N. 214 ORDINANZA 23 maggio - 2 giugno 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sanita'  pubblica  - Medici titolari di rapporto di lavoro dipendente
 part-time e in regime convenzionale -  Passaggio  al  tempo  pieno  -
 Conservazione   del  rapporto  convenzionale  Opzione  -  Termine  di
 scadenza - Richiamo alla giurisprudenza della Corte in materia  (cfr.
 sentenza  n.  457/1993)  - Esercizio di una libera scelta - Questione
 gia' dichiarata non fondata - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, settimo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 4, 32, 35 e 97).
 
(GU n.24 del 8-6-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro
    FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
    GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
    Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,
    dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4, settimo
 comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in  materia
 di finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 31 maggio 1993
 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio (n. 3 ordinanze), il
 19  luglio  1993  dal  Pretore  di  Palermo ed il 22 ottobre 1993 dal
 Tribunale amministrativo regionale  della  Calabria,  rispettivamente
 iscritte  ai nn. 625, 626, 627, 647 e 776 del registro ordinanze 1993
 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43  e  44,
 prima  serie  speciale,  dell'anno 1993 e n. 3, prima serie speciale,
 dell'anno 1994;
    Visti gli atti  di  costituzione  di  Tarragoni  Massimo,  Biasini
 Gianna,  Valeri Romeo, Lanzara Pietro e Pellegrini Luigi, nonche' gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  13  aprile  1994  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che, con tre ordinanze di identico contenuto emesse il 31
 maggio  1993  (r.o.  nn.  625,  626  e  627/93),  il TAR del Lazio ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
 settimo  comma,  della legge 30 dicembre 1991, n. 412, in riferimento
 agli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione;
      che il giudice a quo, premesso che la norma impugnata, dopo aver
 stabilito che "con il Servizio sanitario nazionale puo'  intercorrere
 un unico rapporto di lavoro", impone ai medici che abbiano piu' di un
 rapporto, anche di natura convenzionale, con il Servizio sanitario di
 far  cessare tale situazione di incompatibilita' entro il 31 dicembre
 1992, censura la norma medesima sotto i seguenti profili:
        a) violazione del principio di  eguaglianza,  "perche'  -  non
 prevedendo  garanzia di sorta per il rapporto convenzionato - riserva
 trattamenti   irragionevolmente   differenziati   ad   esercenti   la
 professione  sanitaria che, essendo nella pari condizione di titolari
 degli stessi due rapporti di collaborazione con il Servizio sanitario
 nazionale, optino in forza  della  medesima  legge  gli  uni  per  il
 rapporto dipendente e gli altri per il rapporto convenzionato";
        b) violazione degli artt. 4 e 35 della Costituzione, "perche',
 generando  di  fatto  una grave e repentina disarmonia di trattamento
 normativo e retributivo tra le due categorie  di  medici  di  cui  al
 precedente  punto, toglie in concreto - pur formalmente attribuendola
 - ogni possibilita' di scelta ai medici che, in forza della legge  n.
