N. 72 ORDINANZA 21 febbraio - 3 marzo 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sicurezza  pubblica  - Cittadini extracomunitari - Decreti prefettizi
 di espulsione - Potere assimilabile a  quello  conferito  al  giudice
 penale  -  Ius superveniens: d.-l. 14 giugno 1993, n. 187, convertito
 in legge n. 296/1993 - Introduzione di una nuova ed  ulteriore  forma
 di   coordinamento   tra   la   decisione  giurisdizionale  e  quella
 amministrativa  -  Esigenza  di  un  riesame  della  rilevanza  della
 questione - Restituzione degli atti al giudice a quo.
 
 (D.-L. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 7, primo comma)
 
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 35 e 97).
(GU n.11 del 9-3-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo  comma,
 del  decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia
 di  asilo  politico,  di   ingresso   e   soggiorno   dei   cittadini
 extracomunitari  e  di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
 ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato), convertito, con
 modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, promossi  con  le
 seguenti  ordinanze:  1)  n. 2 ordinanze emesse il 13 maggio 1992 dal
 Tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia  sui   ricorsi
 proposti da Mongui Castellanos Maria Herminda e Villanueva Villanueva
 Dagoberto  contro  il  Prefetto ed il questore di Milano, iscritte ai
 nn. 787 e 788 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 54,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1992;   2)   ordinanza   emessa   l'8   aprile   1993  dal  Tribunale
 amministrativo regionale della Liguria sul  ricorso  proposto  da  De
 Oliveira  Vera Lucia contro il Ministero dell'Interno, iscritta al n.
 584 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 41, prima sperie speciale, dell'anno 1993;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Mongui  Castellanos  Maria
 Herminda  e  Villanueva  Villanueva  Dagoberto  nonche'  gli  atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  30  novembre  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Uditi l'avvocato Mario Loria per Mongui Castellanos Maria Herminda
 e  Villanueva  Villanueva  Dagoberto e l'Avvocato dello Stato Stefano
 Onufrio per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Ritenuto che alcuni cittadini extracomunitari (i colombiani Mongui
 Castellanos Maria Herminda e Villanueva  Villanueva  Dagoberto  e  la
 brasiliana  De  Oliveira  Vera  Lucia),  espulsi dal territorio dello
 Stato italiano,  impugnavano  i  rispettivi  decreti  prefettizi  con
 ricorsi   diretti,   rispettivamente,   al  Tribunale  amministrativo
 regionale della Lombardia e a quello  della  Liguria,  i  quali,  con
 ordinanze  in  data  13  maggio 1992 e 8 aprile 1993, sollevavano, in
 relazione agli artt. 3, 24, 25, 35 e 97 della Costituzione, questione
 di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   7,   comma   1,   del
 decreto-legge  30  dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di
 asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari
 e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed  apolidi  gia'
 presenti  nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni,
 nella legge 28 febbraio 1990, n. 39;
      che, ad avviso dei  rimettenti,  sarebbe  errato  assimilare  il
 potere  di  espulsione  attribuito  al prefetto a quello conferito al
 giudice  penale,   configurante   una   misura   di   sicurezza   che
 assicurerebbe  al  giudice  il  potere  discrezionale  di valutare il
 persistere della pericolosita' sociale in capo al condannato, fino al
 punto di revocare il provvedimento di espulsione (come  nella  specie
 sarebbe   avvenuto),   misura   diversa   dalla   prima,   in  quanto
 amministrativa, attribuita al prefetto dal  citato  decreto-legge  n.
