N. 50 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 novembre 1993- 20 gennaio 1995
N. 50 Ordinanza emessa il 9 novembre 1993 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 gennaio 1995) dalla commissione tributaria di primo grado di Trieste sui ricorsi riuniti proposti da Mocher Laura ed altra contro l'ufficio del registro di Trieste. Imposta di registro - Vendita di immobili non ancora iscritti in catasto edilizio con attribuzione di rendita - Non sottoponibilita' a rettifica del valore o corrispettivo degli immobili dichiarati in misura non inferiore a cento volte il reddito catastale - Provvedimento dell'u.t.e. con il quale viene attribuita la nuova e diversa rendita dell'immobile - Mancata previsione che il certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione debba essere notificato o comunicato anche alla parte venditrice - Incidenza sul diritto di difesa in giudizio. (D.-L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 12, convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n. 154). (Cost., art. 24).(GU n.6 del 8-2-1995 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente decisione sul ricorso n. 91/3745 presentato il 24 dicembre 1991 (avverso: avv. di liquid. n. 892V004271, registro) da Mocher Laura, residente a Trieste in via Nazionale, 121/1, contro l'ufficio del registro di Trieste civili. CONSIDERATO IN FATTO Con due "avvisi di liquidazione dell'imposta ed irrogazione delle sanzioni", distinti anche se identici nel contenuto, notificati nel mese di ottobre 1991, l'ufficio del registro di Trieste avvertiva le signore Laura Mocher e, rispettivamente, Maria Mocher che, in relazione all'atto registrato il 5 dicembre 1989, a seguito di rettifica del valore finale legge n. 154 (13 maggio 1988) in L. 642.000.000, le imposte e le pene pecuniarie, ecc. erano state liqui- date nella misura seguente: Invim L. 86.709.700; interessi L. 15.607.300; Imposta di registro L. 51.932.000 (solidalmente con l'acquirente). La rettifica operata era conseguente al fatto che, dal certificato catastale inviato dall'U.T.E. di Trieste all'ufficio del registro, in applicazione dell'art. 12, secondo comma, del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 154, risultava essere stata attribuita all'immobile in questione la rendita di L. 19.125, sulla base dei dati censuari indicati nello stesso certificato (precisamente: z.c. 1, categoria C 1, classe 8, consistenza 250). Pertanto, il valore finale del medesimo immobile era stato calcolato, appunto, in L. 642.600.000 (r.c. 19.125 x 420 x 80). Contro tale atto impositivo, ciascuna delle due contribuenti proponeva a questa commissione tributaria separati ricorsi, per i motivi esposti di seguito. Con atto di compravendita registrato in data 5 dicembre 1989 esse avevano trasferito alla Aligel S.r.l. un locale adibito a negozio, sito in Trieste, al n. 4 di via Madonnina, verso il corrispettivo dichiarato di L. 202.620.000. Nel contesto dell'atto avevano dichiarato di volersi avvalere delle norme stabilite dall'art. 12 della legge 13 maggio 1988, n. 154, il cui testo viene riportato di seguito: "1. - Le disposizioni del quarto comma dell'art. 52 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e del quinto comma dell'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, aggiunto con l'art. 8 della legge 17 dicembre 1986, n. 880, si applicano anche ai trasferimenti di fabbricati o della nuda proprieta', nonche' ai trasferimenti ed alle costituzioni di diritti reali di godimento sugli stessi, dichiarati ai sensi dell'art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ma non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita. Il contribuente e' tenuto a dichiarare nell'atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. Alla domanda di voltura, prevista dall'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, dev'essere allegata specifica istanza per l'attribuzione della rendita catastale nella quale dovranno essere indicati, oltre agli estremi dell'atto o della dichiarazione di successione cui si riferisce, anche quelli relativi all'individuazione catastale dell'immobile cosi' come riportati nell'atto medesimo; la domanda non puo' essere inviata per posta e dell'avvenuta presentazione deve essere rilasciata ricevuta in duplice esemplare, che il contribuente e' tenuto a produrre al competente ufficio del registro, entro sessanta giorni dalla data di formazione dell'atto pubblico, o di registrazione della scrittura privata, ovvero dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti giudiziari, ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di successione; l'ufficio restituisce un esemplare della ricevuta attestandone l'avvenuta produzione. In caso di mancata presentazione della ricevuta nei termini, l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52, primo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e dell'art. 26, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637. 