N. 47 SENTENZA 8 - 20 febbraio 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Codice civile - Societa' di persone - Fusione - Creditori - Liberazione dei soci illimitatamente responsabili dalle obbligazioni sociali anteriori alla fusione - Perfezionamento esclusivamente al consenso espresso o presunto dei creditori della societa' di persone partecipanti alla fusione - Omessa previsione - Richiamo alla giurisprudenza della Cassazione in materia - Violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa - Illegittimita' costituzionale parziale. (C.C., art. 2503; c.c., art. 2503, nel testo sostituito dall'art. 10 del d.lgs. 16 gennaio 1992, n. 22)(GU n.9 del 1-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2503 del codice civile, nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui all'art. 10 del decreto legislativo 16 gennaio 1991, n. 22 (di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1993 dalla Corte di cassazione su ricorso proposto dalla Banca nazionale del lavoro s.p.a. contro la Banca commerciale italiana s.p.a. ed altri iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di costituzione della Banca nazionale del lavoro s.p.a. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Renato Granata; Uditi l'avv. Alberto Caltabiano per la Banca nazionale del lavoro s.p.a. e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Premesso che con sentenza del 21 febbraio 1984 il Tribunale di Bologna aveva dichiarato il fallimento della societa' New Matic s.r.l., nonche' (in estensione) quello di Alessandro Malverdi, gia' socio accomandatario della Telmatic s.a.s. precedentemente incorporata dalla New Matic s.r.l., e che l'opposizione di quest'ultimo era stata accolta, con sentenza poi confermata in grado d'appello, la Corte di cassazione, adita con ricorso avverso tale pronuncia proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro, creditrice della societa' incorporata, ha sollevato (con ordinanza del 18 gennaio 1994) questione di legittimita' costituzionale in via incidentale dell'art. 2503 cod. civ. nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui al d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 (di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie) per sospetta violazione degli artt. 3 e 24 Cost. In via preliminare la Corte rimettente considera che sussiste il requisito della rilevanza della questione atteso che - a differenza di analoga ordinanza di remissione (del Tribunale di Genova) decisa da questa Corte con pronuncia di inammissibilita' (sent. n. 409 del 1992) della questione sollevata in un giudizio di estensione della dichiarazione di fallimento ai soci illimitatamente responsabili, mentre parallelamente era stata proposta opposizione tardiva dai creditori istanti - non risulta nella specie pendente alcuna causa di opposizione (tempestiva o tardiva) alla fusione per incorporazione della s.a.s. Telmatic nella s.r.l. New Matic, ma si controverte unicamente sulla estensibilita' della dichiarazione di fallimento di quest'ultima societa' al socio (gia') accomandatario della s.a.s. sicche' la decisione della controversia dipende dall'accertamento della conformita' agli artt. 24 e 3 Cost. del sistema legale di tutela dell'interesse dei creditori della societa' di persone alla conservazione della garanzia sul patrimonio dei soci illimitatamente responsabili di questa. Nel merito la Corte rimettente - dopo aver ricordato che secondo la sua giurisprudenza (sent. 25 ottobre 1977 n. 4565) non e' possibile l'applicazione cumulativa degli artt. 2499 e 2503 c.c. e che l'opposizione alla fusione costituisce l'unico strumento apprestato ai creditori sociali per impedire che in conseguenza della fusione stessa si verifichi la liberazione del socio illimitatamente responsabile - ritiene che la disposizione dell'art. 2503 c.c. contrasti con l'art. 24 Cost. nella parte in cui fa dipendere il diritto dei creditori della societa' di persone nei confronti dei soci illimitatamente responsabili di questa, in caso di fusione eterogenea, dalla proposizione del giudizio di opposizione alla fusione entro un termine (tre mesi) decorrente non gia' dalla conoscenza effettiva dell'evento produttivo della estinzione della societa' debitrice e della liberazione dei soci illimitatamente responsabili (delibera di fusione per incorporazione della societa' debitrice in una societa' di capitali), bensi' dall'astratta conoscibilita' di tale delibera, derivante dall'iscrizione di essa nel registro delle imprese. In particolare la norma censurata sottopone i creditori ad un onere eccessivo e tale da compromettere seriamente la tutela dei loro diritti, costringendoli a compiere una continua attivita' di verifica dell'eventuale esistenza di delibere di fusione delle societa' debitrici con societa' a responsabilita' limitata, mediante ricerche in registri che realizzano una pubblicita' soltanto locale e che sono non di rado custoditi in luoghi distanti dal domicilio dei creditori stessi; ad accertare le condizioni della fusione e la situazione economico-patrimoniale della societa' incorporante o risultante dalla fusione; a valutare l'opportunita' e la convenienza di proporre opposizione; a redigere ed a far notificare, a mezzo del difensore, il relativo