N. 776 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 agosto 1994

                                N. 776
 Ordinanza emessa il  1  agosto  1994  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso il tribunale di Palermo nel procedimento penale a
 carico di Benvenuto Giuseppe Croce
 Processo penale - Procedimenti aventi ad oggetto un reato punibile in
    astratto  con  la  pena  dell'ergastolo  -   Rito   abbreviato   -
    Inapplicabilita'  ex  sentenza  n.  176/1991  -  Lamentata mancata
    previsione di trattamento differenziato per  il  collaboratore  di
    giustizia  nonche' del bilanciamento, ai fini della determinazione
    della pena, tra l'attenuante di cui  all'art.  8  della  legge  n.
    203/1991   (collaborazione  con  la  giustizia)  e  le  aggravanti
    contestate - Irragionevolezza -  ingiustificata  parificazione  di
    situazioni  diverse - Compressione del diritto di difesa - Lesione
    del principio della finalita' di rieducazione del condannato.
 (C.P.P. 1988, art. 442, secondo comma; c.p., art. 69, primo comma;
    legge 12 luglio 1991, n. 203, art. 8).
 (Cost., artt. 3, 25 (recte: art. 24), e 27).
(GU n.3 del 18-1-1995 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    (Omissis).
    Pronunciando poi sulla questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata   dalla   difesa   di   Benvenuto  Giuseppe  Croce  in  via
 subordinata, da' lettura della seguente ordinanza:
    Rilevata non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale relativamente alla richiesta  di  giudizio  abbreviato
 avanzata  da  Benvenuto Giuseppe Croce, con riferimento all'art. 442,
 secondo  comma,  del  c.p.p.,  nella  parte  in   cui   non   prevede
 l'applicazione  della  circostanza attenuante di cui all'art. 8 della
 legge n. 203/1991 ai fini della determinazione della pena in sede  di
 ammissibilita'  del  giudizio abbreviato, per violazione gli artt. 3,
 27 e 25 della Costituzione;
    Rilevato  in   particolare   che   l'interpretazione   restrittiva
 dell'art.  442  del  c.p.p.,  cosi' come integrato dalla pronunzia n.
 176/1991 della Corte costituzionale, nella specie  non  puo'  trovare
 applicazione  alla luce del disposto di cui all'art. 8 della legge n.
 203/1991 che punisce in modo del  tutto  autonomo  colui  che  avendo
 commesso   fatti   delittuosi  astrattamento  punibili  con  la  pena
 dell'ergastolo  abbia  deciso  di  collaborare  con   la   giustizia,
 acquisendo   l'imputato   lo  speciale  status  di  collaboratore  di
 giustizia gia' prima della richiesta di rinvio a  giudizio  formulata
 dal p.m.;
    Rilevato,  pertanto,  che  ben  potrebbe il p.m. nel contestare il
 fatto reato  astrattamente  punibile  con  l'ergastolo  includere  la
 speciale  ipotesi  contemplata  dall'art.  8  della legge n. 203/1991
 dando cosi' modo al giudice di valutare ex ante, e non in seguito  ad
 una  verifica  sulla  sussistenza  o  meno  di  tale  circostanza, la
 posizione dell'imputato;
   Rilevato che il vuoto normativo, verosimilmente determinato da  una
 imperfetta  armonizzazione  tra la norma all'art. 442 del c.p.p., con
 l'integrazione anzi detta della pronuncia della Corte  costituzionale
 e la norma emanata successivamente costituita dall'art. 8 della legge
 n.  203/1991,  si  risolve  anzi  tutto in una violazione dell'art. 3
 della Costituzione in quanto  verrebbero  sostanzialmente  parificate
 posizioni  in  realta'  diseguali tra chi commette fatti punibili con
 l'ergastolo senza prestare alcuna forma di collaborazione, nel  senso
 voluto  dalla  legge  n.  203/1991  e  chi, invece, compia tali fatti
 rivestendo   la   qualifica   di   collaboratore.   Ancora   in   una
 ingiustificata  compressione  del  diritto di difesa ex art. 25 della
 Costituzione in  quanto  priverebbe  l'imputato  collaborante  di  un
 importante  strumento di difesa tecnica costituita dalla possibilita'
 di definire le sue pendenze con il rito abbreviato  anche  in  deroga
 alle  disposizioni  ordinarie.  Ancora in una violazione dell'art. 27
 della Costituzione  tenuto  conto  del  principio  di  rieducabilita'
 attraverso  la pena del condannato che deve a maggior ragione trovare
 applicazione per quei condannati individuati  come  collaboratori  di
 giustizia;
    Preso  atto  della pronuncia di manifesta infondatezza gia' emessa
 dalla Corte costituzionale in data 14  giugno  1990  con  riferimento
 all'asserita  violazione  dell'art.  3  della Costituzione, dell'art.
