N. 277 SENTENZA 15 - 27 giugno 1995

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Assistenza e beneficenza pubblica - Regione Veneto - Destinazione  di
 fondi  -  Fanciulli  nati  fuori  dal  matrimonio  -  Criterio  della
 residenza - Presunta violazione di vincoli  di  destinazione  imposti
 dalla  legge  statale  -  Insussistenza  - Erroneita' dei presupposti
 interpretativi  del  giudice    a  quo  -   Autonomia   regionale   -
 Legittimita' dell'esercizio - Non fondatezza.
 
 (Legge  regione  Veneto 31 maggio 1980, n. 76, art. 11; legge regione
 Veneto 15 dicembre 1982, n. 55, art. 15).
 
 (Cost., artt. 3, 30, 81 e 119).
 
(GU n.28 del 5-7-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge
 della Regione Veneto 31 maggio 1980, n. 76  (Ripartizione  dei  fondi
 relativi  alle  funzioni  in  materia  di assistenza e beneficenza) e
 dell'art. 15 della legge della Regione Veneto 15 dicembre 1982, n. 55
 (Norme per  l'esercizio  delle  funzioni  in  materia  di  assistenza
 sociale),  promossi  con due ordinanze emesse il 4 novembre 1993 e il
 25 novembre 1993 dal Tribunale di  Venezia  nei  procedimenti  civili
 vertenti  tra  l'Amministrazione  provinciale di Vicenza e la Regione
 Veneto e tra l'Amministrazione provinciale di  Padova  e  la  Regione
 Veneto,  iscritte  ai  nn.  188  e  189 del registro ordinanze 1994 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  16,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di costituzione dell'Amministrazione provinciale di
 Vicenza nonche' gli atti di intervento della Regione Veneto;
    Udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Uditi  gli  avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione
 Veneto.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con due ordinanze emesse l'una il 4 novembre  1993  (r.o.  n.
 188 del 1994), e l'altra il 25 novembre 1993 (r.o. n. 189 del 1994) -
 nel    corso    di    giudizi   civili   promossi,   rispettivamente,
 dall'Amministrazione provinciale di Vicenza e da  quella  di  Padova,
 aventi  ad  oggetto  il contributo della Regione Veneto alle spese di
 assistenza ai fanciulli nati fuori del matrimonio - il  Tribunale  di
 Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 30, 81 e 119 della
 Costituzione,   questioni   di  legittimita'  costituzionale  di  due
 disposizioni contenute in leggi della  Regione  Veneto,  segnatamente
 dell'art.   11   della   legge   regionale  31  maggio  1980,  n.  76
 (Ripartizione  dei  fondi  relativi  alle  funzioni  in  materia   di
 assistenza  e  beneficenza)  e  dell'art. 15 della legge regionale 15
 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia
 di assistenza sociale).
    Entrambe le ordinanze rilevano che l'art. 10 della  legge  n.  698
 del  1975,  nel  sopprimere l'Opera nazionale per la protezione della
 maternita' e  dell'infanzia  (ONMI)  e  nel  trasferire  le  relative
 funzioni  alle  regioni,  ai comuni ed alle province, ha istituito un
 fondo  speciale  iscritto  nello  stato di previsione della spesa del
 Ministero  del  tesoro;  fondo  del  quale,  una  volta  avvenuta  la
 ripartizione  fra  le regioni, si prevede l'assegnazione, da parte di
 queste ultime, con legge di bilancio, alle province e ai comuni,  per
 l'esercizio  delle  funzioni attribuite a detti enti locali a seguito
 della riforma di cui trattasi.
    Rilevano, peraltro, le ordinanze, che la prima delle  disposizioni
 menzionate,  vale  a  dire  l'art. 11 della legge regionale n. 76 del
 1980, stabilisce, sul predetto fondo,  l'erogazione  della  somma  di
 lire 2.000 milioni per il finanziamento degli asili-nido ex ONMI, ora
 comunali, prevedendo che le rimanenti disponibilita' siano assegnate,
 con  provvedimento  della  giunta  regionale,  alle  unita' sanitarie
 locali,  ai  comuni  e  alle  province.  A  sua  volta,  la   seconda
 disposizione, e cioe' l'art. 15 della legge regionale n. 55 del 1982,
 fa  confluire le somme di cui all'art. 10 della legge n. 698 del 1975
 nel fondo destinato al funzionamento degli interventi, dei servizi  e
 delle attivita' socio-assistenziali.
