N. 9 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 21 aprile 1994
N. 9 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 21 aprile 1994 (della regione Umbria) Regione Umbria - Responsabilita' contabile e amministrativa - Richiesta alla regione Umbria con nota del procuratore presso la locale sezione giurisdizionale della Corte dei conti, della trasmissione dell'elenco completo di tutti gli incarichi di consulenza conferiti negli anni 1987/1993, nonche', per ogni consulenza, dell'atto deliberativo corredato del relativo documento istruttorio e della comunicazione, altresi', delle generalita' complete e dell'attuale residenza di coloro che presero parte alle deliberazioni senza far constatare dal verbale il proprio eventuale dissenso e delle generalita' e della residenza dei responsabili degli atti istruttori - Lamentata assenza di specifiche contestazioni di responsabilita', con conseguente lesione della sfera di autonomia regionale e delle norme costituzionali relative ai controlli sulle regioni affidati alle commissioni statali di controllo - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 104/1989. (Nota del procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Umbria del 25 febbraio 1994). (Cost., artt. 5, 97, 100, 103, 117, 118, 119, 123, 125 e 130).(GU n.20 del 11-5-1994 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni per la regione Umbria, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, rappresentata e difesa per procura apposta a margine del presente atto dagli avvocati Maurizio Pedetta e Alberto Predieri nello studio del quale ultimo, in Roma, via Carducci 4, e' elettivamente domiciliata contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione che non spetta al procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale per l'Umbria della Corte dei conti ordinare alla regione Umbria, indipendentemente dalla contestazione di specifiche ipotesi di responsabilita', la trasmissione dell'elenco completo di tutti gli incarichi di consulenza conferiti negli anni 1987/1993, nonche' la trasmissione, per ogni consulenza, dell'atto deliberativo corredato del relativo documento istruttorio e, altresi', la comunicazione delle generalita' complete e dell'attuale residenza di coloro che presero parte alle deliberazioni senza far constatare dal verbale il proprio eventuale dissenso e le generalita' e la residenza dei responsabili dei documenti istruttori, e per il conseguente annullamento della nota del procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Umbria del 25 febbraio 1994 pervenuta il 4 marzo 1994 con la quale vengono imposte alla stessa regione Umbria la trasmissione e la comunicazione dei predetti atti e indicazioni, nonche', per quanto possa occorrere, delle precedenti note del medesimo procuratore 28 gennaio 1994, prot. 28/1993 e 23 luglio 1993 prot. 28/1993, per violazione degli artt. 5, 117, 118, 119, 123, 125 della Costituzione anche in relazione agli artt. 97, 100, 103 della Costituzione stessa. F A T T O 1. - Con nota in data 23 luglio 1993, prot. 28/1993, indirizzata al presidente della giunta regionale, il procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Umbria - all'epoca ancora provvisoriamente istituita sulla base del decreto-legge 17 luglio 1993, n. 232, che ne aveva a sua volta reiterato due precedenti, il n. 54/1993 e il n. 143/1993 - senza fare riferimento ad alcuna norma di legge ne' a una qualsiasi ipotesi di responsabilita' amministrativa o contabile di responsabili politici o di funzionari regionali, "a seguito di denuncia pervenuta" non meglio precisata, ordinava alla regione Umbria "di fornire un prospetto relativo all'ultimo quinquennio, delle consulenze conferite da codesta regione". "Per ogni consulenza" dovevano essere precisati "alla luce di quanto previsto dalla legge regionale n. 14/1981, i seguenti dati: 1) ammontare, analitico, e complessivo della spesa; 2) la natura e l'oggetto della consulenza; 3) la peculiare professionalita' posseduta dal consulente; 4) la durata della consulenza; 5) se si tratta di attivita' che poteva essere svolta da personale dipendente della regione; 6) valutazione dell'opera prodotta dal consulente". La regione avrebbe dovuto "provvedere a quanto richiesto nel termine massimo di 90 giorni". 