N. 82 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 dicembre 1993

                                 N. 82
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 29 dicembre 1993 (della provincia autonoma di Trento)
 Impiego pubblico - Disposizioni correttive del d.lgs. 3 febbraio
    1993, n. 29, recante razionalizzazione  dell'organizzazione  delle
    amministrazioni  pubbliche e revisione della disciplina in materia
    di pubblico impiego - Previsione che, in materia di assetto  della
    dirigenza,  le  regioni  a statuto ordinario, le regioni a statuto
    speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedano  ad
    adeguare  i  propri  ordinamenti ai principi contenuti nel decreto
    legislativo  impugnato  -  Lamentata  invasione  della  sfera   di
    competenza  provinciale  in  materia di ordinamento degli uffici e
    stato giuridico ed economico del personale dipendente.
 (D.L. 10 novembre 1993, n. 470, art. 3, terzo comma).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 3, terzo comma, 4, primo comma,
    8, primo comma, nn. 1 e 16).
(GU n.4 del 19-1-1994 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona   del
 presidente  della  giunta  provinciale Gianni Bazzanella, autorizzato
 con deliberazione della giunta provinciale n. 18522, del 17  dicembre
 1993,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  prof. Valerio Onida e
 Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo  in
 Roma,  largo  della  Gancia  1, come da mandato speciale a rogito del
 notaio  dott.  Pierluigi  Mott di Trento in data 20 dicembre 1993, n.
 59403 di rep.,  contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri
 pro-tempore  per  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale
 dell'art. 3 del d.lgs. 10 novembre 1993,  n.  470,  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  n. 276 del 24 novembre 1993, nella parte in cui,
 sostituendo l'art. 13 del d.lgs. 3  febbraio  1993,  n.  29  (recante
 "razionalizzazione    dell'organizzazione    delle    amministrazioni
 pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
 impiego,  a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421"),
 introduce il nuovo terzo comma di detto art. 13.
    Il d.lgs. n. 470/1993, he contiene "disposizioni  correttive"  del
 d.lgs.  n.  29/1993,  anche a seguito della dichiarazione di parziale
 incostituzionalita' di alcune  delle  disposizioni  di  quest'ultimo,
 contenuta  nella sentenza n. 359/1993 di questa Corte, ha fra l'altro
 dettato un nuovo testo dell'intero art. 13 del decreto medesimo,  che
 apre il capo II del titolo II, dedicato alla "dirigenza".
    Il  terzo comma di tale nuovo testo - che non trova corrispondenza
 nel precedente testo dello  stesso  art.  13  -  stabilisce  che  "le
 regioni  a  statuto  ordinario,  le  regioni  a statuto speciale e le
 provincie autonome di Trento  e  Bolzano  provvedono  ad  adeguare  i
 propri ordinamenti ai principi del presente capo".
    Con  cio'  dunque il nuovo decreto legislativo tende ad introdurre
 un obbligo di adeguamento dell'ordinamento delle  province  autonome,
 nei  riguardi  di tutti i "principi" che si asseriscono contenuti nel
 capo III del titolo II (artt. 13-29) del decreto.
    La disposizione in esame non precisa a che titolo i "principi"  di
 detto  capo dovrebbero imporsi alle regioni a statuto speciale e alle
 province autonome. Ma  poiche'  la  materia  trattata  -  concernente
 l'ordinamento del personale - rientra pacificamente nell'ambito della
 competenza   legislativa   primaria   delle   province,  occorrerebbe
 ipotizzare che i principi in questione  si  configurino  come  "norme
 fondamentali   di   riforma   economico-sociale   della  Repubblica",
 vincolanti  in  quanto  tali  anche  nei  confronti  della   potesta'
 legislativa primaria.
    Questa  ipotesi appare peraltro smentita, si direbbe testualmente,
 dalla  disposizione  in  esame,  la  quale  non  solo  si   riferisce
 genericamente ai "principi" del capo III, ma soprattutto, equiparando
 in  tutto  e  per  tutto  le regioni a statuto speciale e le province
 autonome alle regioni a statuto ordinario, mostra di  considerare  le
 prime vincolate agli stessi "principi fondamentali" che costituiscono
 limiti  alla  potesta'  legislativa "ripartita" o "concorrente" delle
 regioni ordinarie: negando cioe' la  stessa  essenziale  distinzione,
 non  puramente terminologica ma relativa al tipo e all'intensita' dei
 limiti e dei  residui  poteri  legislativi  statali,  fra  competenza
 primaria e competenza concorrente.
    In  ogni  caso,  a  dimostrare l'illegittimita' di tale previsione
 normativa, non vi e' nemmeno bisogno di valutare il  contenuto  e  la
 portata  dei  "principi"  ai quali l'ordinamento provinciale dovrebbe
 essere adeguato in forza di essa, e di constatare come essi non siano
 qualificati formalmente,  ne'  qualificabili  sostanzialmente,  quali
 "norme fondamentali di riforma economico-sociale".
