANEDDA

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