N. 571 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 luglio 1994
N. 571 Ordinanza emessa il 21 luglio 1994 dal tribunale di Monza nel procedimento penale a carico di Frontera Giovanni Processo penale - Custodia cautelare in carcere - Applicazione solo nei casi previsti dall'art. 275, terzo comma - Preclusione nell'ipotesi attenuata di traffico illecito di stupefacenti (art. 73, quinto comma, del d.P.R. n. 309/1990) - Conseguente disposizione dei soli arresti domiciliari - Lamentata irragionevolezza per l'applicazione indiscriminata di detta misura - Lesione del principio di eguaglianza anche in riferimento agli imputati di reati meno gravi per i quali e' prevista la custodia in carcere. (C.P.P. 1988, art. 275, commi 3-bis e 3-ter, come aggiunto dal d.l. 14 luglio 1994, n. 440, art. 2, lettera b)). (Cost., artt. 3 e 13).(GU n.41 del 5-10-1994 )
IL TRIBUNALE Decidendo in ordine alla richiesta del pubblico ministero di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere attualmente applicata a Frontera Giovanni con quella degli arresti domiciliari nonche' in ordine all'istanza del difensore del predetto imputato di revoca della misura o di sostituzione con altra meno afflittiva; O S S E R V A Sia l'istanza del pubblico ministero che quella del difensore del Fronteea sono motivate sulla base del disposto dell'art. 275, commi 3- bis e 3-ter, del c.p.p., aggiunti dalla disposizione di cui alla lett. b) dell'art. 2 del d.l. 14 luglio 1994, n. 440. In particolare il pubblico ministero richiedente ed il difensore istante sottolineano che, giusta il combinato disposto delle disposizioni di cui ai commi 3- bis e 3- ter dell'art. 275 del c.p.p. come sopra aggiunti, non e' piu' prevista per il delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 la misura cautelare della custodia in carcere quando ricorra l'attenuante di cui al quinto comma del medesimo articolo. Siccome il Frontera e' stato condannato da questo tribunale con sentenza in data 28 giugno 1994 per il delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 e gli e' stata riconosciuta in tal sede l'attenuante di cui al quinto comma del medesimo articolo, le parti hanno formulato le richieste piu' sopra precisate. Il tribunale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, lett. b), del d.l. 14 luglio 1994, n. 440, nella parte in cui, aggiungendo i commi 3- bis e 3- ter all'art. 275 del c.p.p., non prevede tra i delitti per cui e' ammessa la misura della custodia cautelare in carcere quello di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 quando ricorra l'attenuante di cui al quinto comma del medesimo articolo. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Il combinato disposto dei commi 3- bis e 3- ter dell'art. 275 del c.p.p. - aggiunti dall'art. 2, lett. b), del d.l. n. 440/1994 - prevede che la custodia cautelare in carcere possa essere disposta esclusivamente per i delitti indicati dai commi 3- bis e 3- ter del medesimo articolo, dall'art. 380 del c.p.p., nel caso del delinquente abituale, professionale o per tendenza nonche' nel caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare. Tale disciplina comporta, per converso, che, in relazione a tutti i delitti non compresi in tale tassativa elencazione - fermo restando quanto previsto dall'art. 280 del c.p.p. -, la misura cautelare maggiormente restrittiva del diritto alla liberta' personale che il giudice puo' applicare per fronteggiare le esigenze cautelari che il singolo caso presenta, e' quella degli arresti domiciliari. Cio' accade anche con riferimento al delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 attenuato dalla circostanza di cui al quinto comma del medesimo articolo. Il collegio ritiene che la disciplina appena illustrata, in relazione al delitto per cui e' processo ed appena sopra menzionato, sia costituzionalmente illegittima per contrasto con il combinato disposto degli artt. 3 e 13, quinto comma, della Costituzione. In particolare tale ultima norma prevede la presenza all'interno del nostro ordinamento della carcerazione preventiva come strumento di tutela processuale, stabilendo che ne siano determinati per legge i termini massimi, ma stabilendo anche