N. 213 SENTENZA 23 maggio - 2 giugno 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Occupazione  d'urgenza  -
 Termine  di efficacia - Decorrenza - Decadenza - Presunto trattamento
 differenziato tra realizzazione di opere in ambito regionale e  opere
 di  interesse statale - Inadeguata analisi interpretativa della norma
 da parte del giudice rimettente - Esclusione  di  una  diversita'  di
 disciplina tra le due ipotesi di occupazione d'urgenza.
 
 (Legge  22  ottobre  1971,  n.  865,  art.  20,  primo comma, secondo
 periodo).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.24 del 8-6-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.    Giuliano VASSALLI, prof.
    Francesco  GUIZZI,  prof.   Cesare   MIRABELLI,   prof.   Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  20, primo
 comma,  secondo  periodo,  della  legge  22  ottobre  1971,  n.   865
 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica, norme
 sulla espropriazione per pubblica utilita', modifiche ed integrazioni
 alle  leggi  17  agosto  1942,  n.  1150;  18 aprile 1962, n. 167; 29
 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione  di  spesa  per  interventi
 straordinari  nel  settore  della  edilizia residenziale, agevolata e
 convenzionata), promosso con ordinanza emessa il 9  giugno  1993  dal
 Pretore  di  Lucera  nel  procedimento  civile vertente tra la Sacard
 S.r.l. e la S.p.a. Ingg. Carriero e Baldi, iscritta  al  n.  486  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso depositato in data  22  luglio  1992,  la  Sacard
 S.r.l.  adiva il Pretore di Lucera chiedendo di essere immediatamente
 reintegrata nel possesso dei terreni occupati dalla impresa  Carriero
 e  Baldi S.p.a. in forza del decreto del Prefetto di Foggia in data 1
 febbraio 1990, con il quale  era  stata  autorizzata  la  occupazione
 d'urgenza   dei   terreni  stessi  per  l'esecuzione  dei  lavori  di
 ampliamento della SS. n. 17 Lucera-Foggia.
    Secondo la ricorrente, tale decreto si sarebbe dovuto  considerare
 decaduto,  ai  sensi  dell'art.  20  della  legge n. 865 del 1975, in
 quanto non eseguito nel termine di tre mesi dalla sua emanazione.
    Il Pretore, respinta l'istanza  di  reintegrazione  nel  possesso,
 rinviava   la   causa   per   la   discussione;   quindi,   espletata
 l'istruttoria, con ordinanza del 9  giugno  1993  (R.O.  n.  486  del
 1993),   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 20, primo comma, secondo periodo, della  legge  22  ottobre
 1971,  n.  865  -  che prevede che il decreto d'occupazione d'urgenza
 delle aree da espropriare perde efficacia se l'occupazione non  segue
 nel  termine  di  tre  mesi  dalla  sua  emanazione,  per  violazione
 dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non  estende  tale
 ipotesi  di  decadenza  anche  alle occupazioni d'urgenza finalizzate
 alla realizzazione di opere statali.
   Osserva, al riguardo, il giudice a  quo  che,  secondo  le  sezioni
 unite  della  Cassazione  (sent.  n. 12587 del 1991), il disposto del
 citato art. 20 della legge n. 865 del 1971 non  opera  rispetto  alle
 occupazioni  finalizzate alla esecuzione di opere pubbliche per conto
 dello Stato, alle quali si applica, invece,  la  generale  disciplina
 espropriativa di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359.
    Del  resto, si rileva nell'ordinanza di rimessione, l'art. 4 della
 legge n. 247 del 1974 espressamente estende le disposizioni contenute
 nel  titolo  II  della  legge  n.  865  del   1971,   relative   alla
 determinazione   dell'indennita'   di   occupazione,   a   tutte   le
 espropriazioni comunque preordinate alla  realizzazione  di  opere  o
 interventi  da  parte  dello  Stato,  con cio' circoscrivendo in modo
 preciso l'ambito di applicazione della legge.
    Cio' premesso, la disciplina applicabile nel caso di specie appare
 al  Pretore  censurabile  sotto  il   profilo   della   irragionevole
 disparita'  di  trattamento  di  situazioni  identiche  o simili, con
 conseguente lesione del canone costituzionale di uguaglianza.
