N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 febbraio 1994

                                 N. 23
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 26 febbraio 1994 (della provincia autonoma di Trento)
 Acque pubbliche - Organizzazione del servizio idrico integrato -
    Previsione dell'obbligo  delle  regioni  e  province  autonome  di
    provvedere alle delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali e
    della subordinazione di tale delimitazione, nei bacini idrografici
    di   rilievo   nazionale,   alla   sottoposizione   del   progetto
    all'Autorita' di bacino - Obbligo, per le  province  autonome,  di
    aggiornamento  del  piano  regolatore generale degli acquedotti su
    scala di bacino,  di  programmazione  degli  interventi  attuativi
    occorrenti  e  di  emanazione  di  norme integrative in materia di
    scarichi effettuati dagli insediamenti civili e  produttivi  nelle
    pubbliche  fognature  nonche'  di  funzionalita' degli impianti di
    pretrattamento e di  rispetto  dei  limiti  e  delle  prescrizioni
    fissati  dalle  relative  autorizzazioni - Affidamento ai comuni e
    alle province dell'organizzazione del  servizio  idrico  integrato
    mediante forme di cooperazione contemplate dalla legge n. 498/1992
    -  Istituzione  presso  il  Ministero  dei  lavori  pubblici di un
    "comitato per la vigilanza dell'uso delle risorse idriche" con  il
    compito di definire d'intesa con le regioni e le province autonome
    i  programmi  di  attivita'  e  le iniziative da porre in essere a
    garanzia  degli  utenti  -  Previsione  di  particolari  forme  di
    pubblicita'  per  i  progetti  concernenti  opere  idrauliche  che
    comportano grandi e piccole  derivazioni,  opere  di  sbarramento,
    canalizzazione e perforazione di pozzi - Lamentata invasione della
    sfera  di  competenza  provinciale in materia di acque pubbliche e
    lavori pubblici di interesse regionale.
 (Legge 5 gennaio 1994, n. 36, artt. 8, secondo, quarto e quinto
    comma; 9, terzo comma; 21, quinto comma, e 23, terzo comma).
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, primo comma, nn. 5, 17, 19; 9,
    primo comma, nn. 9 e 10; 14 e 16).
(GU n.11 del 9-3-1994 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona   del
 presidente   della   giunta   provinciale  dott.  Gianni  Bazzanella,
 autorizzato  con  deliberazione  della  giunta  provinciale  n.  1426
 dell'11  febbraio  1994,  rappresentato e difeso dagli avvocati prof.
 Valerio Onida e Gualtiero Rueca ed elettivamente  domiciliato  presso
 quest'ultimo in Roma, Largo della Gancia, 1, come da mandato speciale
 a  rogito  del  notaio  dott.  Pierluigi  Mott  di  Trento in data 15
 febbraio 1994, n. 596266 di rep., contro il Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri  pro-tempore,  per  la  dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 8, terzo, quarto e quinto  comma;  dell'art.
 9,  terzo  comma;  dell'art.  21, quinto comma, e dell'art. 23, terzo
 comma, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, pubblicata nel  supplemento
 ordinario n. 11 della Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 1994, e
 contenente "disposizioni in materia di risorse idriche".
    La  legge  5  gennaio  1994,  n.  36,  reca una complessa serie di
 disposizioni concernenti la programmazione e la disciplina degli  usi
 delle  acque,  l'organizzazione  e  la  gestione  delle operare e dei
 servizi relativi alle  acque,  dalla  captazione  all'adduzione  alla
 distribuzione  fino  alla  depurazione,  la disciplina degli scarichi
 idrici, la vigilanza e il controllo sull'uso delle risorse idriche.
    L'impianto sistematico della legge e il quadro nominativo in  essa
 delineato  appaiono  fondati  sul presupposto di una pressoche' piena
 disponibilita' della materia da parte dello Stato:  presupposto  che,
 come si sa in parte corrisponde all'attuale criterio di delimitazione
 delle   competenze   fra   Stato  e  regioni  ordinarie,  in  cui  le
 attribuzioni in materia di programmazione, disciplina e utilizzazione
 delle risorse idriche appartengono in linea di principio allo  Stato,
 pur con larghe deleghe alle regioni.
