N. 584 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 maggio 1994

                                N. 584
 Ordinanza  emessa  il  17  maggio  1994  dal  tribunale  di  Roma nel
 procedimento penale a carico di Nourredine Backri
 Misure di sicurezza - Obbligatoria espulsione,  a  condanna  espiata,
 dello  straniero  condannato  per  determinati  reati  (nella specie:
 cessione di eroina) - Conseguente impossibilita' di concessione della
 sospensione  condizionale,  per  interpretazione   della   Corte   di
 cassazione  vincolante  nel  caso  di  specie  ma  in  difformita'  a
 successiva uniforme giurisprudenza - Lamentata impossibilita' per  il
 giudice   di   merito   di  valutare  la  sussistenza  o  meno  della
 pericolosita' sociale del condannato - Irragionevolezza.
 (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 86, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 25 e 27).
(GU n.41 del 5-10-1994 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale nel procedimento contro Nourredine Backri,  nato
 in Marocco il 26 dicembre 1957.
    Con  sentenza in data 24 luglio 1991, Nourredine Backri, cittadino
 marocchino, veniva condannato da altro collegio  di  questa  sezione,
 all'esito di giudizio abbreviato, alla pena di sei mesi di reclusione
 e  L.  3.000.000 di multa per il reato di cessione di eroina commesso
 in  Roma  il  22  luglio  1991.  Al  Backri  veniva  riconosciuta  la
 diminuente  ex  art.  73/5  del  d.P.R.  n.  309/1990. Con la prefata
 sentenza,   il   tribunale   concedeva  al  predetto  la  sospensione
 condizionale  della  pena.  Ricorreva  contro  questa  decisione   il
 procuratore  generale,  osservando che, trattandosi di straniero che,
 ai sensi dell'art. 86, primo comma,  del  d.P.R.  n.  309/1990,  deve
 essere  espulso  dallo Stato a pena espiata, l'applicazione di questa
 misura di sicurezza  ostava  alla  concessione  del  beneficio  della
 sospensione   condizionale   stante   l'espresso   divieto  stabilito
 dall'art. 164, secondo comma, n. 2, del c.p., in base  al  quale  non
 puo'  concedersi  la  sospensione  della  pena  allorche' deve essere
 inflitta una misura di sicurezza personale, perche' il reo e' persona
 che la legge presume  socialmente  pericolosa.  In  accoglimento  del
 ricorso,  la  Corte di cassazione, con sentenza 12 ottobre 1992 della
 sezione  quarta,  annullava,  sul  punto,  la  sentenza  di   merito,
 rinviando  per  il  nuovo esame a questo tribunale, previa fissazione
 del principio di diritto cosi' articolato: "l'art. 86 del  d.P.R.  n.
 309/1990  dispone  che  lo  straniero  condannato per l'art. 73 dello
 stesso d.P.R. ( ..) a pena espiata deve essere espulso  dallo  Stato.
 Tale  ordine  avrebbe  dovuto  pertanto  essere emesso dal giudice di
 merito con la decisione impugnata. E l'applicazione della  misura  di
 sicurezza  in questione avrebbe dovuto costituire giuridico ostacolo,
 per  l'art.  164,  secondo  comma,  n.  2,  alla  concessione   della
 sospensione condizionale della pena".
    Rinnovato  il  giudizio, il tribunale viene investito dalla difesa
 del Backri  della  richiesta  di  sollevare  davanti  alla  Corte  la
 questione   di   costituzionalita'   dell'art.   86  del  t.u.  legge
 stupefacenti, sulla base del rilievo  che,  nel  frattempo,  numerose
 altre  pronunce,  anche  di  legittimita',  hanno,  diversamente  dal
 principio  di  diritto  fissato  per  questo  procedimento,   escluso
 l'automatismo  dell'applicazione  dell'espulsione ex art. 86 (ipotesi
 del primo comma, la sola che qui  rileva).  L'osservazione  di  parte
 difensiva merita accoglimento.
    La questione e' rilevante.