    E' preliminare e decisiva infatti la considerazione che il decreto
 legislativo  n. 470/1993, come il decreto legislativo n. 29 di cui il
 primo detta disposizioni correttive, non poteva legittimamente  porre
 nuove  norme  di  riforma economico-sociale, vincolanti nei confronti
 delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome, ne' in
 materia  di  dirigenza, ne' in altre materie, in quanto lo precludono
 l'oggetto e i criteri della delega,  su  cui  si  fonda  la  potesta'
 legislativa delegata esercitata dal Governo.
    L'art. 2 della legge n. 421/1992, nel dettare in modo articolato i
 principi  e  i  criteri  direttivi  della  delega,  ha  espressamente
 considerato il tipo e il grado dei vincoli  che  la  normativa  della
 stessa legge di delega e dei relativi decreti legislativi esplica nei
 confronti delle regioni e delle province autonome.
    In particolare ha stabilito da un lato che "costituiscono principi
 fondamentali  ai  sensi dell'art. 117 della Costituzione" (vincolando
 quindi i legislatori regionali ordinari) sia tutte  "le  disposizioni
 del  presente  articolo"  (cioe' l'art. 2 della legge n. 421), sia le
 disposizioni "dei decreti legislativi in esso  previsti";  dall'altro
 lato,  viceversa,  che  costituiscono  "norme fondamentali di riforma
 economico-sociale  della  Repubblica"  (vincolanti   dunque   per   i
 legislatori  delle regioni speciali e delle province autonome) i soli
 "principi desumibili dalle disposizioni del presente articolo",  vale
 a  dire  dalle  sole  disposizioni  contenute  nella  stessa legge di
 delega,  con  esclusione  invece  di  quelle  contenute  nei  decreti
 delegati.
    A   sua   volta  l'art.  1,  terzo  comma,  dello  stesso  decreto
 legislativo n. 29/1993 ripete che, mentre le disposizioni del decreto
 medesimo "costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art.  117
 della  Costituzione"  (e dunque il nuovo terzo comma dell'art. 13 non
 fa,  per  questa  parte,  che  ribadire  e  chiarire  che  anche   le
 disposizioni   del   capo   III   contengono   principi  fondamentali
 "suscettibili di vincolare la sfera regionale", come  gia'  affermato
 dalla  sentenza  n.  359/1993  di  questa  Corte),  viceversa solo "i
 principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421,
 costituiscono ... per le regioni a statuto speciale e per le province
 autonome   di   Trento  e  Bolzano,  norme  fondamentali  di  riforma
 economico-sociale della Repubblica.
    Il  legislatore  delegante  ha  dunque  precluso  al   legislatore
 delegato  ogni  possibilita'  di  introdurre  nuove  disposizioni  di
 principio o - che e' lo  stesso  -  nuove  disposizioni  dalle  quali
 ricavare   principi-costituenti   "norme   findamentali  di  riforma"
 vincolanti per le regioni speciali e le province autonome.
    E' pertanto palese il vizio di costituzionalita'  che  inficia  la
 disposizione  impugnata,  anzitutto sotto il profilo della violazione
 dei criteri e della esorbitanza dell'oggetto stesso della  delega,  e
 pertanto della violazione dell'art. 76 della Costituzione: profilo di
 illegittimita'  che ridonda in lesione dell'autonomia della provincia
 autonoma ricorrente.
    Peraltro  anche  sotto  il  profilo  del  contenuto  specifico  la
 disposizione impuganta appare illegittima.
    Che   le   disposizoni  dal  capo  III,  titolo  II,  del  decreto
 legislativo n. 29/1993, cui il nuovo testo dell'art. 13, terzo comma,
 rinvia,   non   contengano   ne'   esprimano   "norme   di    riforma
 economico-sociale",  ma  semmai solo principi fondamentali vincolanti
 nei confronti della legislazione  regionale  "concorrente"  ai  sensi
 dell'art.  2,  secondo  comma  della legge n. 421/1992, risulta gia',
 come si e' notato, dal fatto  che  detto  terzo  comma  dell'art.  13
 considera  (illegittimamente)  le  province  autonome  e  le  regioni
 speciali alla stessa stregua delle regioni a statuto  ordinario,  per
 quanto  riguarda  il  vincolo di adeguamento ai principi del medesimo
 capo III.
    Ma e' decisiva, in proposito, la considerazione che e'  lo  stesso
 legislatore  statale  ad  avere  identificato espressamente, anche in
 materia di dirigenza, le disposizioni da cui si possono e  si  devono
 desumere i principi costituenti "norme fondamentali di riforma".
