N. 9 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 21 aprile 1994

                                 N. 9
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 21
 aprile 1994 (della regione Umbria)
 Regione Umbria - Responsabilita' contabile e amministrativa -
    Richiesta  alla  regione Umbria con nota del procuratore presso la
    locale  sezione  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti,  della
    trasmissione  dell'elenco  completo  di  tutti  gli  incarichi  di
    consulenza conferiti  negli  anni  1987/1993,  nonche',  per  ogni
    consulenza,   dell'atto   deliberativo   corredato   del  relativo
    documento  istruttorio  e  della  comunicazione,  altresi',  delle
    generalita'  complete  e  dell'attuale  residenza  di  coloro  che
    presero parte alle deliberazioni senza far constatare dal  verbale
    il   proprio  eventuale  dissenso  e  delle  generalita'  e  della
    residenza dei  responsabili  degli  atti  istruttori  -  Lamentata
    assenza   di  specifiche  contestazioni  di  responsabilita',  con
    conseguente lesione della sfera di  autonomia  regionale  e  delle
    norme  costituzionali relative ai controlli sulle regioni affidati
    alle commissioni statali di controllo - Riferimento alla  sentenza
    della Corte costituzionale n. 104/1989.
 (Nota del procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale
    della Corte dei conti per la regione Umbria del 25 febbraio 1994).
 (Cost., artt. 5, 97, 100, 103, 117, 118, 119, 123, 125 e 130).
(GU n.20 del 11-5-1994 )
   Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni per la regione Umbria, in
 persona  del   presidente   della   giunta   regionale   pro-tempore,
 rappresentata  e  difesa  per  procura apposta a margine del presente
 atto dagli avvocati Maurizio Pedetta e Alberto Predieri nello  studio
 del   quale  ultimo,  in  Roma,  via  Carducci  4,  e'  elettivamente
 domiciliata  contro  il  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri
 pro-tempore  per  la  dichiarazione  che  non  spetta  al procuratore
 regionale presso la sezione giurisdizionale per l'Umbria della  Corte
 dei  conti  ordinare  alla  regione  Umbria,  indipendentemente dalla
 contestazione  di   specifiche   ipotesi   di   responsabilita',   la
 trasmissione   dell'elenco   completo   di  tutti  gli  incarichi  di
 consulenza conferiti negli anni 1987/1993, nonche'  la  trasmissione,
 per  ogni  consulenza,  dell'atto deliberativo corredato del relativo
 documento istruttorio e, altresi', la comunicazione delle generalita'
 complete e dell'attuale residenza di coloro che  presero  parte  alle
 deliberazioni  senza  far constatare dal verbale il proprio eventuale
 dissenso e  le  generalita'  e  la  residenza  dei  responsabili  dei
 documenti  istruttori,  e  per il conseguente annullamento della nota
 del procuratore regionale presso  la  sezione  giurisdizionale  della
 Corte  dei conti per la regione Umbria del 25 febbraio 1994 pervenuta
 il 4 marzo 1994 con la quale  vengono  imposte  alla  stessa  regione
 Umbria  la  trasmissione  e  la  comunicazione  dei  predetti  atti e
 indicazioni, nonche', per quanto possa  occorrere,  delle  precedenti
 note  del  medesimo  procuratore  28 gennaio 1994, prot. 28/1993 e 23
 luglio 1993 prot. 28/1993, per violazione degli artt.  5,  117,  118,
 119,  123,  125  della Costituzione anche in relazione agli artt. 97,
 100, 103 della Costituzione stessa.
                               F A T T O
    1. - Con nota in data 23 luglio 1993, prot.  28/1993,  indirizzata
 al presidente della giunta regionale, il procuratore regionale presso
 la  sezione  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti per l'Umbria -
 all'epoca  ancora   provvisoriamente   istituita   sulla   base   del
 decreto-legge  17  luglio  1993,  n.  232,  che  ne aveva a sua volta
 reiterato due precedenti, il n. 54/1993 e il n. 143/1993 - senza fare
 riferimento  ad  alcuna norma di legge ne' a una qualsiasi ipotesi di
 responsabilita' amministrativa o contabile di responsabili politici o
 di funzionari regionali, "a seguito di denuncia pervenuta" non meglio
 precisata, ordinava alla regione  Umbria  "di  fornire  un  prospetto
 relativo   all'ultimo  quinquennio,  delle  consulenze  conferite  da
 codesta regione".
