N. 783 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 1993

                                N. 783
 Ordinanza emessa il 15  ottobre  1993  dal  tribunale  di  Lecco  nel
 procedimento penale a carico di Corbetta Salvatore
 Processo penale - Misure coercitive reali (nella specie: sequestro
    preventivo)  -  Procedimento  incidentale  di riesame - Poteri del
    tribunale del riesame limitati, per interpretazione della Corte di
    cassazione,  alla  sola  possibilita'  di   sussumere   il   fatto
    attribuito  ad un soggetto in un'ipotesi di reato - Impossibilita'
    di effettuare apprezzamenti di merito sulla fondatezza dell'accusa
    - Compressione del diritto di difesa e di quello di  proprieta'  -
    Lesione  del  principio  di  effettivita'  della  motivazione  nei
    provvedimenti giurisdizionali.
 (C.P.P. 1988, art. 324).
 (Cost., artt. 24, 42 e 111).
(GU n.4 del 19-1-1994 )
                             IL TRIBUNALE
    A seguito della sentenza 7 luglio 1993 della Corte di  cassazione,
 con la quale veniva annullata con rinvio l'ordinanza 18 febbraio 1983
 del  tribunale  di  Lecco  che aveva revocato il sequestro preventivo
 disposto a carico di Corbetta Salvatore dal g.i.p. presso la  pretura
 circondariale di Lecco;
    Visti gli atti del procedimento;
    Sentito il relatore e il difensore;
    Premesso  che  nella  motivazione  della  sentenza sono indicati i
 seguenti principi di diritto:
      1) il sequestro preventivo - quale misura  cautelare  -  ha  per
 fine  quello  di  impedire  che  la libera disponibilita' di una cosa
 pertinente al reato possa aggravare o  protrarre  la  conseguenze  di
 esso  ovvero  agevolare  la commissione di altri reati (vedi art. 321
 del c.p.p.);
      2) presupposto perche' venga adottata la  misura  cautelare  del
 sequestro   preventivo   e'  la  commissione  di  un  fatto  reato  e
 l'esistenza di un  rapporto  patrimoniale  tra  la  cosa  oggetto  di
 sequestro e il reato per cui si procede (vedi art. 321 del c.p.p., il
 quale,  pero',  prevede  una  doverosa indagine sulla sussistenza del
 pericolo che la libera disponibilita'  del  bene  possa  aggravare  o
 potrarre le conseguenze del reato;
      3)  l'ordinanza  che  dispone  il  sequestro preventivo non deve
 motivare sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza, non  essendo
 questi  richiesti  tra i presupposti applicativi, essendo sufficiente
 il fumus boni juris, vale a dire la ipotizzabilita' in estratto della
 commissione  di  reato  rilevabile  attraverso  la  pendenza  di  una
 imputazione,  senza  alcuna  possibilita'  di apprezzamento in ordine
 alla fondatezza dell'accusa  e  alla  probabilita'  di  un  pronunzia
 sfavorevole per l'imputato;
      4)   nel   giudizio   incidentale  di  impugnazione  avverso  il
 procedimento che dispone il sequestro  preventivo  il  controllo  del
 giudice  del  riesame  non  puo'  investire  la  concreta  fondatezza
 dell'accusa; ma deve limitarsi all'estratta possibilita' di sussumere
 il fatto attribuito a un  soggetto  in  una  determinata  ipotesi  di
 reato;
      che  nella  motivazione della sentenza si legge che il tribunale
 di Lecco nel riesaminare il decreto di sequestro  preventivo  non  si
 era  attenuto  a tali principi, estendendo il proprio controllo anche
 al merito della imputazione e aveva,  quindi,  travalicato  i  propri
 potersi, esprimendo giudizi sui mobili oggetto del sequestro;
      che  al  tribunale  di  Lecco, quale giudice di rinvio, e' stato
 imposto il solo compito di verificare se il fatto ascritto al  legale
 rappresentante  della  ditta  Corbetta  rientrava  nella  fattispecie
 indicato dal p.m. (art. 388, secondo comma,
 del c.p., cioe' elusione di un provvedimento del giudice civile,  che
 prescrive  misure  cautelari a difesa della proprieta') e se esisteva
 un rapporto di pertinenza tra i mobili sequestrati e  la  ipotesi  di
 reato addebitata, senza pronunciarsi - sia pure incidentalmente - nel
 merito dell'accusa, esprimendo giudizi che non gli competono;
    Rilevato  che  i  poteri  attribuiti  al tribunale del riesame dal
 combinato disposto di cui agli  artt.  322  e  324  del  c.p.p.  sono
 praticamente  annullati  da  una cosi' restrittiva intepretazione, la
 quale si pone in insanabile  contrasto  con  l'unica  interpretazione
 possibile  con  riferimento  ai  principi dettati dalla Costituzione.
