N. 583 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 agosto 1994

                                N. 583
 Ordinanza emessa  il  2  agosto  1994  dal  pretore  di  Vicenza  nel
 procedimento penale a carico di Pendin Enrico
 Inquinamento  -  Scarichi  provenienti  da  insediamenti produttivi -
 Inosservanza dei limiti  di  accettabilita'  previsti  dalle  tabelle
 della  legge  n.  319/1976  (legge Merli) e superamento dei limiti di
 accettabilita'  inderogabili  per  parametri   di   natura   tossica,
 persistente  e  bioaccumulabile  -  Lamentata  depenalizzazione della
 prima ipotesi  e  della  riduzione  di  pena  (applicazione  di  sola
 ammenda)   per   la   seconda  -  Irragionevolezza  -  Disparita'  di
 trattamento rispetto ad ipotesi di violazioni meno  gravi  ma  punite
 con  maggior  severita'  -  Mancata  tutela del paesaggio inteso come
 ecosistema nel suo complesso - Lesione  del  diritto  alla  salute  e
 all'ambiente   salubre  -  Mancata  osservanza  del  principio  dello
 svolgimento  di  attivita'  economica  in  aderenza  con   l'utilita'
 sociale.
 (D.L. 15 luglio 1994, n. 449, art. 3, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 9, 32 e 41).
(GU n.41 del 5-10-1994 )
                              IL PRETORE
    1.  -  Nell'ambito del presente procedimento ritiene il pretore di
 dover  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente  infodanta,  per
 violazione degli artt. 3, 9, 32 e 41 della Costituzione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.l. 15
 luglio  1994, n. 449, nella parte in cui, per gli scarichi diversi da
 "quelli  provenienti  da  insediamenti  abitativi  o  adibiti  a  uno
 svolgimento    di   attivita'   alberghiera,   turistica,   sportiva,
 ricreativa, scolastica e sanitaria", prevede:
       a)   l'applicazione   della   "sola   sanzione   amministrativa
 pecuniaria  da lire un milione a lire dodici milioni" - e pertanto la
 depenalizzazione - nelle  ipotesi  di  "inosservanza  dei  limiti  di
 accettabilita'  di cui alle tabelle allegate" alla legge n. 319/1976;
 tali ipotesi eranno in precedenza riconducibili  alla  previsione  di
 reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976, anche
 nel testo modificato per effetto dei decreti-legge non convertiti che
 hanno preceduto il decreto n. 449/1994, i quali avevano depenalizzato
 la violazione dei limiti tabellari soltanto per gli scarichi civili;
       b)  l'applicazione  della  "sola  ammenda  sino a lire sessanta
 milioni"  -  pertanto  una  drastica   riduzione   della   precedente
 disciplina  sanzionatoria,  che prevedeva l'arresto da due mesi a due
 anni  -  "qualora  siano  superati   i   limiti   di   accettabilita'
 inderogabili  per  i  parametri  di  natura  tossica,  persistente  e
 bioaccumulabile, di  cui  al  numero  4)  del  documento  unito  alla
 delibera  30  dicembre  1980 del comitato interministeriale" previsto
 dalla legge n. 319/1976.
    2. - Ed  infatti,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  va
 osservato quanto segue:
    2.1.  -  Nell'ambito della disciplina originaria di cui alla legge
 10 maggio 1976, n. 319, il  reato  piu'  grave,  perche'  comportante
 lesione   o  pericolo  per  l'interesse  protetto,  e'  sempre  stato
 considerato quello previsto dall'art. 21, terzo  comma  (scarico  con
 violazione dei limiti tabellari), particolarmente nell'ipotesi in cui
 lo scarico provenga da insediamento produttivo.
    2.2.  -  La  sanzione  penale  prevista dal testo originario della
 disposizione incriminatrice e' infatti la  piu'  elevata  fra  quelle
 contenute  nella  legge Merli: l'arresto da due mesi a due anni (art.
 21, terzo comma, in relazione al primo comma dello stesso  articolo),
 con  l'aggiunta della pena accessoria dell'incapacita' di contrattare
 con la pubblica amministrazione (art. 21, quarto  comma).  Gli  altri
 reati  previsti  dalla  legge  n. 319/1976 - per lo piu' di carattere
 formale -  sono  sanzionati  in  modo  piu'  lieve,  e,  soprattutto,
 l'eventuale pena detentiva e' sempre prevista in alternativa rispetto
 alla pena pecuniaria.
