N. 206 SENTENZA 23 maggio - 2 giugno 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Finanza locale  -  Contratti  per  l'accertamento  e  la  riscossione
 dell'imposta  comunale sulla pubblicita', dei diritti sulle pubbliche
 affissioni e delle tasse di occupazione di spazi ed aree pubbliche  -
 Aggio  -  Revisione - Controversie - Commissione arbitrale - Richiamo
 alle sentenze nn. 49/1994 e 35/1958 della Corte  -  Esclusione  della
 competenza  degli  organi  ordinari di giurisdizione - Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (D.-L. 1 luglio 1986, n. 318, art. 14, terzo comma, convertito  nella
 legge  9 agosto 1986, n. 488; d.-l. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 25,
 secondo comma, convertito nella legge 26 aprile 1983, n. 131)
 
 (Cost., artt. 24, primo comma, 102, primo e  secondo  comma,  e  108,
 secondo comma).
(GU n.24 del 8-6-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  avv.  Mauro  FERRI,  prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.    Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  terzo
 comma, del decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318 (Provvedimenti urgenti
 per  la finanza locale), convertito nella legge 9 agosto 1986, n. 488
 (Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge  1  luglio
 1986,  n.  318, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale),
 promosso con ordinanza  emessa  il  6  maggio  1993  dalla  Corte  di
 cassazione   sul  ricorso  proposto  dalla  s.r.l.  Gestione  Servizi
 Pubblici contro il  Comune  di  Reggello,  iscritta  al  n.  700  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Udito nella camera di consiglio  del  23  marzo  1994  il  Giudice
 relatore Massimo Vari;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 6 maggio 1993 la Corte di cassazione,
 Sezione  prima  civile,  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 24,
 primo comma, 102, primo e secondo comma, e 108, secondo comma,  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
 terzo comma, del decreto-legge 1 luglio 1986, n.  318  (Provvedimenti
 urgenti per la finanza locale), convertito nella legge 9 agosto 1986,
 n. 488, nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo
 comma,  del  decreto-legge  28 febbraio 1983, n. 55 (convertito nella
 legge  26  aprile  1983,  n.  131),  rende   applicabile   il   regio
 decreto-legge 25 gennaio 1931, n. 36 (convertito nella legge 9 aprile
 1931, n. 460).
    L'ordinanza  e'  stata  emessa  nel  giudizio sul ricorso proposto
 dalla Societa' Gestione Servizi Pubblici, avverso la decisione con la
 quale la commissione arbitrale  di  cui  al  regio  decreto-legge  21
 gennaio 1931, n. 36, ha determinato, per il periodo 1 gennaio 1986-31
 gennaio  1988,  l'aggio  spettante  alla  societa'  medesima  per  la
 riscossione della imposta comunale  sulla  pubblicita',  dei  diritti
 sulle  pubbliche  affissioni e della tassa di occupazione sugli spazi
 ed aree pubbliche nel Comune di Reggello.
   Il  giudice  a  quo,  rilevato  che  la questione ha per oggetto le
 disposizioni sulle quali si fonda  la  potestas  iudicandi,  onde  la
 caducazione delle disposizioni stesse farebbe venir meno la decisione
 avverso la quale e' stato proposto il ricorso per cassazione, ritiene
 di  poter  individuare  nella  commissione  arbitrale di cui al regio
 decreto-legge 25 gennaio 1931, n.  36,  una  giurisdizione  speciale.
 Sicche'  la norma impugnata, nel ripristinare, attraverso il richiamo
 al decreto-legge n. 55 del  1983,  un  organo  giurisdizionale  ormai
 cessato,  si  porrebbe  in  contrasto  con l'art. 102, secondo comma,
 della Costituzione, che stabilisce il divieto  di  istituire  giudici
 speciali.
    Ove,  invece,  si  ritenesse di essere in presenza non di un nuovo
 giudice speciale, ma di una giurisdizione speciale precostituzionale,
 la commissione arbitrale sarebbe, ad avviso del remittente, priva del
 requisito della indipendenza dei suoi componenti, essendo due su  tre
 di  essi  nominati dalle parti in causa, in contrasto con l'art. 108,
 secondo comma, della Costituzione.
