N. 535 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 1994
N. 535 Ordinanza emessa il 4 maggio 1994 dalla pretura di Pesaro, sezione distaccata di Fano nel procedimento civile vertente tra Mancini Dario e l'ispettorato provinciale del lavoro di Pesaro Sanzioni amministrative - Concorso materiale di illeciti - Illeciti diversi da quelli previdenziali in esecuzione di un medesimo disegno - Cumulo giuridico delle sanzioni - Mancata previsione - Ingiustificato deteriore trattamento degli illeciti amministrativi diversi da quelli previdenziali rispetto a questi ultimi e agli illeciti penali. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.39 del 21-9-1994 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva contenuta nel verbale di udienza del 2 marzo 1994. Nel procedimento n. 2599/1993, pendente avanti a questo pretore, Dario Mancini ha proposto opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento della somma di lire 4.018.900, emessa dall'ispettorato provinciale del lavoro di Pesaro-Urbino per la violazione degli artt. 11, 13 e 18 della legge n. 264/1949 (modificata dagli artt. 33 e 34 della legge n. 300/1970 e legge n. 56/1987), richiedendo l'irrogazione del minimo della sanzione con il minimo aumento per la continuazione. L'opponente Dario Mancini, in corso di causa ha eccepito l'incostituzionalita' della norma di cui all'art. 8, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto prevede l'applicazione dell'istituto della continuazione alla sola ipotesi di violazione di norme di legge in materia previdenziale ed assistenziale obbligatorie con esclusione di tutte le altre. La questione e' senza dubbio rilevante ai fini della definizione del giudizio, dovendosi stabilire in concreto l'entita' della sanzione amministrativa e, quindi, prospettandosi la possibilita' giuridica di applicare anche per le violazioni amministrative de quibus, il beneficio della continuazione, attualmente non applicabile. La questione e' anche non manifestamente infondata per le seguenti ragioni. Il d.l. 2 dicembre 1985, n. 688, convertita in legge 31 gennaio 1986, n. 11, ha introdotto l'istituto della continuazione ex art. 81 del c.p. anche in materia di illeciti amministrativi affiancandolo a quello del reato formale gia' previsto all'art. 8, primo comma, della legge n. 689/1981; Tuttavia l'istituto della continuazione ed il conseguente principio del cumulo giuridico delle pene da applicarsi nella determinazione del trattamento sanzionatorio, e' stato legislativamente limitato alle sole violazioni di materia previdenziale ed assistenziale obbligatoria con esclusione di tutte le altre, ove pertanto risulta applicabile solo il principio del concorso formale (art. 8, primo comma). Il predetto sistema da' luogo a perplessita' disomogeneita' di tale normativa rispetto ai principi del sistema penale a cui la pena si ispira in generale e con riguardo alla indagine psicologica in particolare; nonche' a disparita' di trattamento tra trasgressori di illeciti. Infatti, sia nel sistema penale che in quello dell'illecito amministrativo, per la punibilita' e' richiesto un particolare stato soggettivo ossia la soglia minima di punibilita' per entrambi e' la colpa (cfr. artt. 42 e 43 del c.p. e art. 3 della legge n. 689/1981), per cui (a differenza di quanto sosteneva la Corte costituzionale nella ordinanza del 19 novembre 1987, n. 421) sono consentiti anzi doverosi, anche in materia di illecito amministrativo, l'accertamento e la valutazione dell'elemento psicologico. Tale considerazione consente pertanto ed anzi impone la rilevanza del "disegno criminoso" per l'esecuzione del quale taluno commette con piu' azioni o omissioni ed anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o diverse disposizioni di legge (siano essi illeciti penali o amministrativi). Ora, posto che il disvalore sociale dell'illecito penale e' senz'altro maggiore di quello dell'illecito amministrativo, non si giustifica come mai il primo, potendosi avvalere dell'istituto della continuazione ex art. 81 del c.p. e quindi del cumulo giuridico delle pene, possa godere di un trattamento sanzionatorio piu' mite rispetto a quella applicabile all'illecito amministrativo punito, come principio generale, attraverso il cumulo materiale delle sanzioni. L'incongruita' di cui sopra da' luogo ad una vera e propria disparita' di trattamento ed a violazione del principio di uguaglianza allorche' si faccia riferimento, in materia di illecito amministrativo, all'applicazione dell'istituto della continuazione alla sola ipotesi di violazioni di norme di legge in materia previdenziale ed assistenziale obbligatoria con esclusione di tutte le altre. Il principio di uguaglianza che si assume violato non va ricercato nel trattamento sanzionatorio applicabili a tutti i trasgressori di norme in materia previdenziale ed assistenziale (ove naturalmente non vi e' disparita' di trattamento: a trasgressioni identiche o analoghe corrisponde una sanzione identica o analoga) bensi' va individuato nei criteri di computo delle pene applicabili a questo tipo di trasgressori ed a quelli di altri disposizioni di legge. Solo a questi ultimi si applica il principio del cumulo materiale delle sanzioni con la conseguenza che risultano puniti piu' aspramente non solo dei trasgressori di norme previdenziali ed assistenziali (norme che molto spesso sono connesse strettamente e conseguenziali a quelle violate da questi) ma addirittura degli autori di reati. A prescindere dalla sanzione concretamente irrogata, il criterio di computo delle sanzioni, applicabile alle violazioni amministrative diverse da quelle in materia previdenziale ed assistenziale, e' immotivatamente piu' severo di quello applicabile agli altri illeciti sia penali che amministrativi. E' superfluo sottolineare che il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione si assume violato non solo quando casi identici vengono sanzionati diversamente ma anche quando, pur rimanendo fermo quanto sopra, i criteri, i principi applicabili ai vari "tipi" di illecito siano illogici ed ingiusti tra loro, come appunto, avviene nella disciplina de qua.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 in riferimento all'art. 3 della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del processo in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri ed inoltre sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Fano, addi' 4 maggio 1994 Il pretore: MISCIONE 94C1020