2. - Gli uffici tecnici erariali, entro dieci mesi dalla data in cui e' stata presentata la domanda di voltura, sono tenuti ad inviare all'ufficio del registro, presso il quale ha avuto luogo la registrazione, un certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita. 3. - Le disposizioni del presente articolo si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati ed alle scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' alle scritture private non autenticate presentate per la registrazione ed alle successioni aperte a tale data". Nei due ricorsi in esame, che vengono riuniti, perche' evidentemente connessi, le ricorrenti rilevavano: A) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.-l. n. 70/1988, in quanto la norma applicata dall'ufficio, appunto, l'art. 12 del d.-l. n. 70/1988, non contempla la possibilita', da parte del venditore, di contestare la determinazione della nuova rendita catastale effettuata dall'U.T.E., comportando in tal modo una lesione al diritto fondamentale alla difesa riconosciuto dall'art. 24 della Costituzione; B) l'errata interpretazione dell'art. 12 del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 154. Ad avviso delle ricorrenti, infatti, la norma recata dall'articolo citato sopra, nel rinviare alla disposizione dell'art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131/1986, non legittima l'ufficio ad effettuare una diversa liquidazione dell'imposta, basandosi su un imponibile diversamente determinato; esse, in verita', dichiarando di volersi avvalere della disposizione di cui all'art. 12 della legge n. 154, intendevano "beneficiare" della disciplina in essa contenuta, la quale, come noto, impedisce agli uffici di rettificare i valori degli immobili, dichiarati in misura non inferiore a 100 volte il reddito catastale. Invece, l'ufficio, di fatto, aveva provveduto a liquidare l'imposta mediante una determinazione automatica del valore venale del bene, male interpretando la volonta' del legislatore. Ad avviso delle ricorrenti, quindi, l'ufficio, dopo avere stabilito che il prezzo dichiarato era inferiore a quello attribuibile mediante l'applicazione del suddetto criterio automatico, avrebbe potuto accertare un maggior valore, ma in tale caso avrebbe dovuto procedere attraverso motivato avviso di accertamento, e non certamente con un avviso immotivato di liquidazione d'imposta; C) l'incertezza della rendita catastale. La liquidazione operata dall'ufficio e' basata su una rendita catastale attribuita all'immobile in oggetto, non ancora definitiva; infatti la ditta Aligel, acquirente del fabbricato, alla quale e' stata notificata la suddetta rendita catastale, ha provveduto ad impugnare l'atto di attribuzione della rendita in questione, sicche' questa e' ancora in via di accertamento e definizione; D) l'irragionevolezza della rendita attribuita. La rendita catastale attribuita come sopra risulta sproporzionata rispetto ai precedenti valori attribuiti all'immobile. Infatti, alle ricorrenti appare irragionevole che, a seguito del frazionamento da esse richiesto all'ufficio catastale, si sia potuto procedere ad attribuzione di rendita cosi' elevata rispetto all'accatastamento originario, passando da L. 9.021 a L. 19.125. Con le proprie "deduzioni" depositate in data 12 maggio 1993, l'ufficio del registro atti civili di Trieste ribadiva la legittimita' dell'avviso di liquidazione di cui si tratta, emesso per il recupero ai fini Invim nonche' ai fini dell'imposta di registro in relazione alla quale le ricorrenti sono obbligate in solido con la parte acquirente. Il medesimo ufficio osservava, in proposito, che il primo comma, lett. a) dell'art. 56 del d.P.R. n. 131/1986 si riferisce esclusivamente al ricorso proposto contro l'avviso di rettifica del valore notificato