    Il  Backri,  secondo  quanto  rileva  agli atti di questo giudice,
 risulta incensurato. Non sono emersi a suo carico procedimenti penali
 pendenti. Ne'  anteriormente  ai  fatti  per  cui  fu  giudicato  dal
 tribunale  di  Roma,  ne'  in  data  successiva,  costui ha riportato
 condanne penali. Versa dunque nelle condizioni  soggettive  di  colui
 che  puo'  meritare la sospensione condizionale della pena, potendosi
 fondatamente  ritenere,  sulla  scia  di  quanto  gia'  rilevato  dal
 precedente  giudicante,  che  in  futuro  si  asterra' dal commettere
 ulteriori reati. Ma alla  reiterazione  di  tale  beneficio  osta  il
 principio  di  diritto  fissato  dalla  s.C.,  imperativo  per questo
 giudice giusta il disposto dell'art. 627/3 del c.p.p.  Senonche',  va
 osservato  che  proprio  la  suprema  Corte,  nelle  sue piu' recenti
 decisioni,  e'  pervenuta  ad  un  orientamento  difforme  da  quello
 enunciato nella sentenza Backri.
    E'  stato  cosi'  affermato  che  "la pericolosita' sociale (dello
 straniero, n.d.r.), a norma dell'art. 31 della legge n. 663/1986  non
 puo'  essere  piu' presunta, ma va accertata" (Cassa, sezione quarta,
 11316 del 12 novembre 1991, Bechir); che "non  sussiste  rapporto  di
 specialita' dell'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990 rispetto all'art. 445
 del  c.p.p."  (Cass.,  sezione  quarta,  11553  del 16 novembre 1991,
 Senoussi, e sezione  quarta,  11899  del  22  novembre  1991,  Moudou
 Toure',  che escludono l'applicabilita' dell'espulsione in ipotesi di
 patteggiamento,  sul  rilievo  che  trattasi  di misura di sicurezza,
 dunque non applicabile al pari di tutte le altre misure di  sicurezza
 quando   le  parti  concordano  la  pena);  che  "l'espulsione  dello
 straniero va applicata tutte le volte in cui il  giudice  pervenga  a
 motivato  giudizio  di  sussistenza delle condizioni di pericolosita'
 sociale .. nell'ipotesi,  invece,  che  il  giudizio  sull'attualita'
 della  pericolosita'  sociale  si  risolva  in  senso  favorevole  al
 prevenuto, il predetto  beneficio  sospensivo  dell'esecuzione  della
 pena  puo'  essere  concesso quando si escluda la probabilita' che lo
 stesso  commetta  nuovi  fatti  preveduti  dalla  legge  come  reato"
 (sezione  quarta,  636 del 19 ottobre 1992, Scek); che "la disciplina
 delle misure di sicurezza delineata nel  codice  Rocco  ..  e'  stata
 radicalmente  rinnovata  dall'art. 31 della legge n. 663/1986, che ha
 proceduto all'abolizione di  ogni  forma  di  presunzione  legale  di
 pericolosita',  imponendo  in  ogni caso al giudice l'accertamento in
 concreto della pericolosita'  del  soggetto  quale  risultato  di  un
 giudizio  prognostico  circa la probabilita' di ricaduta nel delitto"
 (Cass., sezione prima, 10 luglio 1993, Medrano: la Corte osserva  che
 "il  preteso automatismo di applicazione - dell'art. 86 del n.d.r.) -
 cui fa riferimento il giudice di  appello  non  sussiste  nel  nostro
 sistema,  se e' vero che la misura dell'espulsione non e' applicabile
 nell'ipotesi di patteggiamento"); che "l'espulsione  dello  straniero
 nei  casi  previsti  dal  primo  e  secondo  comma dell'art. 86 e' da
 considerarsi, a differenza di quella prevista  dal  comma  terzo  del
 medesimo  articolo,  una  vera  e propria misura di sicurezza, la cui
 applicazione effettiva richiede quindi, secondo le  regole  generali,
 l'accertamento  della  pericolosita'  del  soggetto"  (Cass., sezione
 prima, 5577 del 22 gennaio 1994, Trabelsi).
