N. 11 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 aprile 1994
N. 11 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 23 aprile 1994 (della regione Lombardia) Industria e commercio - Regolamento recante modificazioni al decreto ministeriale 21 febbraio 1990, n. 300, concernente le materie e le modalita' degli esami prescritti per l'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione - Riproduzione con il d.m. impugnato di norme (relative alla composizione della commissione giudicatrice) sostanzialmente coincidenti con quelle contenute nel predetto d.m. n. 300/1990 gia' impugnato dalla regione ricorrente ed annullato dalla Corte costituzionale (n. 391/1991) - Lamentata violazione del giudicato costituzionale nonche' della sfera di competenza regionale in materia di formazione professionale e del principio di legalita'. (Decreto del Ministro dell'industria, del commercio e delll'artigianato 7 ottobre 1993, n. 589). (Cost., artt. 117, 118, 134 e 137).(GU n.20 del 11-5-1994 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della Regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale dott. Fiorinda Ghilardotti, autorizzata con delibera della giunta regionale n. 50157 del 28 marzo 1994, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in Roma, Largo della Gancia 1, come da delega in calce al presente atto, contro il presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore in relazione al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 7 ottobre 1993, n. 589, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994, "Regolamento recante modificazioni al decreto ministeriale 21 febbraio 1990, n. 300, concernente le materie e le modalita' degli esami prescritti per l'iscrizione a ruolo degli agenti d'affari in mediazione". La legge 3 febbraio 1989, n. 39, che ha modificato e integrato la legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore, ha previsto come requisito per ottenere l'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione (iscrizione che abilita all'esercizio dell'attivita' di mediazione), alternativamente al possesso di diploma di indirizzo commerciale o di laurea in materie commerciali o giuridiche, il superamento di un esame diretto ad accertare l'attitudine e la capacita' professionale dell'aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto. L'accesso all'esame e' consentito a quanti hanno prestato per almeno due anni la propria opera presso imprese esercenti l'attivita' di mediazione oppure hanno frequentato un apposito corso preparatorio. Le materie e le modalita' dell'esame sono stabilite dal Ministro dell'Industria, sentita l'apposita commissione centrale (art. 2, terzo comma, lett. e). Le materie e le modalita' dell'esame in questione sono state stabilite con d.m. 21 febbraio 1990, n. 300. Con il successivo d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, recante "norme di attuazione" della legge n. 39 del 1989, il Ministro aveva disciplinato nei dettagli la tenuta del ruolo degli agenti in mediazione, ma aveva altresi' disciplinato i corsi preparatori (art. 15) e aveva in particolare disciplinato la composizione della commissione d'esame, con una disposizione del seguente tenore: "La commissione esaminatrice, nominata per ciascun corso dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, e' presieduta da un membro della giunta camerale ed e' composta dal segretario generale o suo delegato e da tre docenti di scuola secondaria di secondo grado nelle materie oggetto della prova d'esame e da due agenti scelti fra i membri effettivi della commissione di cui all'art. 6 'cioe' la commissione centrale di cui all'art. 4 della legge'. Le funzioni di segretario della commissione sono "esercitate da un funzionario della Camera di Commercio di qualifica non inferiore alla settima". Detto d.m. n. 452/1990 venne pero' impugnato davanti a questa Corte dalla regione odierna ricorrente, con ricorso per conflitto di attribuzioni in data 4 maggio 1991. Con la sentenza 31 ottobre 1991 n. 391 la Corte dichiarava che "non spetta allo Stato adottare con d.m. industria, commercio e artigianato norme regolamentari di attuazione della legge 3 febbraio 1989, n. 39, contenente modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore" e conseguentemente ha annullato gli artt. 15 e 16 del d.m. 1990, n. 452. La Corte rilevo' non esservi dubbio che fossero state "lese le competenze delle regioni e sottratti alla sfera della competenza regionale momenti essenziali dell'organizzazione di corsi professionali, che sicuramente spetta alle regioni, mentre allo Stato e' riservato solo il controllo preventivo sulle materie di insegnamento"; e che solo "il legislatore statale puo' individuare e definire quello che rientra nell'interesse nazionale e la legge 39/1989 non contiene alcuna previsione specifica", onde andava riaffermato "il principio secondo cui un regolamento ministeriale di esecuzione e di attuazione di una legge