N. 32 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 1994

                                 N. 32
 Ordinanza emessa il 12 dicembre 1994 dal tribunale di S. Maria  Capua
 Vetere sull'istanza proposta da Basco Antonio
 Mafia - Provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa -
    Ipotesi  di confisca, a seguito di condanna per particolari reati,
    di denaro, beni od altre utilita' di cui il  condannato  non  puo'
    giustificare  la  provenienza  e  di  cui,  anche  per  interposta
    persona, risulta essere titolare  o  averne  la  disponibilita'  a
    qualsiasi  titolo  in  valore  sproporzionato al proprio reddito -
    Possibilita'   per   l'autorita'   giudiziaria,   in   corso    di
    procedimento,  avente ad oggetto il reato presupposto, di disporre
    sequestro preventivo - Irragionevolezza - Lesione del  diritto  di
    difesa  e  del  contraddittorio  -  Violazione  del  principio  di
    presunzione di innocenza - Incidenza sul diritto di  proprieta'  e
    su quello di buon andamento dell'attivita' giudiziaria.
 (Legge 7 agosto 1992, n. 356, art. 12-sexies, modificato dalla legge
    8 agosto 1994, n. 501).
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, 27, secondo comma, 42 e 97, primo
(GU n.5 del 1-2-1995 )
    comma).
                             IL TRIBUNALE
    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  sull'istanza  di riesame
 avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso  in  data  21
 ottobre  1994 dalla seconda sezione penale del tribunale - sede - nei
 confronti di Basco Antonio ed avente ad oggetto  l'immobile  sito  in
 agro  di  S.  Cipriano  d'Aversa  alla  via  Negri  n. 5, che risulta
 intestato a Spierto Concetta;
    Vista l'istanza depositata in  cancelleria  in  data  11  novembre
 1994;
    Visti  gli atti del procedimento, nonche' la documentazione tutta,
 prodotta dalla difesa;
    Sciogliendo la  riserva  espressa  all'odierna  udienza  camerale,
 osserva quanto segue:
    Per quanto attiene la ritualita' del procedimento va precisato che
 il termine previsto dall'art. 309, nono comma, del c.p.p. (cui rinvia
 l'art. 324, settimo comma, del c.p.p.) decorre dalla data nella quale
 gli  atti  siano  acquisiti nella loro necessaria completezza (in tal
 senso, tra le altre, Cass. 31 marzo 1993, ric. Giampaolo, in arch. n.
 proc. pen. 1994, p.  130).  Nel  caso  di  specie  il  verbale  delle
 dichiarazioni  rese  dal  detenuto  Basco  Antonio  al  magistrato di
 sorveglianza di Frosinone ex art.  101,  secondo  comma,  disp.  att.
 c.p.p.,  risulta  essere pervenuto in data 1 dicembre 1994, come gia'
 precisato nell'ordinanza  emanata  da  questo  tribunale  in  data  7
 dicembre 1994, con relativo nuovo decorso del termine.
   Nel  merito,  in  relazione  al  provvedimento  emanato  in data 21
 ottobre 1994 dal tribunale di S. Maria Capua Vetere nei confronti  di
 Basco  Antonio,  con  cui  veniva  disposto  il  sequestro preventivo
 dell'immobile sito in agro di S. Cipriano d'Aversa alla via Negri  n.
 5 (intestato a Spierto Concetta), ritiene preliminarmente il collegio
 che  il  combinato  disposto  del  primo  e  quarto  comma  dell'art.
 12-sexies della legge n.  356/1992  (definitivamente  introdotto  nel
 nostro  ordinamento dalla legge n. 501/1994) contrasti - per i motivi
 appresso indicati - con gli artt. 3, 24, secondo comma,  27,  secondo
 comma,  42  e 97, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui
 consente l'emanazione di  provvedimenti  cautelari  reali  nel  corso
 dell'accertamento  di  uno  dei reati la cui sussistenza - pienamente
 accertata - e' prevista - dal primo comma dello  stesso  articolo  di
 legge - quale presupposto oggettivo del provvedimento di confisca.
    Trattandosi   della   disciplina  normativa  che  ha  facoltizzato
 l'emissione del provvedimento impugnato, e  di  cui  il  collegio  e'
 pertanto  chiamato  a  fare  applicazione  nel  presente procedimento
 incidentale - che dunque non puo' essere  definito  indipendentemente
 dalla  risoluzione  della  questione  di costituzionalita' - appaiono
 sussistere i presupposti di cui all'art. 23 legge 11 marzo  1953,  n.