    "Per ogni consulenza" dovevano  essere  precisati  "alla  luce  di
 quanto previsto dalla legge regionale n. 14/1981, i seguenti dati:
      1) ammontare, analitico, e complessivo della spesa;
      2) la natura e l'oggetto della consulenza;
      3) la peculiare professionalita' posseduta dal consulente;
      4) la durata della consulenza;
      5)  se  si  tratta  di  attivita'  che  poteva  essere svolta da
 personale dipendente della regione;
      6) valutazione dell'opera prodotta dal consulente".
    La regione avrebbe  dovuto  "provvedere  a  quanto  richiesto  nel
 termine massimo di 90 giorni".
    2.  - Pur nella consapevolezza che l'ordine del procuratore veniva
 a  violare  la  sfera  di  autonomia  garantita  alla  regione  dalla
 Costituzione,   l'amministrazione  regionale,  per  puro  spirito  di
 collaborazione col nuovo organismo  e  senza  in  nessun  modo  voler
 prestare  acquiescenza,  forniva  alla  procura tutte le informazioni
 richieste con nota dell'assessore al bilancio e al personale  dell'11
 novembre  1993, prot. 14390/II, cui erano allegate schede riguardanti
 ciascun consulente concernenti:
      "il titolo di studio;
      l'inizio della collaborazione;
      la normativa che regola l'incarico;
      l'area funzionale od operativa di attivita'  regionale  nel  cui
 ambito l'incarico e' svolto;
      l'oggetto  dell'incarico,  cui  corrispondono  i  dati  relativi
 all'inizio e alla scadenza, al tipo di rapporto (iniziale, proroga  e
 nuovo   rapporto),   al   compenso   mensile,   alla   sua  eventuale
 assoggettabilita' all'IVA, al capitolo di bilancio cui e' imputata la
 spesa, al numero e alla data della deliberazione  di  incarico  e  al
 compenso  totale  erogato  per  ciascun  periodo  di  incarico  e per
 l'intero periodo cui si riferisce la rilevazione".
    Nella medesima nota, la regione precisava che tutti  gli  atti  di
 conferimento degli incarichi erano gia' stati sottoposti al controllo
 preventivo di legittimita'.
    3.  -  Cionondimento  il  procuratore  regionale  non  si riteneva
 soddisfatto e con nota del 28 gennaio 1994,  prot.  28/1993  ordinava
 all'amministrazione  la trasmissione di "copia delle deliberazioni di
 affidamento dei singoli incarichi, dalle quali risultino i motivi per
 cui le attivita' oggetto di incarico non potevano  essere  svolte  da
 dipendenti   ed   amministratori  pubblici,  nonche'  la  valutazione
 dell'utilita'   per   l'amministrazione   dell'opera    svolta    dal
 consulente".
    4.  - Infine, a distanza di nemmeno un mese dalla nota suddetta e,
 dunque, senza neppure concedere alla regione il tempo necessario  per
 fornire  una risposta, il procuratore regionale inviava una ulteriore
 nota, in data 25 febbraio 1994,  prot.  n.  12/1993,  pervenuta  alla
 regione il 4 marzo successivo, con cui veniva intimato a quest'ultima
 "di  trasmettere,  per ogni consulenza, copia dell'atto deliberativo,
 corredato dal relativo documento istruttorio", nonche' "di comunicare
 le generalita' complete e l'attuale residenza di coloro  che  presero
 parte  alle deliberazioni in questione senza far constare dal verbale
 il  proprio  eventuale  dissenso"  e,  infine,  "di   comunicare   le
 generalita'  complete  e  l'attuale  residenza  dei  responsabili dei
 documenti istruttori".
    5. - Con tali reiterate imposizioni, e in particolare con l'ultima
 di  cui  alla  nota  del  25  febbraio  1994  appena  riprodotta   il
 procuratore   regionale   della   Corte   dei   conti  per  l'Umbria,
 determinando una situazione di grave disagio negli uffici  regionali,
 ha agito al di fuori dei propri poteri o comunque li ha esercitati in
 modo  da  provocare una lesione della sfera di attribuzioni spettanti
 alla regione in base alla Costituzione.