 Infatti, va premesso che l'art. 2 della legge 16  febbraio  1987,  n.
 81,  di  delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale
 prescrive come lo stesso debba attuare i principi della  Costituzione
 e  con riferimento alle misure reali al punto n. 65 detta il criterio
 che esse debbano  essere  previste  e  disciplinate  in  relazione  a
 specifiche esigenze cautelari.
    Il  legislatore delegato, nell'ambito del genus "misure cautelari"
 ha, quindi, operato un  accostamento  delle  misure  reali  a  quelle
 personali,  dal  momento  che  esse andando a colpire beni materiali,
 comportavano restrizioni di diritti costituzionalmente garantiti  (si
 pensi  al  diritto  di  proprieta', garantito - quanto al godimento -
 dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione).
    Con riferimento al sequestro  preventivo,  pero',  il  legislatore
 delegato non ha espressamente indicato - cosa che invece ha fatto per
 le  misure  cautelari  personali  -  ne'  le  condizioni  generali di
 applicabilita', ne' le esigenze cautelari, richiedendo unicamente  il
 pericolo che la libera disponibilita' di una cosa pertinente al reato
 possa  aggravare  o  protrarre  le  conseguenze  del  reato  stesso o
 agevolare la commissione di altri reati. A garanzia  del  diritto  di
 difesa  e del diritto di proprieta', il legislatore ha previsto - con
 l'art. 332 del c.p.p. - la  possibilita'  di  richiedere  il  riesame
 anche  nel  merito ex art. 324, il quale al settimo comma richiama il
 nono e  decimo  comma  dell'art.  309,  commi  che  attribuiscono  al
 tribunale  per  il riesame la pienezza della cognizione e l'autonomia
 della decisione (infatti puo' annullare il provvedimento,  riformarlo
 nel  senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli
 enunciati ovvero confermarlo per ragioni diverse da  quelle  indicate
 nella motivazione del provvedimento stesso);
      che  la  interpretazione  dell'art.  322 del c.p.p. nel senso di
 attribuire al tribunale del riesame il solo compito di verificare  la
 esistenza  di  una  imputazione  formulata  dal  p.m. e la pertinenza
 dell'oggetto sottoposto a sequestro alla ipotesi di reato  formulata,
 cioe'  ad  una indagine meramente formale, senza poter indagare - sia
 pure incidentalmente e ai soli fini del sequestro - sulla sussistenza
 del reato ovvero del pericolo derivante dalla  libera  disponibilita'
 del  bene, e' certamente in contrasto con quanto previsto dall'art. 2
 del c.p.p. (che attribuisce al giudice penale la risoluzione di  ogni
 questione  da  cui  dipende  la decisione, salvo che sia diversamente
 stabilito  -  e  certamente   cio'   non   puo'   derivare   da   una
 interpretazione  giurisprudenziale  -  e  che  la decisione, la quale
 risolve  incidentalmente  una  questione  civile,  non  ha  efficacia
 vincolante  in  nessun  altro  processo) e si pone in contrasto con i
 seguenti principi costituzionali:
       a) violazione del diritto di difesa, dichiarato, dall'art.  24,
 secondo  comma, della Costituzione, inviolabile in ogni stato e grado
 del procedimento. Infatti il divieto di indagine per il tribunale del
 riesame sulla sussistenza del reato al quale  le  cose  sottoposte  a
 sequestro preventivo sono state ritenute pertinenti, precludendo ogni
 indagine  di merito, attribuisce a una parte processuale (il p.m.) il
 diritto  di  ottenere  dal  giudice (il g.i.p.) presso il Tribunale o
 presso la pretura circondariale) la emissione di un provvedimento  di
 sequestro preventivo (che va a incidere sul diritto di proprieta' con
 riferimento   a   una   facolta'   ad  esso  inerente,  quale  e'  la
 disponibilita'  del  bene)  dovuto  per  il  semplice   fatto   della
 formulazione  di  una  imputazione  astrattamente ipotizzabile (basti