    Il termine di tre mesi entro il quale, a norma dell'art. 20, primo
 comma,  della  legge  n.  865  del   1971,   deve   essere   eseguita
 l'occupazione  d'urgenza  ha, osserva il Pretore rimettente, funzione
 acceleratoria in vista di un inizio tempestivo  dell'opera  pubblica,
 in  conformita' alla natura di urgenza del provvedimento, e in favore
 del privato espropriando,  legittimato,  in  caso  di  decadenza  del
 decreto,  a  reagire  anche  in via possessoria contro un'occupazione
 tardiva.
    Invece, nel caso, come quello di specie, di realizzazione di opere
 pubbliche rientranti nella normativa di cui alla legge  n.  2359  del
 1865,  la  pubblica  amministrazione,  rileva  il  giudice  a quo, e'
 legittimata  ad  occupare  l'immobile  espropriando  nel  piu'  lungo
 termine   di   tre  anni  dall'approvazione  del  progetto  di  opere
 pubbliche,  corrispondente  al  periodo,  previsto  in  via  generale
 dall'art.  1, comma terzo, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, oltre il
 quale cessano gli effetti della dichiarazione di pubblica utilita'  e
 d'urgenza e indifferibilita'.
    Tale  diversa  disciplina  appare  al  Pretore  non  razionalmente
 giustificabile  ne'  con  l'asserita  specialita'   della   normativa
 sull'edilizia  residenziale  pubblica  di  cui  alla legge n. 865 del
 1971, avendo questa una portata applicativa vastissima, si' da  poter
 essere  definita  normativa di carattere generale, ne' con il rilievo
 che la fissazione di un  termine  di  tre  anni  di  efficacia  della
 dichiarazione  di  pubblica  utilita',  urgenza  ed  indifferibilita'
 scongiurerebbe il pericolo di occupazioni eseguibili senza limiti  di
 tempo.  Infatti,  un  arco di tempo di ben tre anni in cui il privato
 non puo' che attendere il comportamento della p.a.,  rappresenta  una
 garanzia  insufficiente in se' e discriminatoria rispetto a quella di
 cui all'art. 20, comma primo, della legge n. 865 del 1971.
    In punto di rilevanza della questione, il giudice  a  quo  osserva
 che  ai  fini  della  decisione  della controversia sottoposta al suo
 giudizio  e'  "rilevante  stabilire  entro  quale  termine  l'impresa
 esecutrice   dei  lavori  avrebbe  dovuto  occupare  il  fondo  della
 ricorrente".
    2.  -  Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che  ha
 concluso per la inammissibilita' o la infondatezza della questione.
    Sotto  il  primo  profilo,  l'autorita'  intervenuta  rileva  che,
 essendo stata nel corso del giudizio possessorio - come risulta dalla
 stessa  ordinanza  di  rimessione  -  eccepita  dalla  resistente  la
 tardivita'  del  ricorso  in  reintegra,  il  Pretore  avrebbe dovuto
 considerare  tale  punto   pregiudiziale   all'adozione   della   sua
 decisione.  Esso,  invece,  non  risulta delibato dal giudicante, con
 conseguente preclusione del riscontro sulla rilevanza  dell'incidente
 di costituzionalita'.
    Nel merito, l'Avvocatura osserva che, fermo restando che anche nei
 casi di inapplicabilita' del termine di decadenza stabilito dall'art.
 20,  primo  comma,  della  legge  n.  865 del 1971, esistono comunque
 limiti   temporali   alla   esecuzione    della    occupazione,    la
 diversificazione  di  disciplina  censurata  dal  giudice a quo trova
 adeguata giustificazione nel  diverso  rilievo,  locale  o  generale,
 delle  opere  pubbliche  della  cui  esecuzione  si  tratta,  nonche'
 nell'accentramento in capo  agli  stessi  enti  locali  promotori  o,
 addirittura,  competenti  in relazione alla dichiarazione di pubblica
 utilita', delle funzioni amministrative  concernenti  le  occupazioni
 d'urgenza  finalizzate  alla  realizzazione  delle opere pubbliche di
 loro spettanza. Questo spiegherebbe  la  scelta  del  legislatore  di
 disciplinare  il  potere  di  occupazione in tali casi, relativi alle
 realta' locali, con regole piu' rigorose,  a  migliore  garanzia  dei
 diritti dei privati.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Lucera dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art.  20,  comma  primo, secondo periodo, della legge 22 ottobre
 1971, n. 865, che prevede che il  decreto  di  occupazione  d'urgenza
 delle  aree da espropriare perde efficacia se l'occupazione non segue
 nel termine di tre mesi dalla sua emanazione -  nella  parte  in  cui
 limita   tale   ipotesi   di  decadenza  alle  occupazioni  d'urgenza
 finalizzate alla realizzazione di opere di ambito regionale, e non la
 estende anche a quelle di interesse statale.