2. - Pur nella consapevolezza che l'ordine del procuratore veniva a violare la sfera di autonomia garantita alla regione dalla Costituzione, l'amministrazione regionale, per puro spirito di collaborazione col nuovo organismo e senza in nessun modo voler prestare acquiescenza, forniva alla procura tutte le informazioni richieste con nota dell'assessore al bilancio e al personale dell'11 novembre 1993, prot. 14390/II, cui erano allegate schede riguardanti ciascun consulente concernenti: "il titolo di studio; l'inizio della collaborazione; la normativa che regola l'incarico; l'area funzionale od operativa di attivita' regionale nel cui ambito l'incarico e' svolto; l'oggetto dell'incarico, cui corrispondono i dati relativi all'inizio e alla scadenza, al tipo di rapporto (iniziale, proroga e nuovo rapporto), al compenso mensile, alla sua eventuale assoggettabilita' all'IVA, al capitolo di bilancio cui e' imputata la spesa, al numero e alla data della deliberazione di incarico e al compenso totale erogato per ciascun periodo di incarico e per l'intero periodo cui si riferisce la rilevazione". Nella medesima nota, la regione precisava che tutti gli atti di conferimento degli incarichi erano gia' stati sottoposti al controllo preventivo di legittimita'. 3. - Cionondimento il procuratore regionale non si riteneva soddisfatto e con nota del 28 gennaio 1994, prot. 28/1993 ordinava all'amministrazione la trasmissione di "copia delle deliberazioni di affidamento dei singoli incarichi, dalle quali risultino i motivi per cui le attivita' oggetto di incarico non potevano essere svolte da dipendenti ed amministratori pubblici, nonche' la valutazione dell'utilita' per l'amministrazione dell'opera svolta dal consulente". 4. - Infine, a distanza di nemmeno un mese dalla nota suddetta e, dunque, senza neppure concedere alla regione il tempo necessario per fornire una risposta, il procuratore regionale inviava una ulteriore nota, in data 25 febbraio 1994, prot. n. 12/1993, pervenuta alla regione il 4 marzo successivo, con cui veniva intimato a quest'ultima "di trasmettere, per ogni consulenza, copia dell'atto deliberativo, corredato dal relativo documento istruttorio", nonche' "di comunicare le generalita' complete e l'attuale residenza di coloro che presero parte alle deliberazioni in questione senza far constare dal verbale il proprio eventuale dissenso" e, infine, "di comunicare le generalita' complete e l'attuale residenza dei responsabili dei documenti istruttori". 5. - Con tali reiterate imposizioni, e in particolare con l'ultima di cui alla nota del 25 febbraio 1994 appena riprodotta il procuratore regionale della Corte dei conti per l'Umbria, determinando una situazione di grave disagio negli uffici regionali, ha agito al di fuori dei propri poteri o comunque li ha esercitati in modo da provocare una lesione della sfera di attribuzioni spettanti alla regione in base alla Costituzione. Al fine di difendere l'integrita' di tali attribuzioni alla regione Umbria non resta che rivolgersi alla Corte costituzionale con la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni denunciando la violazione dei principi di cui agli artt. 5, 117, 118, 119, 123 e 125, anche in relazione agli artt. 97, 100 e 103 della Costituzione, per i seguenti motivi di D I R I T T O 1. - Il ricorso, volto ad ottenere dall'ecc.ma Corte costituzionale la dichiarazione, nei termini indicati in epigrafe, della non spettanza al Procuratore regionale della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per l'Umbria - del potere di imporre alla regione ricorrente la trasmissione di atti e la comunicazione di dati inerenti le persone di amministratori e funzionari circa i rapporti di consulenza instaurati, indipendemente dalla contestazione di specifiche ipotesi di responsabilita', e' direttamente rivolto contro la nota del 25 febbraio 1994, prot. n. 12/1993, pervenuta all'amministrazione il 4 marzo 1994, che costituisce la piu' recente manifestazione del detto potere, ma non puo' non coinvolgere anche le precedenti note del 23 luglio 1993 e del 28 gennaio 1994, pur se la regione stessa, per puro spirito di collaborazione, aveva aderito alla richiesta fornendo alla procura tutti i dati. Lo svolgersi della vicenda, anzi, testimonia vieppiu' della