N. 649 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 settembre 1994

                                N. 649
 Ordinanza  emessa il 10 settembre 1994 dal tribunale di Catanzaro sul
 ricorso proposto da Mazza Espedito Salvatore
 Processo penale - Proroga della custodia cautelare - Previsto
    provvedimento del g.i.p., "sentiti  il  p.m.  e  il  difensore"  -
    Lamentata   omessa   previsione  del  procedimento  in  camera  di
    consiglio ex art. 127 del c.p.p. - Irragionevolezza  -  Disparita'
    di   trattamento   rispetto   alla   procedura  per  la  rettifica
    dell'ordinanza che ha disposto la proroga per la quale e' prevista
    l'osservanza  delle  forme  di  cui  all'art.  127  cod.  cit.   -
    Compressione del diritto di difesa.
 (C.p.p. 1988, art. 305, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma).
(GU n.44 del 26-10-1994 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  deliberato  la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 numero 543 del registro delle  impugnazioni  delle  misure  cautelari
 personali  dell'anno  1994,  riservato  per la decisione alla udienza
 camerale del 6 settembre 1994 e vertente vs Mazza Espedito Salvatore,
 nato a Catanzaro il 10 dicembre 1963, in atto detenuto presso la Casa
 Circondariale di Catanzaro; indagato, appellante, avverso l'ordinanza
 deliberata il 22 giugno 1994, con la quale il giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale ordinario di Catanzaro ha disposto la
 proroga  fino  al  23 ottobre 1994 del termine della misura cautelare
 della custodia  in  carcere,  applicata  con  ordinanza  spedita  dal
 predetto  giudice  per  le  indagini  preliminari  e notificata il 23
 giugno 1993;
    Sentiti l'indagato e il difensore, avvocati Sergio  Polisicchio  e
 Piero Chiodo;
    Esaminati gli atti di causa;
    Udito il presidente relatore;
                            P R E M E T T E
      che  con ordinanza del 22 giugno 1994 il giudice per le indagini
 preliminari del tribunale  ordinario  di  Catanzaro,  sulla  conforme
 richiesta  del  p.m.,  sentite  le  parti alla udienza tenuta in pari
 data, ha  disposto  la  proroga,  nei  sensi  sopra  indicati,  della
 custodia   in   carcere   applicata   all'indagato   pei  delitti  di
 associazione di tipo mafioso, a' sensi dell'art. 416-bis del  c.p.  e
 di   associazione   finalizzata  al  traffico  illecito  di  sostanze
 supefacenti o psicotrope a' sensi dell'art. 74 del t.u.  delle  leggi
 in  materia  di  disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
 prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
 tossicodipendenza, approvato con il d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
      che  avverso  detta  ordinanza  il  difensore, avv. Polisicchio,
 nell'interesse dell'indagato, ha proposto appello  con  atto  del  24
 giugno 1994, depositato il 25 giugno 1994;
      che  alla  udienza  del  6  settembre 1994, fissata in camera di
 consiglio per la trattazione del gravame giusta decreto del 14 luglio
 1994, e celebrata senza l'intervento del p.m. e con la partecipazione
 dell'indagato, i difensori, indicati in epigrafe, hanno illustrato  i
 motivi  dell'appello  e hanno concluso, insistendo per l'accoglimento
 dell'impugnazione;
                              R I L E V A
    1. - Gli appellanti siviluppano due motivi di gravame.
    Per ragioni di sequenza logica il collegio li  esamina  in  ordine
 inverso rispetto a quello col quale sono stati enunciati nell'atto di
 appello.
    Col   primo   motivo,  in  rito,  gli  appellanti  eccepiscono  la
 violazione del diritto di difesa, sotto il profilo che  la  richiesta
 di proroga del p.m. non venne depositata, prima della udienza, e che,
 comunque,  a  essi  difensori non fu concesso un termine adeguato per
 esaminare la richiesta de qua e allestire la difesa;  e,  a  sostegno
 dell'assunto  in punto di fatto, producono copia del provvedimento in
 data 16 giugno 1994 col quale il giudice per le indagini preliminari,
 con puntuale riferimento  a  un  indirizzo  della  giurisprudenza  di
 legittimita',  ha  rigettato  l'istanza  difensiva "di poter prendere
 visione della richiesta di proroga del p.m.,  nonche'  (di  ottenere)
 copia degli atti", presentata in pari data.
