N. 4 SENTENZA 11 - 12 gennaio 1995

 
 
 Giudizio sulla ammissibilita' della richiesta di  referendum
 popolare.
 
 Costituzione  della  Repubblica italiana -  Referendum - Commercio di
 vendita al pubblico -  Disciplina  dell'orario  dei  negozi  e  degli
 esercizi  di  vendita  al  dettaglio  -  Differenziazione per settori
 merceologici - Discrezionalita' da parte degli operatori del  settore
 -  Poteri dei sindaci - Chiarezza del quesito volto alla richiesta di
 completa liberalizzazione dell'orario e  dei  giorni  di  apertura  e
 chiusura dei negozi (notturni e festivi) - Ammissibilita'.
 
 (Legge  28 luglio 1971, n. 558, artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8; d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, art. 54, lett.   d); d.-l. 1  ottobre  1982,  n.
 697,  convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 1982, n.
 887, art. 8, quarto e quinto comma, nel testo sostituito dall'art.  1
 del d.-l. 26 gennaio 1987, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla
 legge 27 marzo 1987, n.  121)
 
(GU n.3 del 18-1-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art.  2,  primo  comma,
 della  legge  costituzionale  11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
 referendum popolare per l'abrogazione della legge 28 luglio 1971,  n.
 558  recante  "Disciplina  dell'orario dei negozi e degli esercizi di
 vendita al dettaglio", limitatamente agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8;
 nonche' del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, limitatamente all'art. 54,
 lett. d), limitatamente alle  parole  "dei  negozi,"  e  alle  parole
 "vendita e";
      nonche'  del  decreto-legge  1  ottobre  1982  n.  697,  recante
 "Disposizioni  in  materia  di   IVA,   di   regime   fiscale   delle
 manifestazioni  sportive  e cinematografiche e di riordinamento della
 distribuzione commerciale", convertito in legge,  con  modificazioni,
 dalla  legge  29 novembre 1982, n. 887, relativamente all'art. 8 (nel
 testo sostituito  dall'art.  1  del  d.-l.  26  gennaio  1987  n.  9,
 convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 27 marzo 1987 n. 121),
 comma 4: "Fermo rimanendo quanto disposto dalla legge 28 luglio 1971,
 n. 558, a modificazione dell'art. 1, secondo comma, lett.  b),  della
 legge  medesima, i sindaci, in conformita' ai criteri stabiliti dalle
 regioni ai sensi dell'art. 54 del d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,
 fissano  i  limiti  giornalieri  degli orari di vendita al dettaglio,
 anche differenziati per  settori  merceologici,  indicando  l'ora  di
 apertura  antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale
 non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale e'  in  vigore
 l'ora  legale,  non  oltre  le  ore 21. Nel rispetto dei limiti cosi'
 fissati l'operatore commerciale puo' scegliere l'orario di apertura e
 di chiusura con facolta', inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai
 predetti   limiti,   di    un'ora    l'apertura    antimeridiana    e
 corrispondentemente   la  chiusura  serale,  che  comunque  non  puo'
 avvenire oltre le ore 21."; comma 5: "Le disposizioni di cui all'art.
 6, secondo comma, della legge 28 luglio 1971,  n.  558,  sono  estese
 agli  esercizi specializzati nella vendita di bevande, libri, dischi,
 nastri magnetici, nusicassette, videocassatte, opere d'arte,  oggetti
 d'antiquariato,  stampe,  cartoline,  articoli  ricordo  e  mobili.";
 iscritto al n. 78 del registro referendum.
    Vista l'ordinanza del 30 novembre  1994  con  la  quale  l'Ufficio
 centrale  per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha
 dichiarato legittima la richiesta;
    Udito nella camera di consiglio del  9  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Uditi  l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per i presentatori
 Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Con ordinanza del 30 novembre 1994, l'Ufficio centrale per il
 referendum  presso  la  Corte  di   cassazione   ha   dichiarato   la
 legittimita'  della  richiesta  di  referendum  abrogativo,  relativa
 all'iniziativa annunciata il  4  novembre  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  n.  260 del 5 novembre 1993, in tema di orari di
 vendita degli esercizi commerciali.
