N. 282 ORDINANZA 15 - 28 giugno 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Sentenza di applicazione della  pena  su  richiesta
 delle  parti  - Ordine di confisca delle somme e degli oggetti di cui
 alla contravvenzione di possesso ingiustificato  di  valori  prevista
 dall'art.  708  del  c.p. - Omessa previsione - Richiesta di sentenza
 additiva - Discrezionalita' legislativa - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 445, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 27)
 
(GU n.28 del 5-7-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
    Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 445, primo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  23  marzo  1994  dal Pretore di Cremona nel procedimento penale a
 carico di Faisi Gianfranco Cristiano, iscritta al n. 437 del registro
 ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito nella camera di consiglio del 25  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Cremona, prima ancora di aprire il
 dibattimento  a  carico  di  un  imputato  della  contravvenzione  di
 possesso  ingiustificato  di valori prevista dall'art. 708 del codice
 penale,  ha,  di  fronte  alla  concorde  richiesta  della  parti  di
 applicazione della pena a norma degli artt. 444 e seguenti del codice
 di  procedura penale, con ordinanza del 23 marzo 1994, denunciato, in
 riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, l'art.  445,  primo
 comma,  del  codice  di  procedura  penale,  "nella  parte in cui non
 prevede che il giudice,  pronunciando  la  sentenza  di  applicazione
 della pena su richiesta delle parti, ordini la confisca delle somme e
 degli  oggetti  di  cui  l'imputato  della  contravvenzione  p.  e p.
 dall'art. 708 c.p. non giustifichi la provenienza";
      che il giudice a quo, premesso che le somme  in  questione,  non
 costituendo  prezzo  ma profitto del reato, non rientrano fra le cose
 assoggettabili a confisca ai sensi dell'art. 240, secondo comma,  del
 codice  penale,  appositamente  richiamato  dalla  norma  denunciata,
 ravvisa nel sistema cosi' articolato  una  rinuncia  "ad  espropriare
 cose  che  con alta probabilita' ritorneranno nel circuito criminoso"
 vanificando, per giunta, lo stesso precetto dell'art. 708 del  codice
 penale;
      che,  in  tal  modo,  l'art.  445 del codice di procedura penale
 vulnererebbe sia l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo  della
 ragionevolezza,  consentendo  all'imputato  di  ricavare utilita' dal
 proprio operare contra  legem,  sia  l'art.  27  della  Costituzione,
 perche'  l'impossibilita'  di  "espropriare  il  denaro  e  le  altre
 utilita' provenienti dall'attivita' delinquenziale, pur nella  logica
 di  premialita' che ispira il patteggiamento, neutralizza la funzione
 di  tendenziale  recupero  sociale"  che  l'ora  indicato   parametro
 costituzionale assegna alla pena;
      che  nel  giudizio  non si e' costituita la parte privata ne' ha
 spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Considerato che il giudice a  quo  richiede  a  questa  Corte  una
 statuizione  solo  apparentemente  di tipo demolitorio, ma in realta'
 diretta ad introdurre, in relazione al regime dell'applicazione della
 pena su richiesta, una disciplina che consenta di adottare una misura
 di sicurezza oltre i limiti segnati dall'art. 445, primo  comma,  del
 codice di procedura penale;
      che,  come gia' statuito con riferimento ad un'analoga questione
 avente ad oggetto la sottoponibilita' a confisca, in esito a sentenza
 che applica la pena su richiesta delle parti, delle somme costituenti
 il profitto della illecita  cessione  di  sostanze  stupefacenti,  la
 realizzazione  del  petitum  che  il giudice a quo tende a conseguire
 resta preclusa a questa Corte, "spettando interventi additivi di  tal
 genere   al   solo   legislatore   che,   nella   sfera   della   sua
 discrezionalita', puo' operare scelte anche  derogatorie  rispetto  a
 quelle  previste  in  via  generale  in  relazione  alla  sentenza di
 patteggiamento" (v. ordinanza n. 334 del 1994);
      che la questione e', dunque, manifestamente inammissibile;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 445, primo comma, del codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  27  della
 Costituzione, dal Pretore di Cremona con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 28 giugno 1995.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 95C0851