    Ad avviso del  remittente,  la  norma  impugnata  si  porrebbe  in
 contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione  per  la irragionevole
 disparita' di trattamento che determinerebbe rispetto al  caso  delle
 occupazioni  d'urgenza  preordinate alla esecuzione di opere statali,
 regolate dalla legge 25 giugno 1865,  n.  2359,  disparita'  che  non
 sarebbe  esclusa dalla applicabilita' in entrambi i casi dell'art. 1,
 terzo comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, che rende obbligatorio
 l'inizio delle opere nel ben piu' lungo arco temporale  di  tre  anni
 dalla  approvazione  del  relativo  progetto, a pena della cessazione
 degli effetti della dichiarazione di pubblica utilita' e  di  urgenza
 ed indifferibilita'.
    Tale   differente   disciplina   appare   al  giudice  a  quo  non
 razionalmente giustificabile sulla base di una  presunta  specialita'
 della  normativa  sulla  edilizia  residenziale  pubblica di cui alla
 legge n. 865 del 1971, avendo ormai il sistema, da questa  delineato,
 portata applicativa vastissima, si' da potersi ritenere che si tratta
 di normativa di carattere generale.
    2.   -   Deve  preliminarmente  essere  disattesa  l'eccezione  di
 inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato sotto
 il profilo di un presunto  difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza
 dell'incidente  di  costituzionalita', per non avere il giudice a quo
 delibato  nella  ordinanza  di  rimessione  sul  punto della eccepita
 tardivita' del ricorso in  reintegra,  che,  invece,  avrebbe  dovuto
 considerare   pregiudiziale,  perche'  in  astratto  suscettibile  di
 risultare decisivo per la controversia.
    Al riguardo, basta rilevare che la Corte ha gia' affermato che non
 rientra tra i suoi poteri sindacare l'ordine con il quale il  giudice
 a  quo  ha  ritenuto di affrontare le questioni dedotte in giudizio e
 dunque di sollevare incidente di legittimita' costituzionale prima di
 valutare altri punti a lui sottoposti (sent. n. 73 del 1991).
    Nel caso di specie, il  pretore  di  Lucera  ha  fornito  adeguata
 motivazione  in ordine alla rilevanza della questione con riferimento
 alla necessita', da lui  ritenuta,  ai  fini  della  soluzione  della
 controversia,  di  stabilire entro quale termine l'impresa esecutrice
 dei lavori avrebbe dovuto occupare il fondo. E tanto rende  possibile
 il riscontro di questa Corte in ordine alla sussistenza del requisito
 della rilevanza.
    3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
    Il  presupposto  interpretativo  dal  quale  muove la ordinanza di
 rimessione per  sospettare  la  illegittimita'  costituzionale  della
 norma  de  qua, e cioe' che essa non sia applicabile alle occupazioni
 d'urgenza finalizzate alla realizzazione di opere statali, non  trova
 riscontro  in  una  adeguata  analisi  sistematica dell'art. 20 della
 legge n. 865 del 1971.
    Questo, contenuto nel titolo II della legge, concernente le  norme
 sull'espropriazione per pubblica utilita', al primo comma, stabilisce
 che  l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare e' pronunciata
 con decreto del prefetto, che perde efficacia ove  l'occupazione  non
 segua nel termine di tre mesi dalla sua emanazione.
    Il  secondo  comma  prevede,  poi,  che l'occupazione possa essere
 protratta fino a cinque anni dalla data di immissione in possesso.
    Il giudice a quo osserva che l'art. 4, primo comma,  del  d.-l.  2
 maggio  1974,  n.  115,  recante "norme per accelerare i programmi di
 edilizia residenziale", inserito dalla legge di conversione 27 giugno
 1974, n. 247, estende l'applicabilita' delle  disposizioni  contenute
 nel   titolo   II   della  legge  n.  865  del  1971,  relative  alla
 determinazione dell'indennita' di esproprio per  opere  di  interesse
 regionale,  a  tutte  le  espropriazioni  comunque  preordinate  alla
 realizzazione di opere o di interventi da parte  dello  Stato,  delle
 regioni,  delle  province,  dei  comuni o di altri enti pubblici o di
 diritto pubblico anche non territoriali.