    Dette disposizioni della legge regionale sarebbero - ad avviso del
 remittente Tribunale - in contrasto con:
      l'art.   3   della   Costituzione,   in   quanto  sottrarrebbero
 ingiustificatamente ai fanciulli nati da unioni illegittime,  di  cui
 all'art.  4,  lettera c), del regio decreto-legge n. 798 del 1927, la
 possibilita', per il solo fatto di risiedere nella Regione Veneto, di
 vedersi riconoscere i mezzi di tutela rappresentati dal finanziamento
 statale previsto dalla legge n. 698 del 1975;
      l'art. 30 della Costituzione, per violazione  del  precetto  che
 impone la cura dei figli, anche nati fuori del matrimonio;
      l'art.   81   della  Costituzione,  in  quanto  sarebbero  state
 attribuite nuove funzioni a comuni e province,  privando  i  medesimi
 enti dei mezzi con cui farvi fronte;
      l'art.  119 della Costituzione, atteso che una legge dello Stato
 ha fissato l'autonomia finanziaria della regione e questa  ha  invece
 provveduto  del tutto autonomamente disattendendo la specificita' del
 vincolo impostole.
    2.  -  Nel  primo  giudizio  si  e'  costituita  l'Amministrazione
 provinciale  di  Vicenza,  depositando  una  memoria,  nella quale, a
 sostegno  della   illegittimita'   costituzionale   della   normativa
 impugnata,  si  deduce  che  la legge n. 698 del 1975, nel sopprimere
 l'ONMI, avrebbe trasferito alla Regione l'obbligo contributivo,  gia'
 previsto  per  l'ONMI medesima dall'art. 3 del regio decreto-legge n.
 798 del 1927, come modificato dall'art. 1  della  legge  n.  312  del
 1933,  nella  misura  di un terzo della spesa per i fanciulli nati da
 unioni illegittime.
    D'altro canto, la norma dell'art. 10 della stessa legge n. 698 del
 1975,  istitutiva  del  fondo  speciale  a  carico  dello  stato   di
 previsione   del  Ministero  del  tesoro,  andrebbe  interpretata  in
 combinato disposto con le precedenti disposizioni, nel senso  che  le
 regioni  sarebbero  tenute  a  sostenere  un  terzo  delle  spese per
 l'assistenza  ai  fanciulli  di  cui   trattasi,   usufruendo   dello
 stanziamento  statale  ed  aggiungendo  eventualmente  le  somme  che
 risultassero necessarie volta  per  volta.  Per  contro,  la  Regione
 Veneto  non attribuirebbe alle province nemmeno la quota che riceve a
 tale titolo dallo Stato, giacche' l'art. 11 della legge regionale  n.
 76  del  1980  -  in  violazione  degli  artt.  30,  3  e  119  della
 Costituzione  e  dei  principi  fissati  dalla  normativa  statale  -
 consente alla Regione di limitare il proprio contributo ad una parte,
 oltretutto    modesta,   dello   stanziamento   statale,   destinando
 aprioristicamente la somma di lire 2.000 milioni di tale stanziamento
 al finanziamento degli asili-nido ex ONMI, ed  erogandone  una  parte
 alle  unita'  sanitarie  locali,  al  di fuori delle previsioni della
 legge n. 698 del 1975. La norma contrasterebbe anche  con  l'art.  81
 della  Costituzione,  poiche',  pur  non  riducendo  le  funzioni  di
 assistenza ai fanciulli nati da unioni  illegittime  attribuite  alla
 provincia,  ne  avrebbe ridotto il finanziamento, comportando nuove e
 maggiori spese senza indicazione dei mezzi con cui farvi fronte.
    Del pari incostituzionale per violazione degli artt. 3, 81  e  119
 della Costituzione, sarebbe l'art. 15 della legge regionale n. 55 del
 1982,  che  ha  disposto  la costituzione di un fondo regionale per i
 servizi sociali, a meno che non  venga  interpretato  nel  senso  che
 impegni  comunque  al  versamento  in  favore  delle  province  di un
 contributo pari ad un terzo delle spese da esse sostenute.
