N. 423 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1994
N. 423 Ordinanza emessa il 22 aprile 1994 dalla pretura di Verona, sezione distaccata di Legnago, nel procedimento penale a carico di Spedo Luciano Inquinamento - Riutilizzo di residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo - Trasporto di residui destinati alla riutilizzazione senza la prescritta autorizzazione - Intervenuta depenalizzazione di tali condotte subordinata all'osservanza delle normative regionali disciplinanti lo svolgimento delle operazioni di smaltimento dei residui - Conseguente attribuzione a leggi regionali della efficacia di condizionare la non punibilita' dello smaltimento e la retroattivita' della abrogazione - Lamentata violazione dei limiti della competenza delle regioni, del principio della riserva di legge statale in materia penale e del principio di eguaglianza. (D.L. 10 marzo 1994, n. 169, art. 12, terzo comma). (Cost., artt. 3, 25 e 117).(GU n.29 del 13-7-1994 )
IL PRETORE Esaminati atti di causa; Rilevato che pendenza del presente giudizio e' stato emanato il d.l. 10 marzo 1994, n. 169, recante "disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione", che incide sulle disposizioni, anche penali, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915; Ritenuto che il suddetto decreto legge appare in contrasto con gli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione ed influente sul presente giudizio; Considerata l'opportunita' di sottoporre di ufficio al giudizio della Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, terzo comma, del d.l. 10 settembre 1994, n. 169, per violazione delle disposizioni richiamate; O S S E R V A Spedo Luciano veniva tratto a giudizio davanti a questo pretore per rispondere del reato di cui all'art. 25, primo comma, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per aver effettuato, senza l'autorizzazione di cui all'art. 6, lett. d),del d.P.R. medesimo, attivita' di trasporto di inerti (fatto accertato in Castagnaro, nel giugno 1992). Dall'istruttoria svolta durante il dibattimento e dallo stesso capo d'imputazione come formulato nel decreto di citazione a giudizio si evince come gli inerti trasportati dallo Spedo fossero destinati ad essere riutilizzati nell'ambito di un cantiere, per provvedere al ripianamento del terreno su cui avrebbe dovuto essere realizzate opere edili. Il citato d.l. 10 marzo 1994, n. 169, precisa - all'art. 1, primo comma - come il proprio ambito applicativo riguardi "le attivita' finalizzate al riutilizzo come materia prima o come fonte di energia dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo"; prosegue quindi all'art. 3, nel definire come residuo, alla lett. g), una "sostanza residuale suscettibile di essere utilizzata come materia prima o come fonte di energia". L'art. 4 poi, dopo aver previsto un obbligo di comunicazione al Comitato nazionale dell'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti, per chiunque effettui raccolta o trasporto di residui destinati al riutilizzo (obbligo la cui inosservanza comporta la punizione con ammenda da lire tre milioni a lire dieci milioni, art. 12, primo comma, del d.l. citato), delimita al quarto comma tale prescrizione, escludendola per attivita' di raccolta e trasporto di residui inerti privi di amianto, destinati ad essere riutilizzati in conformita' al decreto (lett. b)). L'attivita' svolta dallo Spedo si configura come perfettamente inquadrabile tra quelle finalizzate al riutilizzo dei residui. Ad avviso di questo pretore nel concetto di "processo produttivo" ben puo' essere ricompresa, in assenza tra l'altro di limitazioni espressamente previste al riguardo, anche l'attivita' edilizia; d'altra parte non deve sfuggire come la destinazione usuale degli inerti sia piu' frequentemente proprio quella analoga a quella del caso in esame. Le attivita' sopra descritte risultando esentate da ogni obbligo di comunicazione nonche' da ogni autorizzazione precedentemente richiesta ai sensi del d.P.R. n. 915/1982, poiche' si legge, nell'art. 12, quarto comma, del decreto legge in oggetto, che le disposizioni del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed integrazioni, non si applicano nella parte in cui disciplinano, anche agli effetti sanzionatori, le attivita' che il d.l. n. 169/1994 disciplina e qualifica come attinenti al riutilizzo dei residui. L'art. 12, quarto comma, citato pare pertanto aver depenalizzato ogni comportamento inquadrabile precedentemente (in forza del d.P.R. n. 915/1982) nello smaltimento dei rifiuti, purche', alla luce della disciplina introdotta con il d.l. 10 marzo 1994, n. 169, si tratti di attivita' che si concretizzino in un riutilizzo dei residui. L'art. 25, secondo comma, della Carta costituzionale nell'affermare che "nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso", sancendo espressamente il principio di irretroattivita' della legge penale, ha come suo logica conseguenza anche l'affermazione del contrapposto principio di non ultrattivita' della legge penale stessa e quindi della sua non applicabilita' oltre la sua abrogazione, ai fatti anteriori. Da questo punto di vista, l'art. 25, secondo comma, della Costituzione ribadisce quanto gia' stabilito, a livello di legge ordinaria, dall'art. 2, secondo comma, del c.p. ("nessuno puo' essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato"). La vigenza nel nostro ordinamento del suddetto principio di non ultrattivita' delle leggi penali, dovrebbe necessariamente comportare l'assoluzione dell'imputato nel presente giudizio dal reato ascrittogli, con la formula "perche' il fatto non e' (piu') previsto dalla legge come reato". Il terzo comma dell'art. 12 del d.l. in questione ha tuttativa introdotto, per