atto; cio' peraltro entro un termine solo apparentemente congruo, ma in realta' insufficiente per l'espletamento di cosi' complessi incombenti e decorrente da una data di cui non sempre essi possono venire tempestivamente a conoscenza, pur con l'impiego della dovuta diligenza. Inoltre appare violato anche l'art. 3 Cost. se si considera il ben diverso e piu' efficace sistema di tutela dei diritti dei creditori offerto dall'art. 2499 c.c. in caso di trasformazione di societa' di persone in societa' di capitali. Ed infatti mentre l'art. 2499 c.c. ricollega gli effetti della trasformazione pregiudizievoli per i creditori al decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione personale, a mezzo di raccomandata, a ciascun creditore della delibera di trasformazione senza che l'interessato abbia espressamente negato il proprio consenso (dando cosi' valore alla conoscenza effettiva dell'evento potenzialmente pregiudizievole), l'art. 2503 fa invece discendere automaticamente i medesimi effetti (limitazione di responsabilita', liberazione dei soci illimitatamente responsabili della societa' di persone fusa o incorporata), in caso di fusione eterogenea, dal solo decorso del termine di tre mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di fusione, indipendentemente dal fatto che i creditori possano averne avuto notizia. Ne' la pur sussistente diversita' dei due istituti giustifica la disparita' di trattamento dei creditori nell'una e nell'altra ipotesi a fronte di interessi meritevoli di pari tutela. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato eccependo in via pregiudiziale il difetto di rilevanza della questione di costituzionalita', in quanto, come gia' nella precedente occasione (sent. n. 409/92 cit.), l'oggetto del giudizio a quo e' costituito non gia' dalla legittimita', o meno, della realizzata fusione, ma dalla possibilita' di estendere la dichiarazione di fallimento (della societa' incorporante) ai soci illimitatamente responsabili della (societa' di persone) incorporata, per debiti sociali anteriori alla fusione. Nel merito l'Avvocatura ritiene non fondate le questioni di costituzionalita' atteso che da una parte rientra nella discrezionalita' del legislatore la determinazione di un termine congruo per proporre opposizione e d'altra parte non e' irragionevole che il dies a quo decorra dalla realizzazione della tipica forma di pubblicita' legale della delibera di fusione, qual e' l'iscrizione nel registro delle imprese. Sotto altro profilo poi non sussiste disparita' di trattamento rispetto alla disciplina della trasformazione atteso che fusione e trasformazione sono istituti profondamente diversi tra loro, conducendo l'una all'estinzione delle societa' fuse od incorporate e ad un fenomeno successorio per quanto riguarda i rapporti patrimoniali gia' facenti capo alle medesime e l'altra ad una modifica dell'atto costitutivo che presuppone la conservazione e la continuazione della societa' trasformata. 3. - Si e' costituita la Banca Nazionale del Lavoro e - nel ritenere la rilevanza della questione sollevata - ha concluso ritenendo l'applicabilita' alla fusione societaria anche dell'art. 2499 c.c. (oltre che dell'art. 2503 c.c.) o alternativamente l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata. Considerato in diritto 1. - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2503 cod. civ. (nel testo in vigore anteriormente alla novella di cui al d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie) nella parte in cui fa dipendere la liberazione degli (eventuali) soci illimitatamente responsabili della societa' di persone assoggettata a fusione dalla proposizione dell'opposizione alla fusione nel termine di tre mesi decorrente dall'iscrizione delle relative delibere nel registro delle imprese e non gia' dall'effettiva conoscenza delle stesse. E' sospettata la violazione sia del principio di parita' di trattamento (perche' nel caso di trasformazione di una societa' di persone in societa' di capitali i soci illimitatamente responsabili della prima sono liberati, oltre che per espresso consenso dei terzi creditori, soltanto in caso di inerzia degli stessi protrattasi per un termine di trenta giorni decorrente dalla diretta comunicazione della trasformazione fatta con lettera raccomandata); sia del diritto di difesa (perche' il terzo creditore deve nel breve termine suddetto non solo effettuare periodicamente la ricerca presso il registro delle imprese, ma anche eventualmente predisporre l'atto di opposizione). 