    Infatti  l'art.  2  della  legge  n. 421/1992 (il quale al secondo
 comma qualifica  appunto  come  "norme  fondamentali  di  riforma"  i
 principi  desumibili  dalle  disposizioni  dello  stesso articolo) si
 riferisce  espressamente  in  alcuni  dei  suoi  disposti  diretti  a
 delimitare l'oggetto e a fissare i criteri e principi direttivi della
 delega,  al tema della dirigenza. Cosi' la lett. f) si riferisce alla
 "definizione di criteri di unicita' di ruolo  dirigenziale"  e  delle
 relative  modalita'  di accesso, alla previsione di "criteri generali
 per la nomina dei dirigenti di piu' elevato livello, con la  garanzia
 di  specifiche  obiettive  capacita'  professionali",  nonche' di una
 "disciplina uniforme per i procedimenti di  accesso  alle  qualifiche
 dirigenziali  di  primo  livello";  la  lett.  q)  si  riferisce alla
 previsione dell'"affidamento ai dirigenti - nell'ambito delle  scelte
 di  programma  degli obiettivi e delle direttive fissate dal titolare
 dell'organo - di autonomi poteri di  direzione,  di  vigilanza  e  di
 controllo,   in   particolare  la  gestione  di  risorse  finanziarie
 attraverso l'adozione di idonee tecniche  di  bilancio,  la  gestione
 delle  risorse  umane  e  la gestione di risorse strumentali" (n. 1);
 alla "mobilita',  anche  temporanea,  dei  dirigenti",  nonche'  alla
 rimozione  delle funzioni e al collocamento a disposizione in caso di
 mancato conseguimento degli obiettivi (n. 3); ai tempi e ai modi "per
 l'individuazione .. degli  organi  e  degli  uffici  dirigenziali  in
 relazione  alla  rilevanza  e  complessita'  delle  funzioni  e della
 quantita' delle risorse umane,  finanziarie,  strumentali  assegnate"
 (n.   4);   alla  previsione  di  "una  apposita,  separata  area  di
 contrattazione per il personale dirigenziale" (n. 5).
    Queste sono, all'evidenza, le disposizioni dalle quali si desumono
 i principi costituenti "norme fondamentali di  riforma"  in  tema  di
 dirigenza:  unici  principi,  in  questa  materia,  vincolanti  per i
 legislatori regionali e privinciali dotati di competenza  legislativa
 primaria.
    Ogni altro principio, e cosi' quelli espressi nel capo III, titolo
 II,  del decreto n. 29 (vecchio e nuovo testo), o da esso desumibili,
 e che vanno oltre ai principi desumibili dalle disposizioni dell'art.
 2 della legge n. 421/1992, hanno per definizione portata ulteriore, e
 non  costituiscono  dunque  -  ne'  possono   costituire   -   "norme
 fondamentali di riforma" vincolanti per la provincia ricorrente.
    In  altri termini, poiche' il legislatore delegante ha individuato
 espressamente  le  disposizioni  cui  occorre  fare  riferimento  per
 ricavare  i  principi  vincolanti  per la legislazione primaria delle
 regioni speciali, ogni altra disposizione - come quella qui impugnata
 che pretenda di estendere l'area di detti principi a  ulteriori  piu'
 specifiche   disposizioni  dei  decreti  legislativi  e',  oltre  che
 contrastante con l'oggetto e con i  criteri  della  delega,  altresi'
 sostanzialmente  invasiva  della competenza provinciale, in quanto si
 riferisce  a  un  livello  di  norme  particolari,  per   definizione
 insuscettibili  di  collocarsi sul piano delle "norme fondamentali di
 riforma economico-sociale".
    Basta poi un esame, anche sommario, delle disposizioni degli artt.
 14-29 del d.lgs. n. 29/1993 (quelle contenute nel capo III del titolo
 II) - vecchio e nuovo  testo  -  per  rendersi  conto  del  carattere
 specifico   e   di   dettaglio   di   tali  disposizioni,  certamente
 insuscettibili di costituire fonte di "norme fondamentali di riforma"
 che vadano al di la' dei principi desumibili dall'art. 2 della  legge
 n. 421/1992.
    In  tali  articoli  non  ci  si  limita  a  definire  il  proprium
 essenziale   della   funzione   dirigenziale,   ma    si    prevedono
 dettagliatamente  le  qualifiche  e  le  rispettive  funzioni  (artt.
 15-16), si disciplinano le modalita' di conferimento degli  incarichi
 di  funzione  dirigenziale  e le modalita' con le quali si esplica la
 responsabilita'  del  dirigente  (artt.  19-21),  si  dettano   norme
 transitorie (artt. 25-26), si disciplinano le specifiche modalita' di
 accesso alla qualifica di dirigente (art. 28).
    Sotto  ogni  profilo,  dunque,  la  disposizione  impugnata appare
 illegittima.
                                P. Q. M.
    La provincia ricorrente chiede  che  la  Corte  voglia  dichiarare
 l'incostituzionalita'  del  nuovo terzo comma dell'art. 14 del d.lgs.
 n. 29/1993, introdotto  dall'art.  3  del  d.lgs.  n.  470/1993,  per
 violazione degli artt. 4, 8, n. 1, e 16 dello statuto speciale di cui
 al  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670,  nonche'  dell'art.  76 della
 Costituzione in relazione all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992,  n.
 421.
      Roma, addi' 22 dicembre 1993
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

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