 87 ed appare dunque pregiudiziale all'esame delle doglianze difensive
 la    esplicazione    dei    motivi   configuranti   il   dubbio   di
 costituzionalita'.
    Va osservato infatti che, come e' noto, a seguito della  pronuncia
 della  Corte  costituzionale  n. 48 del 9 febbraio 1994 - concernente
 l'incostituzionalita' dell'art. 12-quinquies,  secondo  comma,  della
 legge n. 356/1992 - il legislatore ha introdotto una nuova ipotesi di
 confisca  di  beni,  relativamente  a  soggetti  condannati  per  una
 determinata tipologia di reati.
    I presupposti di  tale  provvedimento  risultano  essere  -  oltre
 l'intervenuta  condanna  -  la constatata sproporzione tra il reddito
 del condannato e la disponibilita' (anche per interposta persona) dei
 beni medesimi, di cui il  prevenuto  non  riesca  a  giustificare  la
 provenienza.
    In  altre parole il legislatore, in virtu' delle motivazioni poste
 dalla Corte alla base della dichiarazione di incostituzionalita'  del
 testo   previgente,   ha  innanzi  tutto  modificato  il  presupposto
 oggettivo idoneo  all'applicazione  della  misura  (necessita'  della
 intervenuta  condanna  e non della mera "pendenza del procedimento"),
 ed inoltre accentuato il profilo di sanzione a carattere patrimoniale
 della  misura  medesima,  escludendo  l'ipotesi  di   responsabilita'
 penale, in origine connessa all'igiustificato possesso dei beni.
    Lo    strumento    introdotto    risulta   dunque   di   difficile
 "catalogazione", atteso che da un lato emergono in maniera ancor piu'
 marcata gli elementi di affinita' con la  misura  di  prevenzione  di
 carattere  patrimoniale  prevista  dall'art.  2-  ter, della legge n.
 575/1965 e successive  modificazioni  (come  gia'  evidenziato  dalla
 Corte  in  occasione  della citata pronunzia di incostituzionalita'),
 dall'altro emergono  caratteristiche  del  tutto  peculiari  come  la
 necessarieta'   della   condanna  ed  il  possibile  inserimento  nel
 procedimento di cognizione, che configurano fattori di  assimilazione
 alla "tradizionale" confisca ex art. 240 c.p.
    Tuttavia  la  estrema  difficolta' di considerare la misura de quo
 quale "misura di sicurezza patrimoniale", oltre la  evidente  assenza
 del presupposto della "pericolosita' della cosa", va individuata - ad
 avviso   del  collegio  -  proprio  nella  possibile  "non  immediata
 ricollegabilita'" del bene/oggetto del provvedimento al reato/oggetto
 di accertamento, atteso che, in ultima analisi, la condanna  per  uno
 dei  delitti  indicati  dalla  norma sembra porsi esclusivamente come
 "indice  rivelatore"  della  pericolosita'  del  soggetto,  cui  deve
 seguire   necessariamente  una  indagine  (ed  una  valutazione)  sui
 rimanenti presupposti (disponibilita' dei beni, sproporzione  con  il
 reddito,  assenza  di giustificazioni) che, di regola, esorbita dalla
 cognizione del giudice  del  procedimento  in  cui  si  inserisce  la
 misura,  avente  necessariamente  ad  oggetto  la  verifica  di fatti
 penalmente rilevanti.
    E' appena il caso di rilevare, in proposito,  che  nel  corso  del
 procedimento di applicazione della (analoga) misura di prevenzione ex
 art. 2-ter, della legge n. 575/1965, le indagini tese a verificare la
 fondatezza  dei  presupposti di legittimita' della confisca possono -
 decorrendo dal provvedimento di sequestro - avere una durata sino  ad
 un  anno  (con  possibile proroga di durata analoga), a dimostrazione
 della necessita' di una approfondita e specifica  verifica  cognitiva
 in contraddittorio.
    Viceversa,    il    procedimento    disegnato,    con   non   poca
 approssimazione, dall'art. 12-sexies parrebbe invece configurare  una
 possibile  "sovrapposizione" tra accertamento del reato/presupposto e
 misura cautelare reale tesa ad assicurare la possibile  confisca  dei
 beni risultanti sproporzionati al reddito (cfr. quarto comma), il che
 provoca  evidenti  "irragionevolezze  applicative"  e  si pone, a ben
 vedere,  in aperto contrasto con i principi costituzionali richiamati
 in epigrafe.