gravita' della lesione inferta alle attribuzioni regionali laddove la procura, dopo aver visto soddisfatte le prime richieste, ha persistito nel proprio atteggiamento con ulteriori imposizioni inducendo la regione ad agire per la tutela delle stesse. A tal proposito e' opportuno ricordare che alla Corte, con giurisprudenza assolutamente costante, ha affermato che ai giudizi per conflitto di attribuzioni non e' applicabile l'istituto dell'acquiescenza stante l'indisponibilita' delle competenze di cui in essi si controverte (cfr. tra le altre sentt. nn. 278/1991; 525/1990; 89/1977; 56/1969; 77 e 82/1958) e il conseguente dovere della regione di difendere l'integrita' della propria autonomia costituzionale. 2. - Nel merito, oltre agli artt. 5, 117, 118 e 119 della Costituzione, inerenti le competenze della regione, vengono qui specificatamente in considerazione l'art. 123, secondo il quale ogni regione ha uno statuto che stabilisce le norme relative all'organizzazione interna; l'art. 125, per il quale il controllo sugli atti della regione e' esercitato da un apposito organo dello Stato nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. Norma, questa, che ha trovato attuazione prima con la legge 10 febbraio 1953, n. 62, che ha istituito la commissione regionale di controllo e disciplinato la materia, poi con la legge di delega 23 ottobre 1992, n. 241 - art. 2, primo comma, lett. h - e con decreti legislativi 13 febbraio 1993, n. 40 e 10 novembre 1993, n. 479 che hanno ridotto l'ambito del controllo preventivo di legittimita' alle categorie di atti tassativamente previste e hanno riformato la composizione della commissione. Vengono altresi' in considerazione l'art. 97, che sancisce il principio del buon andamento nell'organizzazione degli uffici; l'art. 100, che limita il controllo preventivo di legittimita' della Corte dei conti agli atti del Governo e quello successivo alla gestione del bilancio dello Stato partecipando altresi', la Corte stessa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (tra i quali non rientrano le regioni, che sono istituzioni comunitarie dotate di autonomia finanziaria fondata su "tributi propri e quote di tributi erariali" e su "proprio demanio e patrimonio" cosicche' quella delle regioni e' finanza propria pur se collegata ma non legata a quella dello Stato da un rapporto di "contribuzione"); l'art. 103, secondo il quale la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge. Funzione, questa, tuttora disciplinata dal r.d. 12 luglio 1934, n. 214, t.u. sulla Corte dei conti e, ora, anche dal d.l. 15 novembre 1993, n. 453, conv. nella legge 14 gennaio 1994, n. 19 con cui sono state istituite le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti. Vanno infine ricordati, per la diretta attinenza all'oggetto del giudizio, l'art. 82, terzo comma dello Statuto della regione Umbria (gia' art. 78, terzo comma del precedente Statuto), che prevede la possibilita' per la regione di conferire incarichi a persone di comprovata capacita' e professionalita', e la legge regionale 23 marzo 1981, n. 14, che disciplina minutamente il conferimento di consulenze ed incarichi professionali: cosicche', per via statutaria e legislativa, lo svolgimento di compiti e il perseguimento di obiettivi col supporto di competenze professionali acquisite tramite l'instaurazione di rapporti di consulenza ha finito per porsi come un elemento conformativo dell'ordinamento degli uffici della regione Umbria. 3. - L'iniziativa del procuratore presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Umbria, che qui si contesta, viola per molteplici aspetti tutta questa normativa, travalicando dalla funzione del procuratore medesimo come p.m. nel quadro della funzione giurisdizionale propria della Corte - quale anche delineata dall'art. 2 del ricordato d.l. n. 453/1993 come convertito dalla legge n. 19/1994 - per introdurre surrettiziamente una abnorme forma di controllo sulla regione, non prevista e, anzi, esclusa dalla Costituzione, tale comunque da condizionare indebitamente il legittimo esercizio delle attribuzioni garantite alla regione dalla Costituzione stessa. Per altro verso la medesima iniziativa si pone come un'intrusione nell'ambito riservato dalla Costituzione all'autonomia organizzativa della