N. 426 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 maggio 1994
N. 426 Ordinanza emessa il 19 maggio 1994 dalla Corte d'appello di Torino nel procedimento penale a carico di Capogrosso Leonardo Reato in genere - Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi - Ambito di applicazione - Inapplicabilita' per espresso divieto ai reati (nella specie contestati all'imputato) di inquinamento idrico previsti dalla legge n. 319/1976, diversamente da quanto stabilito per le analoghe figure criminose di cui al d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 133 - Ingiustificata disparita' di trattamento. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.29 del 13-7-1994 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento a carico di Capogrosso Leonardo nato ad Ancona il 30 dicembre 1939; Rilevato che Capogrosso Leonardo e' stato condannato, in esito a giudizio di primo grado, per il reato previsto e punito dall'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, per avere effettuato scarichi da insediamento produttivo contenenti sostanze in eccedenza ai parametri di accettabilita' di cui alla tabella C; l'imputato chiede, con tempestivo appello, in principalita' la integrale riforma della pronuncia di condanna e in subordine la esclusione della pena pecuniaria erroneamente erogata insieme a quella detentiva; Il medesimo imputato chiede, piu' specificamente, che ove la Corte ritenga di non poter accedere all'istanza di assoluzione sia sollevata questione di legittimita' costituzionale della norma contenuta nell'art. 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la quale vieta la sostituzione di pene detentive relativamente alla fattispecie di reato per cui e' processo; dall'istanza si e' dissociato il p.g. di udienza il quale ha eccepito la non rilevanza della questione; sentite le parti e rilevato che, nella materia degli inquinamenti idrici, mentre e' preclusa la sostituzione delle pene detentive per i reati previsti dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, in forza dell'espresso divieto fatto dall'art. 60 della legge n. 689/1981, risultano suscettibili di sostituzione i reati previsti dalla normativa successiva, ai quali quel divieto non e' espressamente riferibile. RITENUTO CHE Esiste indubbia contraddizione nel fatto che in una stessa materia, per la quale il legislatore ha apprestato norme punitive penali, condotte che comportano il medesimo effetto di pericolo per l'ambiente (segnatamente, quello idrico) configurano reati la cui pena detentiva non puo' o puo' essere sostituita con sanzioni alternative unicamente in dipendenza del fatto che tali condotte rientrano nella previsione di norme che, rispettivamente, sono anteriori o successive all'entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n. 689. Non si dubita, infatti, della possibilita' di sostituire le pene detentive disposte dal d.P.R. 27 gennaio 1992, n. 133, di attuazione di direttive CEE in materia di scarichi di sostanze pericolose, in quanto si riconosce che tale provvedimento, posteriore alla legge depenalizzatrice, non puo' essere ricondotto ad un anteriore divieto (quale quello contenuto nell'art. 60 legge n. 689/1981) che va interpretato secondo principii di tassativita' e in bonam partem. Sussiste, pertanto, una effettiva disparita' di trattamento rispetto alle dette situazioni, ugualmente offensive dei medesimi beni collettivi, la quale non trova altra giustificazione se non il diverso dato temporale dell'entrata in vigore della norma punitiva penale rispetto al divieto di applicazione di sanzioni sostitutive imposto dall'art. 60 legge n. 689/1981. La medesima disparita' di trattamento non puo' trovare soluzione sistematica in una interpretazione che consenta di estendere il divieto di sostituire le pene detentive per i reati previsti dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, anche alle pene per illeciti previsti da leggi successive, non contemplate nell'art. 60 della legge depenalizzatrice n. 689/1981, perche' come accennato, cio' comporterebbe un'ipotesi di interpretazione in malam partem, non consentita nel diritto penale. Tale disparita' di trattamento e' certamente irragionevole, in quanto non basata sulla intrinseca offensivita' delle condotte illecite ma, anzi, comportante l'inaccettabile conseguenza secondo la quale meritano sanzioni sostitutive i comportamenti che, per avere ad oggetto le sostanze specificamente pericolose di cui al d.P.R. n. 133/1992, sono piu' gravi sul piano sia degli effetti per l'ambiente sia degli effetti penali (pene edittali piu' severe nel minimo e nel massimo). La detta disparita' di trattamento si traduce in evidente irragionevolezza del sistema, perche' non giustificata da scelte politiche insindacabilmente rimesse alla discrezione del legislatore ne' dalla diversa offensivita' dei reati, e pertanto comporta violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione. L'unico modo per superare la cennata irragionevole disparita' di trattamento e' quello di sospettare di incostituzionalita' il divieto di sostituzione di pene detentive imposto dal ricordato art. 60 a proposito dei reati di inquinamento idrico previsti dalla legge n. 319/1976, cosi' che, in questa materia, la sostituzione delle pene detentive sia sempre consentita, senza distinzioni fondate sul dato temporale di cui sopra. Tale sospetto di costituzionalita' non sembra avere particolari conseguenze "eversive" del sistema, esulanti dai compiti rimessi alla Corte costituzionale, posto che e' lo stesso legislatore ad avere dimostrato come il detto importante divieto oggi sospettato di illegittimita' potesse essere trascurato a proposito di una normativa posteriore alla legge n. 319/1976 che veniva a sanzionare in modo piu' rigoroso proprio comportamenti maggiormente pericolosi per l'ambiente, secondo valutazioni, oltre tutto, conformemente obbligatorie ai Paesi della Comunita' economica europea. La questione di costituzionalita' e' rilevante ai fini del decidere nel presente processo di appello, sotto il duplice rilievo che il punto di sentenza concernente la pena e' stato impugnato dall'imputato relativamente alla legalita' della pena in concreto inflitta, circostanza questa che legittima la richiesta proposta nei motivi aggiunti e al dibattimento e che la sostituzione della pena puo' essere effettuata anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 delle legge n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 3 della Carta costituzionale, nella parte in cui non consente l'applicazione delle pene sostitutive al reato di cui all'art. 21, terzo comma, legge 10 maggio 1976, n. 319; Dichiara sospeso il presente procedimento e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza nei riguardi delle parti e perche' copia della presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Torino, addi' 19 maggio 1994 Il presidente: SERIANNI Il consigliere: RUSSO-BARTOLINI 94C0807