    Ma,  come  e'  noto,  la  situazione  normativa e il riparto delle
 competenze sono diversi  nelle  regioni  a  statuto  speciale,  e  in
 particolare  nella  regione  Trentino-Alto Adige: non solo perche' le
 province autonome hanno competenza primaria in  materia  urbanistica,
 acquedotti  e  lavori  pubblici  di interesse provinciale, assunzione
 diretta di servizi pubblici  e  loro  gestione  a  mezzo  di  aziende
 speciali  (art. 8, nn. 5, 17, 19 dello stat. spec.), ma anche perche'
 esse  hanno  competenza,  sia  pure  concorrente,   in   materia   di
 "utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a
 scopo  idroelettrico"  (art.  9,  n.  9, dello statuto), oltre che di
 igiene e sanita' (art. 9, n. 10, dello statuto); e perche' l'art.  14
 dello  statuto  speciale  disciplina  specificamente  le modalita' di
 coordinamento fra  Stato  e  province  autonome  in  questa  materia,
 prevedendo  che  "lo  Stato  e  le province predispongono d'intesa un
 piano  di  coordinamento  delle  opere   idrauliche   di   rispettiva
 competenza"   (art.   14,   secondo  comma,  seconda  parte),  e  che
 "l'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato  e  delle
 province, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base a
 un piano generale stabilito d'intesa tra i rappresentanti dello Stato
 e  delle  province  in  seno  a un apposito comitato" (art. 14, terzo
 comma). Lo statuto disciplina  inoltre  specificamente  i  poteri,  i
 diritti  e  le  facolta' delle province riguardo alle concessioni (di
 competenza statale)  di  grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico
 (artt. 12 e 13 dello statuto), nonche' riguardo alle opere idrauliche
 di competenza statale (art. 14, secondo comma, dello statuto).
    In coerenza con tali previsioni statutarie, le norme di attuazione
 di  cui  al  d.P.R.  20  gennaio  1973, n. 115, hanno trasferito alle
 province non solo di  acquedotti  (art.  4),  ma  altresi'  tutto  il
 demanio  idrico,  e dunque le acque, con la sola esclusione dei fiumi
 Adige e Drava, nei tratti classificati di prima e seconda  categoria,
 del  fiume  Isarco,  e  del  lago  di  Garda.  In  relazione  a  tale
 trasferimento l'art. 5, primo comma, del d.P.R.  22  marzo  1974,  n.
 381,  ha  stabilito che le province esercitano "tutte le attribuzioni
 inerenti alla titolarita'" del  demanio  idrico  "ed  in  particolare
 quelle  concernenti  la  polizia  idraulica  e  la difesa delle acque
 dall'inquinamento", ferma sempre soltanto la  competenza  statale  in
 materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
    A  sua  volta  l'art. 8 del medesimo d.P.R. n. 381/1974 stabilisce
 che il piano generale per l'utilizzazione delle acque  pubbliche,  di
 cui  all'art.  14  dello  statuto,  "deve programmare l'utilizzazione
 delle acque per i diversi usi e contenere le linee  fondamentali  per
 una   sistematica  regolazione  dei  corsi  d'acqua  con  particolare
 riguardo alle esigenze di difesa del suolo,  nel  reciproco  rispetto
 delle  competenze  dello  Stato  e  delle  province  autonome" (primo
 comma), e disciplina dettagliatamente le modalita'  di  formazione  e
 adozione del piano (secondo comma e segg.).
    Tale piano, inoltre, sostituisce interamente, nel territorio della
 provincia,  il piano regolatore generale degli acquedotti, che "cessa
 di applicarsi" in detto  territorio  (art.  10,  secondo  comma,  del
 d.P.R. n. 381/1974).
    Gli  strumenti di pianificazione e di coordinamento previsti dallo
 statuto e dalle norme di attuazione non sono sostituiti, ne' in tutto
 ne' in parte,  dai  nuovi  strumenti  di  pianificazione  lato  sensu
 territoriale  creati  dal  legislatore  statale, e in particolare dai
 piani di bacino idrografico previsti dalla legge 18 maggio  1989,  n.
 183,  sulla difesa del suolo. Come questa Corte ebbe modo di chiarire
 nella  sentenza  n.  85/1990  la  previsione  dei  piani  dei  bacini
 nazionali non comporta una nuova ripartizione di materie e competenze
 fra  Stato  e regioni, ma fissa solo degli obiettivi, fermo il quadro
 generale di ripartizione delle competenze (n. 4  del  considerato  in
 diritto);  essi  solo  impropriamente  sono  qualificati  come  piani
 territoriali  di  settore  e  atti  di  indirizzo  e   coordinamento,
 trattandosi  in  realta'  di  piani  "esclusivamente finalizzati alla
 difesa del suolo, ..  e  cioe'  ..  finalizzati  alla  considerazione
 dinamica  del suolo attraverso l'imposizione di vincoli e di opere di
 carattere idraulico, idraulico-agrario  e  forestale",  onde  possono
 incidere  sulle  materie  di  competenza regionale e provinciale solo
 "entro i limiti imposti alla funzione di indirizzo  e  coordinamento"
 (n. 8 del considerato in diritto).