regione - esercitando la quale il legislatore regionale gode della piu' ampia discrezionalita' (Corte costituzionale sent. n. 99/1986 e ord. n. 10 del 1988) - in quanto presuppone un determinato modello di apparato amministrativo, quello ministeriale, che si pretende di imporre ove, per contro, il conferimento di incarichi professionali e l'apporto esterno di consulenti (non a caso previsto, come si e' gia' rilevato, dallo statuto regionale e disciplinato da una legge regionale) appare coerente col (e, anzi, e' parte integrante del) modello organizzatorio di un'amministrazione prevalentemente ordinata alla programmazione e (dunque) essenzialmente per progetti e per obiettivi. 4. - Cio' premesso e ricordato, ancora una volta, che le delibere di conferimento degli incarichi professionali di cui il procuratore regionale pretende l'acquisizione hanno tutte superato il riscontro preventivo di legittimita' della commissione di controllo sugli atti della regione, si constata che la questione oggetto del presente giudizio e' sostanzialmente identica a quella gia' esaminata e decisa da questa stessa ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza 22 febbraio-9 marzo 1989, n. 104. Nel caso della regione Umbria, anzi, l'iniziativa del procuratore, lesiva delle competenze regionali costituzionalmente garantite, presenta connotati di maggiore gravita' rispetto al caso oggetto di quel giudizio dal momento che, diversamente da allora, l'ordine e' stato rivolto alla regione senza fare richiamo ad alcuna norma di legge che in qualche modo lo giustificasse ed e' stato, inoltre, a piu' riprese reiterato con nuove imposizioni pur dopo che l'Amministrazione aveva soddisfatto integralmente la prima richiesta. Anche per la regione Umbria comunque, cosi' come per la regione Lombardia, nei confronti della quale e' stata pronunciata la sentenza n. 104/1989, si tratta della pretesa del procuratore della Corte dei conti (all'epoca il procuratore generale, non essendo ancora state istituite le sezioni giurisdizionali regionali) di acquisire tutti gli atti inerenti gli incarichi di consulenza conferiti nell'ultimo quinquennio. In piu', dalla regione Umbria il procuratore regionale, senza contestare specifiche ipotesi di responsabilita', pretende di conoscere le generalita' complete, e la residenza degli amministratori che presero parte alle deliberazioni senza far constare nel verbale il proprio dissenso, nonche' dei funzionari responsabili dei documenti istruttori. 5. - Il riferimento alla sentenza in questione appare decisivo al fine di risolvere il conflitto nel senso indicato dalla regione ricorrente. Di essa si riproducono pertanto i passi essenziali, con l'ovvia precisazione che quanto detto dalla Corte a proposito del "procuratore generale" vale per il "procuratore regionale" che in sede locale esercita, per quel che qui interessa, le medesime funzioni. "Il giudizio di responsabilita' amministrativa trae il suo fondamento degli artt. 82 e 83 sulla contabilita' generale dello Stato, approvata con r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e dall'art. 52 t.u. 1. sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214. Si instaura non solo nei confronti di coloro che sono legati da un rapporto di servizio con lo Stato, ma anche a carico di funzionari di enti pubblici, tra cui le regioni (sentt. nn. 62/1973, 211/1972; 68/1971, 110/1970 e 143/1968), ad istanza del procuratore generale della Corte dei conti o su denuncia dell'amministrazione o ad iniziativa diretta del predetto procuratore generale (art. 43 regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvata con r.d. 13 agosto 1993, n. 1038). Il procuratore generale della Corte dei conti, nella promozione dei giudizi, agisce nell'esercizio di una funzione obiettiva e neutrale. Egli rappresenta l'interesse generale al corretto esercizio, da parte dei pubblici dipendenti, delle funzioni amministrative e contabili, e cioe' un interesse direttamente riconducibile al rispetto dell'ordinamento giuridico nei suoi aspetti generali ed indifferenziati; non l'interesse particolare e concreto dello Stato in ciascuno dei settori in cui si articola o degli altri enti pubblici, in relazione agli scopi specifici che ciascuno di essi persegue, siano pure essi convergenti