    Al fine  di  difendere  l'integrita'  di  tali  attribuzioni  alla
 regione Umbria non resta che rivolgersi alla Corte costituzionale con
 la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni denunciando
 la  violazione dei principi di cui agli artt. 5, 117, 118, 119, 123 e
 125, anche in relazione agli artt. 97, 100 e 103 della  Costituzione,
 per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1.   -   Il   ricorso,   volto   ad   ottenere  dall'ecc.ma  Corte
 costituzionale la dichiarazione, nei termini  indicati  in  epigrafe,
 della  non spettanza al Procuratore regionale della Corte dei conti -
 Sezione giurisdizionale per l'Umbria - del  potere  di  imporre  alla
 regione ricorrente la trasmissione di atti e la comunicazione di dati
 inerenti  le  persone di amministratori e funzionari circa i rapporti
 di  consulenza  instaurati,  indipendemente  dalla  contestazione  di
 specifiche ipotesi di responsabilita', e' direttamente rivolto contro
 la   nota   del   25  febbraio  1994,  prot.  n.  12/1993,  pervenuta
 all'amministrazione il 4 marzo 1994, che costituisce la piu'  recente
 manifestazione del detto potere, ma non puo' non coinvolgere anche le
 precedenti  note  del 23 luglio 1993 e del 28 gennaio 1994, pur se la
 regione stessa, per puro spirito  di  collaborazione,  aveva  aderito
 alla richiesta fornendo alla procura tutti i dati.
    Lo  svolgersi  della  vicenda,  anzi,  testimonia  vieppiu'  della
 gravita' della lesione inferta alle attribuzioni regionali laddove la
 procura,  dopo  aver  visto  soddisfatte  le  prime   richieste,   ha
 persistito   nel  proprio  atteggiamento  con  ulteriori  imposizioni
 inducendo la regione ad agire per la tutela delle stesse.
    A tal  proposito  e'  opportuno  ricordare  che  alla  Corte,  con
 giurisprudenza  assolutamente  costante,  ha affermato che ai giudizi
 per  conflitto  di  attribuzioni  non   e'   applicabile   l'istituto
 dell'acquiescenza  stante  l'indisponibilita' delle competenze di cui
 in essi si controverte  (cfr.  tra  le  altre  sentt.  nn.  278/1991;
 525/1990;  89/1977;  56/1969;  77  e 82/1958) e il conseguente dovere
 della regione  di  difendere  l'integrita'  della  propria  autonomia
 costituzionale.
    2.  -  Nel  merito,  oltre  agli  artt.  5,  117,  118 e 119 della
 Costituzione, inerenti  le  competenze  della  regione,  vengono  qui
 specificatamente  in considerazione l'art. 123, secondo il quale ogni
 regione  ha  uno   statuto   che   stabilisce   le   norme   relative
 all'organizzazione  interna;  l'art.  125,  per il quale il controllo
 sugli atti della regione e' esercitato da un  apposito  organo  dello
 Stato  nei  modi  e  nei  limiti stabiliti da leggi della Repubblica.
 Norma, questa, che ha  trovato  attuazione  prima  con  la  legge  10
 febbraio  1953,  n.  62, che ha istituito la commissione regionale di
 controllo e disciplinato la materia, poi con la legge  di  delega  23
 ottobre  1992,  n. 241 - art. 2, primo comma, lett. h - e con decreti
 legislativi 13 febbraio 1993, n. 40 e 10 novembre 1993,  n.  479  che
 hanno  ridotto l'ambito del controllo preventivo di legittimita' alle
 categorie di  atti  tassativamente  previste  e  hanno  riformato  la
 composizione della commissione.
    Vengono  altresi'  in  considerazione  l'art.  97, che sancisce il
 principio del buon andamento nell'organizzazione degli uffici; l'art.
 100, che limita il controllo preventivo di legittimita'  della  Corte
 dei conti agli atti del Governo e quello successivo alla gestione del
 bilancio dello Stato partecipando altresi', la Corte stessa, nei casi
 e  nelle  forme  stabiliti  dalla  legge, al controllo sulla gestione
 finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in  via  ordinaria
 (tra   i  quali  non  rientrano  le  regioni,  che  sono  istituzioni
 comunitarie dotate  di  autonomia  finanziaria  fondata  su  "tributi
 propri  e  quote  di  tributi  erariali"  e  su  "proprio  demanio  e
 patrimonio" cosicche' quella delle regioni e' finanza propria pur  se
 collegata  ma  non  legata  a  quella  dello  Stato da un rapporto di
 "contribuzione"); l'art. 103, secondo il quale la Corte dei conti  ha
 giurisdizione  nelle  materie  di contabilita' pubblica e nelle altre
 specificate dalla legge. Funzione, questa, tuttora  disciplinata  dal
 r.d. 12 luglio 1934, n. 214, t.u. sulla Corte dei conti e, ora, anche
 dal  d.l.  15  novembre  1993,  n. 453, conv. nella legge 14 gennaio
 1994, n. 19 con cui sono state istituite le  sezioni  giurisdizionali
 regionali della Corte dei conti.
