N. 451 SENTENZA 13 - 20 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Dipendenti civili dello Stato e degli  enti
 pubblici  non  economici  -  Facolta' di permanere in servizio per un
 periodo massimo  di  un  biennio  oltre  i  limiti  di  eta'  per  il
 collocamento  a  riposo  -  Richiamo  alla giurisprudenza della Corte
 (confr. sentenze nn.  367/1991,  444  e  498  del  1990,  579/1989  e
 186/1976) - Difetto di rilevanza e di tempestivita' anche in rapporto
 all'eventuale  sede  contenziosa  - Difetto di potesta' decisoria sul
 merito e sulle questioni relative - Inammissibilita'.
 
 (Legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, lett.  b); d.lgs. 30 dicembre
 1992, n. 503, art. 16).
 
 (Cost., artt. 3, 76 e 97).
 
(GU n.53 del 29-12-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo  CHELI,
 dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof.   Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.
 Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, lett. b),
 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421  (Delega  al  Governo  per  la
 razionalizzazione  e  la  revisione  delle  discipline  in materia di
 sanita',  di  pubblico  impiego,   di   previdenza   e   di   finanza
 territoriale)  e  16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503
 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei  lavoratori
 privati  e pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992,
 n. 421, promosso con ordinanza emessa
 il 24 febbraio 1993 dal Tribunale amministrativo per  il  Veneto  sui
 ricorsi  riuniti proposti da Turinese Andrea contro la U.L.S.S. n. 20
 di Camposampiero, iscritta al n. 226 del registro  ordinanze  1993  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 21, prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio cautelare su  piu'  ricorsi  riuniti
 proposti da Turinese Andrea contro l'Unita' locale socio sanitaria n.
 20  di  Camposampiero  per  la  sospensione  di provvedimenti con cui
 l'Amministrazione respingeva la domanda del ricorrente,  tendente  ad
 ottenere  il  riconoscimento  della facolta' di permanere in servizio
 oltre il limite di eta' per un biennio ai sensi  dell'art.  3,  lett.
 b),  della  legge  23 ottobre 1992, n. 421 e dell'art. 16 del decreto
 legislativo 30 dicembre 1992, n.  503,  il  Tribunale  amministrativo
 regionale  per  il  Veneto, prima sezione, con ordinanza emessa il 24
 febbraio 1993 ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
 delle disposizioni sopra indicate, in relazione agli artt. 3, 76 e 97
 della Costituzione.
    In  ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale rimettente
 osserva come i provvedimenti contro cui il ricorrente  ha  presentato
 istanza  di sospensione precludono all'interessato in modo definitivo
 di avvalersi del beneficio previsto dalle  disposizioni  oggetto  del
 presente  giudizio, mentre all'epoca di entrata in vigore della legge
 n. 421 del 1992 sussistevano in punto di fatto gli estremi perche' il
 Turinese potesse avvalersi della facolta' introdotta dalla  normativa
 in questione, onde per cui le domande del ricorrente dovrebbero, allo
 stato, essere accolte.
    Circa  la non manifesta infondatezza, osserva il Tribunale come le
 disposizioni impugnate si rivelino, nella loro enunciazione testuale,
 schematiche  ed  ellittiche,  in  quanto   rivolte   a   disciplinare
 unitariamente   una   complessa   ed   articolata  materia,  regolata
 dall'ordinamento  con  modalita'  in  parte  generali  ed  in   parte
 speciali,  in relazione alle diverse tipologie di rapporti di diritto
 pubblico; ambito all'interno del quale taluni  settori  hanno  sempre
 avuto  una  separata e distinta disciplina relativamente alla data di
 collocamento a riposo (magistrati, docenti universitari). Di fronte a
 tale complessa realta' normativa, la dizione  di  "dipendenti  civili
 dello  Stato  e  di enti pubblici non economici", era stata impiegata
 dalla normativa pregressa per individuare i destinatari  del  diritto
 al  trattamento  di  quiescenza,  ma  mai  per disciplinare il limite
 massimo d'eta'  per  la  cessazione  del  servizio.  Relativamente  a
 quest'ultimo     aspetto,    risulterebbe    inoltre    irragionevole
 privilegiare, sulle oggettive esigenze organizzative  della  pubblica
 amministrazione,  le  opzioni  dei  singoli dipendenti in funzione di
 propri ed esclusivi interessi personali.