dall'ufficio del registro, procedimento questo precluso dalla citata legge n. 154/1988, art. 12; inoltre rilevava che, sebbene la rendita catastale costituisse nei casi in esame uno dei parametri che determinano la base imponibile e che, quindi, il ricorso contro l'accertamento U.T.E. avrebbe potuto, sotto certi aspetti, essere assimilato all'impugnazione dell'avviso di accertamento, tuttavia occorreva tenere presente che le disposizioni di cui alla citata lett. a) sono derogative e, come tali, non sono suscettibili di applicazione analogica rispetto alla regola generale, secondo la quale il ricorso del contribuente non sospende la riscossione. Nel corso dell'udienza del 1 giugno 1993 il rappresentante processuale delle ricorrenti chiedeva un rinvio, che gli veniva accordato. In data 26 e 27 luglio 1993 il predetto rappresentante depositava due identiche memorie integrative ai ricorsi nn. 91/3745 e, rispettivamente,91/3746 in esame, nelle quali ribadiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 154/1988 per le ragioni esposte di seguito: a) l'articolo appena citato nulla dispone in merito alla necessita' che entrambe le parti debbano essere destinatarie della notifica del provvedimento dell'U.T.E. a mezzo del quale viene attribuita la nuova (o diversa) rendita dell'immobile di cui si tratta. La sola obbligazione che nasce dall'applicazione di questa norma e' quella prevista dal secondo comma dell'art. 12, ai sensi della quale gli U.T.E. debbono provvedere, entro dieci mesi dalla data in cui e' presentata la domanda di voltura, alla comunicazione (invio) all'ufficio del registro di un certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita; b) pertanto e' ragionevole ritenere che il citato precetto legislativo, cosi' come formulato, e' costituzionalmente illegittimo, in quanto lesivo del fondamentale principio costituzionale del diritto alla difesa, in violazione, dunque, dell'art. 24 della Costituzione. La mancata notifica dell'atto di attribuzione di rendita pregiudica certamente la tutela garantita dalla Costituzione circa il diritto di difesa: in tale senso e' principio ormai assodato che detto atto, in quanto avente immediata incidenza in ordine alla determinazione del debito tributario, sia del tutto assimilabile ad un avviso di accertamento in senso sostanziale (r.m. n. 7/1887 del 15 luglio 1986 - Min. fin. Direzione generale del contenzioso), conformemente, del resto, a quanto la Suprema Corte aveva statuito con la sentenza 3 dicembre 1985, n. 313, secondo la quale "tutti gli atti aventi la comune finalita' dell'accertamento della sussistenza e dell'entita' del debito tributario sono equivalenti", con la conseguenza che gli atti medesimi, "siccome suscettibili di produrre una lesione diretta ed immediata della situazione soggettiva del contribuente", sono immediatamente impugnabili dinanzi al giudice tributario; c) la maggiore imposta liquidata ha natura di imposta complementare. Infatti, l'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio del registro, non essendo preceduto dalla notifica dell'attribuzione di rendita da parte dell'U.T.E. e non essendo preceduto da avviso di accertamento di maggior valore, si deve considerare null'altro che un cripto-accertamento, potendo dunque essere opposto legalmente anche nel merito - e non solo nella legittimita' - ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. n. 636/1972, con giusta richiesta da parte del ricorrente di applicazione dell'art. 56 del d.P.R. n. 131/1986 e sospensione della riscossione da parte dell'ufficio dell'intero tributo, trattandosi di pendenza di giudizio; d) che l'atto in questione possa essere assimilato ad un avviso di accertamento emerge indirettamente dalle stesse perplessita' dell'ufficio circa la correttezza del procedimento adottato nell'emanare un avviso di liquidazione in assenza di notifica di attribuzione di rendita catastale, perplessita' espresse come segue: "e' vero che la rendita catastale costituisce nei casi in esame uno dei parametri che determina la base imponibile e che, quindi, il ricorso contro l'accertamento U.T.E. potrebbe, sotto certi aspetti, essere assimilato all'impugnazione dell'avviso di accertamento". Ad analoga conclusione, secondo le ricorrenti, e' giunta recentemente la stessa Direzione generale delle tasse quando, con r.m. del 17 dicembre 1992, n. 350919 ha incidentalmente accolto la tesi sopra esposta, stabilendo che, ove non risulti gia' notificato, da parte dell'U.T.E., il certificato di attribuzione di rendita, "le controversie ex art. 12 del d.