    In  ogni caso, proprio in relazione alla nuova disciplina prevista
 dalla legge n. 183/1989, nell'ambito delle nuove norme di  attuazione
 dettate  con  il  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 267, si sono aggiunti tre
 commi al citato art. 5 del d.P.R. n. 381/1974, stabilendo fra l'altro
 che "i piani dei  bacini  di  rilievo  nazionale  sono  strumenti  di
 coordinamento  delle  attivita'  inerenti alle attribuzioni statali e
 provinciali, sempre che lo statuto e le relative norme di  attuazione
 non  prevedano apposite modalita' di coordinamento": ribadendo cosi',
 anche con riguardo alla specifica materia, il principio  espresso  in
 altra  coeva  norma di attuazione - l'art. 3, primo comma, del d.P.R.
 16  maggio  1992,  n.  266  -  per  cui  gli  atti  di  indirizzo   e
 coordinamento  del  Governo  hanno  efficacia  anche  nel  territorio
 regionale  o  provinciale  (salva  la  specifica   disciplina   anche
 procedimentale  ivi  prevista) "se e per quanto lo statuto speciale e
 le  relative  norme   di   attuazione   non   prescrivono   specifici
 procedimenti  per  il  coordinamento  tra  funzioni e interessi dello
 Stato e rispettivamente della regione o delle province autonome".
    La  legge  n.  36/1994  si  e'  in  qualche  modo  riferita   alla
 particolare  situazione  delle  regioni  a  statuto  speciale e delle
 province autonome allorquando, all'art. 33, primo  comma,  dopo  aver
 previsto  che  le  disposizioni  della  stessa  legge  "costituiscono
 principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione" (non
 vincolanti, dunque, nei riguardi delle regioni speciali nelle materie
 in cui esse hanno competenza primaria), ha statuito espressamente che
 "sono fatte salve le competenze  spettanti  alle  regioni  a  statuto
 speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei
 rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione".
    Contraddittoriamente,  pero'  nella  stessa  legge n. 36/1994 sono
 state incluse alcune disposizioni che  si  riferiscono  espressamente
 anche  alle province autonome di Trento e Bolzano, e che disciplinano
 in modo vincolante  anche  l'attivita'  di  queste  materie  di  loro
 competenza.
    Tali  disposizioni  appaiono  illegittime  e lesive dell'autonomia
 provinciale.
    Si tratta, in primo luogo, del  secondo,  quarto  e  quinto  comma
 dell'art.  8.  Il primo comma prevede che le province provvedano alla
 delimitazione   degli   "ambiti   territoriali   ottimali"   per   la
 riorganizzazione  dei servizi idrici; e che nei bacini idrografici di
 rilievo nazionale (nei quali rientrano praticamente  tutte  le  acque
 della   provincia   di   Trento)   le   province  provvedano  a  tale
 delimitazione "dopo aver  sottoposto  il  progetto  di  delimitazione
 all'autorita'  di bacino per la determinazione di competenza ai sensi
 dell'art. 12, quarto comma, della citata legge  n.  183/1989",  cioe'
 per  la  formazione del piano di bacino. Poiche' a sua volta il piano
 di bacino, ai  sensi  dell'art.  17,  terzo  comma,  della  legge  n.
 183/1989,  e'  destinato a contenere fra l'altro "la programmazione e
 l'utilizzazione delle risorse idriche" (lett. e)), e in  relazione  a
 cio',  ai  sensi  dell'art.  35  della stessa legge, puo' individuare
 "ambiti territoriali ottimali  per  la  gestione  mediante  consorzio
 obbligatorio   dei   servizi   pubblici   di  acquedotto,  fognatura,
 collettamento e depurazione delle acque", di fatto la disposizione di
 cui all'art. 8, secondo comma, della legge n. 36/1994 si traduce  non
 solo  in  un  vincolo  per  la  provincia  e  delimitare  gli  ambiti
 territoriali per la riorganizzazione  di  (tutti  i)  servizi  idrici
 (laddove  ad  esempio  la  provincia gestisce direttamente, a livello
 provinciale, i servizi di  depurazione),  ma  anche  a  sottostare  a
 determinazioni  assunte in proposito dall'autorita' di bacino. Quella
 che nell'art. 35 della legge n. 183/1989 era una  mera  "possibilita'
 per  il  piano  di  bacino  di  prefigurare  gli  ambiti territoriali
 ottimali per la gestione dei servizi anzidetti senza stabilire alcuna
 ripartizione di competenza e senza imporne l'attuazione alle  regioni
 o  alle  province autonome", come rilevo' questa Corte nella sentenza
 n. 85/1990, escludendo  per  questa  ragione  che  l'art.  35  stesso
 potesse  essere considerato lesivo di competenze regionali (cfr. n. 9
 del  considerato  in  diritto),  qui  sembra  divenire  un   precetto
 vincolante,    che   comporta   la   reminenza   delle   attribuzioni
 dell'autorita' di  bacino  sulla  stessa  competenza  delle  province
 autonome.