    Dal complesso di tutte queste decisioni si  evince  che  la  Corte
 considera,  superato  ogni  contrasto  in  merito, l'espulsione dello
 straniero dallo Stato a seguito di condanna una misura di  sicurezza,
 e che, come tale, la reputa soggiacente alle regole ordinarie in tema
 di  applicazione  ed  esecuzione  delle  misure  di  sicurezza. Dette
 regole, a seguito dell'abrogazione dell'art.  204  del  c.p.  operata
 dall'art.  31  della  legge  n.  663/1986, si risolvono nell'obbligo,
 posto a carico del giudicante, dell'accertamento della sussistenza di
 concreta  pericolosita'  sociale,  nel  cui  difetto  non  puo'   ne'
 applicarsi  ne'  eseguirsi  alcuna  misura di sicurezza. Prima ancora
 delle  citate   massime,   la   natura   di   misura   di   sicurezza
 dell'espulsione  dello  straniero  dallo Stato nelle ipotesi previste
 dalla (abrogata) legge n. 685/1975 e, oggi, dal d.P.R.  n.  309/1990,
 era gia' stata ampiamente riaffermata da una serie di decisioni (cfr.
 sezione  seconda,  20 maggio 1987, Trofa, sezione quarta, 23 novembre
 1988, Battistutti, sezione prima, 15 novembre 1988,  Ragusa,  sezione
 sesta,  20  dicembre  1989,  Djemal,  sezione  quinta, 13 marzo 1990,
 Maruca, sezione sesta, 6 giugno 1990, Charni, tutte richiamate  nella
 nota  a  tribunale  di Roma, 14 novembre 1992, Boura, in "Cass. pen.,
 1994, 146-147). E che  di  misura  di  sicurezza  si  tratti  non  e'
 contestato  nemmeno  dalla  qui  richiamata  sentenza 12 ottobre 1992
 relativa al procedimento Backri. Senonche', la sentenza Backri sembra
 ritenere che questa, e questa sola misura  di  sicurezza,  sfugga  ai
 principi  generali, e vada automaticamente applicata a prescindere da
 ogni valutazione in concreto in punto di pericolosita'.
    La  questione  dell'automatica applicazione dell'espulsione si era
 gia' posta con riferimento all'art. 81 della
 legge n. 685/1975. Anche la vecchia normativa in tema di stupefacenti
 obbligava il giudicante a procedere all'espulsione  dello  straniero,
 con  impossibilita'  di  applicare  la sospensione condizionale della
 pena. La ratio della norma, ovviamente, stava  nella  presunzione  di
 pericolosita'  posta  a  carico  dello  straniero che avesse commesso
 alcuno  dei  delitti  previsti  dalla  citata  legge.  Tuttavia,   la
 questione  aveva  ragion d'essere perdurante la vigenza dell'art. 204
 del c.p., se e'  vero  che,  successivamente  all'entrata  in  vigore
 dell'art.  31  della  legge n. 663/1986, la Corte costituzionale, con
 l'ordinanza 117 del 9 aprile 1987, aveva rimesso ai giudici a  quibus
 gli  atti  relativi  alle  numerose  questioni  proposte  sul  punto,
 precisando  che  "spetta  all'interprete  stabilire   se   la   nuova
 disposizione  spieghi effetti sugli impugnati artt. 235 del c.p. e 81
 della legge n. 685/1z975".
    E la giurisprudenza, come si e' cercato di  dimostrare  attraverso
 gli  esempi  sopra  forniti,  si  era  gia'  orientata  nel  senso di
 escludere    l'automatismo     dell'applicazione     della     misura
 dell'espulsione.  Ora,  l'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990 ripropone la
 formulazione che  gia'  fu  dell'abrogato  art.  81  della  legge  n.
 685/1975.  Da  qui  la prospettazione della tesi della specialita' di
 questa norma, tesi negata, come si e'  visto,  dall'uniforme  recente
 orientamento  della  suprema  Corte: con l'eccezione, e' ovvio, della
 sentenza Backri.
    Questo  giudice  si  trova  dunque  al  cospetto  di  un  uniforme
 indirizzo  della  giurisprudenza  di legittimita' che non pone limiti
 alla formulazione del giudizio di pericolosita'  in  concreto,  sulla
 falsariga  di quanto stabilito, in linea generale, per tutte le altre
 misure di sicurezza: si consideri, al riguardo, che il  principio  e'
 pacifico  anche  per altre fattispecie previste da leggi speciali (ed
 e' stato affermato, ad esempio, per l'art. 538 del c.p.  in  tema  di
 reati  previsti  dalla  legge n. 75/1958, da Cass., sezione terza, n.