    2.3.  -  L'art. 3, primo comma, del presente d.l. 15 luglio 1994,
 n. 449, dispone tuttavia, fra l'altro, per gli  scarichi  diversi  da
 "quelli  provenienti  da  insediamenti  abitativi  o  adibiti  a  uno
 svolgimento   di   attivita'   alberghiera,   turistica,    sportiva,
 ricreativa, scolastica e sanitaria":
      l'applicazione della "sola sanzione amministrativa pecuniaria da
 lire   un   milione   a   lire   dodici  milioni"  -  e  pertanto  la
 depenalizzazione - nelle  ipotesi  di  "inosservanza  dei  limiti  di
 accettabilita' di cui alle tabelle allegate" alla legge n. 319/1976;
      l'applicazione della "sola ammenda sino a lire sessanta milioni"
 -  e  pertanto  una  drastica  riduzione  della precedente disciplina
 sanzionatoria - "qualora siano superati i  limiti  di  accettabilita'
 inderogabili  per  i  parametri  di  natura  tossica,  persistente  e
 bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento unito alla delibera 30
 dicembre 1980 del comitato interministeriale" previsto dalla legge n.
 319/1976.
    2.4. - La disposizione di legge teste citata depenalizza  pertanto
 gran  parte  delle  ipotesi  di  superamento, da parte degli scarichi
 provenienti da insediamenti produttivi,  dei  limiti  indicati  nelle
 tabelle  allegate alla legge n. 319/1976. Resta penalmente sanzionato
 - ma  con  la  sola  ammenda  -  esclusivamente  il  superamento  dei
 parametri   dichiarati   inderogabili  dalla  delibera  del  comitato
 interministeriale del 1980.
    2.5. - Gia' ad un primo e sommario esame,  la  disposizione  della
 cui  costituzionalita'  si  dubita  appare  inserita  in  un contesto
 normativo approssimativo, frettolosamente predisposto ed irrazionale.
 Si consideri, solo a titolo di esempio, che:
      il titolo del d.l. n. 449/1994 -  che  reitera  per  la  quarta
 volta  precedenti  decreti  non convertiti e riguardanti soltanto gli
 scarichi civili e  quelli  delle  pubbliche  fognature  -  fa  ancora
 riferimento esclusivamente a questi tipi di scarichi, mentre la norma
 della  cui  costituzionalita' si dubita (la quale non trova riscontro
 nelle precedenti versioni del decreto) riguarda tutti gli scarichi, e
 percio' anche (ed anzi principalmente) quelli produttivi;
      il d.l. n. 449/1994 appare zeppo di  incongruenze  e  di  gravi
 errori  formali:  basti  pensare  che  viene modificata la disciplina
 della custodia cautelare per i reati previsti dalla legge n. 319/1976
 (art. 3, secondo comma, del d.l.), quando invece,  sin  dall'entrata
 in vigore del nuovo codice di procedura penale, la possibilita' della
 custodia cautelare per tali reati e' tassativamente esclusa (art. 280
 del c.p.p.).
    2.6.  -  Ad  un  esame  piu'  approfondito,  si avverte poi che la
 disposizione in esame contrasta con precise norme della Costituzione.
    Ed infatti:
    2.6. a) Il contrasto con l'art. 3 della Costituzione (principio di
 ragionevolezza) emerge dalla irrazionale e contraddittoria diversita'
 del  trattamento  sanzionatorio  per  le  diverse  ipotesi  di  reato
 previste dalla legge n. 319/1976, quale risulta per effetto del d.l.
 n.  449/1994.  Infatti nel disegno originario della legge n. 319/1976
 erano previsti diversi reati, alcuni  dei  quali  di  natura  formale
 (collegati alla richiesta e rilascio dell'autorizzazione) ed altri di
 natura   sostanziale.   Fra   questi   ultimi  la  legge  considerava
 particolarmente  grave,  e  percio'  meritevole  di  un   trattamento
 sanzionatorio  piu'  severo,  proprio  lo  scarico  (da  insediamento
 produttivo) con violazione dei limiti tabellari.