   In particolare  va  evidenziato  -  a  parere  del  collegio  -  il
 problematico  rapporto  tra  "intervenuta  condanna" (da considerarsi
 presupposto indefettibile della misura  de  quo)  e  possibilita'  di
 emanare,  nel  corso  del  procedimento,  provvedimenti  di sequestro
 preventivo, a carattere "anticipato" ai sensi dell'art. 321,  secondo
 comma,   del   c.p.p.  (espressamente  richiamato  dal  quarto  comma
 dell'art. 12-sexies).
    Se   infatti   si   ritenesse   possibile,   sulla   base    della
 interpretazione  letterale  della  norma de quo (e come in effetti e'
 accaduto nel caso di specie), emanare il provvedimento  di  sequestro
 nel   corso   del   procedimento  di  cognizione  avente  ad  oggetto
 l'accertamento dello stesso reato presupposto risulterebbe vanificata
 - in realta' - la modifica introdotta dallo  stesso  legislatore  (ed
 imposta  dalla  Corte, quale ineludibile corollario della presunzione
 di non colpevolezza) che ha sostituito (al primo comma) lo status  di
 "indagato" con quello di "condannato".
    In  altre parole, cio' che consente l'emanazione del provvedimento
 di sequestro ex art. 321, secondo comma, del c.p.p. e' - di regola  -
 lo  stretto rapporto pertinenziale tra reato in corso di accertamento
 e natura delle cose di  cui  e'  consentita  la  confisca,  tanto  da
 ritenersi  non  necessaria  una compiuta verifica circa la fondatezza
 dell'ipotesi incriminatrice contestata (cfr. Cassazione, sez. un., 25
 marzo 1993, ric. Gifuni: " ..  il  controllo  del  giudice  non  puo'
 investire,  in  relazione  alle  misure  cautelari reali, la concreta
 fondatezza di un'accusa, ma deve limitarsi all'astratta  possibilita'
 di  sussumere  il  fatto attribuito ad un soggetto in una determinata
 ipotesi di reato ..", in Cass. pen. 1993, p. 1969).
    La  giurisprudenza,  in  particolare,  ha  piu'   di   una   volta
 sottolineato  la  necessarieta'  della  verifica  di tale "intrinseca
 correlazione": " .. in tema di sequestro preventivo  il  rapporto  di
 strumentalita' tra res e reato deve essere essenziale e non meramente
 occasionale,  per  evitare  di  allargare  a dismisura il concetto di
 sequestrabilita' ..", (cosi' Cass., 11 febbraio 1993, ric.  Bertelli,
 in arch. n. proc. pen. 1993, p. 646).
    Ora,   in  ipotesi  di  attivazione  del  quarto  comma  dell'art.
 12-sexies (e dunque di sequestro preventivo  ricollegato  all'ipotesi
 di  speciale  "confiscabilita'" di cui al primo comma), nel corso del
 procedimento avente ad oggetto il reato/presupposto, appare  evidente
 come   si  vanifichino  da  un  lato  il  fondamentale  parametro  di
 legittimita' costituzionale esprimentesi nella "intervenuta condanna"
 (non e' infatti consentito al giudice del riesame  ex  art.  324  del
 c.p.p.  neanche  il necessario controllo sulla gravita' dell'elemento
 indiziario posto a sostegno dell'ipotesi accusatoria), dall'altro  lo
 stesso  ordinario parametro di legittimita' del sequestro preventivo,
 consistente  nella  "immediata  correlazione"  tra   beni   e   reato
 contestato.
    In   sostanza  appare  all'interprete  che  il  presupposto  della
 condanna   possa   costituire   unico   fattore   di   legittimazione
 all'"aggressione  giuridica"  di beni (costituzionalmente protetti ex
 art. 42 Cost.),  che  non  risultano  (a  differenza  delle  consuete
 ipotesi di confisca), posti in rapporto di "stretta correlazione" con
 il  reato  oggetto  di  accertamento; di qui il dubbio concernente la
 legittimita' dell'ipotesi "anticipatoria", rispetto al pieno giudizio
 di responsabilita'.
    In realta', appare permanere, nei contenuti della nuova disciplina
 -  ad avviso del collegio - quel " .. confuso ordito normativo che ha
 preteso di assimilare fra loro  settori  dell'ordinamento  del  tutto
 eterogenei  .." (Corte cost., sent. n. 48/1994 in Gazzetta Ufficiale,
 prima serie spec. n. 9 del 23 febbraio 1994, p. 47): il settore delle
 misure di prevenzione patrimoniali e quello delle misure di sicurezza
 reali.