    Vanno  infine  ricordati, per la diretta attinenza all'oggetto del
 giudizio, l'art. 82, terzo comma dello Statuto della  regione  Umbria
 (gia'  art.  78,  terzo comma del precedente Statuto), che prevede la
 possibilita' per la regione  di  conferire  incarichi  a  persone  di
 comprovata  capacita'  e  professionalita',  e  la legge regionale 23
 marzo 1981, n. 14, che  disciplina  minutamente  il  conferimento  di
 consulenze  ed incarichi professionali: cosicche', per via statutaria
 e legislativa, lo  svolgimento  di  compiti  e  il  perseguimento  di
 obiettivi  col supporto di competenze professionali acquisite tramite
 l'instaurazione di rapporti di consulenza ha finito per porsi come un
 elemento conformativo dell'ordinamento  degli  uffici  della  regione
 Umbria.
    3.    -   L'iniziativa   del   procuratore   presso   la   sezione
 giurisdizionale della Corte  dei  conti  per  l'Umbria,  che  qui  si
 contesta,  viola  per  molteplici  aspetti  tutta  questa  normativa,
 travalicando dalla funzione del procuratore medesimo  come  p.m.  nel
 quadro  della  funzione  giurisdizionale  propria della Corte - quale
 anche delineata dall'art. 2 del  ricordato  d.l.  n.  453/1993  come
 convertito  dalla  legge n. 19/1994 - per introdurre surrettiziamente
 una abnorme forma di controllo sulla regione, non prevista  e,  anzi,
 esclusa   dalla   Costituzione,   tale   comunque   da   condizionare
 indebitamente il legittimo  esercizio  delle  attribuzioni  garantite
 alla regione dalla Costituzione stessa.
    Per  altro verso la medesima iniziativa si pone come un'intrusione
 nell'ambito riservato dalla Costituzione all'autonomia  organizzativa
 della  regione  -  esercitando la quale il legislatore regionale gode
 della piu' ampia  discrezionalita'  (Corte  costituzionale  sent.  n.
 99/1986  e ord. n. 10 del 1988) - in quanto presuppone un determinato
 modello di  apparato  amministrativo,  quello  ministeriale,  che  si
 pretende  di  imporre  ove,  per contro, il conferimento di incarichi
 professionali e l'apporto esterno di consulenti (non a caso previsto,
 come si e' gia' rilevato, dallo statuto regionale e  disciplinato  da
 una   legge  regionale)  appare  coerente  col  (e,  anzi,  e'  parte
 integrante  del)   modello   organizzatorio   di   un'amministrazione
 prevalentemente    ordinata    alla    programmazione    e   (dunque)
 essenzialmente per progetti e per obiettivi.
    4. - Cio' premesso e ricordato, ancora una volta, che le  delibere
 di  conferimento  degli incarichi professionali di cui il procuratore
 regionale pretende l'acquisizione hanno tutte superato  il  riscontro
 preventivo  di legittimita' della commissione di controllo sugli atti
 della regione, si constata che  la  questione  oggetto  del  presente
 giudizio e' sostanzialmente identica a quella gia' esaminata e decisa
 da  questa  stessa  ecc.ma  Corte  costituzionale  con la sentenza 22
 febbraio-9 marzo 1989, n. 104.
    Nel caso della regione Umbria, anzi, l'iniziativa del procuratore,
 lesiva  delle  competenze  regionali  costituzionalmente   garantite,
 presenta  connotati  di maggiore gravita' rispetto al caso oggetto di
 quel giudizio dal momento che, diversamente da  allora,  l'ordine  e'
 stato  rivolto  alla  regione  senza fare richiamo ad alcuna norma di
 legge che in qualche modo lo giustificasse ed e'  stato,  inoltre,  a
 piu'   riprese   reiterato   con   nuove  imposizioni  pur  dopo  che
 l'Amministrazione aveva soddisfatto integralmente la prima richiesta.
