N. 792 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio 1992- 16 dicembre 1993
N. 792 Ordinanza emessa il 14 gennaio 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 16 dicembre 1993) dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di Beduini Albano ed altri Processo penale - Udienza preliminare - Giudizio abbreviato - Procedimento in camera di consiglio - Previsto svolgimento senza pubblico - Sentenza di accertamento di responsabilita' penale - Lesione del principio di pubblicita' con violazione delle direttive della legge delega e della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali). (C.P.P. 1988, artt. 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma). (Cost., art. 76; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, primo comma, prima parte; legge 4 agosto 1955, n. 848, art. 6, primo comma).(GU n.4 del 19-1-1994 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Nell'ambito del processo a carico di Beduini Albano, Franceschini Alain Carlo, Magenta Enrico, Ciuchi Lorella, ha emesso la seguente ordinanza nel corso dell'udienza del 14 gennaio 1992; Premesso che gli imputati hanno formulato richiesta di giudizio abbreviato ex art. 439, secondo comma, del c.p.p. nel procedimento in oggetto e contestualmente il difensore ha eccepito l'illegittimita' costituzionale degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, 127, sesto comma, con riferimento all'art. 76 della Costituzione e 2 della legge n. 81/1/987 e 6 della legge n. 848/1955 in quanto, consentendo che il giudizio abbreviato si svolga nella sede dell'udienza preliminare non prevede la pubblicita' stessa, che il p.m. ha espresso il proprio consenso a che si proceda col procedimento speciale previsto e disciplinato dal titolo primo del libro sesto del codice di procedura penale; Ritenuto altresi' non manifestamente infondata la propria eccezione; O S S E R V A Questo giudice, pur valutando che il processo possa essere definito allo stato degli atti, non ritiene di emettere l'ordinanza con la quale immediatamente disporre, ex art. 440, primo comma, del c.p.p., il giudizio abbreviato per le considerazioni che seguono inerenti all'eccezione di incostituzionalita', sollevata e che si ritiene non manifestamente infondata; L'udienza preliminare, nella quale si puo', (stante la previsione contenuta nel primo comma dell'art. 438 del c.p.p.) e nel caso in oggetto si deve (stante la richiesta, il consenso del p.m. e la valutazione di possibile definizione del processo allo stato degli atti), determinare la fondatezza dell'accusa penale, "si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato" (art. 420, primo comma, del c.p.p.). A tale udienza, inoltre, per tutto quanto non espressamente disciplinato dagli artt. 416 e segg. dovranno applicarsi le disposizioni dettate per il procedimento in camera di consiglio quale previsto in via generale dall'art. 127 del c.p.p., che, al sesto comma, prevede: "l'udienza si svolge senza la presenza del pubblico". Ora tale espressione, considerando le varie modalita' di udienza previste dal codice, potrebbe anche intendersi in modo tale da realizzare una parziale (per cosi' dire) pubblicita'. Il codice invero, risulta contemplare tre diversi tipi d'udienza: l'udienza pubblica prevista dall'art. 471 del c.p.p. a cui tutti - pur nei limiti elencati ai commi secondo e seguenti dello stesso art. 471 - possono essere ammessi: l'udienza a porte chiuse disciplinata dall'art. 472 del c.p.p. alla quale possono venire ammesse solo le persone che abbiano "il diritto o il dovere di intervento" (art. 473, secondo comma, del c.p.p.) e, appunto, l'udienza in camera di consiglio nella quale, in virtu' del citato sesto comma, non puo' essere ammesso il pubblico (come invece previsto dall'art. 471 del c.p.p.) ma nella quale possono presenziare anche altre persone oltre quelle che hanno il diritto-dovere di presenziarvi (poiche', altrimenti, l'udienza in camera di consiglio non differirebbe, in sostanza, dall'udienza a porte chiuse che, viceversa, sia per l'espressione usata (porte chiuse) e sia per l'esplicita caratterizzazione (vi e' ammesso solo chi ha il diritto-dovere di intervenire) assume, pure sotto questo profilo, una propria fisionomia e individualita'. Tali altre persone che possono quindi presenziare all'udienza in camera di consiglio vanno individuate nei difensori, citati ad assistere parti private per la stessa data d'udienza, ed inoltre non assimilabili al "pubblico", menzionato dall'art. 127 del c.p.p. e caratterizzato negli elementi di ammissibilita' all'udienza, dalle norme di cui al secondo e quarto comma dell'art. 471 del c.p.p. Questa interpretazione, che pare consentita dalla pluralita' delle udienze disciplinate dal codice, risulta inoltre funzionale