N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 1995

                                N. 162
 Ordinanza emessa il 24 gennaio 1995 dal pretore di  Ferrara,  sezione
 distaccata  di  Comacchio nei procedimenti penali riuniti a carico di
 Luciani Cesare
 Inquinamento - Scarichi di  pubbliche  fognature  e  di  insediamenti
    civili,  eccedenti  i  limiti  tabellari  previsti  dalla legge n.
    319/1976, effettuati in acque superficiali e senza  la  prescritta
    autorizzazione  - Lamentata reiterazione a catena di decreti-legge
    con sottrazione del potere legislativo al Parlamento - Lesione del
    principio di riserva di legge e di certezza del diritto in materia
    penale  -  Carenza  dei  presupposti  di necessita' ed urgenza per
    l'emissione del decreto-legge  -  Disparita'  di  trattamento  tra
    situazioni  eguali  ma  giudicate  sotto  la  vigenza  di  diversi
    decreti-legge.
 (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3).
 (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, e 77).
(GU n.13 del 29-3-1995 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Luciani  Cesare,  nato a Comacchio il 15 settembre 1949 e
 residente a S. Giuseppe, via Trieste n. 22, imputato:
       A) del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge  n.
 319/1976  perche',  in  qualita'  di sindaco del comune di Comacchio,
 responsabile dello scarico  del  depuratore  comunale  di  Comacchio,
 effettuava  scarico  di fanghi provenienti dal depuratore nella Valle
 Molino, con superamento dei parametri di cui alla  tabella  a)  della
 legge citata quanto a: azoto nitroso. In Comacchio il 20 agosto 1991;
       B)  del reato p. e p. dall'art. 21, primo comma, della legge n.
 319/1976 per avere, in qualita' di sindaco del comune  di  Comacchio,
 esercitato  lo scarico della pubblica fognatura di lido di Volano con
 recapito finale nel Po di Volano senza avere richiesto la  prescritta
 autorizzazione;
       C)  del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge n.
 319/76 per avere esercitato uno scarico non  autorizzato  nel  Po  di
 Volano,  meglio  specificato  al  capo  che  precede,  con  parametri
 superiori ai limiti consentiti quanto a: azoto ammoniacale, coliformi
 totali, coliformi fecali, streptococchi fecali. Accertato in Lido  di
 Volano il 12 agosto 1991;
       D)  del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge n.
 319/1976  perche',  quale  titolare  dell'impianto  di   depurazione,
 scaricava  nella  Valle Molino acque con superamento dei parametri di
 cui alla tab. a) della legge quanto a: materiali in  sospensione.  In
 Comacchio il 25 febbraio 1992.
                             O S S E R V A
    Che  il  p.m.  d'udienza  dott.  Pierguido Soprani ha richiesto la
 pronuncia di questo pretore in ordine all'ipotesi di rilevanza e  non
 manifesta  infondatezza  della questione di legittimita' del d.-l. 16
 gennaio 1995 n. 9, nell'intero suo testo, per violazione degli  artt.
 25  e  77  della Costituzione, con trasmissione degli atti alla Corte
 costituzionale.
    Osserva  il  pretore  che  la  richiesta  e'  fondata  e  ritiene,
 pertanto,   di   dover  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della  Costituzione,
 la  questione  di  legittimita' costituzionale del d.-l.   16 gennaio
 1995 n.  9,  nell'intero  suo  testo,  in  particolare  in  relazione
 all'art. 3 dello stesso.
    A tale proposito, si rileva quanto segue:
    Nella  fattispecie  concreta  e'  applicabile  il d.-l. 16 gennaio
 1995, n. 9, in particolare l'art. 3, "Modifiche alla disciplina degli
 scarichi delle pubbliche fognature e degli  insediamenti  civili  che
 non  recapitano  in  pubbliche  fognature", pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 1995. Esso  reitera,  nella  sostanza,
 precedenti  decreti-legge  non  convertiti,  l'ultimo dei quali e' il
 d.-l. 16 novembre 1994, n. 629.
    L'art.  25  c.p.v.  della  Costituzione  fissa,  tra gli altri, il
 principio della riserva di legge in materia penale.