che essa non possa essere cancellata dall'ordinamento stesso, spettando poi al legislatore di stabilire l'ampiezza dell'impiego di tale strumento cautelare. Il collegio ritiene tuttavia che dalla lettura combinata dei citati articoli della Costituzione, emerga e si affermi il principio di uguaglianza degli imputati rispetto all'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. Tale principio si esplicita in varie direzioni. Resta ferma, invero, la prerogativa del legislatore di stabilire categorie di reati in relazione ai quali non si ravvisi in generale la possibilita' che si creino esigenze cautelari di intensita' tale da giustificare la previsione di misure cautelari di un determinato tipo o particolarmente afflittive (es.: esclusione dell'applicabilita' di misure coercitive in relazione ad imputazioni di reati contravvenzionali o di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore ai tre anni). Cio', tuttavia, sempreche' anche in tal caso sia rispettato un criterio di ragionevolezza nell'individuazione dell'insieme dei reati per cui e' esclusa l'applicazione della custodia in carcere, insieme che non potra' contenere reati in relazione ai quali si rileva abitualmente la sussistenza di esigenze cautelari di gravita' tale da poter essere fronteggiate solamente con la custodia in carcere. Se cio' accadesse, infatti, il principio di uguaglianza sarebbe violato poiche' si tratterebbe in modo uguale situazioni diverse, caratterizzate nell'un caso dalla frequente sussistenza di esigenze cautelari fronteggiabili unicamente con la misura della custodia carceraria e nell'altro situazioni caratterizzate dall'usuale insussitenza di tali presupposti. A maggior ragione tale principio vale quando, come nel caso di specie, il legislatore utilizzi la tecnica dell'indicazione tassativa per elencare i delitti per cui e' prevista la custodia in carcere. In tal caso il principio di uguaglianza va rispettato sotto due profili: non possono essere esclusi dall'elencazione reati in relazione ai quali si presentano di frequente esigenze cautelari tali da non poter essere fronteggiate adeguatamente che con la custodia in carcere; non possono essere esclusi dall'elencazione, in assenza di giuste ragioni di differenziazione, reati piu' gravi di quelli inseriti. Con riferimento al delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 attenuato dalla circostanza di cui al quinto comma del medesimo articolo - siccome escluso dall'elenco dei delitti per cui e' prevista la custodia in carcere - sovvengono entrambi gli illustrati profili di contrasto con i principi costituzionali. E' vero, infatti, che in relazione agli imputati del delitto in questione - il quale a seguito del referendum popolare attualmente vede tra i suoi elementi costitutivi la destinazione alla cessione della sostanza stupefacente illegittimamente detenuta - e' assai frequentemente rilevabile, per le caratteristiche del fatto e per la personalita' degli imputati, la sussistenza di un quadro cautelare di gravita' tale da poter essere adeguatamente fronteggiato soltanto con la custodia in carcere. Ne consegue l'irragionevole disparita' di trattamento tra imputati del medesimo delitto ai quali, in diverse condizioni caratterizzate nell'un caso dalla sussistenza di esigenze cautelari di gravita' tale da giustificare l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere e nell'altro dalla sussistenza di esigenze cautelari di gravita' tale da poter essere fronteggiate adeguatamente con l'applicazione della misura degli arresti domiciliari, verrebbe comunque applicata indiscriminatamente ed irragionevolmente la misura degli arresti domiciliari. In secondo luogo va notato che il delitto in questione e' punito con la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa da cinque a cinquanta milioni di lire. Esso e' quindi piu' grave dei delitti previsti dagli artt. 336, 343, 356, 385, 386, 410, 420, 427, 432, 433, 530, 564, 571, 572, 611, 644 e 644- bis del codice penale, per tutti i quali il comma 3- ter dell'art. 275 del c.p.p. come modificato dall'art. 2, lett. b), del d.l. 14 luglio 1994, n. 440, prevede la possibilita' della custodia cautelare in carcere. Ne consegue l'irragionevole disparita' di trattamento tra imputati di reati meno gravi in relazione ai quali e' prevista la misura della custodia in carcere, e gli imputati del reato per cui e' processo - piu' grave di quelli - in relazione al quale la custodia cautelare in carcere non e' prevista. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, lett. b), del d.l. 14 luglio 1994, n. 440. Ritiene il collegio che non possa essere data risposta alla richiesta del pubblico ministero ed all'istanza del difensore del prevenuto senza previamente decidere in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 2, lett. b), del d.l. 14 luglio 1994, n. 440. Invero la disciplina stabilita dal decreto-legge, come si e' detto, e' tale per cui, con riferimento ai delitti in relazione ai quali non e' prevista la custodia cautelare in carcere, si stabilisce che la misura cautelare maggiormente restrittiva del diritto alla liberta' personale e' quella degli arresti domiciliari. Cio' comporta che anche quando, in relazione ai delitti predetti, sussistono esigenze cautelari di gravita' tale da poter essere adeguatamente fronteggiate soltanto con la misura della custodia carceraria, tuttavia il giudice potra' al massimo disporre che il prevenuto non si allontani dalla propria abitazione. La questione di legittimita' costituzionale delle norme predette si deve dunque considerare rilevante qualora fosse dimostrato che, nel caso concreto, esistono esigenze cautelari di tale intensita' da poter essere adeguatamente soddisfatte solo mediante l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Tale situazione si rinviene nel presente processo. Si deve infatti preliminarmente rilevare che il Frontera e' stato condannato con sentenza del tribunale di Monza del 28 giugno 1994 alla pena di anni quattro di reclusione e L. 30.000.000 di multa per il delitto di detenzione e spaccio continuati di sostanza stupefacente del tipo eroina, previo riconoscimento dell'attenuante di cui al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990. In sede processuale si e' accertato che il Frontera svolgeva, in concorso con la moglie che con lui coabitava, un'intensa attivita' di spaccio di sostanze stupefacenti utilizzando come base logistica soprattutto la sua abitazione. La moglie del prevenuto ha definito la sua posizione a mezzo di applicazione della pena ex artt. 444 e segg. del c.p.p. e non risulta attualmente sottoposta ad alcuna misura cautelare. Nel corso del processo, inoltre, due dei testimoni di accusa - residenti ad Agrate Brianza, lo stesso paese del prevenuto - hanno riferito di essere stati gravemente minacciati prima del processo da tale Ruocco, amico del Frontera, che ingiungeva loro di non dire al processo cose sfavorevoli all'imputato perche' altrimenti avrebbe spezzato loro le gambe. Uno dei due ha altresi' riferito che il Ruocco gli aveva detto di essere stato mandato dal Frontera. Si deve aggiungere che il Frontera ha dichiarato di essere tossicodipendente e che non risulta che svolga alcuna attivita' lavorativa. Il medesimo e' inoltre gravato di numerosi precedenti penali (favoreggiamento personale, furto, ricettazione, detenzione di armi). Ritiene quindi il collegio che - in considerazione della gravita' e la reiterazione dei comportamenti criminosi per cui e' processo, delle modalita' di commissione dei medesimi (utilizzo insieme alla moglie dell'abitazione come base logistica dell'attivita' di spaccio di stupefacenti) dell'episodio di grave minaccia ai testimoni nonche' della personalita' dell'imputato quale si desume dall'essere il medesimo tossicodipendente senza occupazione stabile e gravato dei suaccennati precedenti - esista il concreto pericolo che il Frontera commetta delitti della stessa indole di quelli per cui e' processo ed altresi' gravi delitti con mezzi di violenza personale. Ritiene infine il collegio che l'applicazione della misura degli arresti domiciliari al Frontera, lungi dal costituire mezzo idoneo a fronteggiare le suesposte esigenze cautelari, avrebbe un effetto criminogeno poiche' ricondurrebbe il prevenuto nelle stesse condizioni che hanno favorito la realizzazione dei delitti per cui e' processo ed anzi lo porrebbe in