N. 19 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 16 giugno 1994
N. 19 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 16 giugno 1994 (della regione Lombardia) Consorzi - Soppressione e messa in liquidazione del Consorzio del Canale Milano-Cremona-Po - Asserita non spettanza allo Stato del potere di procedere unilateralmente alla soppressione e alla messa in liquidazione dell'ente in questione e all'incamerazione dei relativi beni, sul presupposto dell'avvenuto trasferimento alle regioni delle funzioni dell'ente stesso (artt. 87, 88 e 92 del d.P.R. n. 616/1977) - Violazione delle competenze regionali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e di navigazione interna, nonche' di ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione. (Decreto del Ministro del tesoro 29 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 29 marzo 1994). (Cost., artt. 117, 118 e 119).(GU n.28 del 6-7-1994 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Lombardia, in persona del Presidente della giunta regionale dott. Fiorinda Ghilardotti, autorizzata con deliberazione della giunta regionale n. 51960 del 5 maggio 1994, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia n. 1, come da delega in calce al presente atto, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore in relazione al decreto del Ministro del tesoro 19 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 29 marzo 1994, recante "soppressione e messa in liquidazione del consorzio del canale Milano-Cremona-Po". F A T T O Il consorzio del canale Milano-Cremona-Po fu istituito con legge 24 agosto 1941, n. 1044, "per la costruzione delle opere di navigazione interna del canale Milano-Cremona-Po e dai porti di Milano e di Cremona". Facevano parte del consorzio, ai sensi della legge istitutiva, lo Stato, la provincia, e il comune di Milano, la provincia e il comune di Cremona (art. 1, secondo comma, legge n. 1044/1941). Alle spese per la costruzione delle opere doveva provvedersi con contributi a carico dello Stato e degli enti locali interessati (artt. 4, 7, 8, 9, 10 legge n. 1044/1941). Con la legge 10 ottobre 1962, n. 1549, e 28 marzo 1968, n. 295, si dispose che il Consorzio provvedesse anche alla costruzione di porti, scali e banchine nelle localita' attraversate dal canale (art. 1, legge n. 1549/1962), e alla costruzione e all'esercizio degli impianti, nonche' al ristabilimento e alla manutenzione delle opere idroviarie e degli impianti medesimi (art. 1, legge n. 295/1968). Il termine fissato dall'art. 9 della legge n. 1549/1162 per l'attuazione dei piani e per la realizzazione delle opere fu piu' volte prorogato, da ultimo al 31 dicembre 1989 con l'art. 1, primo comma, del d.l. 3 gennaio 1987, n. 1, convertito con legge 6 marzo 1987, n. 64, e poi al 31 dicembre 1991, con l'art. 16 della legge 31 maggio 1990, n. 128. Un'ulteriore proroga al 31 dicembre 1995 fu prevista dal d.l. 1 luglio 1992, n. 325, peraltro non convertito in legge. Pur non essendo finora stata realizzata l'intera opera, parti di questa sono invece state realizzate e sono in esercizio (cosi' il tratto di canale navigabile da Cremona a Pizzaghettone, l'avanconca di Acquanegra, il porto di Cremona e le relative infrastrutture), e il consorzio ha acquisito un rilevante patrimonio anche di aree. A seguito del trasferimento alla regione delle funzioni in materia di opere di navigazione interna, con esclusione solo delle opere per le vie navigabili di prima classe (artt. 87 e 88, n. 3, del d.P.R. n. 616/1977), la regione rivendico' ogni competenza in ordine all'opera in questione, che e' opera navigabile di seconda classe; e per suo conto, da un lato, intervenne con finanziamenti per l'esecuzione di opere, dall'altro lato, con la legge regionale 22 febbraio 1980, n. 21, successivamente integrata e modificata dalla legge regionale 4 gennaio 1983, n. 1, istitui' l'azienda regionale per i porti fluviali di Cremona e di Mantova, con lo scopo di assicurare il completamento, la gestione e gli eventuali ampliamenti dei porti interni costituiti dalle aree e attrezzature comprese nelle zone portuali di Cremona e di Mantova, nonche' la costruzione e la gestione di altre strutture idroviarie e portuali (art. 1, secondo comma, della legge regionale n. 21/1980): senza peraltro disciplinare l'attivita' del consorzio del canale, le cui competenze sono lasciate "ferme" dall'art. 17, secondo comma, della stessa legge regionale n. 21/1980. L'azienda regionale ha fra l'altro assunto la gestione delle attivita' del porto di Cremona, di pertinenza della regione ai sensi dell'art. 97 del d.P.R. n. 616/1977, pur non essendosi mai definitivamente chiariti i rapporti con il consorzio del canale. Il trasferimento alla regione delle funzioni e dei beni del consorzio (operante, come e' pacifico, in materia di