-l. n. 70/1988 debbono considerarsi di valutazione, in quanto la diversa quantificazione della base imponibile, sebbene non determinata mediante un accertamento diretto da parte dell'ufficio del registro, e' pur sempre legata strumentalmente ad accertamenti di fatto effettuati dall'U.T.E., e nel caso specifico all'esatta attribuzione delle rendite catastali"; e) la tesi che si tratta di imposta complementare - e non di imposta principale riscossa in un momento differito, quando si venga a conoscenza dell'esatta rendita catastale (come ritiene erroneamente l'Amministrazione finanziaria) - e' sorretta dalla cospicua giurisprudenza formatasi sulla definizione di imposta principale e, rispettivamente, complementare: "Per imposta principale si deve inequivocabilmente intendere solo quella liquidata e riscossa al momento della registrazione dell'atto" (Cass. 5 aprile 1984, n. 2197); inoltre, nella sentenza sez. I, 13 novembre 1991, n. 12127, la stessa Suprema Corte, accoglie la definizione dell'imposta principale come "imposta liquidata all'atto della registrazione" e precisa che nella categoria dell'imposta complementare confluiscono quelle imposte che "non poterono essere liquidate integralmente per mancanza o insufficienza degli elementi necessari per la liquidazione e quelle che, rimaste sospese per disposizioni di legge, rappresentano integrazione di tasse gia' riscosse"; f) la norma di cui all'art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131/1986, ha esclusivamente valore procedimentale e non anche contenuto sostanziale: valore procedimentale chiaramente espresso dal tenore letterale dell'inciso di apertura del quarto comma dell'articolo citato, cosi' formulato: "non sono sottoposti a rettifica ..". Ed infatti, nella circolare n. 37/220391 del 10 giugno 1986, il Ministero (a giudizio delle stesse parti private) aveva perfettamente individuato la ratio ed il contenuto del quarto comma dell'art. 52, sottolineando come, in caso di mancata osservanza del parametro tabellare, l'ufficio conservasse tutti gli ordinari poteri di rettifica previsti dall'art. 52, primo comma, in relazione agli indici di cui al precedente art. 51; inoltre, secondo la decisione della commissione tributaria di primo grado di Cuneo, sezione IV, n. 103 del 22 marzo 1991, "nel caso in cui le parti contraenti abbiano dichiarato nell'atto di trasferimento di un immobile un valore inferiore a quello determinato in modo automatico, a norma dell'art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131/1986, l'ufficio del registro - ove ritenga di non condividere tale valore - puo' procedere alla rettifica a mezzo di avviso di accertamento di valore ma non puo' notificare direttamente una liquidazione d'imposta sull'imponibile determinato catastalmente"; g) pertanto, l'art. 12, con il suo richiamo alla metodologia di cui all'art. 52, quarto comma citato, non e' un sistema di valutazione, bensi' solo una soglia minima, che, ove rispettata, esclude il potere di rettifica e, ove disattesa, consente l'esercizio di tale potere, ma con riferimento esclusivo agli ordinari criteri di cui all'art. 52, primo comma, che rinvia, quanto ai parametri, ai commi terzo e quarto dell'art. 51, consentendo all'ufficio di ricercare il valore congruo; infatti, ne' la legge n. 154/1988 ne' il d.P.R. n. 131/1986 impongono al contribuente di dichiarare nell'atto un valore almeno pari a quello derivante dall'applicazione del moltiplicatore alle risultanze catastali. Tutto quanto sopra premesso, il rappresentante delle ricorrenti, riaffermato il principio che sarebbe stato legittimo, nella specie, operare una rettifica di valore solo sulla base degli indici legislativi di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 51 citato, metteva in evidenza alcune circostanze che rendono irragionevole la rendita applicata al fabbricato in questione (che si possono riassumere negli stati di degrado e deterioramento dell'immobile stesso) e concludeva chiedendo: I) in via principale, il rinvio del giudizio alla Corte costituzionale, affinche' fosse dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154, per non avere disposto in merito alla notifica dei provvedimenti di attribuzione della