    3. - Nel giudizio  e'  intervenuta  altresi'  la  Regione  Veneto,
 chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
    La  memoria,  dopo  aver  delineato  la evoluzione della normativa
 statale e regionale in materia, deduce che:
      l'art. 10 della legge n. 698 del 1975, nel disporre, al  secondo
 comma,  che  il  fondo speciale "deve essere adeguato alle occorrenze
 delle funzioni trasferite", avrebbe riguardo non solo  alle  funzioni
 provinciali di assistenza ai fanciulli nati da unioni illegittime, ma
 ad  una  pluralita'  di voci di spesa, cui il vincolo di destinazione
 sarebbe riferibile;
      la medesima disposizione, nel precisare, al  quinto  comma,  che
 "le  regioni,  con  legge  di bilancio, assegnano alle province ed ai
 comuni le somme  necessarie  all'esercizio  delle  funzioni  ad  esse
 trasferite",   rimetterebbe   detta   assegnazione  all'apprezzamento
 discrezionale  della  regione.  Gli  effetti  del  trasferimento   di
 funzioni  di  cui  alla  legge  n.  698 del 1975 sarebbero, comunque,
 venuti meno a  seguito  del  d.P.R.  n.  616  del  1977  che  avrebbe
 attribuito  ai  comuni  tutte  le  funzioni  amministrative  relative
 all'organizzazione  ed  erogazione  dei  servizi  di   assistenza   e
 beneficenza,   donde   la   caducazione   di   un  vincolo,  peraltro
 concepibile, anche per il passato, in termini assai lati.
    Si rileva, altresi', che, dal 1980, le assegnazioni erogate  dallo
 Stato  a  favore della Regione per l'esercizio delle funzioni ex ONMI
 sarebbero confluite all'interno del fondo comune di  cui  all'art.  8
 della  legge  n.  281  del  1970,  con l'effetto di rendere i cespiti
 "assolutamente liberi in sede di allocazione regionale", in  coerenza
 con l'art. 21 della legge n. 335 del 1976.
    In  ordine ai parametri invocati nell'ordinanza, si sostiene, poi,
 che:
      l'art.  3  va  posto  in  connessione   con   l'art.   5   della
 Costituzione,  risultando  rimesso  alla  valutazione del legislatore
 regionale il modo di articolare le politiche sociali;
      l'art. 30 della Costituzione implica la necessita' di bilanciare
 la tutela dei figli  nati  fuori  del  matrimonio  con  altri  valori
 costituzionalmente protetti;
      l'art.  81  della Costituzione impone ai titolari delle funzioni
 (nel caso alla provincia) di valutarne il costo  e  di  prevedere  un
 idoneo stanziamento;
      neppure  l'art.  119  della  Costituzione  sarebbe  violato;  al
 contrario, lo sarebbe se  si  ritenesse  sussistente  un  vincolo  di
 destinazione a carico di un cespite regionale.
    Le  questioni sarebbero, quindi, non fondate, riguardando, se mai,
 le leggi dello Stato che, non avendo posto un vincolo di destinazione
 oppure avendolo rimosso, hanno consentito l'erogazione di prestazioni
 non sorrette da adeguate risorse.
    4. - In prossimita' dell'udienza, hanno depositato  memorie  -  in
 riferimento  alla  questione  di cui al r.o. n. 188 del 1994 - sia la
 Regione Veneto che l'Amministrazione provinciale di Vicenza.
    5. - La Regione Veneto, dopo aver ribadito le argomentazioni  gia'
 svolte,  rileva  che il fondo costituito dalla legge n. 698 del 1975,
 per lo svolgimento delle funzioni  ex  ONMI,  sarebbe  confluito,  in
 virtu'  dell'art.  128,  terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, nel
 fondo comune ex art. 8 della legge n. 281 del 1970, perdendo  in  tal
 modo il vincolo di destinazione; conclusione, questa avvalorata dalla
 successiva legge n. 181 del 1982, che prevede, parimenti, all'art. 8,
 secondo  comma,  la  confluenza delle somme di cui trattasi nel fondo
 comune, trasformando in previsione "a regime" quella che  in  origine
 era una disposizione transitoria e finale del d.P.R. n. 616 del 1977.
    6.  -  A  sua  volta  l'Amministrazione  provinciale  di  Vicenza,
 nell'insistere per l'accoglimento delle questioni, ribadisce che, con
 le norme impugnate, la Regione Veneto avrebbe "creato una illegittima
 distrazione di fondi" che dovevano, al contrario,  essere  attribuiti
 alle province, onde la gia' rilevata violazione degli artt. 3, 30, 81
 e 119 della Costituzione.