 87/176220). E  pure  in  presenza  di  una  prognosi  favorevole  per
 l'interessato,  a  questo  giudice  e' interdetta ogni valutazione di
 merito stante la preclusione dell'art. 627/3 del c.p.p. L'adesione al
 principio di diritto verrebbe dunque a creare  in  questo  caso,  per
 l'imputato Backri, una situazione di svantaggio non
 rimediabile  nemmeno con un eventuale ricorso ex art. 628 del c.p.p.,
 dal momento che in nessun caso un'eventuale  impugnazione  di  questa
 decisione  potrebbe  riproporre  alla  suprema  Corte  questioni gia'
 decise. Ne' e' ipotizzabile, senza  una  cosciente  violazione  delle
 norme  processuali da parte del giudicante, disattendere il principio
 di  diritto  fissato.  Nemmeno  e'  percorribile,  a  prescindere  da
 qualsivoglia  valutazione  circa  la  sostenibilita', sul piano della
 logica, della soluzione adottata, la strada seguita dal tribunale  di
 Roma,   14  novembre  1992,  Boura,  che,  accanto  alla  sospensione
 condizionale,  applica   comunque   l'espulsione   dello   straniero,
 ostandovi  l'inequivoca  statuizione  del  principio di diritto sopra
 riportata. Ne deriva che l'unica strada percorribile  e'  il  ricorso
 alla  Corte  costituzionale, affinche' sia affermato il principio del
 non automatismo dell'applicazione della misura di sicurezza  ex  art.
 86 del d.P.R. n. 309/1990.
    Ritiene,   in  sostanza,  questo  giudice,  che  l'interpretazione
 dell'art. 86, primo comma,  del  d.P.R.  n.  309/1990  accolta  dalla
 sentenza  12  ottobre  1992  della sezione quarta, nello stabilire un
 automatismo di applicazione della norma che non  trova  riscontri  in
 nessun'altra  ipotesi di misura di sicurezza, sia interpretazione che
 viola il principio di ragionevolezza a cui piu' volte questa Corte si
 e' richiamata, in quanto confligge con l'opposto principio  del  non-
 automatismo  uniformemente  accettato  da tutte le altre pronunce, ed
 ormai   pacificamente   riconosciuto   quale   principio   assorbente
 d'interpretazione della norma in oggetto.
    Detta  interpretazione  viola,  ad  avviso  di questo giudice, gli
 artt. 3, 25 e 27 della Costituzione.
    Viola il principio di  uguaglianza  perche'  non  consente  che  a
 situazioni  del  tutto simili sotto il profilo oggettivo (per il tipo
 di reato commesso e di sanzione irrogata o  irroganda)  e  soggettivo
 (per le qualita' personali del reo, oggetto di valutazione, insieme a
 tutte  le  altre  circostanze  ex  art.  133  del c.p., ai fini della
 concessione  della  sospensione  condizionale   della   pena)   possa
 corrispondere,  e  nella  realta'  infine  corrisponda,  identita' di
 valutazione, e cio' non  sulla  base  del  giudizio  discrezionale  e
 motivato  del  giudice  di merito sulla ricorrenza di presupposti che
 legittimino  la  concessione   o   il   diniego   della   sospensione
 condizionale,   ma   a  causa  della  preclusione  riconnessa  ad  un
 automatismo nell'applicazione delle misure di sicurezza  che  non  ha
 piu' diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento.
    Viola  l'art. 25, terzo comma, della Costituzione, poiche' postula
 la sottoposizione a misura di sicurezza in difetto  della  previsione
 legislativa.  Dal momento in cui l'art. 31 della legge n. 663/1986 ha
 espunto dall'ordinamento la presunzione legale di pericolosita',  per
 sottoporre qualcuno ad una misura di sicurezza non e' sufficiente che
 ad  una  determinata  condotta,  qualificata  o  meno come reato, sia
 riconnessa l'applicazione della misura di sicurezza,  ma  occorre  un
 passaggio  successivo,  e  cioe'  l'accertamento  in  concreto  della
 pericolosita'  tanto  all'atto  dell'applicazione,  che  al   momento
 dell'esecuzione, ove la stessa sia, per qualsiasi ragione, differita.