    Rileva inoltre il  giudice  a  quo  che  la  proposizione  di  cui
 all'art.  3,  lett.  b)  della  legge n. 421 del 1992 costituisce una
 disposizione puntuale e specifica, suscettibile quindi  di  immediata
 efficacia  normativa,  incompatibile  con il carattere programmatorio
 dell'articolato nel quale e' inserita.
    Si osserva infine che la soluzione adottata dalla legge di  delega
 di  protrarre  per  un  biennio  il  collocamento a riposo, mentre si
 rivela sostanzialmente  ininfluente  e  poco  incisiva  ai  fini  del
 contenimento    della    spesa    previdenziale,    appare   altresi'
 discriminatoria nei  confronti  degli  altri  dipendenti  pubblici  e
 privati,  ai  quali  non  viene  riconosciuta  analoga  facolta',  in
 contrasto con la  conclamata  volonta'  del  legislatore,  desumibile
 dagli artt. 2 e 3 della medesima legge di delega, di rendere omogenei
 sia  i  rapporti  di  lavoro  pubblici  e  privati,  sia  i  relativi
 trattamenti  pensionistici.   Osserva   altresi'   che   vi   sarebbe
 contraddizione  con le politiche occupazionali volte ad assicurare ai
 giovani l'accesso al mondo del lavoro (come dimostrerebbero i decreti
 legge 5 gennaio 1993, n. 1; 1 febbraio 1993, n. 26; 12 febbraio 1993,
 n. 31), in quanto il congelamento per un biennio della  provvista  di
 nuovo  personale precluderebbe ad un gran numero di giovani l'accesso
 ad una delle fonti piu' rilevanti, specie in alcune zone del Paese in
 una fase di acuta recessione  economica,  di  occupazione  e  lavoro;
 mentre  il  prolungamento  del  limite  massimo  di eta' pensionabile
 impedirebbe il fisiologico ricambio nella  pubblica  amministrazione,
 in   contrasto   con   i   piu'  elementari  principi  delle  scienze
 dell'organizzazione aziendale ed amministrativa.
    Sulla  base di tali motivi, il Tribunale rimettente ritiene che le
 disposizioni oggetto del presente giudizio si  pongano  in  contrasto
 con  i principi di ragionevolezza, di eguaglianza e di buon andamento
 della pubblica amministrazione, di  cui  agli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione, nonche' con l'art. 76 per il profilo sopra indicato.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 sostenendo  l'inammissibilita'  o, in subordine, l'infondatezza della
 questione di costituzionalita'.
    L'inammissibilita'  e'  motivata  sulla  base   dell'insufficiente
 motivazione  dell'ordinanza  di rimessione in punto di rilevanza, non
 precisando, il  giudice  rimettente,  i  motivi  sulla  cui  base  fu
 rigettata  la  domanda  del  Turinese  a  veder  protratto il proprio
 servizio per altri due anni.
    Qualora si  ritenesse  superato  tale  profilo,  la  questione  di
 costituzionalita',  a  parere  della difesa erariale, dovrebbe essere
 dichiarata infondata.
    La  presunta  violazione  dell'art.  76  della  Costituzione   non
 sussisterebbe,  per  il  motivo  che  le  deleghe c.d. vincolanti non
 potrebbero  comunque  dar  luogo  ad  un  problema  di   legittimita'
 costituzionale,  in  quanto  la disposizione costituzionale prevede i
 limiti minimi della delegazione legislativa ma non i limiti  massimi.
 Si  fa  presente inoltre che la disposizione impugnata e' inserita in
 una ampia delega:  cio'  che  in  ogni  caso  giustificherebbe  anche
 l'esistenza,  tra  gli  altri, di "principi e criteri" vincolanti per
 garantire l'obiettivo che il legislatore ha ritenuto di porsi.
    Quanto al profilo di incostituzionalita' sollevato  nei  confronti
 dell'art.  3  della  Costituzione,  esso va escluso, a giudizio della
 difesa erariale, in quanto vengono poste a raffronto  situazioni  non
 comparabili (dipendenti pubblici e privati), "non omologabili al fine
 di censurare scelte discrezionali del legislatore".