    7.  -  La Regione Veneto e' intervenuta anche nel secondo giudizio
 (di cui al  R.O.  n.  189  del  1994),  depositando  una  memoria  di
 contenuto analogo a quella prodotta nel primo, con la quale si chiede
 del pari che le questioni siano dichiarate non fondate.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Poiche'  le  due  ordinanze  pongono identiche questioni, i
 giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
    2. - La Corte e'  chiamata  a  pronunziarsi  su  due  leggi  della
 Regione Veneto, ed in particolare a decidere se l'art. 11 della legge
 31  maggio 1980, n. 76 (Ripartizione dei fondi relativi alle funzioni
 in materia di assistenza e beneficenza) e l'art. 15  della  legge  15
 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia
 di  assistenza  sociale), nel prevedere una destinazione del fondo di
 cui all'art. 10 della legge dello Stato 23 dicembre 1975, n.  698,  a
 fini  diversi da quelli per i quali il fondo sarebbe stato istituito,
 contrastino con:
      l'art. 3 della Costituzione, sottraendo  ingiustificatamente  ai
 soggetti  di  cui  all'art. 4, lettera c), del regio decreto-legge n.
 798 del 1927, vale a dire i fanciulli nati fuori del matrimonio,  per
 il  solo  fatto  di  risiedere  in  detta Regione, la possibilita' di
 vedersi riconoscere i mezzi di tutela rappresentati dal finanziamento
 statale previsto dalla legge n. 698 del 1975;
      l'art. 30 della Costituzione, che  impone  la  cura  dei  figli,
 anche nati fuori del matrimonio;
      l'art.   81   della  Costituzione,  in  quanto  sarebbero  state
 attribuite nuove funzioni a comuni e  province  privando  i  medesimi
 enti dei mezzi con cui farvi fronte;
      l'art.  119 della Costituzione, atteso che una legge dello Stato
 ha fissato l'autonomia finanziaria della regione, e questa ha  invece
 provveduto  del tutto autonomamente disattendendo la specificita' del
 vincolo impostole.
    3. - Le questioni non sono fondate.
    Le disposizioni sottoposte al vaglio di questa  Corte  sono  state
 emanate  dalla  Regione Veneto nell'ambito di un quadro ordinamentale
 caratterizzato, all'epoca, da interventi  legislativi  che,  come  e'
 noto,  hanno  inciso  profondamente  sull'assetto  delle funzioni nei
 rapporti fra lo Stato e le Regioni. In detto contesto  si  collocano,
 da  un lato, provvedimenti settoriali quali quello della soppressione
 dell'Opera  nazionale  per   la   protezione   della   maternita'   e
 dell'infanzia,  operata  dalla  legge n. 698 del 1975, e, dall'altro,
 provvedimenti  di  ben  piu'  ampia   portata   quale   il   generale
 trasferimento  di  funzioni  alle regioni realizzato con il d.P.R. n.
 616 del 1977. A tali riforme ha fatto  riscontro  anche  l'evoluzione
 dei  rapporti  finanziario-contabili  fra  Stato  e Regioni, in vista
 dello svolgimento delle funzioni assegnate a queste ultime.
    La spesa per l'assistenza dei fanciulli nati fuori del matrimonio,
 di cui all'art. 4, primo comma, lettera c), del regio decreto-legge 8
 maggio 1927, n. 798, faceva carico, in passato, secondo  il  disposto
 dell'art.  1  della  legge  13  aprile  1933,  n.  312,  per un terzo
 all'Opera  nazionale   per   la   protezione   della   maternita'   e
 dell'infanzia e, per il resto, veniva ripartita in misura uguale "tra
 la provincia e i rispettivi comuni".
    La  legge  23  dicembre  1975,  n.  698,  nel  sopprimere  l'ONMI,
 trasferi' alle regioni a statuto ordinario e speciale le funzioni  di
 detto   ente,   relative  alla  vigilanza  per  l'applicazione  delle
 disposizioni legislative e  regolamentari  per  la  protezione  della
 maternita'  e  dell'infanzia  e alla promozione della riforma di tali
 disposizioni, che, in tutto o in parte, riguardavano  le  materie  di
 competenza  regionale,  nonche'  le  funzioni  di programmazione e di
 indirizzo (art. 1). Vennero  ugualmente  trasferiti  alle  regioni  i
 poteri  di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche
 e  private  per  l'assistenza  e  protezione   della   maternita'   e
 dell'infanzia,  comprese  le  funzioni  riservate  alla tutela e alla
 vigilanza governativa (art. 2).
    La stessa legge (art. 3) attribui', ai sensi dell'art. 118,  primo
 comma, della Costituzione, ai comuni le funzioni amministrative rela-
 tive  agli  asili-nido  ed  ai  consultori  e alle province "tutte le
 funzioni amministrative di fatto esercitate dai comitati  provinciali
 dell'ONMI,  nonche' quelle degli organi centrali dell'ente diverse da
 quelle indicate al precedente art. 2".