i fatti anteriori alla sua entrata in vigore (12 marzo 1994; v. art. 15) una particolare causa di non punibilita' relativamente a chi abbia commesso fatti contemplati come reato dal d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, in attivita' qualificate come operazioni di raccolta e trasporto, stoccaggio, trattamento o pretrattamento, recupero o riutilizzo di residui, purche' avvenute "nei modi e nei casi previsti ed in conformita' alle dispozioni del decreto del Ministro dell'ambiente in data 26 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 1990, ovvero di norme regionali". Con riferimento alla legislazione della regione Veneto, viene in rilievo particolare la legge regionale 23 aprile 1990, n. 28, che regola, al titolo II, l'utilizzazione delle materie prime secondarie, rimandando sostanzialmente alle medesime disposizioni di cui al d.m. 26 gennaio 1990 (art. 10 delle l. reg. citata). Il citato terzo comma dell'art. 12 del d.l. 10 marzo 1994, n. 169, appare quindi restringere l'area di non punibilita' quale risulterebbe dal successivo quarto comma e dalla depenalizzazione in esso sancita. E' doveroso - a questo punto - esaminare se il terzo comma ed il quarto comma dell'art. 12 citato abbiano o meno identico oggetto. Reputa il giudicante che al quesito possa darsi risposta affermativa: le attivita' prese in considerazione nell'ultimo comma della norma richiamata sono infatti tutte quelle in cui si articola il fenomeno dello smaltimento dei rifiuti ora definibili piu' precisamente come "residui" sulla scorta del testo del d.l. n. 169/1994. Il terzo comma, d'altra parte, nell'elencare le possibili fasi (raccolta e trasporto; stoccaggio; trattamento e pretrattamento; recupero o riutilizzo) dello smaltimento, diverse dal quarto comma unicamente per la diversa tecnica redazionale impiegata nella descrizione di un identico fenomeno. Cio' premesso, si deve ora illustrare l'esatto significato dell'inciso "non e' punibile" con cui si apre la lettera del terzo comma dell'art. 12. Pare a questo Pretore che la disposizione in questione, lungi dall'introdurre una sorta di causa di esclusione della pena, che non sarebbe riconducibile a nessun istituto del diritto penale, altro non faccia se non regolare la vigenza del d.l. n. 169 rispetto a condotte anteriori alla sua entrata in vigore, finendo con il condizionare l'effettivita' della abolito criminis al rispetto del decreto ministeriale 26 gennaio 1990 o di leggi regionali nello svolgimento di operazioni di smaltimento di residui a cui si sia proceduto prima della data del 12 marzo 1994. Nel far cio' l'art. 12, terzo comma, del d.l. 10 marzo 1994, n. 169, pare violare l'illustrato principio costituzionale, contenuto nell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, di non ultrattivita' del precetto penale abrogato (ossia - nel nostro caso - delle norme penali del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ove attengano a residui). Sembra a questo ufficio che il rispetto sul punto della Carta costituzionale esigerebbe che tutte le condotte di smaltimento di quei rifiuti che, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 169/1994 possano essere annovarati tra i residui, andassero esenti da ogni pena. L'opzione del legislatore appare altresi' ingiustificata (e lesiva dell'art. 3 della Costituzione) ove si tenga presente che il decreto ministeriale 26 gennaio 1990, contenente la disciplina dello smaltimento delle materie prime secondarie, non e' esattamente sovrapponibile, quanto all'oggetto, al d.l. n. 169/1994, con riferimento agli adempimenti prescritti dai due testi normativi affinche' lo smaltimento delle materie prime secondarie da un lato e dei residui dall'altro, vadano affermati non punibili. L'incongruita' sembra evidenziata anche da altre due considerazioni: 1) la non punibilita' discenderebbe dall'osservanza di discipline emanate prima del d.l. n. 169/1994 e rispetto a materie che solo il d.l. medesimo ha definito residui; 2) il citato d.m. 26 gennaio 1990 e' stato fatto oggetto di annullamento da parte della Corte costituzionale con la sentenza 30 ottobre 1990, n. 512, oltre che per quanto concerne gli artt. 4, primo comma, e 6, primo comma, e con riferimento ai procedimenti di autorizzazione quivi contemplati, anche relativamente agli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, aventi ad oggetto le prescrizioni sulle modalita' di smaltimento delle materie prime secondarie. Far poi dipendere la non punibilita' dei comportamenti esaminati dall'osservanza di leggi regionali implicherebbe - in sostanza - consentire al dettato delle varie discipline varate dalle regioni di condizionare (anche se a posteriori) la non punibilita' dello smaltimento e la retroattivita' dell'abrogazione, con violazione del principio costituzionale di riserva di legge statale in materia penale. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.l. 10 marzo 1993, n. 169, che si intende porre all'attenzione della Corte costituzionale e' di tutta rilevanza ai fini del giudizio pendente; l'eventuale affermazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 12, terzo comma, comporterebbe in base all'art. 129 del c.p.p., l'immediata assoluzione dell'imputato. La questione stessa, in relazione ai motivi illustrati, non appare manifestamente infondata a fronte degli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione.
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza della questione proposta sulla definizione del giudizio in corso e non apparendo la stessa manifestamente infondata; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per al notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Legnago, addi' 22 aprile 1994 Il pretore: MARGIOCCO 94C0804