    L'improvvisa ed immotivata depenalizzazione  di  tale  reato  (che
 resta  sanzionato  con la mera ammenda nel solo caso di violazione di
 alcuni  parametri)  operata  dal  d.l.  n.  449/1994   comporta   un
 trattamento  irrazionale  di  situazioni  differenti: al punto che le
 violazioni meno gravi e puramente formali  risultano  punite  con  la
 pena  alternativa dell'arresto o dell'ammenda (v. ad esempio art. 21,
 primo comma), mentre il superamento dei limiti tabellari da parte  di
 scarico  produttivo,  che pure pone sempre in pericolo - diversamente
 dalle violazioni formali - gli interessi protetti dalla normativa  in
 esame  e'  in alcuni casi depenalizzato ed in altri sanzionato con la
 sola ammenda.
    E' appena il caso di ricordare che  il  principio  di  eguaglianza
 consente  al  legislatore  di  emanare norme differenziare riguardo a
 situazioni obiettivamente diverse solo a condizione  che  tali  norme
 rispondano  all'esigenza che la disparita' di trattamento sia fondata
 su  presupposti  logici   obiettivi,   i   quali   razionalmente   ne
 giustifichino  l'adozione  (v.  per tutte la sentenza n. 7/1963 della
 Corte costituzionale).
    In diverse e recenti occasioni, del resto, la Corte costituzionale
 ha     emesso     decisioni     di     accoglimento,      dichiarando
 l'incostituzionalita'  di disposizioni che prevedevano un trattamento
 sanzionatorio  irrazionalmente  differenziato   rispetto   a   quello
 previsto  per altre fattispecie. Si pensi, ad esempio, alle decisioni
 con cui  la  Corte:  ha  "diminuito"  la  pena  edittale  minima  per
 l'oltraggio  (sentenza  n. 341/1994); ha riconosciuto la possibilita'
 di sostituire le pene detentive per le  lesioni  colpose  causate  da
 incidenti  sul lavoro o per alcuni reati previsti proprio dalla legge
 n. 319/1976 (rispettivamente, sentenze nn. 249/1993 e 254/1994).
    2.6. b) Il contrasto con gli  artt.  9  e  32  della  Costituzione
 emerge  dalla  palese  contraddittorieta' della disposizione in esame
 rispetto all'obiettivo di tutelare "il paesaggio", inteso oggi  anche
 come ecosistema nel suo complesso, ed all'obbligo di salvaguardare il
 diritto  assoluto  ed  incondizionato alla salute, configurabile come
 diritto all'ambiente salubre (v. per tutte  la  nota  sentenza  delle
 sezioni  unite  6 ottobre 1979, n. 5172, nonche' Corte costituzionale
 31 dicembre 1987, n. 641 e Corte costituzionale  16  marzo  1990,  n.
 127).  Rispetto  al  profilo  del diritto alla salute, la diminuzione
 della sanzione penale prevista per la  violazione  dei  parametri  di
 natura  tossica, persistente e bioaccumulabile appare di una gravita'
 sconcertante: non solo per la natura della pena (non piu'  l'arresto,
 ma  la  sola ammenda), ma anche per le conseguenze del diverso e meno
 grave trattamento sanzionatorio in termini di (non)
 applicabilita' di sanzioni accessorie, di termine di prescrizione del
 reato,  di   ammissibilita'   dell'oblazione.   Con   riferimento   a
 quest'ultimo punto, va osservato che l'oblazione applicabile nel caso
 in  esame  sarebbe quella "semplice" prevista dall'art. 162 del c.p.,
 con la conseguente impossibilita' del giudice di  negare  l'oblazione
 quando   "permangano  conseguenze  pericolose  o  dannose  del  reato
 eliminabili da parte del contravventore" (art.  162-  bis  c.p.):  ne
 deriva   fra   l'altro   -  in  caso  di  richiesta  di  oblazione  -
 l'impossibilita' di disporre  il  sequestro  preventivo.  Sono  tutte
 conseguenze   palesemente   assurde,   se   si  considera  la  natura
 sostanziale del reato  e  la  circostanza  che  esso  -  nella  nuova
 formulazione  risultante  per  effetto del d.l. n. 449/1994 - prevede
 sempre il superamento di parametri di natura tossica,  persistente  e
 bioaccumulabile.