    Il giudice a quo ritiene, infine, in via subordinata, che, ove  si
 individuasse nella commissione in esame non un giudice speciale ma un
 organismo arbitrale, si sarebbe in presenza di una forma di arbitrato
 obbligatorio, contrastante con gli artt. 24 e 102 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1.   -  La  Corte  e'  chiamata  a  giudicare  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 14, terzo comma, del decreto-legge 1  luglio
 1986,  n.  318,  convertito  nella legge 9 agosto 1986, n. 488, nella
 parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25,  secondo  comma,  del
 decreto-legge  28  febbraio  1983,  n.  55 (convertito nella legge 26
 aprile 1983, n. 131), rende applicabile  il  regio  decreto-legge  25
 gennaio  1931,  n.  36,  con  l'effetto  di deferire alla commissione
 arbitrale da quest'ultimo prevista  le  controversie  in  materia  di
 revisione  della  misura  dell'aggio,  convenuta  nei  contratti  per
 l'accertamento  e  la   riscossione   dell'imposta   comunale   sulla
 pubblicita',  dei diritti sulle pubbliche affissioni e delle tasse di
 occupazione di spazi ed aree pubbliche.
    Secondo la prospettazione del giudice  a  quo,  l'art.  14,  terzo
 comma, del predetto decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318:
      se inteso nel senso del ripristino di una giurisdizione speciale
 ormai  cessata,  contrasterebbe  con l'art. 102, secondo comma, della
 Costituzione, che pone il divieto di istituire giudici speciali;
      se  inteso  nel  senso  del  mantenimento   in   vita   di   una
 giurisdizione  speciale  precostituzionale,  colliderebbe  con l'art.
 108,  secondo  comma,  della  Costituzione,  per  la  mancanza,   nei
 componenti  nominati  dalle  parti  in  causa,  del  requisito  della
 terzieta', presupposto essenziale dell'indipendenza del giudice.
    Infine, per l'ipotesi che si ritenga di essere in presenza non  di
 una  giurisdizione  speciale, bensi' di una forma di arbitrato, se ne
 assume l'illegittimita', per contrasto con gli artt. 24, primo comma,
 e  102,  primo  comma,  della  Costituzione,  atteso   il   carattere
 obbligatorio dell'arbitrato stesso.
    2.  -  Occorre,  pregiudizialmente, precisare che l'alternativita'
 delle soluzioni ipotizzate da parte del giudice remittente, in ordine
 alla questione prospettata, non osta alla  sua  ammissibilita'  (cfr.
 sentenze  n. 164 del 1985, n. 469 del 1988). E' vero, infatti, che la
 Corte ha ripetutamente espresso l'avviso che spetti al giudice a quo,
 nella    individuazione    dell'oggetto    della     questione     di
 costituzionalita',  effettuare  la  scelta  interpretativa intorno al
 significato della norma denunciata. Detta scelta non puo',  tuttavia,
 non  dirsi  compiuta  quando  il giudice, sulla scorta di una univoca
 individuazione del contenuto precettivo  della  norma  sospettata  di
 incostituzionalita',   prospetta   -  come  nella  specie  -  ipotesi
 alternative che attengono  piuttosto  alla  qualificazione  giuridica
 dell'oggetto  della  disposizione,  in  relazione a diverse possibili
 valutazioni costituzionali del medesimo.
    3. - La  questione  e',  nel  merito,  fondata,  alla  luce  degli
 orientamenti gia' espressi da questa Corte con riferimento a norme di
 analogo tenore di quella denunciata.
    La  norma  impugnata  e'  contenuta in uno dei tanti provvedimenti
 emanati con cadenza annuale in materia di finanza locale,  che  hanno
 sovente  attribuito  la  competenza  a  risolvere le controversie fra
 comuni e agenti della riscossione  di  imposte  sulla  pubblicita'  e
 diritti sulle pubbliche affissioni ad una commissione arbitrale, gia'
 prevista nel regio decreto-legge n. 36 del 1931 per il contenzioso in
 materia di imposte di consumo.