statale, come quello in esame, non puo' porre norme dirette a limitare la sfera delle comptenze delle regioni in materie ad esse attribuite", come e' espressamente stabilito anche dall'art. 17, primo comma, lett. b, e terzo comma, della legge n. 400/1988. Ora nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994 e' comparso un nuovo decreto del Minsitro dell'Industria, in data 7 ottobre 1993, (n. 589) che contiene un "regolamento" recante modificazione al d.m. n. 300 del 1990, concernente "le materie e le modalita' degli esami prescritti per l'iscrizione al ruolo degli agenti d'affari in mediazione". Esso introduce nell'art. 1 del d.l. n. 300/1990 tre commi, i primi due dei quali riproducono pressoche' letteralmente il contenuto (sopra riportato) dell'art. 16 del d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, annullato da questa Corte con la sentenza n. 391 del 1991. Si stabilisce infatti nuovamente che la commissione giudicatrice e' nominata (per ogni sessione d'esame anziche' per ogni corso) dal Presidente della camera di commercio. E si stabilisce che detta commissione e' composta dal segretario generale della camera di commercio, che la presiede (mentre l'art. 16 del precedente decreto prevedeva che a presiedere fosse un membro della giunta camerale, e che il segretario generale ne facesse parte), e da altri membri dei quali due docenti di scuola secondaria superiore nelle materie sulle quali vertono le prove d'esame (erano tre docenti di tali materie nel precedente decreto) e due agenti scelti fra i componenti effettivi della commissione costituita presso ogni camera di commercio (erano due agenti .. scelti fra i membri effettivi della commissione di cui all'art. 6 "secondo l'art. 16 del d.m. del 1990: ma probabilmente il rinvio all'art. 6 era frutto di errore materiale, dato che quest'ultimo disciplinava le attribuzioni della commissione centrale, mentre gia' allora il riferimento voleva essere alla commissione locale di cui all'art. 7 della legge e all'art. 7 dello stesso d.m. n. 452 del 1990). Le fuzioni di segretario della commissione infine, sono attribuite ad un impiegato della camera di commercio di qualifica non inferiore alla settima (come gia' era stabilito nell'art. 16 del d.m. n. 452/1990). Il decreto impugnato e' illegittimo e lesivo delle competenze della regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D I R I T T O 1. - Violazione del giudicato costituzionale e degli artt. 134 e 137 della Costituzione. Si e' gia' rilevato come il decreto impugnato, sotto le apparenze di una nuova minifestazione della potesta' regolamentare esecutiva demandata al Ministro dalla legge n. 39/1989, e di una integrazione e modificazione del regolamento dettato con il d.m. 21 febbraio 1990, n. 300, non faccia altro che riprodurre, con lievi variazioni, il disposto gia' contenuto nell'art. 16 del d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, annullato da questa Corte con la sentenza n. 391/1991 in quanto riconosciuto invasivo e lesivo (proprio per l'oggetto disciplinato, a prescindere dal suo contenuto specifico) delle competenze della regione ricorrente. Significativamente, il decreto impugnato non fa alcun riferimento, nelle premesse, al d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, che reca il regolamento di attuazione della legge n. 39/1989 e che gia' conteneva nel proprio testo (all'art. 16) le disposizioni oggi riprodotte; ne' fa riferimento alla sentenza della Corte che annullo' dette disposizioni. Quasi che "ricollocare" tali disposizioni nel corpo di un altro regolamento (quello di cui al d.m. 21 febbraio 1990, n. 300), sull'assunto che esso costituirebbe - non si capisce il perche' - la sedes materiae della disciplina di cui trattasi, bastasse per rendere legittima una disposizione che la Corte ha gia' riconosciuto illegittima e lesiva della competenza regionale. E' palese il tentativo - fin troppo scoperto - di "recuperare" una disciplina espunta dall'ordinamento per effetto della precedente sentenza costituzionale, e una competenza ministeriale che la Corte ha gia' giudicato insussistente, quando ha sancito che non spetta allo Stato dettare siffatta disciplina. Con cio' pero' si violano sostanzialmente gli artt. 134 e 137, ultimo comma, della Costituzione, nonche' il fondamentale principio per cui il giudicato costituzionale deve essere rispettato da tutti gli organi dello Stato. 2. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione; violazione dell'art. 17, primo comma, lett. h) e terzo comma, della legge n. 400/1988 e del principio di legalita' sostanziale. Il decreto impugnato e' altresi' illegittimo e lesivo per le stesse ragioni che inficiavano la legittimita' del precedente atto annullato, e precisamente dell'art. 16 del d.m. n. 452/1990. In primo luogo e' violato il principio di legalita' sostanziale, per cui le norme che incidono sulla competenza delle Regioni, anche in nome di ipotetici interessi nazionali, possono essere dettate solo con legge: e non possono essere dettate nell'esercizio della potesta' regolamentare dell'esecutivo. Questa Corte ha ribadito proprio nella sentenza n. 391/1991 il principio - affermato nella sua consolidata giurisprudenza (e cosi' nella sentenza n. 204/1991) - secondo cui "un regolamento ministeriale di esecuzione e di attuazione di una legge statale .. non puo' porre norme dirette a limitare la sfera delle competenze delle regioni in materia ad esse attribuite". Ora il decreto impugnato, che si autoqualifica e si presenta come regolamento di attuazione della legge n. 39/1989, e in fatto integra e sostituisce il contenuto dei precedenti regolamenti, in particolare sostituendo e sostanzialmente riproducendo le disposizioni gia' contenute nell'art. 16 del d.m. n. 300/1990, annullato da questa Corte, nuovamente integra il vizio in questione, pretendendo di dettare norme dirette a limitare la sfera di competenza delle regioni. Come gia' osservo' la Corte nella sentenza n. 391/1991, la legge n. 39/1989 "non contiene alcuna disposizione specifica" che riguarda la composizione delle commissioni di esame al termine dei corsi di formazione professionale per mediatori, o che demandi a organi statali la disciplina di questo aspetto. La disciplina delle "materie" e delle "modalita' dell'esame" demandata al Ministro dall'art. 2, secondo comma, lett. e), della legge n. 39/1989 e' infatti evidentemente altra cosa della puntuale disciplina della composizione delle commissioni, e dal deferimento della nomina delle stesse ad organo diverso da quelli della regione, quali sono previsti dal decreto impugnato. 3. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione anche in relazione agli artt. 35, 36 e 40 del d.P.R. 27 luglio 1977, n. 616 e all'art. 14 della legge 21 dicembre 1978, n. 845. Che spettino alle regioni la competenza legislativa a disciplinare la composizione delle commissioni di esame per gli accertamenti finali al termine dei corsi di formazione professionale, sia pure nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge dello Stato, e la competenza amministrativa a nominare dette commissioni, non puo' essere posto in dubbio. Gli artt. 35, 36 e 40 del d.P.R. n. 616/1977 definiscono in termini comprensivi le attribuzioni costituzionali delle Regioni in materia di istruzione artigiana e professionale, senza riservare allo Stato la disciplina della composizione delle commissioni di esame ne' la loro formazione. A sua volta la legge quadro in materia di formazione professionale - legge 21 dicembre 1978, n. 845 - traccia con ogni chiarezza l'ambito e i limiti delle competenze regionali, fra l'altro specificamente disponendo, all'art. 14, primo comma che "le prove finali per l'accertamento dell'idoneita' conseguita", al termine dei corsi di formazione professionale, devono bensi' essere conformi alla disciplina statale diretta a stabilirne i contenuti in relazione alla definizione delle qualifiche professionali, ai sensi dell'art. 18, lett. a, della stessa legge, ma "sono svolte di fronte a commissioni esaminatrici, composte nei modi previsti dalle leggi regionali, sia pure rispettando i criteri dettati dalla legge statale. Viceversa il decreto impugnato ignora ed esautora tale competenza regionale, pretendendo di dettare una puntuale ed esaustiva disciplina della composizione delle commissioni d'esame. Per di piu', il decreto impugnato (anche su questo punto riproducendo l'annullato art. 16 del d.m. n. 300/1990) sottrae alla regione la competenza amministrativa a nominare le commissioni di esame, attribuendola al Presidente della Camera di Commercio. Ma si tratta di una competenza amministrativa fuor di ogni dubbio spettante alla Regione, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione. Anche (e a fortiori) per questo aspetto non sussiste alcuna giustificazione per l'avocazione di tale compito allo Stato o a organi da esso designati; ne' sussiste nella legge (nella legge quadro n. 845/1978 e nella legge specifica in materia, n. 39/1989) alcun fondamento che possa legittimare l'attribuzione di tale compito ad organi diversi da quelli indicati dalla legge regionale. Sotto questo profilo, dunque, il decreto impugnato e' lesivo delle competenze e dell'autonomia della ricorrente.
P. Q. M. La regione ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, adottare norme regolamentari di attuazione della legge 3 febbraio 1989, n. 39 (riproduttive e sostitutive di precedenti norme regolamentari gia' annullate dalla Corte) concernenti la composizione e la nomina delle commissioni di esame per l'accertamento dell'attitudine e della capacita' professionale degli aspiranti all'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione; e per l'effetto annullare il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 7 ottobre 1993, n. 598, meglio indicato in epigrafe. Roma, addi' 12 aprile 1994 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 94C0480