 E'  la  legge stessa a porre queste ulteriori condizioni perche' alla
 misura  di  sicurezza  possa  darsi  e  applicazione  e   esecuzione:
 l'automatismo  che  la  sentenza  12  ottobre  1992  postula  sottrae
 applicazione ed esecuzione della misura di sicurezza  dell'espulsione
 dello straniero al principio di legalita'.
    Viola,   infine,  l'art.  27,  terzo  comma,  della  Costituzione.
 L'espulsione dello straniero dal territorio rende  inapplicabile,  in
 suo  favore,  le  chances  di  emenda che si concretano attraverso le
 misure alternative alla detenzione e, piu' in generale, gli strumenti
 previsti dall'ordinamento penitenziario,  ma  che  trovano  anche  un
 significativo  momento di attuazione all'atto stesso dell'irrogazione
 della sanzione. Il finalismo rieducativo,  secondo  quanto  osservato
 dalla  sentenza  n. 313/1990 della Corte costituzionale, e' immanente
 alla sanzione penale, e non limitato  alla  sua  fase  esecutiva.  La
 stessa   sospensione   condizionale   e'   beneficio  collegato  alla
 previsione di un successivo reinserimento  nel  tessuto  sociale:  la
 misura  di  sicurezza dell'espulsione, ove automaticamente applicata,
 inibisce allo straniero un percorso, astrattamente sempre  possibile,
 di   reinserimento.  La  valutazione  discrezionale  e  motivata  del
 giudicante costituisce criterio di  temperamento  del  piu'  generale
 disfavore con cui l'ordinamento guarda alla permanenza sul territorio
 dello straniero delinquente: non e' contrario all'emenda prevedere in
 linea  generale  che  lo straniero sia espulso ove si accerti che, se
 lasciato  sul  territorio,  continuerebbe   a   delinquere,   ma   e'
 irragionevole,   e  contrario  all'emenda,  postulare  che  sempre  e
 comunque lo straniero continuera' a delinquere e che dunque sempre  e
 comunque  va espulso, negando ogni possibilita' di una valutazione in
 concreto della sussistenza o meno della pericolosita'.  Ne'  si  puo'
 osservare,  in  contrario  avviso,  che l'espulsione rappresenta, nei
 riguardi dello straniero criminale, una  ormai  prevalente  linea  di
 politica   giudiziaria   e   dell'ordine   pubblico,  dunque  rimessa
 all'insindacabile volonta' del legislatore. Vero  e'  che  l'art.  7,
 comma  12-  bis  e 12- ter della legge 28 febbraio 1990, n. 39 - gia'
 oggetto di pronuncia da parte della Corte costituzionale che ne ha di
 recente affermato la piena costituzionalita'  -  prevedono  forme  di
 espulsione   dello  straniero  con  effetti  interruttivi,  e  dunque
 alternativi, tanto sulla custodia cautelare che sull'esecuzione della
 pena,   nel   chiaro   intento   di   privilegiare    la    soluzione
 dell'allontanamento  dal  territorio rispetto ad altre considerazioni
 afferenti all'emenda o alle stesse esigenze processuali, ma  trattasi
 di  espulsione  comunque  volontaria  e  concordata, adottata solo su
 richiesta dell'interessato  o  del  suo  difensore,  e  mai  imposta,
 secondo  quanto  postulato  dall'interpretazione  che  qui si critica
 dell'art.  86  del  d.P.R.  n.  309/1990,  in  difetto  di   concreto
 accertamento della sussistenza di effettiva pericolosita'.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art. 86, primo comma, del d.P.R. n. 309/1990, in
 relazione agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso e ordina trasmettersi gli atti  alla
 Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Roma, addi' 17 maggio 1994
                         Il presidente: AMATO
                                    I giudici: DE CATALDO - CASTAGNOLI
 94C1086