    Nell'ambito di tale nuova disciplina delle funzioni in materia  di
 assistenza   all'infanzia,  l'art.  10  soppresse,  da  un  lato,  il
 contributo statale all'ONMI, gia' previsto dall'art. 7, primo  comma,
 numero  1,  del  regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, e stabili',
 dall'altro, che, fino alla riforma dell'ordinamento finanziario delle
 regioni e degli  enti  locali,  con  la  legge  di  approvazione  del
 bilancio  dello  Stato sarebbe stato costituito un fondo speciale, da
 iscrivere nello stato di previsione della  spesa  del  Ministero  del
 tesoro,  "adeguato  alle occorrenze delle funzioni trasferite a norma
 dalla  presente legge". Fondo da ripartirsi, con decreto del Ministro
 del tesoro, tra le regioni a statuto ordinario e a statuto  speciale,
 le  quali,  con legge di bilancio, avrebbero poi assegnato alle prov-
 ince e ai comuni le somme necessarie all'esercizio delle funzioni  ad
 essi attribuite.
    Gia'  alla  luce  dello  stesso  dettato legislativo trova percio'
 smentita  la  tesi  sostenuta  dal  remittente  nel  senso   che   le
 disposizioni censurate avrebbero distolto il fondo dell'art. 10 della
 legge  n.  698  del 1975 dalla sua destinazione naturale, vale a dire
 l'assistenza ai fanciulli nati fuori del matrimonio, dal momento  che
 e'  proprio  l'art.  10  a  ricomprendere nell'assegnazione del fondo
 stesso tutte le funzioni attribuite a comuni e province.
    4. - Per un piu' completo quadro della  materia,  occorre  inoltre
 considerare   che,   subito   dopo   lo   scioglimento   dell'ONMI  e
 l'attribuzione delle relative funzioni a regioni, province e  comuni,
 disposta  dalla  legge  n.  698 del 1975, e' intervenuto il d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, che ha assegnato ai comuni, ai  sensi  dell'art.
 118,   primo   comma,   della   Costituzione,   tutte   le   funzioni
 amministrative relative all'organizzazione  ed  alla  erogazione  dei
 servizi  di assistenza e beneficenza (art. 25), riservando alle prov-
 ince, nell'ambito dei piani regionali, l'approvazione  del  programma
 di  localizzazione  dei presidi assistenziali nonche' il parere sulle
 delimitazioni territoriali per i servizi  sociali  e  sanitari  (art.
 26).
    Tralasciando    l'ulteriore    svolgimento   della   legislazione,
 nell'ambito del quale si colloca, in epoca piu' recente, il  decreto-
 legge  18  gennaio  1993,  n. 9, il cui art. 5, cosi' come modificato
 dalla legge di conversione 18 marzo 1993,  n.  67,  restituisce  alle
 province le funzioni assistenziali gia' di loro competenza, alla data
 di  entrata  in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, va rilevato
 che il predetto d.P.R. n. 616 del 1977, in armonia  con  il  disposto
 trasferimento  di  funzioni  alle  regioni  e  agli  enti  locali, ha
 previsto, all'art. 126, la soppressione dei capitoli dello  stato  di
 previsione  della spesa del bilancio dello Stato relativi, in tutto o
 in parte, alle funzioni trasferite alle  regioni  o  attribuite  agli
 enti  locali,  ivi  compresi  quelli  relativi  "a fondi destinati ad
 essere ripartiti fra le regioni per le finalita' previste dalle leggi
 che li hanno istituiti, con esclusione delle quote di tali  fondi  da
 attribuire alle regioni a statuto speciale".
    In  relazione  a questi ultimi fondi, lo stesso decreto (art. 128,
 terzo comma) ha stabilito, a partire  dal  1978,  l'integrazione  del
 fondo  comune  per  "un  importo  pari  agli  stanziamenti  per spese
 correnti soppressi dal bilancio dello Stato".
    Tutto cio' in conformita' del disposto dell'art. 21 della legge 10
 maggio 1976, n. 335, che aveva gia' in precedenza previsto che  tutte
 le  somme  assegnate  a  qualsiasi  titolo  dallo  Stato alla regione
 confluissero, salve talune eccezioni, nel  bilancio  regionale  senza
 vincolo a specifiche destinazioni.