 833 del 1978, sono titolari dei citati due rapporti di collaborazione
 lavorativa con il Servizio sanitario nazionale";
        c)  violazione  degli  artt.  3  e  97  della Costituzione per
 difetto di ragionevolezza, in quanto: 1) il  d.l.  n.  384  del  1992
 (convertito  in legge n. 438 del 1992) ha sospeso fino al 31 dicembre
 1993 la  possibilita'  per  i  pubblici  dipendenti  di  chiedere  il
 collocamento  in  quiescenza,  con  la  conseguenza  che il medico in
 condizioni di incompatibilita' avrebbe dovuto operare la  sua  scelta
 senza avere in concreto la possibilita' di accedere alla pensione; 2)
 l'art.  4,  punto  10, del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre
 1992 ha sancito l'obbligo per i presidi ospedalieri di reperire spazi
 adeguati per l'esercizio della libera professione intramuraria  entro
 120  giorni  dal 1 gennaio 1993 (con eventuale intervento sostitutivo
 delle regioni), con la conseguenza che i medici si sono visti imporre
 l'opzione  entro  il  termine  del  31  dicembre  1992,  laddove   il
 legislatore  ha  introdotto  solo  successivamente  norme  che  erano
 imprescindibili per il corretto orientamento della opzione medesima;
      che si sono costituite le parti  private  Tarragoni,  Biasini  e
 Valeri,   ricorrenti   nei   giudizi   a   quibus,   concludendo  per
 l'accoglimento della questione;
      che  e'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, il quale ha eccepito l'inammissibilita' della
 questione relativamente alle ordinanze nn. 626 e 627/93 (in quanto il
 TAR avrebbe "travisato i fatti di causa", la cui esatta ricostruzione
 condurrebbe   alla   irrilevanza   della   questione  ai  fini  della
 decisione), e, nel  merito,  ha  concluso  per  l'infondatezza  della
 questione medesima sotto tutti i profili;
      che,  con  ordinanza  del  19  luglio  1993 (r.o. n. 647/93), il
 Pretore  di  Palermo   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  4,  settimo  comma, della legge n. 412 del
 1991, "in relazione all'art. 3 della Costituzione nella parte in  cui
 non  appresta  al  personale medico dipendente del Servizio sanitario
 nazionale  la  garanzia  del  passaggio al rapporto di lavoro a tempo
 pieno qualora intenda far cessare in questo  modo  la  situazione  di
 incompatibilita'  del doppio rapporto di lavoro, ed all'art. 32 della
 Costituzione in quanto la sua applicazione costituisce un ostacolo al
 sistema  della  tutela  della  salute   come   diritto   fondamentale
 dell'individuo";
      che si e' costituita la parte privata Pietro Lanzara, ricorrente
 nel giudizio a quo, concludendo per l'accoglimento della questione;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, concludendo per l'inammissibilita' (per assoluta carenza di
 motivazione sulla rilevanza)  o,  in  subordine,  per  l'infondatezza
 della questione;
      che, infine, con ordinanza del 22 ottobre 1993 (r.o. n. 776/93),
 il   TAR   della   Calabria   ha  sollevato  anch'esso  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4, settimo comma,  della  legge
 n.  412  del  1991,  in  riferimento  agli  artt. 3, 4, 32 e 35 della
 Costituzione, "nella parte in cui stabilisce l'incompatibilita',  per
 il   personale   addetto   al   Servizio  sanitario  nazionale,  allo
 svolgimento  di  attivita'  lavorativa   presso   strutture   private
 convenzionate con lo stesso Servizio sanitario nazionale";
     che   si   e'  costituita  la  parte  privata  Luigi  Pellegrini,
 ricorrente nel giudizio a quo, concludendo per  l'accoglimento  della
 questione;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, concludendo per l'infondatezza della questione;
      che in prossimita' della camera di  consiglio  hanno  depositato
 memoria  aggiuntiva i dottori Tarragoni, Biasini, Valeri e Pellegrini
 (r.o. nn. 625, 626, 627 e  776/93),  insistendo,  previa  istanza  di
 rimessione  delle cause in pubblica udienza, per l'accoglimento della
 questione;
    Considerato che  i  giudizi,  concernendo  questioni  identiche  o
 strettamente    connesse,    vanno    riuniti   per   essere   decisi
 congiuntamente;
      che, in ordine alle questioni sollevate dal TAR del Lazio  (r.o.
 nn.  625, 626 e 627/93), deve innanzitutto respingersi l'eccezione di
 inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello  Stato,  poiche'  la
 ricostruzione  dei  fatti di causa operata dal giudice a quo non puo'
 essere oggetto di sindacato da parte di questa Corte;
      che, nel merito, questa Corte, con sentenza n. 457 del 1993,  ha
 gia'  avuto  modo di affermare che il legislatore, nel dettare l'art.