    2.6.  c)  Il  contrasto  con  l'art. 41 della Costituzione si puo'
 comprendere  ricordando  che  tale  norma,  fra  l'altro,  vieta   lo
 svolgimento  dell'iniziativa  economica  privata  "in  contrasto  con
 l'utilita' sociale", ed impone alla legge di determinare i  programmi
 opportuni  perche'  l'attivita'  economica possa essere indirizzata e
 coordinata a fini sociali. Su tale base, puo'  ritenersi  coperto  da
 garanzia  costituzionale  il  principio  "chi inquina paga", da tempo
 affermato  dalla  normativa  internazionale  e  comunitaria  ed  ogni
 espressamente   sancito   nell'art.  130R  dell'Atto  unico  europeo,
 ratificato con legge 23 dicembre 1986, n. 909.
    La "costituzionalizzazione" del principio  "chi  inquina  paga"  -
 oggi  chiaramente  presupposta  da diverse decisioni della Cassazione
 (v. per esempio Cass., sezione terza, 2  febbraio  1994,  n.  2525  e
 Cass.,  sezione  terza,  6 aprile 1993, n. 3148) - venne per la prima
 volta sostenuta in modo esplicito  nell'ordinanza  di  rimessione  28
 luglio  1989  del  pretore  di  Verona, sezione distaccata di Caprino
 Veronese, in tema di  "costi  eccessivi"  delle  migliori  tecnologie
 disponibili   necessarie  per  contenere  l'inquinamento  atmosferico
 (Gazzetta Ufficiale, prima serie  speciale,  n.  43  del  1989).  Nel
 definire   -  attraverso  una  decisione  interpretativa  di  rigetto
 (sentenza 16 marzo 1990, n. 127) - la questione di  costituzionalita'
 allora  sollevata, la Corte ha mostrato, in modo implicito ma chiaro,
 di condividere la sostanza  della  tesi,  esposta  nell'ordinanza  di
 rimessione, secondo la quale l'art. 41 della Costituzione consente di
 ritenere  "costituzionalizzato"  il  principio "chi inquina paga". La
 Corte infatti -  nella  motivazione  della  sentenza  n.  127/1990  -
 afferma  testualmente  che,  se  l'esatta interpretazione delle norme
 allora denunciate (art. 2, n. 7, del d.P.R. n. 203/1988  e  art.  674
 del  c.p.)  fosse  stata quella prospettata dal pretore, si sarebbero
 dovuti  ritenere  confermati  "i  dubbi  espressi  dall'ordinanza  di
 rimessione".  La  Corte  pertanto defini' la questione attraverso una
 sentenza di rigetto solo dopo aver sostenuto un'interpretazione delle
 norme ordinarie allora denunciate diversa da quella  prospettata  dal
 pretore e conforme - fra l'altro - al principio "chi inquina paga".
    Cio'  premesso, appare evidente al pretore la contraddizione grave
 che l'art. 3, primo comma, del d.l. n. 449/1994 introduce rispetto al
 principio  "chi  inquina  paga",  e  -  conseguentemente  -  rispetto
 all'art. 41 della Costituzione. La norma denunciata infatti favorisce
 apertamente chi ha violato la legge e penalizza invece, anche sul pi-
 ano  della  concorrenza  fra  imprese,  proprio  le aziende che hanno
 affrontato rilevanti investimenti per adeguare i propri impianti alle
 esigenze di tutela ambientale.
    3. -  Quanto  poi  alla  rilevanza  nel  presente  giudizio  della
 questione prospettata, va osservato quanto segue:
    3.1.   -  Nel  procedimento  n.  551/1994  r.g.,  la  cui  udienza
 dibattimentale e' fissata per il  29  settembre  1994,  all'imputato,
 titolare  di  uno scarico produttivo, viene fra l'altro contestato il
 reato di cui all'art. 21, terzo comma, della  legge  n.  319/1976  in
 relazione  al  superamento  dei limiti tabellari "quanto ai parametri
 cadmio e tensioattivi".
    3.2. - Il parametro  "tensioattivi"  non  rientra  fra  quelli  di
 natura  tossica,  persistente  e bioaccumulabile, di cui al n. 4) del
 documento  unito  alla  delibera  30  dicembre  1980   del   comitato
 interministeriale previsto dalla legge n. 319/1976.