    Quanto  infine alla censura rivolta alle disposizioni impugnate in
 riferimento all'art. 97 della Costituzione, la lesione del  principio
 del buon andamento non risulterebbe sorretta da argomenti che possano
 determinare  una  censura  del  potere discrezionale del legislatore,
 tenendo  presenti  le  due  essenziali  finalita'  che  la  normativa
 impugnata  tende  a  realizzare, e cioe' il contenimento, per un dato
 periodo, della spesa previdenziale, e l'impedire di sguarnire i ruoli
 di una fascia di  personale  gia'  esperto:  finalita'  che  sembrano
 omaggio, e non offesa, all'art. 97 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale -
 in  riferimento  agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione - dell'art.
 3, lett. b), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega  al  Governo
 per  la  razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia
 di  sanita',  di  pubblico  impiego,  di  previdenza  e  di   finanza
 territoriale),  e  dell'art.  16  del decreto legislativo 30 dicembre
 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento  del  sistema  previdenziale
 dei  lavoratori  privati  e  pubblici,  a norma dell'articolo 3 della
 legge 23 ottobre 1992, n. 421) nella  parte  in  cui  riconoscono  ai
 dipendenti  civili dello Stato e degli enti pubblici non economici la
 facolta' di permanere in  servizio  per  un  periodo  massimo  di  un
 biennio  oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo per essi
 previsti. Si sospetta la violazione:
      dell'art.   3   della   Costituzione,  sotto  il  profilo  della
 disparita'  di  trattamento  nei  confronti  degli  altri  dipendenti
 pubblici e privati e per irragionevolezza;
      dell'art.  97  della Costituzione, relativamente al principio di
 buon andamento della pubblica amministrazione;
      dell'art. 76 della Costituzione, per  violazione  del  carattere
 necessariamente programmatorio che deve essere proprio della legge di
 delega.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Ed  invero,  se  il giudice amministrativo solleva la questione di
 legittimita'  costituzionale  della  norma  relativa  al  merito  del
 ricorso,  contestualmente  alla  decisione,  senza alcuna riserva, di
 accoglimento  o  di  rigetto  sulla  domanda   di   sospensione   del
 provvedimento  impugnato,  la  questione  risulta,  per un verso, non
 rilevante  nell'autonomo  contenzioso  sulla   misura   cautelare   -
 esauritosi   con   la   relativa  pronuncia  -,  e  per  altro  verso
 intempestiva in rapporto alla seconda ed eventuale sede  contenziosa,
 posto  che,  prima  del  perfezionamento  dei  requisiti  processuali
 prescritti (domanda di parte, assegnazione della  causa  per  la  sua
 trattazione),  l'organo  giurisdizionale  e'  sprovvisto  di potesta'
 decisoria sul merito e sulle questioni di costituzionalita'  ad  esso
 relative,   ancorche'   questa  delibazione  sia  limitata  alla  non
 manifesta  infondatezza  delle  eccezioni  e  solo  strumentale  alla
 predetta seconda fase del giudizio.
    Questi  principi  sono  conformi  alla  costante giurisprudenza di
 questa Corte (sentenze n. 367 del 1991; n. 444 e 498 del 1990; n. 579
 del  1989;  n.  186  del  1976)  e  vanno  applicati  nella  presente
 fattispecie,  in  cui  il  T.A.R.  del  Veneto,  contestualmente alla
 concessione  senza  riserve  della  misura   della   sospensiva   del
 provvedimento    impugnato,    ha    sollevato    la   questione   di
 costituzionalita' dell'art. 3, lett. b), della legge 23 ottobre 1992,
 n. 421 e dell'art. 16 del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
 503,  concernente  la  legittimita'  della  proroga  della durata del
 servizio.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art. 3, lett. b), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al
 Governo  per  la razionalizzazione e la revisione delle discipline in
 materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e  di  finanza
 territoriale),  e  dell'art.  16  del decreto legislativo 30 dicembre
 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento  del  sistema  previdenziale
 dei  lavoratori  privati  e  pubblici,  a norma dell'articolo 3 della
 legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento agli  artt.
 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
 per il Veneto con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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