 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991, ha inteso sancire  con
 rigore  il  principio  di  unicita'  del  rapporto  di  lavoro con il
 Servizio  sanitario  nazionale,  avendolo  ritenuto   particolarmente
 valido al fine di soddisfare l'esigenza, costituzionalmente protetta,
 di  restituire massima efficienza ed operativita' alla rete sanitaria
 pubblica, e che appare altresi' conforme  a  detta  finalita'  l'aver
 voluto incentivare la scelta per il rapporto di lavoro dipendente;
      che,  cio'  premesso, si e' in sintesi ritenuto che il fatto che
 la norma impugnata non  preveda,  per  il  medico  che  opti  per  la
 conservazione   del  rapporto  di  natura  convenzionale,  specifiche
 garanzie (in ordine, particolarmente, al trattamento retributivo) non
 viola gli artt. 3, 4  e  35  della  Costituzione,  anche  perche'  la
 situazione in cui il medico si verra' a trovare e' comunque frutto di
 una  sua libera scelta, che tale resta pur in presenza di elementi di
 diversita'  tra  le  due  alternative,  naturalmente  collegati  alle
 differenti caratteristiche sostanziali dei due tipi  di  rapporto  di
 lavoro;
      che, pertanto, delle questioni sollevate dal TAR del Lazio vanno
 innanzitutto   dichiarate   manifestamente   infondate  quelle  sopra
 indicate sub a) e b), non presentando profili nuovi rispetto a quelli
 esaminati con la citata pronuncia n. 457 del 1993;
      che, per quanto riguarda la questione di cui al punto  c),  deve
 osservarsi,  da  un  lato, che la sospensione del diritto di accedere
 alla pensione fino al 31 dicembre 1993 (disposta - in via generale  -
 con  il  decreto-legge  n.  384 del 19 settembre 1992), anche se puo'
 aver in concreto costituito un fattore  di  influenza  sull'esercizio
 dell'opzione,   certamente   non   determina   di   per   se'  alcuna
 irragionevolezza  della   norma   impugnata;   dall'altro,   che   la
 circostanza che l'obbligo per i presidi ospedalieri di reperire spazi
 adeguati   per  l'esercizio  della  libera  professione  intramuraria
 dovesse essere adempiuto -  ai  sensi  dell'art.  4,  punto  10,  del
 decreto  legislativo n. 502 del 1992 - entro 120 giorni dal 1 gennaio
 1993 (mentre il termine per effettuare l'opzione era  fissato  al  31
 dicembre  1992)  ugualmente  non  integra alcuna irrazionalita' della
 norma censurata, sia perche' non puo' comunque aver  determinato  una
 coartazione  della  scelta,  sia  tenuto  conto  del  rilievo  che il
 menzionato obbligo di garantire gli  spazi  idonei  allo  svolgimento
 della  libera  attivita'  professionale  all'interno  delle strutture
 delle u.s.l. (o, in subordine, all'esterno, mediante convenzioni) non
 e' stato certo introdotto per la prima volta nel 1992 (cfr., ad  es.,
 l'art. 35 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761);
      che,   pertanto,   anche  la  questione  sub  c)  va  dichiarata
 manifestamente infondata;
      che, passando alla questione sollevata dal  Pretore  di  Palermo
 (r.o.    n.    647/93),   anch'essa   -   respinta   l'eccezione   di
 inammissibilita' dell'Avvocatura dello Stato, in quanto la  rilevanza
 della  questione  emerge sufficientemente dal tenore dell'ordinanza -
 va dichiarata manifestamente infondata, poiche' non presenta  profili
 nuovi  rispetto  a quelli esaminati (anche in riferimento all'art. 32
 della Costituzione) dalla citata sentenza n. 457 del 1993;
      che, infine, deve parimenti dichiararsi manifestamente infondata
 la questione sollevata dal TAR della Calabria (r.o.  n.  776/93),  in
 quanto  la  stessa,  gia'  sollevata  dal  TAR  medesimo  in  termini
 identici,  e'  stata  dichiarata  non  fondata  con  la  piu'   volte
 menzionata  sentenza n. 457 del 1993, essendosi ritenuto, in sintesi,
 che, data  la  peculiarita'  della  natura  e  delle  funzioni  delle
 istituzioni  sanitarie  private  convenzionate,  la  norma  impugnata
 costituisce frutto di una non irragionevole valutazione discrezionale
 di politica sanitaria, ispirata dall'intento di assicurare la massima
 efficienza e funzionalita' all'organizzazione sanitaria pubblica, con
 conseguente  esclusione  della  violazione  di  tutti   i   parametri
 invocati;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, settimo  comma,
 della  legge  30  dicembre  1991,  n. 412 (Disposizioni in materia di
 finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 32,  35
 e  97 della Costituzione, dal TAR del Lazio, dal Pretore di Palermo e
 dal TAR della Calabria con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 2 giugno 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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