 pensare che per la scomparsa di una persona per  qualsiasi  motivo  -
 anche  per una fuga amorosa - e' possibile ipotizzare un sequestro di
 persona ad opera di ignoti e legittimare la  richiesta  di  sequestro
 preventivo  dei beni della presunta vittima onde evitare il pagamento
 del riscatto³) e della pertinenza della cosa  oggetto  del  sequestro
 con   il   reato   ipotizzato,   nonche'  di  bloccare  la  eventuale
 impugnazione da parte dell'interessato, posto che al tribunale per il
 riesame e' praticamente vietata  ogni  indagine  di  merito,  dovendo
 l'indagine essere limitata al solo aspetto formale;
       b)  costrizione  del  diritto di proprieta' quanto al godimento
 della cosa, il quale, ai sensi dell'art.  42,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  e'  garantito  dalla legge e puo' essere limitato solo
 per motivi di interesse generale con un provvedimento giurisdizionale
 impugnabile   (art.   111   della   Costituzione).   Aderendo    alla
 interpretazione  della Corte di cassazione e' sufficiente la semplice
 enunciazione di una astratta imputazione - peraltro formulata da  una
 parte  processuale, quale e' il P.M. - e la richiesta di emissione di
 decreto di sequestro preventivo per determinare  la  indisponibilita'
 di  beni  materiali, senza che nessuna autorita' giudiziaria (rectius
 giudice di merito) possa intervenire  a  sindacare  il  merito  della
 prospettazione accusatoria;
       c)  violazione  del  principio  costituzionale secondo il quale
 tutti i provvedimenti giurisdizionali devono  essere  motivati  (art.
 111,  primo comma, della Costituzione), intendendosi come motivazione
 la "esposizione dei motivi di  fatto  e  di  diritto"  sui  quali  il
 provvedimento si fonda. Un atto dovuto che esclude qualsiasi indagine
 nel  merito  puo'  presentare una motivazione apparente, frutto di un
 automatismo   che   contrasta   con   l'esercizio   della    funzione
 giurisdizionale);
      che  ai  sensi  dell'art.  23, terzo comma, della legge 11 marzo
 1953, n. 87, va sollevata di ufficio  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  questione  che e' rilevante, posto che aderendo alla
 interpretazione della Corte di cassazione il  tribunale  del  riesame
 non  puo'  che  rigettare  l'impugnazione  e confermare il decreto di
 sequestro preventivo; e' ammissibile, in quanto  ai  sensi  dell'art.
 623,  lett. a), del c.p.p. il giudice di rinvio deve uniformarsi alla
 interpretazione data dalla Corte di cassazione  con  la  sentenza  di
 annullamento;  e  non appare manifestamente infondata alla luce delle
 argomentazioni di cui alla parte motiva;
                               P. Q. M.
    Dichiara ammissibile, rilevante e non manifestamente infondata  la
 questione    di    legittimita'    costituzionale    relativa    alla
 interpretazione data dalla Corte di cassazione ai  poteri  attribuiti
 al  tribunale  del riesame dall'art. 324 del c.p.p. in relazione agli
 artt. 24, secondo comma, 42, secondo comma, e 111, primo comma, della
 Costituzione, poteri limitati - in caso di impugnazione  del  decreto
 di   sequestro  preventivo  -  alla  sola  astratta  possibilita'  di
 sussumere il fatto attribuito  ad  un  soggetto  in  una  determinata
 ipotesi  di  reato,  senza  alcuna  possibilita'  di apprezzamento in
 ordine alla fondatezza dell'accusa;
    Sospende il presente procedimento;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicati ai Presidenti  della  Camera  dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
      Lecco, addi' 15 ottobre 1993
                  Il presidente: (firma illeggibile)
                            Il collaboratore della cancelleria: TOGNON
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