    Il  predetto  Ufficio,  dopo  aver  ritenuto  di  accogliere   due
 richieste  del  Comitato  promotore  del  referendum  - l'una diretta
 all'integrazionedel quesito mediante l'indicazione di parte dell'art.
 54, lett. d), del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, al  fine  di  evitare
 che  sopravviva  un potere comunale in tema di fissazione degli orari
 dei  negozi,  e  l'altra  per  la  correzione  dell'errore  materiale
 contenuto  nel testo del quesito e riferito agli estremi del decreto-
 legge 1 ottobre 1982 n. 697 e delle sue successive  modificazioni  ed
 integrazioni  -  ha  integrato e riformulato il testo del quesito nei
 seguenti termini:
      "Volete voi che sia abrogata la legge 28  luglio  1971,  n.  558
 recante  "Disciplina  dell'orario  dei  negozi  e  degli  esercizi di
 vendita al dettaglio", limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7 e
 8;  nonche'  il  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.   616,   limitatamente
 all'articolo  54, lettera d), limitatamente alle parole "dei negozi",
 e alle parole "vendita e"; nonche' il decreto-legge 1  ottobre  1982,
 n.  697,  recante  "Disposizioni  in  materia  di  imposta sul valore
 aggiunto,  di  regime  fiscale  delle   manifestazioni   sportive   e
 cinematografiche e di riordinamento della distribuzione commerciale",
 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982,
 n.   887,   relativamente   all'articolo  8,  (nel  testo  sostituito
 dall'articolo 1 del decreto-legge 26 gennaio 1987 n.  9,  convertito,
 con  modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987 n. 121) comma 4: "Fermo
 rimanendo quanto disposto dalla legge  28  luglio  1971,  n.  558,  a
 modificazione dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge
 medesima,  i  sindaci,  in  conformita'  ai  criteri  stabiliti dalle
 regioni ai sensi dell'articolo 54 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.  616,
 fissano  i  limiti  giornalieri  degli orari di vendita al dettaglio,
 anche differenziati per  settori  merceologici,  indicando  l'ora  di
 apertura  antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale
 non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale e'  in  vigore
 l'ora  legale,  non  oltre  le  ore 21. Nel rispetto dei limiti cosi'
 fissati l'operatore commerciale puo' scegliere l'orario di apertura e
 di chiusura con facolta', inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai
 predetti   limiti,   di    un'ora    l'apertura    antimeridiana    e
 corrispondentemente   la  chiusura  serale,  che  comunque  non  puo'
 avvenire  oltre  le  ore  21";  comma  5:  "Le  disposizioni  di  cui
 all'articolo  6,  secondo  comma, della legge 28 luglio 1971, n. 558,
 sono estese agli esercizi specializzati  nella  vendita  di  bevande,
 libri,  dischi,  nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere
 d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo e
 mobili. "?".
    2.  -  Il  Comitato  promotore   della   richiesta   referendaria,
 nell'imminenza  della  camera  di consiglio convocata per il giudizio
 sull'ammissibilita' del referendum innanzi detto, ha  presentato  una
 memoria nella quale svolge considerazioni in ordine alla chiarezza ed
 alla non equivocita' del quesito, ai fini della sua ammissibilita'.
    3.   -   Ricevuta  la  comunicazione  dell'ordinanza  dell'Ufficio
 centrale, il Presidente della Corte costituzionale  ha  convocato  la
 Corte  in  camera di consiglio per il giorno 9 gennaio 1995, ai sensi
 dell'art. 33 della legge 25  maggio  1970,  n.  352,  per  deliberare
 sull'ammissibilita'  della  richiesta  referendaria,  secondo  quanto
 previsto dall'art. 2 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.