    Se infatti si prescinde dalla intervenuta condanna e  si  realizza
 l'applicazione  della  misura  (sia  pure sub specie "sequestro") nel
 corso del procedimento tendente ad accertare  la  stessa  sussistenza
 del  reato/presupposto, si finisce con innestare l'applicazione di un
 provvedimento del  tutto  assimilabile  alla  misura  di  prevenzione
 (basata  sul  medesimo  parametro  dell'indizio)  nel  contesto di un
 procedimento  ontologicamente   strutturato   al   perseguimento   di
 finalita'  del  tutto  diverse,  risultando  compromessi  gli  stessi
 diritti di difesa e contraddittorio, nonche' -  a  ben  vedere  -  lo
 stesso  principio  di "buon andamento" (previsto dall'art. 97 Cost.),
 cui deve uniformarsi anche l'attivita' giudiziaria.
    E' stata, infatti, gia' evidenziata  la  lesione  del  diritto  di
 difesa ricollegata alla impossibilita' di contestare nel procedimento
 incidentale  di  riesame  della  misura reale (a differenza di quanto
 avviene nell'ordinario procedimento di  prevenzione)  la  sussistenza
 dei  presupposti  indiziari  che  ricollegano il soggetto indagato al
 reato/presupposto; tuttavia  la  "compressione"  del  contraddittorio
 emerge   ulteriormente  dalla  constatazione  circa  l'esiguita'  dei
 margini temporali (dieci giorni) concessi  alla  difesa  al  fine  di
 addurre - in sede di riesame - elementi circa la provenienza dei beni
 e   l'assenza   di   sproporzione   con   le   capacita'   reddituali
 dell'indagato.
   Va inoltre sottolineato che la constata  possibile  sovrapposizione
 tra   l'accertamento  della  responsabilita'  penale  e  la  compiuta
 verifica  dei  presupposti  della  misura  de  quo  -   di   notevole
 complessita'   probatoria,   in  quanto  di  regola  coinvolgente  le
 posizioni di soggetti terzi, estranei ai fatti  processuali,  nonche'
 la  dettagliata  ricostruzione  di  complesse  vicende proprietarie -
 finisce inevitabilmente con  il  determinare  una  irragionevole  (in
 termini di economia processuale ed impiego delle risorse) dilatazione
 dei  tempi  di  definizione  dei  procedimenti  penali, con possibile
 compromissione di valori  da  ritenersi  prioritari  (si  pensi  alla
 possibile  prescrizione dei reati oggetto di accertamento), in palese
 violazione delle regole costituzionali di cui al citato art. 97.
    Se soltanto si pone mente alla gia' segnalata ampiezza  dei  tempi
 di  definizione  dei  procedimenti  ex art. 2- ter, legge n. 575/1965
 (sino a due anni), aventi ad oggetto esclusivamente la  verifica  dei
 medesimi  presupposti  (peraltro  in  presenza  di  amplissimi poteri
 probatori ex officio),  ben  si  comprende  l'eccesso  di  "ottimismo
 legislativo"  sottostante ad una scelta di "sostanziale duplicazione"
 degli strumenti di intervento giudiziario.
    Le illustrate motivazioni inducono dunque il collegio  a  dubitare
 della   legittimita'   costituzionale   della  disciplina  introdotta
 dall'art.  12-sexies,  legge  n.  356/1992,  oggetto   del   presente
 procedimento incidentale, in relazione agli evidenziati parametri.
    Ne   deriva   la   sospensione  del  procedimento  medesimo  e  la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art.
 23, legge n. 87/1953.
                               P. Q. M.
    Visti gli  artt.  134  della  Costituzione;  23,  della  legge  n.
 87/1953,  solleva  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 12-sexies, della legge n. 356/1992 (cosi' come modificato dalla legge
 n. 501/1994), per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo  comma,  27,
 secondo comma, 42 e 97, primo comma, della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del presente procedimento incidentale di
 riesame  e   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  affinche'  sia  risolta  la  prospettata questione di
 legittimita';
    Dispone che la presente ordinanza venga - a cura della cancelleria
 -  comunicata  al   pubblico   ministero   in   sede   e   notificata
 all'interessato Basco Antonio ed al suo difensore;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza venga altresi' notificata al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente  del
 Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso in S. Maria Caputa Vetere il 12 dicembre 1994.
                        Il presidente: DANIELE
                                        I giudici: (firme illeggibili)
 95C0146