    A sua volta il quarto comma dell'art. 8 stabilisce che le province
 autonome  nonche'  l'autorita' di bacino, nell'ambito delle attivita'
 previste  dagli  artt.  3  e  17  della  citata  legge  n.  183/1989,
 "provvedono    nei    bacini    idrografici    di   loro   competenza
 all'aggiornamento del piano regolatore generale degli  acquedotti  su
 scala  di  bacino  ed  alla programmazione degli interventi attuativi
 occorrenti in conformita'  alle  procedure  previste  dalla  medesima
 legge n. 183/1989".
    Ma,  come  si e' visto, in provincia di Trento il piano regolatore
 generale degli acquedotti ha cessato di avere  efficacia,  sostituito
 dal piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche previsto
 dall'art. 14 dello statuto speciale, e stabilito d'intesa fra Stato e
 provincia. Ora le disposizioni dell'art. 8, quarto comma, della legge
 n.  36/1994  verrebbe  viceversa  a  spostare dal piano delle acque -
 formato d'intesa fra Stato e provincia - al piano di  bacino  formato
 dall'autorita'  di  bacino  la  competenza  programmatoria, in palese
 violazione dell'art. 14 dello statuto e degli artt. 5 e 8 del  d.P.R.
 n. 381/1974.
    Infine  il quinto comma del medesimo art. 8 della legge n. 36/1994
 prevede che  le  province  "stabiliscono  norme  integrative  per  il
 controllo  degli  scarichi  degli  insediamenti  civili  e produttivi
 allacciati alle  pubbliche  fognature,  per  la  funzionalita'  degli
 impianti  di  pretrattamento  e  per  il  rispetto dei limiti e delle
 prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni".
    Poiche' la provincia ha competenza concorrente,  e  non  meramente
 integrativa,  inmateria  di  utilizzazione delle acque (art. 9, n. 9,
 dello statuto), comprensiva delle attribuzioni  in  tema  di  demanio
 idrico   e   in   particolare   in   tema   di   difesa  delle  acque
 dall'inquinamento (art. 5, primo comma, del d.P.R. n.  381/1974),  la
 disposizione  in  questione,  laddove  contempla  solo una competenza
 normativa integrativa della provincia, e' lesiva  delle  attribuzioni
 della medesima.
    L'art.  9  della  legge  n.  36/1994  disciplina  la  gestione del
 "servizio idrico integrato", (primo comma)  costituito  dall'"insieme
 dei  servizi  pubblici  di  captazione,  adduzione e distribuzione di
 acqua ad usi civili,  di  fognatura  e  di  depurazione  delle  acque
 reflue"  (art.  4,  primo comma, lett. f)). Tale servizio, secondo la
 legge, dovrebbe essere gestito dai comuni e dalle province  (art.  9,
 secondo comma).
    Il  terzo  comma  del  medesimo  art.  9, tuttavia, prevede che le
 province autonome disciplinano, ai sensi della legge n. 142/1990, "le
 forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti  nel
 medesimo  ambito  ottimale";  e  che,  nel  caso  in  cui la forma di
 cooperazione sia attuata per gli effetti dell'art. 24 della legge  n.
 142/1990  (cioe'  mediante  convenzioni), individuano gli enti locali
 partecipanti,  l'ente  locale  responsabile  del  coordinamento,  gli
 adempimenti  e  i  termini  per la stipulazione delle convenzioni, le
 quali  dovrebbero  determinare  in  particolare  le   procedure   per
 l'assegnazione  della gestione del servizio e le forme di vigilanza e
 di controllo. Le province, decorso inutilmente  il  termine  fissato,
 provvedono in sostituzione degli enti inadempienti.