    4.  -  Nell'imminenza  della  camera  di  consiglio  il   comitato
 promotore  del  referendum  ha depositato una memoria, nella quale si
 sofferma sulla finalita' della richiesta referendaria che  e'  quella
 di  pervenire  alla  liberalizzazione della disciplina degli orari di
 vendita degli esercizi commerciali nel senso  dell'affidamento,  alle
 libere  determinazioni  imprenditoriali,  delle scelte relative. Dopo
 aver precisato l'ambito del quesito referendario, che ha  interessato
 piu'  disposizioni  legislative,  il  comitato  promotore  richiama i
 principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia  di
 referendum abrogativo e conclude per l'ammissibilita' dell'iniziativa
 in esame.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Questa  Corte deve accertare la sussistenza dei requisiti di
 ammissibilita' della richiesta di referendum oggetto di esame. A  tal
 fine  deve  stabilire  se  ricorrano  i limiti espressamente previsti
 dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o comunque  impliciti
 nel   sistema,   relativi   alle   normative   non   suscettibili  di
 consultazioni referendarie abrogative ed accertare, altresi',  se  la
 struttura  del  quesito proposto risponda alle esigenze di chiarezza,
 univocita' ed  omogeneita',  secondo  la  consolidata  giurisprudenza
 costituzionale in tema di ammissibilita' delle domande referendarie.
   2.  -  Il  quesito  referendario  e' diretto alla abrogazione delle
 norme che disciplinano  l'orario  dei  negozi  e  degli  esercizi  di
 vendita al dettaglio, attribuendo ai sindaci la fissazione dei limiti
 di  detti  orari  in  conformita' ai criteri stabiliti dalle regioni.
 Vengono altresi' sottoposte  a  referendum  le  successive  modifiche
 delle norme, secondo la formulazione del quesito.
    3.  -  L'iniziativa referendaria e' da ritenersi ammissibile sotto
 tutti i profili. Non si ravvisa, difatti, alcuna delle cause ostative
 previste   espressamente   dall'art.   75,   secondo   comma,   della
 Costituzione  o desumibili dalla disciplina costituzionale del refer-
 endum abrogativo (cfr. in proposito la sent.  n.  16  del  1978).  In
 particolare  sussistono  i  requisiti  della chiarezza, univocita' ed
 omogeneita' del quesito, in quanto le disposizioni oggetto del refer-
 endum, obiettivamente considerate nella loro struttura  e  finalita',
 contengono  effettivamente  quel  principio  la  cui  eliminazione  o
 permanenza dipende dalla risposta che il corpo elettorale fornira'.
    Va inoltre precisato che,  in  relazione  alla  normativa  oggetto
 dell'iniziativa,  quella  che residua nel medesimo testo di legge non
 altera la chiarezza, omogeneita' ed univocita' del  quesito,  perche'
 assolve  ad  una autonoma funzione. Infatti, tra le norme della legge
 28 luglio 1971, n. 558 non interessate dalla  proposta  referendaria,
 (a parte l'art. 2, che e' stato gia' abrogato dall'art. 7 della legge
 n. 112 del 1991) l'art. 9 disciplina gli orari di apertura e chiusura
 e  i  turni  festivi  degli  impianti  stradali  di  distribuzione di
 carburante, per i quali si giustifica il  permanere  della  peculiare
 loro  disciplina  e,  quindi,  il  non  coinvolgimento nella proposta
 referendaria; l'art.  10  reca  le  sanzioni  amministrative  per  le
 contravvenzioni  alle disposizioni della legge, ovviamente riferibili
 - in caso di esito positivo del referendum - soltanto alla disciplina
 relativa agli impianti di  distribuzione  di  carburanti;  l'art.  11
 abroga  una precedente legge (n. 973 del 1932) sugli orari dei negozi
 e l'art. 12 fa salve le competenze  in  materia  di  commercio  delle
 regioni a statuto speciale.
    4.  -  Ne'  puo'  ritenersi che il riferimento, contenuto in altre
 norme non inserite nel quesito, al potere del sindaco di disciplinare
 gli orari di vendita possa inficiare  la  chiarezza  e  l'omogeneita'
 della richiesta, poiche' le relative disposizioni (art. 3 della legge
 n.  112  del  1991  e art. 8 della legge n. 287 del 1991) attengono a
 forme di distribuzione commerciale diverse  da  quella  ordinaria,  e
 cioe',  rispettivamente,  al  commercio  sulle  aree  pubbliche ed ai
 pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e  bevande.  La
 disciplina  per  detti  settori  e'  stata  sempre distinta da quella
 relativa  alla  vendita  negli  esercizi  commerciali  al  dettaglio,
 diversi essendo gli interessi pubblici sottesi alle differenti disci-
 pline  e  cioe', ad esempio, quelli di igiene e sanita' per i mercati
 rionali e quelli di  ordine  e  sicurezza  pubblica  per  i  pubblici
 esercizi  di  somministrazione  di  alimenti e bevande (cfr.   art. 9
 legge n. 287 del 1991).