condizione di portare a processo ed anzi lo porrebbe in condizione di portare a compimento le minacce di cui i testimoni sono stati fatti oggetto. Da cio' deriva che l'applicazione della norma che impone l'adozione della misura degli arresti domiciliari costituisce operazione necessaria ai fini della decisione e che, di conseguenza, la questione circa la sua legittimita' costituzionale e' pregiudiziale rispetto alla decisione. Sospensione del procedimento. Si pone, a questo punto, il problema se la rilevazione della questione di legittimita' costituzionale di cui si e' detto sospenda l'intero processo od invece solo il procedimento incidentale sorto dalle istanze delle parti e che vedrebbe come sue fasi successive la decisione di questo tribunale e le eventuali fasi costituite dall'appello ex art. 310 del c.p.p. e dal ricorso per cassazione ex art. 311 del c.p.p. Ritiene il collegio che l'effetto sospensivo previsto dall'art. 23 della legge n. 87/1953 sia strettamente collegato al nesso di pregiudizialita' tipico del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale e che quindi abbia un'ampiezza pari a quella dell'estensione di tale nesso. Orbene, la questione piu' sopra illustrata non riguarda il merito del processo principale ma esclusivamente lo status libertatis del prevenuto, status che costituisce l'oggetto di un procedimento relativamente autonomo da quello principale. Invero gli effetti del procedimento principale su quello avente ad oggetto lo stato di liberta' dell'imputato sono segnati in modo esclusivo dal disposto dell'art. 300 del c.p.p., mentre il procedimento avente ad oggetto lo status libertatis dell'imputato nessun effetto puo' determinare sul procedimento principale. Ritiene quindi il collegio che il predetto collegamento tra nesso di pregiudizialita' e sospensione del procedimento e l'illustrata relativa autonomia del procedimento avente ad oggetto la liberta' dell'imputato, unitamente considerati, determinino la limitazione dell'effetto sospensivo al procedimento avente ad oggetto la liberta' dell'imputato, con la conseguenza che il processo principale puo' continuare a seguire il suo iter ordinario. Cio' pare opportuno anche al fine di non impedire gli effetti pro reo che la prosecuzione del processo principale puo' determinare sullo status libertatis del prevenuto. Le controindicazioni alla suesposta prospettazione - costitute da una possibile sopravvenuta irrilevanza della questione di legittimita' costituzionale od alle difficolta' relative alla trasmissione degli atti alla Corte - appaiono prive di reale fondamento. Ritiene infatti il collegio che la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale non possa che essere valutata al momento della sua proposizione e che il suo eventuale venir meno a seguito della definizione del processo principale comporterebbe semplicemente la sopravvenuta cessazione della materia del contendere. Il secondo dei problemi accennati ben puo' essere risolto inviando alla Corte costituzionale, invece degli atti del processo, copia dei medesimi.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva, per violazione degli artt. 3 e 13, quinto comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 275, commi 3- bis e 3-ter, del c.p.p. aggiunti dall'art. 2, lett. b), del d.l. 14 luglio 1994, n. 440, nella parte in cui non prevedono che in relazione al delitto di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 attenuato ai sensi del quinto comma del medesimo articolo sia prevista la possibilita' di applicare la misura cautelare della custodia in carcere; Dispone l'immediata trasmissione di copia di tutti gli atti del processo alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in ordine alla sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata a Frontera Giovanni con altra meno afflittiva; Ordina la notifica, a cura della cancelleria, della presente ordinanza a Frontera Giovanni, al pubblico ministero in sede nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri. Si comunichi, a cura della cancelleria, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Monza, addi' 21 luglio 1994 Il presidente: MAMBRIANI I giudici: VECCHIONE-LOJACONO 94C1071