 442, secondo comma, e 51, terzo comma, del c.p.p., nella parte in cui
 prevede la riduzione di pena per cause non dipendenti dalla  gravita'
 del  reato,  dalla  personalita' del soggetto, ma esterne e collegate
 solo allo stato di attivazione  delle  indagini  e  all'apprezzamento
 discrezionale  e insindacabile del p.m. (vedi Cassaz. 29 marzo 1993 e
 12 maggio 1992);
    Rilevato,  purtuttavia,  che   tale   pronunzia   risulta   emessa
 antecedentemente  all'entrata  in  vigore  della  legge  n.  203/1991
 sicche' una ulteriore pronunzia della Corte  costituzionale  sotto  i
 rilievi qui formulati di violazione della norma costituzionale appare
 ancora piu' necessaria;
    Rilevato  poi,  sotto  altro  profilo,  manifestamente  fondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69,  primo  comma,
 del  c.p.  e  dell'art.  8 della legge n. 203/1991 nella parte in cui
 prevede  il  cosiddetto  bilanciamento  tra   l'attenuante   speciale
 prevista  da  tale  norma  e le aggravanti contestate, per violazione
 ancora una volta degli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione, alla luce
 delle considerazioni sopra  espresse  e  per  ulteriore  rilievo  che
 accedendo  alla  tesi della bilanciabilita' la potesta' discrezionale
 del legislatore sarebbe stata usata in modo irragionevole;
    Rilevato poi che entrambi le questioni ed  in  particolare  quella
 relativa  all'art.  442,  secondo  comma, del c.p.p. appaiono fondate
 avuto  anche  riguardo  alla  diversa  prospettazione  rispetto  alle
 analoghe    questioni   gia'   sottoposte   all'esame   della   Corte
 costituzionale e alla natura premiale delle attenuanti in esame;
    Rilevata   la  rilevanza  anche  ai  fini  della  definizione  del
 procedimento relativo a Benvenuto Giuseppe  Croce  la  cui  posizione
 astrattamente appare decidibile allo stato degli atti;
    Ritenuto  che  a  norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.
 23, il procedimento nei riguardi del Benvenuto  va  obbligatoriamente
 sospeso in attesa delle statuizioni della Corte costituzionale previa
 separazione  della  posizione processuale del Benvenuto e conseguente
 formazione di un  autonomo  fascicolo  processuale  non  interferendo
 detta posizione con quella degli altri imputati.
                               P. Q. M.
    Visto  l'art.  23  della legge 11 marzo 1953, dichiara rilevante e
 non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  degli artt. 442, secondo comma, del c.p.p., 39, primo
 comma, del c.p., 8 della legge n. 203/1991, in rapporto agli artt. 3,
 25 e 27 della Costituzione sollevata dalla difesa;
    Ordina per l'effetto l'immediata trasmissione degli atti  relativi
 all'imputato  Benvenuto  Giuseppe  Croce  alla Corte costituzionale e
 sospende il giudizio relativo al predetto imputato;
    Dispone che a cura della cancelleria la presente  ordinanza  venga
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Visto l'art. 18, primo comma, del c.p.p.,  ordina  la  separazione
 della  posizione  processuale  di Benvenuto Giuseppe Croce disponendo
 che a cura della cancelleria  venga  formato  un  autonomo  fascicolo
 processuale;
    Dispone  procedersi  oltre  nell'udienza preliminare nei confronti
 degli altri imputati.
    (Omissis).
      Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile)
 
 95C0057