    Anche per la regione Umbria comunque, cosi' come  per  la  regione
 Lombardia, nei confronti della quale e' stata pronunciata la sentenza
 n.  104/1989, si tratta della pretesa del procuratore della Corte dei
 conti (all'epoca il procuratore generale, non  essendo  ancora  state
 istituite  le  sezioni  giurisdizionali regionali) di acquisire tutti
 gli atti inerenti gli incarichi di consulenza  conferiti  nell'ultimo
 quinquennio.  In piu', dalla regione Umbria il procuratore regionale,
 senza contestare specifiche ipotesi di responsabilita',  pretende  di
 conoscere   le   generalita'   complete,   e   la   residenza   degli
 amministratori  che  presero  parte  alle  deliberazioni  senza   far
 constare  nel  verbale  il  proprio  dissenso, nonche' dei funzionari
 responsabili dei documenti istruttori.
    5. - Il riferimento alla sentenza in questione appare decisivo  al
 fine  di  risolvere  il  conflitto  nel  senso indicato dalla regione
 ricorrente. Di essa si riproducono pertanto i passi  essenziali,  con
 l'ovvia  precisazione  che  quanto  detto dalla Corte a proposito del
 "procuratore generale" vale per il  "procuratore  regionale"  che  in
 sede  locale  esercita,  per  quel  che  qui  interessa,  le medesime
 funzioni.
    "Il  giudizio  di  responsabilita'  amministrativa  trae  il   suo
 fondamento  degli  artt.  82  e  83 sulla contabilita' generale dello
 Stato, approvata con r.d. 18 novembre 1923, n. 2440  e  dall'art.  52
 t.u.  1.  sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n.
 1214. Si instaura non solo nei confronti di coloro che sono legati da
 un rapporto di servizio con lo Stato, ma anche a carico di funzionari
 di enti pubblici, tra cui le regioni (sentt. nn.  62/1973,  211/1972;
 68/1971,  110/1970  e  143/1968), ad istanza del procuratore generale
 della Corte  dei  conti  o  su  denuncia  dell'amministrazione  o  ad
 iniziativa   diretta  del  predetto  procuratore  generale  (art.  43
 regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei  conti,
 approvata con r.d. 13 agosto 1993, n. 1038).
    Il  procuratore  generale  della Corte dei conti, nella promozione
 dei giudizi,  agisce  nell'esercizio  di  una  funzione  obiettiva  e
 neutrale.
    Egli  rappresenta  l'interesse  generale al corretto esercizio, da
 parte  dei  pubblici  dipendenti,  delle  funzioni  amministrative  e
 contabili,   e  cioe'  un  interesse  direttamente  riconducibile  al
 rispetto dell'ordinamento giuridico  nei  suoi  aspetti  generali  ed
 indifferenziati;  non  l'interesse particolare e concreto dello Stato
 in ciascuno dei settori  in  cui  si  articola  o  degli  altri  enti
 pubblici,  in  relazione  agli  scopi  specifici che ciascuno di essi
 persegue, siano pure essi convergenti con il primo.
    Egli vigila per l'osservanza delle  leggi,  per  la  tutela  cioe'
 dello  Stato  e  per la repressione dei danni erariali conseguenti ad
 illeciti amministrativi, ma non  effettua  un  controllo  diretto  ad
 accertare  se  i  provvedimenti  delle autorita' amministrative siano
 stati emanati con l'osservanza delle leggi  e  con  il  rispetto  dei
 criteri  della  buona  regolare  amministrazione.  La  legge  non gli
 attribuisce  l'amplissimo  potere  di  svolgere  indagini  a  propria
 discrezionalita'  in un ampio settore dell'amministrazione senza che,
 secondo le circostanze, sia presumibile la  commissione  di  illeciti
 produttivi di danni. Non e' sufficiente, cioe', la mera supposizione.
 Il suo intervento non puo' basarsi su mere ipotesi.
    Lo  stesso  procuratore  generale  resta abilitato alle specifiche
 istruttorie e al producimento della conseguente azione (sent. n.  421
 del 1978).
