N. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 dicembre 1993

                                 N. 74
 Ordinanza emessa il 23  dicembre  1993  dal  pretore  di  Milano  nel
 procedimento civile vertente tra Francini Giuseppina e I.N.P.S.
 Pensioni - Pensioni previdenziali - Controversie - Sostituzione al
    termine  di dieci anni per la proposizione dell'azione giudiziaria
    del piu' breve termine di tre anni  dalla  data  di  comunicazione
    della  decisione  del ricorso o dalla data di scadenza del termine
    stabilito per la pronuncia della decisione in sede  amministrativa
    -  Previsione  dello  stesso  a  pena  di  decadenza - Conseguente
    incisione sul diritto ai ratei delle prestazioni pensionistiche  -
    Applicazione  a  tutti  i  procedimenti gia' in corso alla data di
    entrata in vigore  della  disposizione  de  qua  -  Incidenza  sul
    diritto di difesa in giudizio e sulla garanzia previdenziale.
 (D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, convertito in legge 14
    novembre 1992, n. 438).
 (Cost., artt. 24 e 38).
(GU n.11 del 9-3-1994 )
                              IL PRETORE
   1.  -  Sciogliendo  la  riserva che precede, osserva: l'I.N.P.S. ha
 eccepito la decadenza di parte attrice dalle azioni proposte, ex art.
 4 d.l. n. 384/1992, convertito, con modificazioni,  nella  legge  n.
 438 dello stesso anno.
    Secondo  tale  norma, infatti, che ha sostituito i commi secondo e
 terzo dell'art.  47  del  d.P.R.  n.  639/1970,  opera  la  decadenza
 triennale   per   le   controversie   in   materia   di   trattamenti
 pensionistici, a decorrere:
       a) dalla data di  comunicazione  della  decisione  del  ricorso
 pronunziata dai competenti organi dell'istituto;
       b)  dalla  data  di  scadenza  del  termine  stabilito  per  la
 pronunzia della predetta decisione;
       c)  dalla  data  di  scadenza  dei   termini   prescritti   per
 l'esaurimento  del procedimento amministrativo, computati a decorrere
 dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
    2. - Ebbene, nella specie e' accaduto che al momento di entrata in
 vigore del decreto citato siffatto termine era appunto  gia'  decorso
 almeno  parte dei diritti vantati, dato che il ricorso amministrativo
 e' stato proposto invano oltre tre anni prima dall'inizio dell'azione
 giudiziaria.
    D'altra parte non puo' applicarsi alla specie la  deroga  prevista
 dall'ultimo  comma  dell'art. 4, citata per i procedimenti instaurati
 anteriormente alla data di entrata in vigore  del  decreto  stesso  e
 ancora  in corso alla medesima data: siffatto procedimento, se inteso
 come amministrativo, era gia' esaurito a tale momento; se inteso come
 giudiziario (il che e' preferibile), non era ancora stato instaurato.
    3. - Si pone pero' il problema della  legittimita'  costituzionale
 della  normativa  prima richiamata, naturalmente sotto il profilo del
 criterio della non manifesta infondatezza. La  questione  e'  infatti
 sicuramente rilevante nel caso in esame.
    Ed invero, l'art. 6, primo comma del d.l. n. 103/1991, convertito
 con  modificazioni  nella  legge  n.  166  dello  stesso  anno recita
 testualmente: "1. I termini previsti dall'art. 47,  commi  secondo  e
 terzo, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n.
 639,  sono posti a pena di decadenza per l'esercizio del diritto alla
 prestazione previdenziale. La decadenza  determina  l'estinzione  del
 diritto   ai   ratei  pregressi  delle  prestazioni  previdenziali  e
 l'inammissibilita' della relativa  domanda  giudiziale.  In  caso  di
 mancata  proposizione  di ricorso amministrativo, i termini decorrono
 dall'insorgenza dei singoli ratei".
    E Corte costituzionale 20 maggio 1992, n. 246, Foro it., 1992,  I,
 2601,  nel  dichiarare  non  fondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale della norma, sollevata con riferimento agli artt. 3  e
 38   della  Costituzione,  l'ha  interpretata  sottolineando  che  la
 estinzione,  ivi  prevista colpisce il diritto ai ratei naturali, non
 quello alla  pensione.  Del  resto,  il  prevalente  e  piu'  recente
 indirizzo  ha  sostenuto che il termine di cui all'art. 47 cit. aveva
 semplicemente la funzione di delimitare l'efficacia  temporale  della
 condizione  di procedibilita' della domanda giudiziale: cfr., da ult.
 Cass. 26 aprile 1993 n. 4864, Dir. e pratica lav., 1993, 1844, (m).
    Con la precedente normativa, quindi,  parte  dei  diritti  vantati
 dalle parte ricorrente non sarebbero estinti, mentre lo sarebbero, si
 e'  detto  almeno in parte, per effetto dell'eccezione preliminare di
 decadenza  sollevata  dall'istituto.  Di  qui  la   rilevanza   della
 questione.
    4.  -  Passando allora all'esame del requisito della non manifesta
 infondatezza, il pretore ritiene  che  la  nuova  disciplina  sia  in
 collisione  con  l'art.  24  della  Costituzione.  Essa,  infatti, si
 risolve in questo caso nel sacrificio di diritti che sino  al  giorno
 della sua entrata in vigore esistevano e potevano essere azionati.
    In  sostanza,  la  modifica  legislativa,  che  prevede  un regime
 transitorio limitatissimo (v. antea) e  non  comprendente  situazioni
 come  quella in questione - certo peraltro le piu' numerose - viene a
 comportare una sorta di espropriazione di diritti  patrimoniali,  per
 di  piu'  di  valenza  costituzionale  (art.  38, secondo comma della
 Costituzione).
    Dubbio non manifestamente infondato di costituzionalita'  si  pone
 quindi anche con riferimento a tale norma.
    Diverso,  naturalmente, sarebbe stato se la legge avesse stabilito
 un regime transitorio diverso per le vecchie situazioni, che non sono
 non  sopprimesse  i  diritti,  ma  ne  rendesse  non   eccessivamente
 difficoltoso l'esercizio attraverso il giudizio.
    5.  - In definitiva, va dichiarata non manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita' dell'art. 4 del d.l.    n.  384/1992,
 convertito,  con modificazioni, nella legge n. 438 dello stesso anno,
 in  riferimento  agli  artt.  n.  24  e  38,  secondo   comma   della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
    A  norma  dell'art.  23  della  legge  n.  87/1953,  dichiara  non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
 4  del d.l. n. 384 /1992, convertito, con modificazioni, nella legge
 n. 438 dello stesso anno, in riferimento agli artt. 24 e 38,  secondo
 comma della Costituzione;
    Sospende  il  presente  procedimento, ordina trasmettersi gli atti
 alla Corte costituzionale, notificarsi il provvedimento alle parti  e
 al  Presidente  del Consiglio dei ministri e comunicarsi lo stesso ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Milano, 23 dicembre 1993
                        Il pretore: DE ANGELIS

 94C0198