rendita catastale; II) in subordine, l'annullamento dell'avviso di liquidazione in quanto l'Ufficio, a seguito di erronea interpretazione dell'art. 52, quarto comma, del d.P.R. n. 131/1986, illegittimamente aveva proceduto alla liquidazione dell'imposta su un valore cosi' rettificato; III) in ulteriore subordine, l'annullamento della determinazione automatica del valore dell'immobile, per l'impossibilita' dell'Ufficio di procedere alla liquidazione sulla base di una rendita catastale non notificata, irragionevole e comunque non definita; IV) infine, la riduzione dell'imponibile a quanto gia' accertato, in diversa sede, dall'Ufficio del registro. RITENUTO IN DIRITTO Questa commissione ritiene di dover esaminare in via preliminare l'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalle ricorrenti e concernente la questione se l'art. 12, commi 1, 2 e 3, del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 70, si ponga in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prescrive che il certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita debba essere notificato o comunicato al contribuente che si sia avvalso delle disposizioni del citato art. 12. La questione, in verita', appare rilevante e non manifestamente infondata: A) appare rilevante perche' la sua risoluzione influisce direttamente sulla decisione della controversia. Infatti, se si ritiene che le disposizioni di cui al predetto art. 12 siano costituzionalmente legittime, anche se non prevedono la notificazione o la comunicazione alla parte venditrice del certificato di attribuzione della rendita catastale, in modo da fornirgli la legale conoscenza della rendita attribuita all'immobile di cui si tratta, si da poterla contestare in giudizio, l'avviso di liquidazione impugnato nel presente giudizio deve considerarsi, in parte qua, legittimo e quindi il ricorso dev'essere rigettato. Se, invece, si ritiene che la norma in questione, in quanto non prevede tale comunicazione o notificazione, sia viziata da incostituzionalita', l'avviso di liquidazione in argomento deve ritenersi illegittimo e quindi il ricorso dev'essere rigettato; B) appare non manifestamente infondata per quanto esposto nella motivazione della presente ordinanza. Ai sensi dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con il quale e' stato approvato il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, ai fini dell'applicazione di quest'imposta si assume come valore dei beni o dei diritti, salvo il disposto dei commi successivi, quello dichiarato dalle parti nell'atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto. Il successivo secondo comma dispone che, per gli atti aventi per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per quelli che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore il valore venale in comune commercio. Ai sensi del terzo comma del medesimo art. 51, per gli atti che hanno per oggetto immobili o diritti reali immobiliari, l'ufficio del registro, ai fini dell'eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma primo, avendo riguardo: a) ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto o a quello in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni; b) al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa localita' per gli investimenti immobiliari; c) ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni. Quelli sopra enunciati sub. a), b) e c) sono, dunque, gli elementi di valutazione da tenere presenti ai fini dell'eventuale rettifica dei valori. Ai sensi del successivo art. 52, primo comma, l'ufficio provvede alla rettifica mediante apposito avviso di accertamento del maggior valore se ritiene che i beni o i diritti di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 51 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito. L'avviso di accertamento dev'essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale e deve contenere l'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti e degli elementi di cui all'art. 51 in base ai quali e' stato determinato. Ai sensi del comma quarto dell'art. 52, non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarato, per i fabbricati, in misura non inferiore a 100 volte il reddito risultante in catasto aggiornato con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito. Trattasi di disposizione emanata con il dichiarato intento di facilitare i