Art. 71 del decreto legislativo n. 29/1993. Aspettativa per mandato parlamentare.(GU n.133 del 9-6-1994)
Vigente al: 9-6-1994
Agli enti con personale iscritto all'INPDAP (per il tramite delle sedi periferiche INPDAP) Alle prefetture della Repubblica Alla regione Valle d'Aosta Al commissariato del Governo per la provincia di Bolzano Al commissariato del Governo per la provincia di Trento Ai provveditorati agli studi della Repubblica Alle direzioni provinciali del Tesoro - Ufficio contributi Il decreto legislativo n. 29 del 6 febbraio 1993 e successivi correttivi, nel recare norme intese alla razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, detta all'art. 71 al disciplina in materia di aspettativa per mandato parlamentare. Prevede testualmente la citata norma: "i dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei consigli regionali, sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato. Essi possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennita' parlamentare e dell'analoga indennita' corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza che resta a carico della medesima. Il periodo di aspettativa e' utile ai fini dell'anzianita' di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza .. omissis ..". Destinatari della suesposta fattispecie normativa sono pertanto i cittadini chiamati a ricoprire le cariche elettive previste dalla legge stessa; e piu' precisamente: 1) gli eletti al Parlamento nazionale; 2) gli eletti al Parlamento europeo; 3) gli eletti nei consigli regionali. La norma detta, poi, una puntuale duplice disciplina in ordine sia ai riflessi retributivi del periodo di aspettativa che a quelli pensionistici. Ed invero, mentre il primo comma prevede la facolta' di optare, in luogo della indennita' parlamentare o regionale, per la conservazione del trattamento in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, opzione da esercitarsi all'atto della proclamazione (e in prima applicazione entro il 31 marzo 1993) e non modificabile nel corso del mandato, il secondo comma statuisce la rilevanza quiescibile della durata del mandato. Pertanto, essendo l'aspettativa non interruttiva del servizio, e' indubbio che a carico degli enti datori di lavoro, ove iscritti a questo ente previdenziale, sussista per l'intero periodo, l'obbligo di versare i contributi afferenti all'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) sia ai fini del trattamento di quiescenza che della liquidazione della buonuscita. In ordine alla misura dei contributi da versare, si fa presente che mentre in caso di opzione per la conservazione del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza non sorge alcun dubbio circa la sussistenza dell'obbligo per l'ente datore di lavoro di procedere al versamento del contributo per intero in quanto inscindibile dalla retribuzione, nella diversa ipotesi contemplata dal medesimo primo comma dell'art. 71, di opzione per l'indennita' parlamentare, si precisa che pari obbligo grava sulle amministrazioni di appartenenza degli eletti, tenute, quindi, al versamento dei contributi sulla retribuzione cui l'eletto al Parlamento o a consiglio regionale avrebbe avuto diritto se fosse rimasto in servizio. Alle stesse e' da ritenersi spettante, in virtu' del disposto di ci all'art. 24, quinto comma, del regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680; art. 16, sesto comma, della legge n. 1035 del 6 luglio 1939; art. 11, secondo comma, del decreto-legge n. 176 del 6 febbraio 1941, il diritto di rivalsa verso l'iscritto per il contributo personale proporzionato all'assegno effettivamente corrisposto o che sarebbe spettato durante l'interruzione di servizio. Tale principio, posto a base degli ordinamenti delle sopresse casse pensioni gestite dalla ex Direzione generale degli istituti di previdenza sopra citati, trova analoga previsione nella disciplina regolatrice dell'ex INADEL, per il combinato disposto degli articoli 15 e 18 della legge 13 marzo 1950, n. 120, laddove viene espressamente previsto in caso di aspettativa non interruttiva del servizio, l'obbligo dell'ente del pagamento del contibuto sugli assegni effettivamente corrisposti o che sarebbero spettati ed il corrispondente diritto di rivalsa sull'iscritto per il contributo personale. Ora, prevedendo il disposto dell'art. 71, il diritto degli "eletti" al trattamento economico in godimento presso le amministrazioni di provenienza, gia' contenuto nella norma ex art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 17, ultimo comma, secondo cui il tempo trascorso in aspettativa e' computato per intero ai fini della progressione in carriera e dell'attribuzione degli aumenti periodici (a cui fa rinvio l'art. 88 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione alla Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, disciplinante l'aspettativa per mandato parlamentare) ovvero il diritto all'indennita' parlamentare, e' di tutta evidenza la commisurazione del contributo alla retribuzione che sarebbe spettata all'iscritto se fosse rimasto in servizio ovvero all'indennita' previa rivalsa per l'ente, per il principio di carattere generale di cui alle norme sopracitate, per la quota personale del contributo stesso gravante sull'iscritto. Il direttore generale: CERILLI