    Il  giudizio  di  responsabilita'  mutua le sue forme dal processo
 civile per quanto applicabili (art. 26 del regolamento approvato  con
 r.d.  n.  1038/1933) con la vigenza, pero', relativamente all'aspetto
 istruttorio,  sia   del   principio   dispositivo   che   di   quello
 inquisitorio,   con   ampia   possibilita'  di  produzione  di  prove
 consentita a tutte le parti del giudizio e con  la  possibilita'  del
 giudice  di  integrare  il materiale probatorio anche al di la' delle
 allegazioni delle parti. La commissione  e'  da  porsi  in  relazione
 all'interesse  che  si  persegue  e alla finalita' che il giudizio e'
 diretto a realizzare, cioe' la reintegrazione del pubblico patrimonio
 che e' quella stessa che fonda il potere del procuratore generale  di
 agire  d'ufficio  al  di  fuori  ed  anche  contro  le determinazioni
 dell'amministrazione ed anche dopo l'acquisizione dei visti e  pareri
 degli  organi  amministrativi di controllo. Ed e' la stessa Corte che
 puo' demandare, se  del  caso,  specifica  attivita'  istruttoria  al
 procuratore generale.
    Ma,   indipendentemente   ed   anche   prima   della  citazione  e
 anteriormente al giudizio, il procuratore generale puo'  chiedere  in
 comunicazione   atti   e   documenti   in   possesso   di   autorita'
 amministrative e  giudiziarie  e  puo'  anche  disporre  accertamenti
 diretti  (art.  74 Regolamento approvato con r.d. n. 1038/1933) cosi'
 potendosi rivolgere, per l'area che interessa,  alla  commissione  di
 controllo di cui e' anche membro un magistrato della stessa Corte dei
 conti.
    Il  potere  che si esercita deve, tuttavia, e in ogni caso, essere
 ispirato  ad  un  criterio  di  obiettivita',  di   imparzialita'   e
 neutralita', specie perche' ha un fondamento di discrezionalita'.
    La  discrezionalita'  richiede  cautele  e  remore maggiori se sia
 diretta ad un interesse giurisdizionale,  cioe'  all'acquisizione  di
 elementi necessari ad un'eventuale pronuncia del giudice. Deve essere
 determinata   da   elementi  specifici  e  concreti  e  non  da  mere
 supposizioni.
    Nella fattispecie, la richiesta del procuratore  generale  non  e'
 suffragata  da  elementi  concreti  e  specifici, ma si fonda su mere
 ipotesi e astratte supposizioni  e  di  dirige,  in  modo  del  tutto
 generico,  ad  un  intero settore di attivita' amministrativa, svolta
 per un rilevante periodo di tempo, ormai remoto, e gia',  in  massima
 parte e tempestivamente assoggettata ai controlli istituzionali.
    Il  potere  che  si  vorrebbe esercitare viene cosi' a costituire,
 stanti i termini in cui e' posta la relativa richiesta,  una  vera  e
 propria  attivita'  di  controllo da parte di un organo che per legge
 non si e' abilitato ad effettuarlo.
    Onde risulta lesa la sfera, ampiamente discrezionale, di autonomia
 organizzativa della regione ricorrente, garantita  dagli  artt.  117,
 118, 123, 128 (rectius 125) della Costituzione".
    6.  -  Ne'  l'iniziativa  adottata  dal  procuratore regionale nei
 confronti della regione Umbria appare in qualche  modo  riconducibile
 alla  potesta'  di controllo successivo sulla gestione del bilancio e
 del patrimonio attribuita alla Corte dei  conti  e  disciplinata  dal
 quarto,  quinto, sesto, ottavo e nono comma dell'art. 3 e dall'art. 6
 della legge 14 febbraio 1994, n. 20.  Nessuna funzione  di  controllo
 spetta  infatti  al procuratore, generale o regionale che sia, che e'
 essenzialmente  organo  giurisdizionale  che  promuove  l'azione   di
 responsabilita' amministrativa o contabile e che, in seno alla Corte,
 svolge  le  funzioni di p.m. (art. 2 d.l. n. 453/1993 convertito con
 legge n.   19/1994). Inoltre, a  escludere  la  possibilita'  di  far
 richiamo  alla recente legge e' il tenore stesso delle richieste che,
 pur senza che siano formulate specifiche ipotesi di  responsabilita',
 si  spingono fino alla pretesa di conoscere nome, cognome e residenza
 di amministratori e funzionari, e sei i medesimi abbiano o meno fatto
 verbalizzare  il  proprio  dissenso  in  ordine  alle   delibere   di
 conferimento  degli incarichi: informazioni, queste che, chiaramente,
 nulla hanno a che fare con il controllo sulla legittimita' degli atti
 e la cui richiesta appare volta piuttosto a cercare di fornire di  un
 qualche  contenuto  un'ipotesi  del  tutto aprioristica e astratta di
 responsabilita' personale.