rapporti fra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti ed evitare un notevole contenzioso in materia di atti sottoposti a valutazione da parte degli uffici (c.m. 37/220391 del 10 giugno 1986, Direzione generale delle tasse). Dal quadro normativo concernente l'applicazione dell'imposta di registro, come sopra delineato, emerge, a giudizio di questo Collegio, un dato costante: l'aggancio del valore degli immobili oggetto di trasferimento, ai fini dell'applicazione della medesima imposta, al loro valore venale in comune commercio, che si realizza, nella dialettica Amministrazione-contribuente: a) con il conferire alla stessa Amministrazione il potere di procedere a rettifica del valore dichiarato o corrispettivo pattuito; ma con applicazione dei parametri legali indicati nell'art. 51, terzo comma; b) con il conferire al contribuente il diritto di conoscere, ricevendo la notifica dell'avviso di accertamento, sia il valore attribuito a ciascun bene, sia gli elementi posti a base della valutazione. A questo proposito, non sembra superfluo rilevare come la giurisprudenza della S.C. abbia, insistentemente, posto l'accento sulla necessita' che l'ufficio enunci i criteri astratti in base ai quali ha determinato il maggior valore, con le eventuali specificazioni ed illustrazioni richieste dalla peculiarita' della fattispecie ed in relazione ad esse possibili, affinche' l'atto sia rispondente al canone dell'idoneita' allo scopo (il cui difetto ne determina la nullita'), che e' quello di: a) delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale fase contenziosa successiva e, b) consentire al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte alla maggiore pretesa fiscale. Sicche' la mancanza di una motivazione adeguata, tale, cioe', da delimitare l'ambito delle contestazioni dell'ufficio e mettere il contribuente in grado di esercitare il diritto di difesa, impone al giudice tributario di dichiarare la nullita' dell'avviso medesimo (cfr. C. Cass., ss. uu. 17 agosto 1990, n. 8351, in la commissione tributaria centrale, II, 67, 1991). E, dunque, dal sistema normativo posto dagli articoli 51, 52 e 53 del testo unico approvato con il d.P.R. n. 131/1986, emerge che il legislatore ha giuridicamente garantito al contribuente: a) di partecipare al processo di determinazione del valore imponibile, quando quello dichiarato fosse contestato dall'amministrazione; b) di controllare la pretesa dell'amministrazione stessa e di provare, se del caso, che questa pretesa non e' conforme ai parametri legali posti dall'art. 51. Ma occorre anche sottolineare che, secondo la volonta' del legislatore, emergente proprio dalla prescrizione dei richiamati parametri, il valore imponibile in discorso deve costituire espressione delle condizioni del mercato in rapporto alle peculiari caratteristiche e condizioni dell'immobile trasferito e deve, cosi', rappresentare la reale capacita' contributiva del soggetto passivo dell'imposta. Invece, osserva questo collegio, il valore determinato automaticamente costituisce un livello minimo al di sotto del quale l'ufficio e' legittimato a procedere a rettifica mediante apposito avviso di accertamento del maggior valore, da notificare al contribuente. In sostanza, l'ufficio ha il potere di rettificare il valore o il corrispettivo dichiarato in misura inferiore a 100 volte il reddito risultante in catasto, ma in contraddittorio con il contribuente (che e' messo in condizione di ricorrere). Inoltre, va sottolineato che neanche la mancata indicazione del corrispettivo ne' la mancata dichiarazione del valore escludono il diritto del ricorrente di conoscere l' an ed il quantum della pretesa dell'ufficio per impugnarla e dimostrarne l'eventuale infondatezza .. Infatti, recita l'art. 53 del d.P.R. n. 131/1986 a proposito degli atti sprovvisti di indicazioni necessarie: "1. Se l'atto non contiene la dichiarazione di valore ne' l'indicazione del corrispettivo, l'ufficio detemrina la base imponibile, salva l'applicazione dell'art. 52 nelle ipotesi previste nel terzo e quarto comma dell'art. 51". E' dunque prevista la notifica dell'avviso di accertamento del valore e la determinazione dello stesso valore secondo gli indici indicati nei commi terzo e quarto dell'art. 51. Pertanto, anche il contribuente che ometta di indicare il valore o di dichiarare il corrispettivo e' messo in condizione di fare valere in giudizio le proprie ragioni. Cio' posto, la Commissione ritiene di potere formulare una prima conclusione e cioe' che la mancata previsione della notifica al contribuente del certificato di attribuzione di rendita, nell'ambito della procedura contemplata dall'art. 12 del d.