competenza regionale), ovvero, in alternativa, della partecipazione che spettava originariamente allo Stato in detto consorzio e di ogni altro potere gia' esercitato dallo Stato sul consorzio medesimo, non si e' mai perfezionato. E tuttavia le opere inerenti al canale e agli impianti correlati non hanno perso ragion d'essere ne' attualita'. Quando gli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1975, n. 70, disposero la soppressione degli enti pubblici non piu' utili e la formazione di elenchi degli enti "ritenuti necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del paese", il consorzio canale Milano-Cremona-Po fu del resto incluso in tali elenchi con d.P.R. 16 giugno 1977, n. 669. Ora invece, inopinatamente, il Ministro del tesoro, senza alcuna consultazione della regione ne' degli enti locali, e riferendosi esclusivamente alla mancata riproposizione del d.l. n. 325/1992 che aveva previsto la proroga del termine per le opere al 1995, ha disposto la soppressone del consorzio e la sua messa in liquidazione con le modalita' stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404: legge, che, come si sa, disciplinava - peraltro prima che intervenisse la legge n. 75/1970 - la soppressione degli enti di diritto pubblico "soggetti a vigilanza dello Stato e interessanti comunque la finanza statale, i cui scopi sono cessati o non piu' perseguibili, o che si trovano in condizioni economiche di grave dissesto o sono nella impossibilita' concreta di attuare i propri fini statutari" (art. 1, primo comma). La liquidazione disciplinata da tale legge e' effettuata dallo speciale ufficio previsto dall'art. 1, terzo comma, e comporta l'alienazione degli immobili o, per quelli che non risultano alienabili, la loro devoluzione al demanio dello Stato (art. 10- bis); il licenziamento del personale (art. 12); la devoluzione allo Stato dell'avanzo finale della liquidazione (art. 14). E' peraltro evidente che, nel caso del consorzio de quo, non sussistono i presupposti per l'applicazione della procedura di liquidazione di cui alla legge n. 1404/1956: l'ente non e' (o almeno non dovrebbe piu' essere) soggetto alla vigilanza dello Stato, operando in materia di competenza regionale; non interessa piu' la finanza statale; i suoi scopi non sono affatto cessati. Il provvedimento di soppressione appare comunque lesivo delle attribuzioni della regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D I R I T T O Si e' gia' detto come il consorzio, creato per la realizzazione di opere concernenti una via navigabile di seconda classe, operi interamente in materia di competenza regionale, come del resto espressamente ammette, nelle premesse, il decreto impugnato, il quale si richiama all'art. 88, n. 3, del d.P.R. n. 616/1977 affermando che esso "ha trasferito alle regioni le funzioni in materia di opere inerenti alle vie navigabili di seconda classe". Dal riconoscimento, pacifico, che le opere in questione sono divenute di competenza della regione non puo' pero' derivare la conseguenza che lo Stato sia abilitato a sopprimere semplicemente il consorzio incamerando il relativo patrimonio. O, infatti, le funzioni dell'ente stesso sono passate alla regione, e allora anche beni e personale ad esso pertinenti devono essere trasferiti alla regione, ai sensi degli artt. 87, 88 e 92 del d.P.R. n. 616/1977; ovvero - forse piu' correttamente - si ritiene che il consorzio si configuri come ente funzionale di carattere locale, operante in materia di competenza regionale, e allora devono ritenersi trasferite alle regioni tutte le funzioni gia' spettanti allo Stato nei confronti di detto ente, comprese guelle concernenti "la soppressione e l'estinzione", ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. n. 616/1977 che trasferisce le funzioni in materia di ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione ed enti locali non territoriali. In ogni caso, e' del tutto escluso che lo Stato possa unilateralmente procedere alla soppressione e alla messa in liquidazione dell'ente dichiarandone "cessate" le funzioni e incamerando i relativi beni. Il decreto impugnato e' dunque in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, con riferimento alle competenze regionali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e di navigazione interna, nonche' in materia di ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione.
P. Q. M. La regione ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro del tesoro, disporre la soppressione e la messa in liquidazione, ai sensi dell'art. 1 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, del consorzio del canale Milano-Cremona-Po; e per l'effetto annullare il decreto impugnato, meglio indicato in epigrafe dal presente ricorso. Roma, addi' 27 maggio 1994 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 94C0748