2. - Pregiudizialmente va respinta l'eccezione di inammissibilita' della questione sollevata dall'Avvocatura di Stato. E' vero - come sottolinea l'Avvocatura - che il giudizio a quo ha ad oggetto, non gia' l'opposizione (ancorche' tardiva) alla fusione da parte dei creditori, ma l'estensione della dichiarazione di fallimento ai soci della societa' di persone incorporata in societa' di capitali. Pero' la censura oggi sottoposta all'esame della Corte - a differenza di quella scrutinata con la citata sentenza n. 409 del 1992 - non e' limitata all'interno del regime dell'opposizione alla fusione, ma e' piu' radicalmente diretta a sollecitare il controllo di costituzionalita' in ordine al meccanismo che comporta la liberazione del socio illimitatamente responsabile, liberazione da cui dipende conseguenzialmente la possibilita', o meno, di estendere a tale socio la dichiarazione di fallimento. E questo maggiore ambito della censura riflette esattamente il thema decidendum devoluto al giudice rimettente, il quale e' chiamato appunto ad interpretare ed a fare applicazione dell'art. 2503 c.c. proprio nella parte in cui disciplina (indirettamente) la sorte della garanzia offerta al creditore sociale dal patrimonio del socio illimitatamente responsabile; valutazione questa che e' necessariamente pregiudiziale all'altra concernente la estensibilita', o meno, della dichiarazione di fallimento. Sicche' correttamente lo stesso giudice rimettente ritiene che l'esito del giudizio dipenda dal contenuto precettivo di tale disposizione, di cui e' chiesta la verifica di costituzionalita'. 3. - Nel merito la questione e' fondata. Puo' esaminarsi innanzi tutto la prospettata violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), che appare maggiormente conseguenziale al carattere radicale (e sostanziale) della censura, rispetto alla ipotizzata violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), che invece si colloca su un piano piu' limitatamente processuale. L'ordinanza di remissione sollecita una comparazione tra la disciplina della liberazione del socio illimitatamente responsabile nel caso di fusione di societa' e quella parallela relativa alla trasformazione di societa'. Per quest'ultima fattispecie l'art. 2499 c.c. appronta uno specifico meccanismo: la liberazione si verifica sia nel caso in cui il creditore abbia dato l'espresso consenso alla trasformazione, sia nel caso in cui il medesimo, pur avendo avuto la comunicazione per raccomandata della deliberazione di trasformazione, non abbia negato espressamente la propria adesione nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. Tale comunicazione ha quindi la funzione di uno specifico interpello mirato a tutelare l'affidamento del creditore della societa' (anche) sulla responsabilita' patrimoniale del socio illimitatamente responsabile. Per la fusione in generale (e quindi in particolare anche per la fusione eterogenea quale quella che vede una societa' di persone incorporata in una societa' di capitali) l'art. 2503 c.c. non contempla analoga previsione espressamente disciplinando unicamente il profilo dell'opposizione alla fusione da parte dei creditori. Tuttavia la giurisprudenza della Corte di cassazione, richiamata dalla ordinanza di rimessione - valorizzando il carattere meramente sussidiario della eventuale responsabilita' dei soci - ritiene che, verificatasi la fusione per incorporazione di una societa' di persone in una societa' di capitali, soltanto quest'ultima rimane obbligata per i debiti sociali pregressi con esclusione della responsabilita' personale dei soci gia' illimitatamente responsabili della societa' incorporata; sicche' risultano ancorati ad un unico strumento di tutela sia l'interesse del creditore ad opporsi alla fusione per evitare la confusione dei patrimoni delle societa' partecipanti alla fusione, sia l'interesse dello stesso a conservare la responsabilita' patrimoniale del socio illimitatamente responsabile. Da questo dato interpretativo - affermato e ribadito dal giudice della nomofilachia - deve muovere lo scrutinio di costituzionalita' domandato alla Corte. 4. - La innegabile diversita' complessiva dei due istituti (quello della trasformazione di una societa' di persone in una societa' avente personalita' giuridica, da una parte, e quello della fusione eterogenea di piu' societa', dall'altra) non e' di ostacolo ad isolare - e poi comparare - quel segmento di disciplina che riguarda specificamente la liberazione del socio illimitatamente responsabile. In entrambe le fattispecie sussiste l'identico interesse del creditore a continuare a fare affidamento sulla responsabilita' patrimoniale (ancorche' sussidiaria) del socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali pregresse; ne' tale identita' di posizioni e' alterata dalla circostanza che il debitore nei rapporti obbligatori e' in un caso ancora la medesima societa', ancorche' trasformata, mentre nell'altro si identifica nella societa' di capitali risultante dalla fusione, che e' distinta dalla societa' di persone partecipante alla fusione stessa. La peculiarita' che in quest'ultima vicenda si verifica la confusione dei patrimoni delle societa' interessate dalla fusione rappresenta un elemento ne' differenziale, ne' comunque rilevante quanto alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili, ma e' un elemento significativo soltanto dell'eventuale radicamento di un ulteriore (ma distinto ed autonomo) interesse del creditore ad impedire la confusione dei patrimoni delle societa', la quale comporta il rischio - come si legge nella Relazione al codice civile - di un peggioramento della sua situazione in dipendenza del concorso di nuove masse creditorie, interesse che trova tutela nello specifico strumento dell'opposizione alla fusione. Puo' quindi limitarsi la comparazione esclusivamente al profilo della liberazione del socio illimitatamente responsabile e in tale pertinente prospettiva la disparita' risulta di tutta evidenza. In un caso (quello della trasformazione) il