con il primo. Egli vigila per l'osservanza delle leggi, per la tutela cioe' dello Stato e per la repressione dei danni erariali conseguenti ad illeciti amministrativi, ma non effettua un controllo diretto ad accertare se i provvedimenti delle autorita' amministrative siano stati emanati con l'osservanza delle leggi e con il rispetto dei criteri della buona regolare amministrazione. La legge non gli attribuisce l'amplissimo potere di svolgere indagini a propria discrezionalita' in un ampio settore dell'amministrazione senza che, secondo le circostanze, sia presumibile la commissione di illeciti produttivi di danni. Non e' sufficiente, cioe', la mera supposizione. Il suo intervento non puo' basarsi su mere ipotesi. Lo stesso procuratore generale resta abilitato alle specifiche istruttorie e al producimento della conseguente azione (sent. n. 421 del 1978). Il giudizio di responsabilita' mutua le sue forme dal processo civile per quanto applicabili (art. 26 del regolamento approvato con r.d. n. 1038/1933) con la vigenza, pero', relativamente all'aspetto istruttorio, sia del principio dispositivo che di quello inquisitorio, con ampia possibilita' di produzione di prove consentita a tutte le parti del giudizio e con la possibilita' del giudice di integrare il materiale probatorio anche al di la' delle allegazioni delle parti. La commissione e' da porsi in relazione all'interesse che si persegue e alla finalita' che il giudizio e' diretto a realizzare, cioe' la reintegrazione del pubblico patrimonio che e' quella stessa che fonda il potere del procuratore generale di agire d'ufficio al di fuori ed anche contro le determinazioni dell'amministrazione ed anche dopo l'acquisizione dei visti e pareri degli organi amministrativi di controllo. Ed e' la stessa Corte che puo' demandare, se del caso, specifica attivita' istruttoria al procuratore generale. Ma, indipendentemente ed anche prima della citazione e anteriormente al giudizio, il procuratore generale puo' chiedere in comunicazione atti e documenti in possesso di autorita' amministrative e giudiziarie e puo' anche disporre accertamenti diretti (art. 74 Regolamento approvato con r.d. n. 1038/1933) cosi' potendosi rivolgere, per l'area che interessa, alla commissione di controllo di cui e' anche membro un magistrato della stessa Corte dei conti. Il potere che si esercita deve, tuttavia, e in ogni caso, essere ispirato ad un criterio di obiettivita', di imparzialita' e neutralita', specie perche' ha un fondamento di discrezionalita'. La discrezionalita' richiede cautele e remore maggiori se sia diretta ad un interesse giurisdizionale, cioe' all'acquisizione di elementi necessari ad un'eventuale pronuncia del giudice. Deve essere determinata da elementi specifici e concreti e non da mere supposizioni. Nella fattispecie, la richiesta del procuratore generale non e' suffragata da elementi concreti e specifici, ma si fonda su mere ipotesi e astratte supposizioni e di dirige, in modo del tutto generico, ad un intero settore di attivita' amministrativa, svolta per un rilevante periodo di tempo, ormai remoto, e gia', in massima parte e tempestivamente assoggettata ai controlli istituzionali. Il potere che si vorrebbe esercitare viene cosi' a costituire, stanti i termini in cui e' posta la relativa richiesta, una vera e propria attivita' di controllo da parte di un organo che per legge non si e' abilitato ad effettuarlo. Onde risulta lesa la sfera, ampiamente discrezionale, di autonomia organizzativa della regione ricorrente, garantita dagli artt. 117, 118, 123, 128 (rectius 125) della Costituzione". 6. - Ne' l'iniziativa adottata dal procuratore regionale nei confronti della regione Umbria appare in qualche modo riconducibile alla potesta' di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio attribuita alla Corte dei conti e disciplinata dal quarto, quinto, sesto, ottavo e nono comma dell'art. 3 e dall'art. 6 della legge 14 febbraio 1994, n. 20. Nessuna funzione di controllo spetta infatti al procuratore, generale o regionale che sia, che e' essenzialmente organo giurisdizionale che promuove l'azione di responsabilita' amministrativa o contabile e che, in seno alla Corte, svolge le funzioni di p.m. (art. 2 d.l. n. 453/1993 convertito con legge n. 19/1994). Inoltre, a