    Ad  eliminare  ogni  residuo  dubbio  circa  la legittimita' della
 destinazione impressa dalla Regione al fondo oggetto delle  ordinanze
 del  Tribunale  di Venezia, sta la legge 26 aprile 1982, n. 181, che,
 nel determinare l'ammontare del fondo comune di cui all'art. 8  della
 legge  n.  281  del  1970, al termine del regime transitorio previsto
 dalla legge n. 356 del 1976, vi ricomprende  espressamente  anche  le
 somme  spettanti  alle  regioni ordinarie ai sensi dell'art. 10 della
 legge n. 698 del 1975.
    5. - E' dato percio' concludere che la Regione Veneto, secondo  un
 criterio  seguito  anche  da altre regioni, che hanno fatto confluire
 del pari i fondi per l'esercizio delle funzioni ex ONMI in  un  fondo
 per  i  servizi  socio-assistenziali,  si  e' adeguata all'evoluzione
 delle norme statali  che  hanno  delineato  il  nuovo  assetto  delle
 funzioni  regionali e locali, disegnando anche il quadro dei rapporti
 finanziario-contabili fra Stato e Regioni, alla  stregua  di  criteri
 che,  sotto questo aspetto, risultano ribaditi, tra l'altro, in epoca
 piu' recente, dalla legge 14 giugno 1990, n. 158,  recante  norme  di
 delega  in  materia  di  autonomia  impositiva delle regioni ed altre
 disposizioni concernenti i rapporti finanziari  tra  lo  Stato  e  le
 Regioni.  Questa  ha  stabilito,  all'art.  2,  che,  in attesa delle
 disposizioni di riforma della finanza regionale, i  finanziamenti  di
 parte  corrente  previsti  da leggi statali per interventi rientranti
 nelle materie di competenza regionale confluiscano nel  fondo  comune
 di  cui all'art. 8 della legge n. 281 del 1970, salvo quanto disposto
 per il fondo nazionale trasporti e per il fondo sanitario nazionale.
    6. - L'erroneita' della premessa dalla quale muovono le ordinanze,
 nell'assumere che vi sia stata una sottrazione  di  mezzi  garantiti,
 dall'art.  10  della  legge  n. 698 del 1975, ai figli nati fuori del
 matrimonio,  ha  per  conseguenza  l'infondatezza  delle  prospettate
 violazioni degli artt. 3 e 119 della Costituzione.
    Accertato  che la Regione Veneto non ha disatteso alcun vincolo di
 destinazione imposto dalla legge statale alle somme di cui  trattasi,
 e'  fuor di luogo invocare sia l'art. 3 della Costituzione, avendo la
 Regione operato nell'ambito delle competenze ad  essa  spettanti:  il
 riconoscimento  stesso  della  competenza  legislativa  della Regione
 comporta  l'eventualita',  legittima   alla   stregua   del   sistema
 costituzionale,  di  una  disciplina divergente da regione a regione,
 nei limiti dell'art. 117 della Costituzione (v. sentenza n.  447  del
 1988);  sia  l'art. 119 della Costituzione, disposizione che, secondo
 la  giurisprudenza   costituzionale,   vale   a   fondare   piuttosto
 l'autonomia   delle   regioni,   nell'utilizzo   delle  risorse  loro
 assegnate, anziche' i vincoli ad esse talora imposti.
    7. - A prescindere, poi, dal problema interpretativo dell'art.  10
 della  legge  n.  698  del 1975, occorre rilevare, quanto all'art. 30
 della Costituzione, che trattasi di disposizione che, nello stabilire
 che la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni  tutela
 giuridica  e  sociale,  indica  una  direttiva rivolta al legislatore
 ordinario;  direttiva  che  e'   destinata   a   trovare   attuazione
 nell'ambito  dei  programmi  generali  di  assistenza posti in essere
 dalla Regione.
    Infine, circa la lamentata violazione dell'art. 81, quarto  comma,
 della  Costituzione,  e' sufficiente rilevare che le norme denunciate
 attengono a profili  di  organizzazione  finanziario-contabile  della
 Regione,  ma non possono di per se' considerarsi vere e proprie leggi
 di spesa.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondate le questioni  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  11  della legge regionale del Veneto 31 maggio 1980, n. 76
 (Ripartizione  dei  fondi  relativi  alle  funzioni  in  materia   di
 assistenza  e  beneficenza)  e dell'art. 15 della legge regionale del
 Veneto  15 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni
 in materia di assistenza sociale),  sollevate,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  30,  81 e 119 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia
 con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 27 giugno 1995.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 95C0846