    5. - Ne'  infine  rileva,  sempre  ai  fini  della  chiarezza  del
 quesito,   la   norma   (anch'essa   non  coinvolta  nella  richiesta
 referendaria) di cui all'art. 36, comma 3, della  legge  n.  142  del
 1990  sull'ordinamento  delle  autonomie  locali - che attribuisce al
 sindaco il potere di coordinare gli orari degli esercizi commerciali,
 dei servizi pubblici nonche' gli orari di apertura al pubblico  degli
 uffici  periferici  delle  amministrazioni  pubbliche, in vista delle
 esigenze degli utenti - perche', pur con l'eventuale  esito  positivo
 dell'iniziativa   referendaria,   si   giustifica  in  ogni  caso  la
 perdurante  vigenza  della  norma,  che  disciplina  un   potere   di
 coordinamento  di orari relativi anche ad altre attivita' sulle quali
 non interferisce la normativa oggetto del quesito.
    6. - Per tutte le ragioni svolte,  il  quesito  appare  pienamente
 comprensibile, essendo chiaro all'elettore che egli viene chiamato ad
 abrogare  le  norme che attribuiscono a pubbliche autorita' il potere
 di determinare gli orari dei negozi  di  vendita  al  dettaglio,  con
 conseguente  liberalizzazione  ed  affidamento  di  dette scelte alle
 determinazioni di coloro che esercitano  l'attivita'  secondo  questa
 forma di distribuzione commerciale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione della legge 28 luglio 1971, n. 558 recante  "Disciplina
 dell'orario  dei  negozi  e  degli esercizi di vendita al dettaglio",
 limitatamente agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8; nonche' del d.P.R.  24
 luglio   1977,   n.   616,   limitatamente  all'art.  54,  lett.  d),
 limitatamente alle parole "dei negozi," e alle  parole  "vendita  e";
 nonche'   del   decreto-legge   1   ottobre   1982  n.  697,  recante
 "Disposizioni  in  materia  di   IVA,   di   regime   fiscale   delle
 manifestazioni  sportive  e cinematografiche e di riordinamento della
 distribuzione commerciale", convertito in legge,  con  modificazioni,
 dalla  legge  29 novembre 1982, n. 887, relativamente all'art. 8 (nel
 testo sostituito  dall'art.  1  del  d.-l.  26  gennaio  1987  n.  9,
 convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 27 marzo 1987 n. 121),
 comma 4: "Fermo rimanendo quanto disposto dalla legge 28 luglio 1971,
 n. 558, a modificazione dell'art. 1, secondo comma, lett.  b),  della
 legge  medesima, i sindaci, in conformita' ai criteri stabiliti dalle
 regioni ai sensi dell'art. 54 del d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,
 fissano  i  limiti  giornalieri  degli orari di vendita al dettaglio,
 anche differenziati per  settori  merceologici,  indicando  l'ora  di
 apertura  antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale
 non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale e'  in  vigore
 l'ora  legale,  non  oltre  le  ore 21. Nel rispetto dei limiti cosi'
 fissati l'operatore commerciale puo' scegliere l'orario di apertura e
 di chiusura con facolta', inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai
 predetti   limiti,   di    un'ora    l'apertura    antimeridiana    e
 corrispondentementela chiusura serale, che comunque non puo' avvenire
 oltre  le  ore  21.";  comma  5:  "Le disposizioni di cui all'art. 6,
 secondo comma, della legge 28 luglio 1971, n. 558, sono  estese  agli
 esercizi  specializzati  nella  vendita  di  bevande,  libri, dischi,
 nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte,  oggetti
 d'antiquariato,  stampe,  cartoline,  articoli  ricordo  e  mobili.";
 richiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 30  novembre  1994,
 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di
 cassazione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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