creditore e' destinatario di una specifica comunicazione della deliberazione di trasformazione che fa sorgere l'onere di attivarsi per impedire la liberazione negando espressamente la propria adesione nel termine di trenta giorni dalla comunicazione stessa. Questo e' quindi l'unico onere posto a carico del creditore, mentre la comunicazione specificamente indirizzatagli, pur in presenza delle ordinarie forme di pubblicita' societaria, rappresenta una tutela mirata alla eventuale conservazione della garanzia patrimoniale. Nell'altra ipotesi (quella della fusione eterogenea) non e' prevista analoga comunicazione singulatim, ma la pubblicita' societaria e' considerata esaustiva. Si ha quindi che la liberazione del socio illimitatamente responsabile consegue, come effetto indiretto, alla mancata opposizione alla fusione nel termine di tre mesi, della quale e' data pubblicita' nella forma della iscrizione della relativa deliberazione delle societa' partecipanti alla fusione nel registro delle imprese o, dopo la modifica dell'art. 2503 c.c., della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (ove richiesta). Quindi il creditore che intenda conservare la garanzia rappresentata dal patrimonio del socio illimitatamente responsabile e' gravato dal ben maggiore onere - che non puo' dirsi compensato dal piu' ampio termine previsto dall'art. 2503 c.c. - di dover procedere a periodici accessi per consultare il registro delle imprese, mentre nel caso (in comparazione) della trasformazione puo' limitarsi ad attendere la comunicazione personale di cui all'art. 2499 c.c.; onere - il primo - la cui (in tesi ritenuta) idoneita' al fine di contrastare la fusione in se' con l'atto di opposizione del creditore sociale, qui peraltro non in discussione, non offre ragione alcuna dello squilibrio nella piu' limitata prospettiva di conservazione della garanzia patrimoniale e di opposizione alla liberazione del socio illimitatamente responsabile. Conclusivamente si ha quindi che l'identita' dell'interesse in gioco rende ingiustificata la piu' gravosa disciplina che - secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione - deve leggersi nell'art. 2503 c.c. ed impone conseguenzialmente di parificare le due posizioni estendendo anche alla fusione eterogenea l'interpello previsto dall'art. 2499 c.c. in luogo del piu' gravoso automatismo liberatorio previsto (ancorche' non espressamente) dall'art. 2503 cit., ferma restando per l'opposizione dei creditori alla fusione la disciplina dettata da tale ultima disposizione che in parte qua - anche per quanto riguarda la decorrenza dal dies a quo del termine - e' fuori dalla censura di costituzionalita'. Quindi - rimanendo assorbito l'esame della prospettata violazione dell'art. 24 Cost. - va dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2503 c.c. nella parte in cui non prevede che la liberazione dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali anteriori alla fusione consegua esclusivamente al consenso espresso o presunto, nei modi e nel termine di cui all'art. 2499 c.c., dei creditori della societa' di persone partecipante alla fusione. 5. - Analoga dichiarazione di incostituzionalita' deve poi investire in via conseguenziale ( ex art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87) la medesima disposizione come sostituita dall'art. 10 d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 (di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie) atteso che, anche nella nuova formulazione che non e' suscettibile di interpretazione diversa da quella accolta dalla giurisprudenza sulla disposizione originaria, permane il condizionamento della liberazione dei soci illimitatamente responsabili (non gia' al consenso espresso o presunto dei creditori sociali, bensi') alla mancata opposizione alla fusione, le cui delibere sono soggette all'iscrizione o alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale senza che sia prevista alcuna comunicazione personale ai creditori al fine di acquisire il loro consenso espresso o presunto alla liberazione medesima e quindi persiste l'evidenziata disparita' di trattamento.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2503 codice civile nella parte in cui non prevede che la liberazione dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali anteriori alla fusione consegua esclusivamente al consenso espresso o presunto, nei modi e nel termine di cui all'art. 2499 codice civile, dei creditori della societa' di persone partecipante alla fusione; Dichiara, ai sensi dell'art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2503 codice civile, nel testo sostituito dall'art. 10 d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22 (di attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie), nella parte in cui non prevede che la liberazione dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali anteriori alla fusione consegua esclusivamente al consenso espresso o presunto, nei modi e nel termine di cui all'art. 2499 codice civile, dei creditori della societa' di persone partecipante alla fusione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1995. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: GRANATA Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 95C0249