    Ora,  a  parte  il  fatto  che  nella  regione Trentino-Alto Adige
 l'ordinamento degli enti locali non e' retto dalla legge n.  142/1990
 ma  dalla  legge  regionale (l.r. n. 1 del 4 gennaio 1993), il citato
 terzo comma dell'art. 3, se inteso  nel  senso  che  esso  disciplini
 direttamente  anche  le  funzioni  degli  enti  locali nel territorio
 provinciale, con disposizioni vincolanti anche per  la  provincia  di
 Trento, appare lesivo dell'autonomia di quest'ultima.
    Infatti  le  funzioni che nel resto del territorio sono attribuite
 dalla legge statale direttamente ai comuni, o trasferite a questi dal
 d.P.R. n. 616/1977, debbono intendersi attribuite anche ai comuni del
 Trentino-Alto Adige solo "qualora  non  rientrino  nelle  materie  di
 competenza  della  regione o delle province", mentre in queste ultime
 materie e' la legge regionale che deve  provvedere  all'attribuzione,
 su concorde richieste, se del caso, delle province.
    La  legge dello Stato non puo' parimenti imporre alla provincia di
 Trento di disciplinare, e di disciplinare con determinati  contenuti,
 le forme di cooperazione fra gli enti locali del suo territorio.
    L'art.  21  della  legge n. 36/1994 istituisce presso il Ministero
 dei lavori pubblici un "Comitato  per  la  vigilanza  sull'uso  delle
 risorse idriche". Il quinto comma del medesimo art. 21 stabilisce che
 "il  comitato  definisce,  d'intesa  con le regioni e con le province
 autonome di Trento e di  Bolzano,  i  programmi  di  attivita'  e  le
 iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti
 ..   anche   mediante   la   cooperazione   con  organi  di  garanzia
 eventualmente istituiti  dalla  regione  e  dalle  province  autonome
 compententi".
    Anche tale disposizione risulta lesiva dell'autonomia provinciale,
 in  quanto  prevede  un'attivita'  amministrativa  di intervento e di
 vigilanza, posta in essere nel territorio provinciale  da  un  organo
 amministrativo  dello Stato, in materie di competenza provinciale: in
 contrasto con quanto prevede l'art. 4, primo comma,  delle  norme  di
 attuazione  dello statuto speciale di cui al d.lgs. 16 marzo 1992, n.
 266, secondo il quale nelle materie di  compentenza  provinciale  "la
 legge    non   puo'   attribuire   agli   organi   statali   funzioni
 amministrative,   comprese   quelle   di   vigilanza,   di    polizia
 amministrativa   e  di  accertamento  di  violazioni  amministrative,
 diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale  e
 le relative norme di attuazione".
    L'art.  23  della  legge  n. 36/1994 disciplina la partecipazione,
 garanzia e informazione degli utenti.
    In  particolare  il  terzo  comma  stabilisce  che  le   province,
 nell'ambito  delle  loro  competenze,  assicurano  la pubblicita' dei
 progetti concernenti opere idrauliche che comportano o  presuppongono
 derivazioni,  opera  di smaltimento o di canalizzazione, perforazione
 di pozzi.
    La  disposizione   prosegue   dettando   minuziose   norme   anche
 procedimentali,   secondo   cui   le   amministrazioni   "curano   la
 pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio
 del procedimento, oltre che nelle  forme  previste  dall'art.  7  del
 testo  unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti
 elettrici .. anche mediante pubblicazione per estratto nella Gazzetta
 Ufficiale e su almeno un  quotidiano  a  diffusione  nazionale  e  un
 quotidiano a diffusione locale".
    Anche   detta  disposizione  appare  lesiva  dell'autonomia  della
 provincia in tema di organizzazione e di procedimenti  amministrativi
 provinciali,  spingendosi  fino a stabilire le concrete modalita' con
 le quali si dovrebbe realizzare la pubblicita' dei progetti di opere.
                               P. Q. M.
    La provincia ricorrente chiede che la Corte voglia  dichiarare  la
 illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, secondo, quarto e quinto
 comma; dell'art. 9,  terzo  comma;  dell'art.  21,  quinto  comma,  e
 dell'art.  23,  terzo  comma,  della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per
 violazione dell'art. 8, nn. 5, 17 e 19, dell'art.  9,  nn.  9  e  10,
 dell'art.  14  e dell'art. 16 dello statuto speciale di cui al d.P.R.
 31 agosto 1972, n. 670, e delle  relative  norme  di  attuazione,  in
 particolare  degli  artt.  4  e 8 del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115,
 degli artt. 5, 8 e 10 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e  successive
 modifiche e integrazioni, degli artt. 3 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992,
 n. 266.
      Roma, addi' 17 febbraio 1994
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

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