    7. - Nondimeno,  ove  si  dovesse  ritenere  che  la  pretesa  qui
 contestata possa ricollegarsi alla ricordate disposizioni della legge
 n.  20  del  1994  acquisterebbe  rilevanza  nel presente giudizio la
 questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni stesse.
    Si rileva in proposito che la  legittimita'  costituzionale  delle
 norme  contenute  al  quarto,  quinto,  sesto,  ottavo  e  nono comma
 dell'art. 3 nonche' nell'art. 6 della legge n. 20/1994 e' gia'  stata
 contestata  in  via  principale  da  diverse  regioni  sia  a statuto
 speciale  (Friuli-Venezia  Giulia,  Valle  d'Aosta)  che  a   statuto
 ordinario  (Veneto,  Emilia  Romagna) - con ricorsi pendenti avanti a
 questa ecc.ma Corte con i nn.  14,  17,  20  e  21  del  1994  -  per
 violazione  degli  artt.  5,  97,  100, 117, 118, 119, 125 richiamati
 anche nel presente ricorso, nonche' dell'art. 130 della Costituzione.
 La  regione  Umbria fa proprie le argomentazioni esposte nei predetti
 ricorsi, limitandosi ad osservare in questa sede che le  disposizioni
 contestate  introducono  una  forma  di  vero  e proprio controllo di
 legittimita' dai termini del tutto vaghi, che implica l'esercizio  di
 poteri  con contorni e limiti assolutamente indefiniti e che nulla ha
 a che fare con l'effettivo controllo di  gestione:  gia'  per  questo
 aspetto  si  determina,  dunque,  una  chiara  lesione dell'autonomia
 regionale.
    Inoltre un simile controllo, in quanto riferito alle regioni,  non
 e'  comunque consentito dalla Costituzione che definisce precisamente
 (art. 125) l'estensione e i  limiti  del  riscontro  di  legittimita'
 sugli  atti  delle medesime (oltre che del controllo effettuato da un
 organo di queste ultime sugli atti degli enti locali, art.  130).  Di
 qui  un'ulteriore  illegittima  compressione dell'ambito di autonomia
 riservato alle regioni con  violazione  dei  principi  costituzionali
 piu' volte richiamati.
                               P. Q. M.
    Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia:
      dichiarare che non spetta al procuratore regionale della sezione
 giurisdizionale per l'Umbria della Corte dei conti, indipendentemente
 dalla contestazione di specifiche ipotesi di responsabilita' ordinare
 alla  regione  Umbria  la trasmissione dell'elenco degli incarichi di
 consulenza conferiti dalla stessa nell'ultimo quinquennio nonche'  la
 trasmissione  delle  relative  deliberazioni  corredate dei documenti
 istruttori e, altresi', la comunicazione delle generalita' complete e
 dell'attuale residenza di coloro che presero parte alla deliberazione
 senza far constatare dal verbale il proprio eventuale dissenso  e  le
 generalita'  e la residenza dei responsabili dei documenti istruttori
 per violazione delle norme della Costituzione piu' volte indicate;
      conseguentemente,  annullare  la  nota  del  detto   procuratore
 regionale  del  25  febbraio  1994, prot. 12/1993 nonche', per quanto
 possa occorrere, delle precedenti note del medesimo  procuratore  del
 28  gennaio  1994,  prot.  n.  28/1993 e del 23 luglio 1993, prot. n.
 28/1993;
    Il tutto, per violazione degli artt. 5, 117, 118,  119,  123,  125
 della  Costituzione, anche in relazione agli artt. 97, 100, 103 della
 Costituzione:
      se   del   caso   previa    dichiarazione    dell'illegittimita'
 costituzionale delle disposizioni del quarto, quinto, sesto, ottavo e
 nono  comma  e  dell'art.  6  della  legge 14 gennaio 1994, n. 20 per
 violazione delle medesime norme costituzionali;
    Si producono:
      nota procuratore regionale 25 febbraio 1994, prot. 12/1993;
      nota procuratore regionale 23 luglio 1993, prot. 28/1993;
      nota assessore regionale al bilancio  11  novembre  1993,  prot.
 14390/II;
      nota procuratore regionale 28 gennaio 1994 prot. 28/1993.
       Roma, addi' 14 aprile 1994
             Avv. Maurizio PEDETTA - Avv. Alberto PREDIERI

 94C0477