    Col  secondo  mezzo,  nel  merito,  gli  appellanti contestando la
 sussistenza delle condizioni per la concessione della proroga.
    2. - E' pregiudiziale l'esame del primo motivo.
    L'art.  305 del C.p.p. dispone, soltanto, che il giudice, prima di
 provvedere sulla richiesta di proroga, deve  sentire  il  p.m.  e  il
 difensore.
    La  giurisprudenza  di  legittimita'  e'  concorde  nel  ritenere,
 peraltro, in aderenza all'indiscutibile tenore della norma,  che  non
 deve procedersi con le forme del procedimento in camera di consiglio,
 a' sensi dell'art. 127 del c.p.p. (cass., sez. I, 3 febbraio 1994, n.
 4787,  massima  n.  196360;  cass.  sez.  I,  7 gennaio 1994 n. 4041,
 massima n. 195917; cass., sez. I, 23 novembre 1993 n.  4246,  massima
 n.  195572;  cass.,  sez.  III,  11  agosto  1993 n. 1746, massima n.
 194472; cass., sez. I, 8 giugno 1993  n.  1336,  massima  n.  194400;
 cass., sez. I, 14 luglio 1992 n. 2547, massima n. 191278; cass., sez.
 VI,  4  luglio  1992  n.  1504, massima n. 190978; cass., sez. II, 15
 giugno 1992 n. 2388, massima n. 190633; cass. sez. VI, 18 marzo  1992
 n.  416,  massima  n.  189653;  cass., sez. VI, 18 marzo 1992 n. 415,
 massima n. 189652; cass., sez. I, 9 marzo 1992  n.  778,  massima  n.
 189471;  cass.,  sez. II, 21 gennaio 1992 n. 5908, massima n. 189011;
 cass., sez. I, 2 aprile 1991 n. 501, massima n. 187764 e cass.,  sez.
 I,  2  aprile  1991  n.  168,  massima n. 187745 in archivio penale -
 C.E.D. cassazione).
    Un ulteriore indirizzo della Corte suprema di cassazione, peraltro
 non univoco, nega, poi, perfino che la richiesta di proroga del  p.m.
 debba essere previamente notificata al difensore e che a questi debba
 essere  concesso  alcun  termine  libero,  ancorche'  contenuto,  per
 l'esame della richiesta stessa (cass., sez. I, 23 novembre  1993,  n.
 4246,  massima  n.  195572;  cass., sez. I, 15 ottobre 1992, n. 3322,
 massima n. 192033; cass., sez. I, 3 marzo 1992  n.  522,  massima  n.
 198369;  cass., sez. VI, 31 ottobre 1991 n. 3046, massima n. 190162 e
 cass., sez. V, 19 dicembre 1991 n. 1443, massima n. 198409, ibidem).
    Tanto premesso,  il  tribunale  ritiene  che  sussiste  motivo  di
 dubitare  della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 305, secondo
 comma del c.p.p., limitatamente all'inciso  "sentiti  il  p.m.  e  il
 difensore",   nella   parte   in  cui  esclude  l'applicazione  delle
 disposizioni del procedimento  in  camera  di  consiglio  a'  termini
 dell'art. 127 del c.p.p.
    La  norma  sospettata di illegittimita' costituzionale e', innanzi
 tutto, certamente rilevante ai fini  del  presente  procedimento,  in
 quanto  gli  appellanti si dolgono della violazione dei diritti della
 difesa, che prospettano vulnerati in seguito alla applicazione  della
 norma  in parola, che il giudice a quo ha interpretato in conformita'
 della richiamata giurisprudenza della Corte suprema di cassazione.
    Circa, poi, la non  manifesta  infondatezza  della  questione,  il
 tribunale  sospetta  che  la  norma  contrasti con gli artt. 3, primo
 comma e 24, secondo comma della Costituzione.
    Sotto il primo profilo appare, invero, ingiustificata l'esclusione
 del rito camerale, di cui all'art.  127  del  c.p.p.,  a  fronte  dei
 numerosissimi  casi  -  e'  superfluo  enumerarli  -  in cui la legge
 prescrive l'osservanza del rito de quo.
    La palese diversita' di trattamento rispetto  a  tutti  gli  altri
 incidenti,  de  libertate  e  no,  che  devono essere trattati con la
 applicazione della disciplina di cui all'art. 127 del  c.p.p.  e  che
 non  sono  -  nella  stragrande maggioranza - di rilievo e importanza
 certo maggiori,  e  la  conseguente  discriminazione  si  pongono  in
 contrasto,  ad  avviso  del  collegio,  col principio di uguaglianza,
 fissato dall'art. 3, primo comma della Costituzione.