escludere la possibilita' di far richiamo alla recente legge e' il tenore stesso delle richieste che, pur senza che siano formulate specifiche ipotesi di responsabilita', si spingono fino alla pretesa di conoscere nome, cognome e residenza di amministratori e funzionari, e sei i medesimi abbiano o meno fatto verbalizzare il proprio dissenso in ordine alle delibere di conferimento degli incarichi: informazioni, queste che, chiaramente, nulla hanno a che fare con il controllo sulla legittimita' degli atti e la cui richiesta appare volta piuttosto a cercare di fornire di un qualche contenuto un'ipotesi del tutto aprioristica e astratta di responsabilita' personale. 7. - Nondimeno, ove si dovesse ritenere che la pretesa qui contestata possa ricollegarsi alla ricordate disposizioni della legge n. 20 del 1994 acquisterebbe rilevanza nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni stesse. Si rileva in proposito che la legittimita' costituzionale delle norme contenute al quarto, quinto, sesto, ottavo e nono comma dell'art. 3 nonche' nell'art. 6 della legge n. 20/1994 e' gia' stata contestata in via principale da diverse regioni sia a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta) che a statuto ordinario (Veneto, Emilia Romagna) - con ricorsi pendenti avanti a questa ecc.ma Corte con i nn. 14, 17, 20 e 21 del 1994 - per violazione degli artt. 5, 97, 100, 117, 118, 119, 125 richiamati anche nel presente ricorso, nonche' dell'art. 130 della Costituzione. La regione Umbria fa proprie le argomentazioni esposte nei predetti ricorsi, limitandosi ad osservare in questa sede che le disposizioni contestate introducono una forma di vero e proprio controllo di legittimita' dai termini del tutto vaghi, che implica l'esercizio di poteri con contorni e limiti assolutamente indefiniti e che nulla ha a che fare con l'effettivo controllo di gestione: gia' per questo aspetto si determina, dunque, una chiara lesione dell'autonomia regionale. Inoltre un simile controllo, in quanto riferito alle regioni, non e' comunque consentito dalla Costituzione che definisce precisamente (art. 125) l'estensione e i limiti del riscontro di legittimita' sugli atti delle medesime (oltre che del controllo effettuato da un organo di queste ultime sugli atti degli enti locali, art. 130). Di qui un'ulteriore illegittima compressione dell'ambito di autonomia riservato alle regioni con violazione dei principi costituzionali piu' volte richiamati.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia: dichiarare che non spetta al procuratore regionale della sezione giurisdizionale per l'Umbria della Corte dei conti, indipendentemente dalla contestazione di specifiche ipotesi di responsabilita' ordinare alla regione Umbria la trasmissione dell'elenco degli incarichi di consulenza conferiti dalla stessa nell'ultimo quinquennio nonche' la trasmissione delle relative deliberazioni corredate dei documenti istruttori e, altresi', la comunicazione delle generalita' complete e dell'attuale residenza di coloro che presero parte alla deliberazione senza far constatare dal verbale il proprio eventuale dissenso e le generalita' e la residenza dei responsabili dei documenti istruttori per violazione delle norme della Costituzione piu' volte indicate; conseguentemente, annullare la nota del detto procuratore regionale del 25 febbraio 1994, prot. 12/1993 nonche', per quanto possa occorrere, delle precedenti note del medesimo procuratore del 28 gennaio 1994, prot. n. 28/1993 e del 23 luglio 1993, prot. n. 28/1993; Il tutto, per violazione degli artt. 5, 117, 118, 119, 123, 125 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 97, 100, 103 della Costituzione: se del caso previa dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale delle disposizioni del quarto, quinto, sesto, ottavo e nono comma e dell'art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 per violazione delle medesime norme costituzionali; Si producono: nota procuratore regionale 25 febbraio 1994, prot. 12/1993; nota procuratore regionale 23 luglio 1993, prot. 28/1993; nota assessore regionale al bilancio 11 novembre 1993, prot. 14390/II; nota procuratore regionale 28 gennaio 1994 prot. 28/1993. Roma, addi' 14 aprile 1994 Avv. Maurizio PEDETTA - Avv. Alberto PREDIERI 94C0477