    Con  riferimento  al  superamento di tale parametro, il reato deve
 percio' intendersi depenalizzato per effetto della norma oggetto  del
 presente giudizio di costituzionalita'.
    3.3.  -  Il parametro "cadmio" rientra invece fra quelli di natura
 tossica, persistente e bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento
 unito alla delibera 30 dicembre 1980 del  comitato  interministeriale
 previsto dalla legge n. 319/1976.
    Con riferimento al superamento di tale parametro, la norma oggetto
 del  presente  giudizio  di  costituzionalita'  prevede,  come  si e'
 osservato, l'applicazione della sola pena dell'ammenda anziche' della
 pena dell'arresto, come originariamente previsto dall'art. 21,  terzo
 comma, della legge n. 319/1976.
    Il  termine di prescrizione (art. 157 del c.p.) e' percio' oggi di
 due anni (aumentabili a tre ex art. 160 del c.p.),  anziche'  di  tre
 anni  (aumentabili  a  quattro anni e sei mesi ex art. 160 del c.p.),
 come in precedenza.
    Poiche' il superamento dei limiti  sarebbe  avvenuto  in  data  22
 aprile  1991,  il reato, con riferimento al superamento del perametro
 "cadmio", deve intendersi prescritto per effetto della norma  oggetto
 del presente giudizio di costituzionalita'.
   3.4.  -  Da  quanto  esposto  ai  punti  3.2  e  3.3 emerge che, in
 applicazione della norma oggetto del giudizio  di  costituzionalita',
 dovrebbe    essere    pronunciata   sentenza   predibattimentale   di
 proscioglimento ex art. 129 del c.p.p.:
      perche' il fatto non e' piu' previsto dalla  legge  come  reato,
 quanto al superamento del parametro "tensioattivi";
      perche' il reato e' estinto per intervenuta prescrizione, quanto
 al superamento del parametro "cadmio".
    3.5.  -  Qualora  invece la questione di costituzionalita' venisse
 accolta, dovrebbe procedersi a dibattimento.
    3.6. - Dalle considerazioni esposte  si  desume  che  il  presente
 giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
 della questione di legittimita' costituzionale.
    4.  -  Come  e' agevole comprendere dal punto 1) e dal dispositivo
 della   presente   ordinanza,   l'oggetto    della    questione    di
 costituzionalita'   prospettata   e'   delimitato   alle  ipotesi  di
 superamento:
      da parte degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi o
 di pubbliche fognature convoglianti esclusivamente o  prevalentemente
 scarichi   produttivi   (ovverossia  -  per  utilizzare  l'eccentrica
 definizione contenuta nel decreto - da parte degli  scarichi  diversi
 da  "quelli  provenienti  da  insediamenti  abitativi o adibiti a uno
 svolgimento   di   attivita'   alberghiera,   turistica,    sportiva,
 ricreativa, scolastica e sanitaria");
      dei  limiti  di  accettabilita' direttamente prescritti per tali
 scarichi dalle tabelle allegate alla legge n. 319/1976.
    Restano invece escluse dall'ambito della questione prospettata:
      l'ipotesi  di superamento dei limiti tabellari di cui alla legge
 n. 319/1976 da parte di scarichi  civili  o  di  pubbliche  fognature
 convoglianti esclusivamente o prevalentemente scarichi civili;
      l'ipotesi   di  superamento,  da  parte  di  qualsiasi  tipo  di
 scarichi, dei limiti "specifici eventualmente prescritti in  sede  di
 rilascio dell'autorizzazione o di modifica della stessa".
    Le   ragioni   di  una  simile  delimitazione  dell'oggetto  della
 questione sono sostanzialmente due.
    In primo luogo, dal punto di vista della rilevanza (v.  sopra  sub
 3),  il presente procedimento ha per oggetto il superamento, da parte
 di uno scarico proveniente da  insediamento  produttivo,  dei  limiti
 tabellari direttamente fissati dalla tabella A allegata alla legge n.
 319/1976.
