N. 582 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 1994
N. 582 Ordinanza emessa il 23 giugno 1994 dal pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra Nahiry Saaidia e Zatini Lidia Lavoro (rapporto di) - Sanzioni disciplinari - Divieto per il datore di lavoro di adottare provvedimenti disciplinari nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa - Possibilita' del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato - Inapplicabilita' di detta normativa al rapporto di lavoro domestico (fattispecie: collabotrice domestica licenziata ufficialmente per assenza ingiustificata o uso arbitrario di un'autovettura, ma di fatto perche' in stato di gravidanza) - Deteriore trattamento della collaboratrice domestica rispetto agli altri lavoratori. Lavoro (rapporto di) - Licenziamento - Inapplicabilita' al rapporto di lavoro domestico dell'art. 2110, secondo comma, del c.c., che consente al giudice di determinare secondo equita', in mancanza di altre leggi, norme collettive e usi, il periodo decorso il quale, nei casi di gravidanza e puerperio, il datore di lavoro puo' recedere dal rapporto - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee ed incidenza sul principio della tutela delle donne lavoratrici - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 61/1991 e 86/1994. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 7, secondo e terzo comma, e 35; legge 11 maggio 1990, n. 108, art. 4; c.c., artt. 2239, 2240 e 2110, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.41 del 5-10-1994 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 1035/1994 r.g.; Esaminati gli atti e sciogliendo la riserva che precede; Con ricorso depositato il 2 marzo 1994, e poi notificato il 26 marzo 1994 insieme con il decreto emesso a norma dell'art. 415 cod. proc. civ., Nahiry Saadia conveniva in giudizio Zatini Lidia ed esponeva: di avere prestato attivita' lavorativa alle dipendenze della convenuta, come collaboratrice domestica, e di essere stata licenziata con lettera 3 febbraio 1994, dopo che essa aveva confidato alla Zatini il proprio stato di gravidanza. Piu' in particolare, Nahiry Saadia, pur deducendo che il reale motivo del licenziamento derivava appunto dal suo stato di gravidanza, sottolineava che, nella lettera 3 febbraio 1994, la Zatini aveva motivato il proprio recesso con una serie di addebiti disciplinari ("assenze ingiustificate", "uso arbitrario di un'autovettura", "danni con riserva di sporgere denuncia all'autorita'"), senza che fosse stata esperita la procedura di contestazione degli addebiti a norma dell'art. 7 secondo e terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300. Pertanto, la ricorrente concludeva per la dichiarazione di inefficacia e inesistenza del licenziamento in esame per violazione del citato art. 7 e per la condanna al pagamento delle conseguenti somme retributive dovute. Costituitosi ritualmente il contraddittorio, Zatini Lidia eccepiva l'inapplicabilita' al caso di specie della normativa invocata dalla ricorrente, versandosi in ipotesi di lavoro domestico (con orario di quaranta ore settimanali, e corresponsione di vitto e alloggio). Datosi termine per memorie, la difesa della Nahiry Saaidia denunziava l'illegittimita' costituzionale degli artt. 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108, nella parte in cui non consentono l'applicabilita' del secondo e terzo comma dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300. In proposito si deve osservare: 1) Corte costituzionale 25 luglio 1989, n. 427, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 7, secondo e terzo comma, della legge n. 300/1970 nella parte in cui e' esclusa la loro applicabilita' al licenziamento per motivi disciplinari irrogato da imprenditore che abbia meno di sedici dipendenti. Al riguardo, la Corte ha osservato che, in questa materia, devono prevalere ragioni di dignita' personale e professionale, attinenti alla sfera morale, che "prescindono dal numero dei dipendenti impiegati nell'impresa". A seguito della pronuncia ora citata, la procedura di cui al citato art. 7 risulta applicabile anche ad imprese di minima consistenza (per esempio imprese artigiane con un solo dipendente, studi professionali). Ne consegue che la questione di illegittimita' denunziata dalla ricorrente - in relazione all'art. 3 della Costituzione - risulta direttamente rilevante per la decisione della causa e non puo' essere considerata manifestamente infondata; 2) d'altro canto, il pretore non puo' esimersi dal pronunziarsi in ordine all'ulteriore questione relativa alla possibile nullita' del licenziamento in quanto determinato dall'unico e vero motivo dell'obbiettivo stato di gravidanza della lavoratrice, la quale espressamente dedotto la circostanza e non a caso ha prodotto il certificato medico 10 febbraio 1994 della locale u.s.l./n. 10 E. Ne' la questione puo', in ogni caso, dirsi assorbita da quella sopra indicata sub 1), poiche' l'eventuale nullita' del licenziamento per gravidanza della collaboratrice domestica implicherebbe una tutela economica piu' estesa e comunque ragguagliata alle minime esigenze di tutela connese al periodo finale della gestazione e al puerperio. Diversamente, la piu' recente giurisprudenza della Corte di cassazione (nn. 4844, 4845 e 4846 del 1994) ha limitato, sul piano economico, le conseguenze del licenziamento nullo per mancata osservanza delle procedure garantistiche in materia di licenziamento disciplinare. Raccogliendo dunque gli insegnamenti di Corte costituzionale 8 febbraio 1991, n. 61, e, soprattutto, 15 aprile 1994, n. 86, deve sollevarsi di ufficio questione di illegittimita' degli artt. 2239 e 2240 del codice civile - per contrasto con gli artt. 3 e 37 della Costituzione - nella parte in cui non consentono l'applicazione al rapporto di lavoro domestico dell'art. 2110, secondo comma, del codice civile, e non consentono quindi al giudice di determinare secondo equita' - in mancanza di altre leggi, norme collettive e usi - il periodo decorso il quale puo' recedere dal rapporto il datore di lavoro di collaboratrice domestica la quale si trovi ad affrontare la gravidanza e il puerperio. E' il caso di notare che entrambe le questioni sopra illustrate si appalesano rilevanti ai fini della decisione: e' bensi' vero infatti che l'accoglimento di quella sopra indicata sub 2 assorbirebbe quella di cui al n. 1, ma non viceversa, per le implicazioni di ordine economico alle quale si e' fatto cenno, e anche perche' la donna in gravidanza ha diritto che il suo equilibrio psico-fisico (Corte costituzionale n. 61/1991) non sia turbato nemmeno con un licenziamento ad efficacia differita.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondate: la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 7, secondo e terzo comma, e 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108, - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione - nella parte in cui lo stesso art. 7 risulta inapplicabile al rapporto di lavoro domestico; la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2239, 2240 e 2110, secondo comma, del cod. civ., nella parte in cui - in mancanza di leggi, contratti collettivi e usi - non consentono al giudice di determinare secondo equita' il periodo decorso il quale il datore di lavoro ha diritto di recesso da un rapporto con collaboratrice domestica in stato di gravidanza; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Firenze, addi' 23 giugno 1994 Il pretore: BRONZINI 94C1084