    E' implicito in tale principio il fatto che  tutte  le  scelte  di
 politica  criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in
 quanto la rappresentativita' del medesimo si  impone  quale  garanzia
 contro la commissione di arbitrii.
    Il  potere  legislativo  e',  infatti,  un centro dialettico della
 maggioranza e delle minoranze  le  decisioni  prese  si  fondano  sul
 dibattito parlamentare dopo var/' vagli critici.
    L'ammissibilita'   che   nuove   norme  di  diritto  penale  siano
 introdotte attraverso decreti legislativi o decreti-legge e' connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizzi  e  sia
 assicurato l'intervento del Parlamento in posizione sovraordinata.
   Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso
 la  delegazione  la prerogativa della iniziativa e delle fondamentali
 scelte politiche, con  controllo  della  Corte  costituzionale  anche
 sulla   conformita'   di   tali   atti  normativi  ai  criteri  della
 delegazione. I decreti-legge sono, invece, provvedimenti  provvisori,
 destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77,
 ultimo  comma,  della Costituzione, ad essere convertiti in legge o a
 perdere efficacia ex tune.
    In  materia  penale,  cio'  significa  che   ai   reati   commessi
 anteriormente  alla data di entrata in vigore di un decreto-legge non
 convertito, si applica la normativa precedente, in  quanto  un  d.-l.
 non  convertito  e'  privo  di  effetto  fin  dall'inizio.  La  Corte
 costituzionale, con sentenza 19 febbraio 1985  n.  51,  ha,  infatti,
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto come dell'art.
 2  del  c.p.,  nella parte in cui rendeva applicabili alle ipotesi da
 esso previste (e cioe' al caso di mancata  conversione  di  un  d.-l.
 recante  norme piu' favorevoli) le disposizioni contenute nel secondo
 e terzo comma di tale articolo.
    Tale questione rileva poiche' il d.-l.  in  oggetto  potrebbe  non
 essere convertito.
    Pertanto,  alla  luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge
 in materia penale, oltre che talora  inopportuno  in  relazione  alla
 complessita'  e  alla  delicatezza delle questioni trattate, presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre,  essendo  in
 una  posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie della
 certezza del diritto.
    Si osserva che, nella materia in  questione,  invece,  i  decreti-
 legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati a catena
 per  circa  un  danno,  evidenziando, in modo palese, soprattutto con
 specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza  dei
 requisiti   della  "necessita'  ed  urgenza".  Ora,  se  puo'  essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono  venuti
 meno  ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
    Inoltre, con la continua  ed  ininterrotta  reiterazione  di  vari
 decreti-legge   mai  convertiti,  si  e'  realizzata,  di  fatto,  la
 sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza  a  disporre
 in   materia   penale,   con   l'inammissibile  assunzione  da  parte
 dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di  valutazione
 degli  interessi  che,  in materia penale, e' di esclusiva competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
    Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti-legge in  materia
 penale,  ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre al
 Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, della
 Costituzione "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti  sulla
 base dei decreti non convertiti". E' evidente che, se la reiterazione
 dei  decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si potranno
 determinare effetti definitivi quale il giudicato,  non  modificabili
 in  sede  giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei
 diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva  dalla  disparita'  di
 trattamento  che  potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche,
 ma commesse e/oz giudicate sotto la vigenza di  un  diverso  decreto-
 legge, vengono diversamente giudicate.
    Dalle  considerazioni  esposte  si desume che il presente giudizio
 non puo' essere definito, allo stato e vigenti i principi  del  d.-l.
 n.  9/1995  in  esame,  in  modo indipendente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la auestione  di
 legittimita'   costituzionale   del  d.-l.  16  gennaio  1995  n.  9,
 concernente "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche
 fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
 fognature",  nell'intero  suo  testo,  in  particolare  in  relazione
 all'art.  3, con riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma e 77,
 della Costituzione;
    Sospende il processo in corso e dispone la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata   all'imputato,  e  al  difensore,  al  p.m.,  nonche'  al
 Presidente el Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della
 Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica.
      Ferrara-Comacchio, addi' 24 gennaio 1995
                           Il pretore: CANU
 
 95C0359