    In   secondo  luogo,  dal  punto  di  vista  della  non  manifesta
 infondatezza (e percio' del merito della questione: v. sopra sub  2),
 il   reato   di   superamento   dei   limiti   tabellari   e'   stato
 tradizionalmente riferito, sino a pochi anni fa, dalla giurisprudenza
 e  dalla  dottrina  assolutamente   costanti,   esclusivamente   alla
 violazione,  da parte degli scarichi produttivi, dei limiti tabellari
 direttamente fissati dalla legge statale. Soltanto negli ultimi tempi
 la Corte dei cassazione,  attraverso  decisioni  del  tutto  nuove  e
 criticate  dalla prevalente e piu' autorevole dottrina, ha ipotizzato
 l'applicabilita' del reato di cui all'art.  21,  terzo  comma,  della
 legge  anche  agli  scarichi civili (v. in particolare Cass., sezioni
 unite penali, 12 febbraio 1993, Tognetti)  e,  comunque,  anche  alle
 ipotesi  di  superamento  di  limiti  contenuti  nel provvedimento di
 autorizzazione e piu' restrittivi di quelli tabellari (v.  per  tutte
 Cass.,   sezione  terza  penale,  17  febbraio  1988,  Gremmo).  Tali
 decisioni, ad avviso del pretore, alterarono  in  modo  improvviso  e
 ingiustificato  l'equilibrio  che  era  stato in precedenza raggiunto
 nell'applicazione della legge n.  319/1976,  ed  offrirono  cosi'  un
 pericoloso  ed  inutile pretesto, ora strumentalmente utilizzato, per
 tentare di giustificare un intervento normativo (quale  quello  della
 cui  costituzionalita'  si  dubita)  il  cui significato e' quello di
 sottrarre alla sanzione penale proprio il comportamento piu' grave  e
 pericoloso  per  l'ambiente e la salute dei cittadini: la violazione,
 da parte degli scarichi  produttivi,  dei  limiti  tabellari  fissati
 direttamente  dalla  legge.  Anche  per  questa ragione la censura di
 costituzionalita' qui prospettata non investe la depenalizzazione del
 superamento dei limiti tabellari da parte degli scarichi civili  (del
 resto  contenuta anche nei decreti non convertiti che hanno preceduto
 quello ora in  vigore),  ne'  la  dichiarata  inapplicabilita'  della
 sanzione  prevista  dal  testo  originario dell'art. 21, terzo comma,
 all'ipotesi di superamento di limiti contenuti nel  provvedimento  di
 autorizzazione  e  piu'  restrittivi  di  quelli  tabellari. Essa, al
 contrario, si limita ad investire:
      la  depenalizzazione  del  superamento,  da  parte  di  scarichi
 produttivi,  dei  limiti  tabellari  direttamente fissati dalla legge
 statale ma non dichiarati  inderogabili  dalla  citata  delibera  del
 comitato interministeriale;
      la   previsione   di  una  sanzione  penale  ingiustificatamente
 modesta, e comunque inferiore a quelle previste per reati meno  gravi
 pure  contenuti nella legge n. 319/1976, per il superamento, da parte
 di scarichi produttivi, dei  limiti  tabellari  direttamente  fissati
 dalla  legge  statale ed inoltre dichiarati inderogabili dalla citata
 delibera del comitato interministeriale.
    Pertanto   l'eventuale    accoglimento    della    questione    di
 costituzionalita'  prospettata  avrebbe l'effetto di ripristinare una
 situazione normativa equilibrata e rispettosa del disegno  originario
 della   legge   n.   319/1976:   al  di  fuori,  quindi,  di  inutili
 esasperazioni (quale l'estensione "giurisprudenziale"  agli  scarichi
 civili del reato di superamento dei limiti tabellari), come di "colpi
 di spugna" volti a sottrarre alla sanzione penale (od a sanzionare in
 modo  ingiustificatamente  modesto)  proprio  gli scarichi produttivi
 piu' inquinanti.
    5. - Resta da esaminare brevemente una  possibile  obiezione  alla
 possibilita',  per  la Corte, di accogliere la questione prospettata.