ad un sistema che prevede l'assenza, la rinuncia, l'insorta incompatibilita'tra il difensore inizialmente incaricato e l'imputato, consentendo, in tali ipotesi, di proseguire l'udienza di cui all'art. 420 del c.p.p. con celerita' ed immediatezza. Nondimeno, pur cosi' intesa la modalita' di svolgimento dell'udienza preliminare, non pare che la stessa, nel caso di giudizio abbreviato possa sfuggire alla censura di illegittimita' costituzionale. Infatti l'art. 420, primo comma, del c.p.p., applicabile anche nel giudizio abbreviato svolgentesi nell'udienza preliminare, dispone che l'udienza si svolga in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del p.m. e del difensore dell'imputato e senza la presenza del pubblico stante la generale previsione per i procedimenti in camera di consiglio dell'art. 127, sesto comma, del c.p.p. Viceversa, l'art. 6 della legge 4 agosto 1955, n. 848, richiede che la sentenza che accerti la fondatezza di ogni accusa penale "deve essere resa pubblicamente". Ora e' vero che - come gia' affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 69/1991 e come espressamente previsto dall'art. 6 della legge n. 848/1955 - il criterio della pubblicita' puo' essere derogato. Nondimeno, deve trattarsi di deroghe imposte da situazioni particolari, valutabili caso per caso, nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale "quando lo esigono gli interessi dei minori, o la tutela della vita privata delle parti nel processo, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicita' potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia". Ora, poiche' l'esclusione del pubblico nell'udienza preliminare nella quale, per la scelta del rito abbreviato, si emette una sentenza di accertamento della fondatezza dell'accusa penale, non puo' essere riferita in ogni caso ed aprioristicamente alle deroghe consentite dall'art. 6 citato, e cio' neanche sotto il profilo del pregiudizio agli interessi della giustizia trattandosi, pur sempre, di aspetto rilevante solo in presenza di "speciali circostanze" da valutarsi dal giudicante di volta in volta ed in senso restrittivo "nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale" cfr. ancora art. 6 citato primo comma, la questione di costituzionalita' degli artt. 441, primo comma, 420 primo comma, e 127 sesto comma, del c.p.p. appare non manifestamente infondata con riguardo agli articoli seguenti: art. 76 della costituzione che, fissando i limiti del potere normativo delegato contiene una preclusione di attivita' legislative si' che, ove la legge delegata incorra in una non conformita' alla legge delega, essa legge delegata viola il precetto dell'art. 76 della Costituzione come gia' affermato con sentenza n. 3/1957 e successivamente ribadito: art. 2, primo comma, prima parte, della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, secondo cui "il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai limiti della persona e al processo penale"; art. 6, primo comma, della legge 4 settembre 1955, n. 848 (convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) il quale prevede che, in via generale e salvo il verificarsi di particolari situazioni, l'accertamento della fondatezza dell'accusa penale deve avvenire "pubblicamente". Ne', stante la natura di vero e proprio accertamento della responsabilita' penale della pronuncia emessa all'esito del giudizio abbreviato, possono valere le considerazioni-affermazioni enunciate dalla sentenza 6 giugno 1991, n. 251, della Corte costituzionale relativa alla sentenza di applicazione della pena su richiesta. Di conseguenza si ritiene di dover sollevare la questione di incostituzionalita' degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma, del c.p.p. apparendo la questione non manifestamente infondata e, altresi', rilevante sia per l'eccezione al riguardo proposta dall'imputato, sia per la sanzione della nullita' della sentenza per la violazione del principio della pubblicita' prevista dall'art. 471, primo comma, del c.p.p., e che puo' applicarsi anche al caso di specie ex art. 6 della legge n. 848/1955 ed in considerazione della natura della sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, natura indentica alla sentenza emessa a seguito del dibattimento.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, 127, sesto comma, del c.p.p. nella parte in cui dispongono che il giudizio abbreviato ammesso nell'udienza preliminare si svolga senza il pubblico, in riferimento agli artt. 76 della Costituzione, 2, primo comma, prima parte, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 e 6, primo comma della legge n. 848/1955; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Perugia, addi' 14 gennaio 1992 Il giudice: MASSEI Il cancelliere: (firma illeggibile) 94C0015