    Il tenore letterale di tale norma appare  al  pretore  chiaramente
 volto ad estendere agli interventi statali le sole disposizioni della
 legge n. 865 del 1971 relative alla determinazione dell'indennita' di
 esproprio,  con  implicita  esclusione  di  un  piu' ampio intento di
 unificazione  dei   distinti   procedimenti   espropriativi,   quello
 finalizzato alla realizzazione di opere regionali, di cui alla citata
 legge  n.  865  del  1971,  e quello, di carattere generale, previsto
 dalla legge n.  2359  del  1865  ed  applicabile,  dopo  l'attuazione
 dell'ordinamento regionale, alle sole opere di competenza statale.
    Ne'  il successivo art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, che
 ha aggiunto un sesto comma all'art. 20 della legge n. 865  del  1971,
 avrebbe  modificato  la  situazione, limitandosi ad estendere il solo
 secondo comma del predetto art.  20,  e  non  anche  il  primo,  alla
 generalita'  delle  espropriazioni,  ivi  comprese quelle concernenti
 interventi statali.
    4. - La tesi esposta, in ordine  alla  portata  applicativa  della
 norma  impugnata, trova fondamento, come ricordato nella ordinanza di
 rimessione, in una pronuncia resa dalle Sezioni Unite della Corte  di
 cassazione  in  sede  di regolamento di giurisdizione (sent. n. 12587
 del 1991). Con essa si escludeva che l'art. 9 della legge n. 865  del
 1971, il quale contiene la minuziosa elencazione degli interventi cui
 la legge si applica, sia nella formulazione originaria, sia in quella
 risultante dalla sua interpretazione autentica, di cui all'art. 1-ter
 del  d.-l.  28  dicembre  1971,  n.  1119,  aggiunto  dalla  legge di
 conversione 25  febbraio  1972,  n.  13,  generalizzi  la  disciplina
 dettata  dalla  citata  legge  con  estensione  anche ai procedimenti
 espropriativi di competenza ultraregionale, non  potendosi  intendere
 in  questo  senso il riferimento, contenuto nello stesso art. 9, alla
 realizzazione di "singole opere pubbliche", che  sono  comunque  solo
 quelle rientranti negli scopi della normativa in esame.
    Nel  negare,  conseguentemente,  portata generale anche al termine
 trimestrale di efficacia del decreto prefettizio  di  occupazione  di
 urgenza di cui all'impugnato art. 20, primo comma, della legge n. 865
 del  1971, la Cassazione poneva, appunto, l'accento sulla specialita'
 della normativa di cui alla legge stessa, che ha ad oggetto  primario
 programmi  e  coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica ed e'
 intesa  ad  attuare  particolari  interventi  urbanistici,  e   sulla
 conseguente   diversita'   di  situazioni  rispetto  a  quelle  delle
 ordinarie espropriazioni.
    Con la predetta sentenza, si avvertiva, altresi', che,  anche  nei
 casi   in   cui  non  opera  il  termine  di  efficacia  del  decreto
 d'occupazione in esame,  sarebbe  comunque  escluso  il  pericolo  di
 occupazioni  senza  limite  di tempo, trovando applicazione l'art. 13
 della legge n. 2359 del 1865, che prevede che nell'atto che  dichiara
 un'opera  di  pubblica  utilita'  debbono  essere stabiliti i termini
 d'inizio delle espropriazioni e  dei  lavori,  e  che  con  l'inutile
 decorso di tali termini la dichiarazione diviene inefficace, e cosi',
 per   il   venir   meno  del  suo  presupposto,  diviene  illegittima
 l'occupazione d'urgenza.
    5.   -   A   conclusioni   diverse,   in   ordine   al    problema
 dell'applicabilita' dell'art. 20, primo comma, della legge n. 865 del
 1991 relativamente ad opere pubbliche di ambito statale, e' pervenuta
 la  Cassazione  con  una  recente pronuncia (SS.UU., 3 marzo 1994, n.
 2081), attraverso un iter argomentativo che questa Corte  ritiene  di
 condividere.  Con  una premessa, del resto posta in luce nella stessa
 sentenza: a seguito dell'art. 4, primo comma, gia' citato, del  d.-l.
 n.  115  del  1974, introdotto dalla relativa legge di conversione n.