-l. n. 70/1988, mette il contribuente, che abbia chiesto di avvalersi di questa procedura - sotto il profilo del diritto di difesa - in condizione peggiore rispetto a quella del contribuente che non abbia indicato il valore o non abbia dichiarato il corrispettivo. Cio' appare tanto piu' grave - in relazione all'ipotizzata lesione del diritto di difesa del contribuente - se si osserva bene che: a) l'ufficio, ricevuto il certificato di attribuzione della rendita da parte dell'U.T.E., ai sensi del secondo comma del citato art. 12, determina automaticamente il valore dell'immobile di cui si tratta; b) tale valore determinato automaticamente costituisce il valore del bene ai fini dell'imposta in questione, a prescindere dai prezzi di mercato, sicche' potrebbe accadere che ad immobili gia' accatastati, cioe' iscritti in catasto con attribuzione di rendita, di analoghe caratteristiche e condizioni, trasferiti in data anteriore di non oltre tre anni alla data dell'atto, venga attribuito un valore inferiore a quello determinato a seguito della procedura di cui all'art. 12 piu' volte citato, dato che quest'ultimo articolo non assicura al contribuente alcuna attivita' probatoria degli elementi contemplati dall'art. 51. Si osserva, dunque, che, nella concreta fattispecie oggetto della presente controversia d'imposta, la rendita catastale risultante dal certificato dell'U.T.E. ha costituito, non un "elemento di valutazione" che l'ufficio abbia preso in considerazione ai fini dell'eventuale rettifica del valore dichiarato, ma un dato di per se' determinante del valore stesso (attraverso un semplice calcolo aritmetico operato applicando alla rendita catastale determinata dall'U.T.E. dei dati legalmente prefissati): ebbene, di questa determinazione, non prevedendo l'art. 12 del d.-l. n. 70/1988 la notifica o la comunicazione ad essa, la parte venditrice (che e' condebitore in solido dell'obbligazione d'imposta e non solo assoggettata a responsabilita' patrimoniale distinta dal debito) ha potuto prendere conoscenza soltanto a seguito della notifica dell'"Avviso di liquidazione dell'imposta ed irrogazione delle sanzioni", cosi' motivato "a seguito di rettifica del valore finale legge n. 154 (13 maggio 1988)"; e, dunque, senza alcuno specifico riferimento agli elementi ai quali l'ufficio, per espressa disposizione dell'art. 51, terzo comma, del d.P.R. n. 131/1986, deve avere riguardo ai fini dell'eventuale rettifica. Pertanto, si deve concludere che le ricorrenti, in concreto, sono state private dell'effettiva possibilita' di fare valere in giudizio le proprie ragioni, in contraddittorio con la parte avversa, e cioe' della possibilita' di prospettare al giudice tributario ogni domanda ed ogni ragione che non fossero legittimamente precluse. Appare, percio', non manifestamente infondato a questo Collegio il ritenere che le contribuenti abbiano subito una grave limitazione della tutela giurisdizionale: il diritto di difesa ha un contenuto correlativo al suo rapporto di necessita' con l'esercizio della tutela giurisdizionale, sicche' se alla parte - com'e' avvenuto nella fattispecie in esame - si limita o si nega il potere processuale di rappresentare al giudice la realta' dei fatti ad essa favorevoli; se le si nega o le si restringe il diritto di esibire i mezzi rappresentativi di quella realta', si rifiuta o si limita quella tutela.
P. Q. M. Visto l'art. 24, commi primo e secondo, della Costituzione; Visto l'art. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.-l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 154, nella parte in cui non prevede che il certificato catastale attestante l'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita debba essere notificato o comunicato anche alla parte venditrice; Dispone la sospensione del procedimento, nel quale sono riuniti per connessione i ricorsi r.g.r. n. 3745/91 e n. 3746/91 ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle ricorrenti, al difensore ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Trieste, addi' 9 novembre 1993 Il presidente: ZUBALLI Il relatore: SIRUGO 95C0164