 Si potrebbe infatti tentare di  sostenere  la  sua  infondatezza  sul
 presupposto  che,  in  precedenti  occasioni  nelle quali la Corte ha
 dovuto valutare la ragionevolezza o meno  di  determinate  previsioni
 sanzionatorie,  le  decisioni di accoglimento pronunciate hanno avuto
 l'effetto di attenuare, e non di aggravare, l'entita' della  sanzione
 o comunque la posizione dell'imputato: casi tipici, gia' citati nella
 presente  ordinanza, quello nel quale la Corte ha "diminuito" la pena
 edittale minima per l'oltraggio, o quelli in cui ha  riconosciuto  la
 possibilita'  di  sostituire le pene detentive per le lesioni colpose
 causate da incidenti sul lavoro o per  alcuni  reati  previsti  dalla
 legge n. 319/1976.
    Due  solidi  argomenti  rendono,  ad avviso del pretore, infondata
 l'obiezione.
    In primo luogo, nel sistema italiano di  instaurazione  presso  la
 Corte  dei giudizi di costituzionalita', l'oggetto di tali giudizi e'
 diretta  conseguenza  delle  caratteristiche   e   dell'oggetto   del
 procedimento pendente davanti al giudice a quo. Nel caso in esame, la
 norma   che,   in   caso  di  mancato  accoglimento  della  questione
 prospettata, dovra' trovare applicazione nel procedimento in corso e'
 quella che depenalizza lo  scarico  da  insediamento  produttivo  con
 violazione  dei  limiti tabellari: e' pertanto di questa norma (anche
 se favorevole all'imputato), e non di altre, che occorre valutare  la
 costituzionalita'  anche  dal  punto  di vista della sua congruita' e
 ragionevolezza rispetto al sistema normativo nel quale e' inserita.
    In secondo luogo, e tornando al  merito  della  questione,  appare
 evidente  che  e' proprio la norma denunciata ad essere eccentrica ed
 irrazionale rispetto alle  altre  disposizioni  incriminatrici  della
 legge  n.  319/1976,  e  non  viceversa. Nel disegno originario della
 legge  teste'  citata  erano  infatti  previsti,  come  si  e'   gia'
 osservato,  diversi  reati,  alcuni  dei  quali  di natura formale (e
 collegati alla richiesta e rilascio dell'autorizzazione) ed altri  di
 natura   sostanziale.   Fra   questi   ultimi  la  legge  considerava
 particolarmente  grave,  e  percio'  meritevole  di  un   trattamento
 sanzionatorio  piu'  severo,  proprio  lo  scarico  (da  insediamento
 produttivo) con violazione  dei  limiti  tabellari.  L'improvvisa  ed
 immotivata  depenalizzazione  di tale reato (che resta sanzionato con
 la mera ammenda nel solo caso  di  violazione  di  alcuni  parametri)
 operata  dal  d.l.  n. 449/1994 e' pertanto il fattore di disarmonia
 che deve essere sottoposto al giudizio di costituzionalita'.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, per violazione
 degli artt. 3, 9,  32  e  41  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  3, primo comma, del d.l. 15
 luglio 1994, n. 449, nella parte in cui, per gli scarichi diversi  da
 "quelli  provenienti  da  insediamenti  abitativi  o  adibiti  a  uno
 svolgimento   di   attivita'   alberghiera,   turistica,    sportiva,
 ricreativa, scolastica e sanitaria", prevede:
      l'applicazione della "sola sanzione amministrativa pecuniaria da
 lire   un   milione   a   lire   dodici  milioni"  -  e  pertanto  la
 depenalizzazione - nelle  ipotesi  di  "inosservanza  dei  limiti  di
 accettabilita' di cui alle tabelle allegate" alla legge n. 319/1976;
      l'applicazione della "sola ammenda sino a lire sessanta milioni"
 -  e  pertanto  una  drastica  riduzione  della precedente disciplina
 sanzionatoria - "qualora siano superati i  limiti  di  accettabilita'
 inderogabili  per  i  parametri  di  natura  tossica,  persistente  e
 bioaccumulabile, di cui al n. 4) del documento unito alla delibera 30
 dicembre 1980 del comitato interministeriale" previsto dalla legge n.
 319/1976;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata all'imputato, al  suo  difensore,  al  pubblico  ministero
 nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri e comunicata al
 Presidente della Camera dei deputati  ed  al  Presidente  del  Senato
 della Repubblica.
      Vicenza, addi' 2 agosto 1994
                           Il pretore: BUTTI

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