 247 del 1974,  che  aveva  espressamente  stabilito  l'applicabilita'
 delle  disposizioni  della  legge  n.  865  del  1971  relative  alla
 determinazione dell'indennita' a tutte  le  espropriazioni,  comunque
 preordinate  alla  realizzazione di opere o interventi da parte dello
 Stato, delle regioni, delle province, dei  comuni  e  di  altri  enti
 pubblici, si era determinato un regime in base al quale, per le opere
 d'ambito   ultraregionale,   ferme  le  regole  procedimentali  delle
 espropriazioni  previste  dalla  legge   del   1865,   si   rendevano
 applicabili i criteri indennitari della legge del 1971. La successiva
 dichiarazione  d'illegittimita' costituzionale, con riguardo ai suoli
 edificatori, dei criteri di determinazione delle indennita' stabiliti
 dalla legge del 1971 (sentt. nn. 5 del  1980  e  223  del  1983),  ha
 fatto,  poi,  riemergere  -  fino  a  quando  la materia non e' stata
 specificamente regolata - quelli fissati  dalla  legge  n.  2359  del
 1865, con la conseguenza che alle espropriazioni di interesse statale
 si   sono  applicati  schema  procedimentale  e  regole  indennitarie
 derivanti dalla predetta  legge  del  1865,  a  quelle  di  interesse
 regionale  le  norme  procedimentali della legge del 1971 e i criteri
 indennitari attinti a quella del 1865.
    In tale quadro, la recente pronuncia  delle  sezioni  unite  della
 Cassazione  sottolinea  l'interconnessione  tra  i  primi  due  commi
 dell'art. 20 della legge n. 865, che stabiliscono,  nell'ordine,  che
 il   decreto  che  dispone  l'occupazione  d'urgenza  delle  aree  da
 espropriare perde efficacia ove l'occupazione non segua  nel  termine
 di  tre  mesi  dalla sua emanazione, e che essa puo' essere prorogata
 fino a cinque anni dall'immissione nel possesso.
    La  ratio  delle  due  proposizioni,  in  cui,  come  avverte   la
 Cassazione,  "si  articolano  gli inscindibili momenti di un precetto
 necessariamente unitario sul piano  logico-giuridico,  e'  quella  di
 impedire  che  la  protrazione  del  periodo  ed  il suo inizio dalla
 immissione  in  possesso   possano   tradursi   in   una   indefinita
 compressione,  senza  ragionevoli  limiti temporali alla efficacia di
 esso, del diritto di proprieta' e delle facolta' di godimento che  vi
 ineriscono . .".
    Il  provvedimento  di  occupazione  consente l'apprensione di beni
 altrui,  costituendo   una   limitazione   grave   alla   proprieta';
 legittimando  l'occupante  ad  usare  della cosa per la realizzazione
 dell'opera, gli conferisce un diritto di carattere reale con  effetto
 immediato.  Il termine della durata di esso, come segna la cessazione
 della compressione del diritto  di  proprieta',  cosi'  realizza  una
 finalita'  unitaria  che,  nella  recente interpretazione sistematica
 della Cassazione, razionalmente accomuna il  regime  delle  opere  di
 competenza statale e locale.
    Dalla  considerazione  unitaria dell'anzidetta finalita' dei primi
 due commi dell'art. 20 in esame, discende che il gia' citato art.  14
 della  legge  n. 10 del 1977, che aggiunge un sesto comma allo stesso
 art. 20, stabilendo che il disposto del secondo comma di  esso  "deve
 intendersi   applicabile  anche  alle  occupazioni  preordinate  alla
 realizzazione delle opere e degli interventi previsti dall'art. 4 del
 d.-l. 2 maggio 1974, n. 115,  convertito,  con  modificazioni,  nella
 legge  27  giugno 1974, n. 247", intende, in effetti, estendere anche
 la regola di cui all'art. 20,  primo  comma,  alla  realizzazione  di
 opere di competenza statale.
    Alla  luce  delle  esposte  considerazioni, deve escludersi quella
 diversita' di disciplina tra le due ipotesi di occupazione d'urgenza,
 che  ha   dato   luogo   ai   prospettati   dubbi   di   legittimita'
 costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 20, primo comma, secondo periodo, della  legge  22  ottobre
 1971,  n.  865  (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale
 pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche
 ed  integrazioni  alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962,
 n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed  autorizzazione  di  spesa  per
 interventi  straordinari  nel  settore  della  edilizia residenziale,
 agevolata e convenzionata),  sollevata,  in  riferimento  all'art.  3
 della Costituzione, dal Pretore di Lucera con l'ordinanza indicata in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1994.
                 Il Presidente e redattore: PESCATORE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 2 giugno 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C0655