    La  circostanza  che  il  legislatore  abbia  di  volta  in  volta
 specificamente  attribuito  questa   competenza,   anche   in   epoca
 successiva all'abolizione delle imposte di consumo ed alla cessazione
 dei  relativi  contratti,  induce  ad  escludere la configurazione di
 detta commissione come  organo  permanente  anche  al  di  la'  delle
 originarie  competenze,  portando, invece, a considerare il rinvio al
 regio decreto-legge n. 36 del 1931,  fatto  dalla  norma  denunciata,
 come una rinnovata scelta di una tipologia di soluzioni di conflitti.
    4. - In ordine alla disposizione qui denunciata, occorre pervenire
 alle  stesse  conclusioni cui la Corte e' giunta nella sentenza n. 49
 del 1994, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.
 26, settimo comma, del decreto-legge 7 maggio 1980, n. 153 (Norme per
 l'attivita' gestionale e finanziaria degli  enti  locali  per  l'anno
 1980)  che, in ipotesi di mancato accordo tra Comune e concessionario
 del servizio di pubbliche affissioni,  relativamente  alla  revisione
 delle  misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso nei
 contratti allora  in  corso,  demandava  le  controversie  alla  gia'
 menzionata commissione arbitrale.
    Come  si  e'  avuto  occasione  di osservare nella sentenza teste'
 richiamata,  ad  evidenziare  l'illegittimita'  costituzionale  della
 norma e' sufficiente il fatto che essa escluda per tutta una serie di
 controversie  la  competenza  degli  organi ordinari di giurisdizione
 (cfr., anche in tal senso,  sentenza  n.  35  del  1958),  senza  che
 occorra  dare  soluzione al problema, tuttora aperto e dibattuto, sui
 rispettivi  caratteri  e  sui  rapporti  concettuali  fra   arbitrato
 obbligatorio e giurisdizione speciale.
    Gli stessi motivi che sorreggono la declaratoria di illegittimita'
 dell'art.  14,  terzo comma, del decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318,
 convertito nella legge 9 agosto 1986,  n.  488,  comportano  che,  ai
 sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, venga dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  anche  dell'art. 25, secondo comma,
 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito nella legge  26
 aprile 1983, n. 131.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara,   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  terzo
 comma, del decreto-legge 1 luglio 1986, n. 318 (Provvedimenti urgenti
 per la finanza locale), convertito nella legge 9 agosto 1986, n. 488,
 nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 25, secondo  comma,
 del  decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito nella legge 26
 aprile 1983, n. 131,  demanda  alla  commissione  arbitrale  prevista
 dall'art.   1  del  regio  decreto-legge  25  gennaio  1931,  n.  36,
 convertito nella legge 9 aprile 1931,  n.  460,  la  revisione  delle
 misure  dell'aggio, del minimo garantito e del canone fisso convenute
 nei  contratti  per  l'accertamento  e  la  riscossione  dell'imposta
 comunale  sulla pubblicita', dei diritti sulle pubbliche affissioni e
 delle tasse di occupazione di spazi ed aree pubbliche;
    Dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo  1953,
 n.  87,  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25, secondo comma,
 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55 (Provvedimenti urgenti  per
 il  settore  della  finanza locale per l'anno 1983), convertito nella
 legge 26 aprile 1983,  n.  131,  nella  parte  in  cui  demanda  alla
 commissione arbitrale prevista dall'art. 1 del regio decreto-legge 25
 gennaio 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460, la
 revisione  delle misure dell'aggio, del minimo garantito e del canone
 fisso convenute nei contratti per  l'accertamento  e  la  riscossione
 dell'imposta  comunale sulla pubblicita', dei diritti sulle pubbliche
 affissioni e delle tasse di occupazione di spazi ed aree pubbliche.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 2 giugno 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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