    L'irrazionalita' della disciplina si apprezza sol che si consideri
 che  le  piu'  garantistiche forme di rito camerale (v. infra) devono
 essere attuate, se poi si deve procedere  alla  mera  correzione  del
 provvedimento  di  proroga (l'art. 130 del c.p.p.  richiama, appunto,
 l'art. 127 del c.p.p.).
    Sicche'  appare  veramente  assurdo  che,  laddove  si  tratta  di
 rettificare  l'ordinanza  che  ha  disposto la proroga - di guisa che
 l'emendamento,  per  l'appunto  "non   comporta   una   modificazione
 essenziale  dell'atto"  - la legge impone di provvedere "in camera di
 consiglio a norma dell'art. 127 del (c.p.p.)",  e,  invece,  dispensa
 dall'osservanza  del rito camerale, proprio quando si deve deliberare
 il contenuto essenziale del provvedimento.
    Sotto il secondo profilo la norma sospettata sembra  in  contrasto
 col  principio  del  diritto di difesa, sancito dall'art. 24, secondo
 comma della Costituzione.
    E' appena il caso di rilevare che il procedimento di cui  all'art.
 305,  secondo  comma  del  c.p.p.  dispiega  rilevantissimi  e  gravi
 conseguenze sullo status libertatis dell'indagato, in quanto comprime
 la liberta' personale al di la' dei limiti massimi di fase, stabiliti
 in via ordinaria per la durata della custodia cautelare.
    Eppero', una volta  riconosciuta,  peraltro,  dal  legislatore  la
 necessita' dell'intervento della difesa nel procedimento incidentale,
 disponendo,  appunto,  l'art.  305,  secondo  comma del c.p.p. che il
 giudice provvede "sentiti il pubblico ministero e il difensore",  non
 appare  ne'  congrua,  ne'  accettabile, in relazione alla importanza
 dell'interesse in discussione e alla correlata esigenza dell'adeguato
 esercizio del diritto di difesa, la sostituzione della disciplina del
 rito camerale  (avviso  della  udienza  sia  all'interessato  che  al
 difensore;  termine dilatorio di dieci giorni; facolta' di presentare
 memorie prima della udienza; adozione  del  provvedimento  nel  pieno
 contraddittorio  tra le parti) con la riduttiva previsione della mera
 audizione del difensore,  la  quale  comporta:  a)  l'esclusione  del
 preventivo  deposito  in  cancelleria  della  richiesta  del p.m. ed,
 eventualmente, degli atti su cui la stessa si fonda; b)  l'esclusione
 del  termine  dilatorio  per  l'esame degli atti e per l'allestimento
 della difesa, previsto nei procedimenti in camera di consiglio; c) e,
 infine,  addirittura  l'estromissione  del  procedimento  incidentale
 dell'indagato,  il quale neppure ha (riconosciuto) il diritto di aver
 notizia e di interloquire  in  merito  alla  richiesta  del  p.m.  di
 proroga della propria coercizione.
    Eppero',  appalesandosi,  alla  stregua  delle  considerazioni che
 precedono, rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  esposta,  il  tribunale  la  solleva di
 ufficio e adotta le conseguenti statuzioni di rito.
                               P. Q. M.
    Letto e applicato l'art. 23 della legge  20  marzo  1953,  n.  87,
 cosi' provvede:
    Solleva  di  ufficio  la  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 305, secondo comma, del  c.p.p.,  limitatamente  all'inciso
 "sentiti  il  p.m.  e  il  difensore",  nella  parte  in  cui esclude
 l'applicazione delle  disposizioni  del  procedimento  in  camera  di
 consiglio   a'   termini  dell'art.  127  del  c.p.p.,  per  sospetta
 violazione degli artt. 3, primo comma, e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione;
    Ordina  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata al pubblico ministero, all'indagato, ai  difensori,  e  al
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri e sia, inoltre, comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Sospende il procedimento incidentale di  appello  della  ordinanza
 indicata in epigrafe;
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale.
    Cosi' deciso in Catanzaro, addi' 10 settembre 1994
                   Il presidente estensore: VECCHIO
                                         I giudici: MARCHIANO' - RUSSO
 94C1155