 416  del  1989,  convertito nella legge n. 39 del 1990, allo scopo di
 espellere ob- bligatoriamente lo straniero  condannato  con  sentenza
 passata in giudicato per uno dei delitti di cui all'art. 380, commi 1
 e 2, del codice di procedura penale;
      che   nei  confronti  dei  ricorrenti,  condannati  per  delitti
 riguardanti il traffico di droga ai sensi  della  legge  22  dicembre
 1975,   n.   685,   era   stata  applicata  la  misura  di  sicurezza
 dell'espulsione dal territorio nazionale prevista  come  obbligatoria
 dall'art.  81  della  predetta  legge  n. 685 per quel tipo di reato,
 successivamente  revocata  dal  magistrato  di  sorveglianza   previo
 accertamento della cessata pericolosita' sociale dei condannati; che,
 secondo  i  rimettenti,  mentre  le  misure  di  sicurezza,  anche se
 obbligatorie,  come  l'ordine   di   espulsione,   sarebbero   sempre
 revocabili  (una  volta  accertato  il venir meno della pericolosita'
 sociale del condannato), le misure "di polizia" sarebbero automatiche
 e percio'  manifestamente  irragionevoli,  in  questo  caso,  perche'
 l'aver  subito  una  condanna,  sia  pure  per  un  grave  reato, non
 comporterebbe  necessariamente  la  persistenza  della  pericolosita'
 sociale  del  reo;  e  sarebbero altresi' contraddittorie, perche' in
 contrasto con il principio costituzionale della finalita' rieducativa
 della pena, di cui all'art. 25 (recte: art. 27) della Costituzione;
      che   l'esclusione,   in   capo   all'autorita'   amministrativa
 competente a disporre l'espulsione, a norma dell'art. 7, comma 1, del
 decreto-legge n. 416 del 1989  (convertito  nella  legge  n.  39  del
 1990),  di  una  qualsiasi  valutazione  circa la necessita' di essa,
 sarebbe in contrasto con i  principi  di  ragionevolezza,  ricavabile
 dall'art.  3  della  Costituzione, e di buon andamento della pubblica
 amministrazione,  stabilito  dall'art.  97,  come  dimostrerebbe   la
 giurisprudenza   costituzionale,   la  quale  si  sarebbe  orientata,
 ripetutamente, verso l'esclusione  di  sanzioni  rigide  e  prive  di
 adeguatezza e proporzionalita' al caso concreto, sia nel campo penale
 sia in quello amministrativo (sent. n. 971 del 1988);
      che,  inoltre,  essendosi  privata  la facolta' di espulsione di
 adeguata ponderazione in riferimento al caso concreto,  la  norma  si
 porrebbe  in  contrasto  insanabile con l'art. 24 della Costituzione,
 sia perche' verrebbe a sottrarre di ogni  controllo  il  giudizio  di
 legittimita'  del giudice amministrativo sia perche' essa rivelerebbe
 una disarmonia rispetto all'art.  35  della  Costituzione,  impedendo
 agli  interessati  l'esercizio di una attivita' lavorativa svolta sul
 territorio italiano;
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per la inammissibilita' o infondatezza della questione;
    Considerato che i giudizi sono stati riuniti per l'identita' della
 questione sollevata;
      che il decreto-legge 14 giugno 1993, n.  187  (Nuove  misure  in
 materia  di  trattamento  penitenziario,  nonche' sull'espulsione dei
 cittadini stranieri) convertito, con modificazioni,  nella  legge  12
 agosto 1993, n. 296, ha integrato il testo originario dell'art. 7 del
 decreto-legge  n. 416 del 1989, come convertito nella citata legge n.
 39 del 1990, inserendovi i commi dal 12-bis al 12-sexies;
      che tali integrazioni, pur non riguardando il comma 1  dell'art.
 7   citato,  possono  rilevare  ai  fini  dell'interpretazione  della
 disposizione in esame,  che  si  apre,  significativamente,  con  una
 clausola  di  salvezza  ("fermo  restando"),  riferibile  a  tutte le
 disposizioni gia' vigenti in materia di espulsione e, in particolare,
 in materia di espulsione "misura  di  sicurezza"  di  competenza  del
 giudice;
      che  il problema del raccordo tra la misura giurisdizionale e la
 misura amministrativa e' stato  affrontato  e  risolto,  di  recente,
 dalla  Corte  di  cassazione  proprio con riguardo alla materia degli
 stupefacenti, cosi' come  disciplinata  dall'art.  86  del  d.P.R.  9
 ottobre  1990,  n. 309, nel senso che, mentre il provvedimento di cui
 ai primi due commi del citato art. 86 e' di competenza dell'autorita'
 giudiziaria, "l'espulsione immediata" di cui al terzo  comma  avrebbe
 natura di provvedimento amministrativo;
      che  le  nuove  disposizioni recate dal decreto-legge n. 187 del
 1993, convertito nella legge n. 296 del 1993, si  palesano  come  una
 nuova   e   ulteriore   forma   di  coordinamento  tra  la  decisione
 giurisdizionale e quella amministrativa;
      che gli atti vanno quindi restituiti ai giudici a quibus per  un
 nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro normativo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina  la  restituzione  degli  atti  ai  Tribunali amministrativi
 regionali della Lombardia e della Liguria.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 3 marzo 1994.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
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