N. 352 ORDINANZA 12 - 21 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Autoveicoli - Tassa di circolazione - Istituzione di una patrimoniale
 - Commisurazione del tributo - Criteri - Penalizzazione delle piccole
 cilindrate - Erroneita' delle premesse interpretative  da  parte  del
 giudice      a   quo   -   Contraddittorieta'   delle  motivazioni  -
 Discrezionalita' legislativa - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L.  30  dicembre  1982,   n.   953,   art.   5,   ventisettesimo,
 trentaduesimo  e  trentatreesimo comma, convertito, con modificazioni
 nella legge 28 febbraio 1983, n. 53; d.P.R. 5 febbraio 1953,  n.  39,
 art. 2, lett.  b)).
 
 (Cost., artt. 3 e 53).
 
(GU n.33 del 9-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco
    GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.
    Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  commi
 ventisettesimo,  trentaduesimo  e  trentatreesimo,  della  legge   28
 febbraio  1983,  n.  53 (Conversione in legge, con modificazioni, del
 decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953,  recante  misure  in  materia
 tributaria)  (rectius:  del  decreto-legge  30 dicembre 1982, n. 953,
 recante misure in materia tributaria, convertito, con  modificazioni,
 dalla  legge  28  febbraio  1983,  n.  53),  coordinato con l'art. 2,
 lettera b), del d.P.R. 5 febbraio 1953,  n.  39  (Testo  unico  delle
 leggi sulle tasse automobilistiche), promosso con ordinanza emessa il
 7  febbraio  1995  dal  Giudice conciliatore di Roma nel procedimento
 civile vertente tra l'Associazione per la difesa  dei  consumatori  e
 degli  utenti  "Dideikon" ed altra e l'A.C.I., iscritta al n. 213 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 213, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visti  l'atto  di costituzione dell'Associazione per la difesa dei
 consumatori e degli utenti "Dideikon" ed  altra,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
    Uditi  l'avv. Mario Marchetti per l'Associazione per la difesa dei
 consumatori e degli utenti "Dideikon" ed  altra  e  l'avvocato  dello
 Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  procedimento  civile  promosso
 dall'Associazione per  la  difesa  dei  consumatori  e  degli  utenti
 "Dideikon"   ed   altra   avverso   l'A.C.I.  ed  altro,  il  Giudice
 conciliatore di Roma, con ordinanza emessa il 7 febbraio  1995  (r.o.
 n.  213  del  1995),  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  5,  commi  ventisettesimo, trentaduesimo e trentatreesimo,
 della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (rectius:  del  decreto-legge  30
 dicembre   1982,  n.  953,  recante  misure  in  materia  tributaria,
 convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio  1983,  n.  53)
 coordinato  con  l'art. 2, lettera b), del d.P.R. 5 febbraio 1953, n.
 39,   contenente   il   testo   unico   delle   leggi   sulle   tasse
 automobilistiche;
      che,  secondo  il  giudice  a  quo, le norme impugnate "adottano
 parametri  iniqui  ed  irrazionali  al  criterio   impositivo   della
 proprieta'  del  veicolo",  onde la tassa di circolazione non sarebbe
 piu' un "tributo  corrisposto  per  un  servizio  reso  al  privato",
 "bensi'  prestazione  pecuniaria  dovuta dal contribuente allo Stato,
 derivante dalla proprieta' di un veicolo";
      che,  sempre  ad  avviso  del  remittente,  l'imposta   de   qua
 colpirebbe  "l'intera  categoria  degli  automobilisti  senza operare
 alcuna  distinzione  all'interno  della   medesima",   penalizzerebbe
 "l'automobile  di  piccola  cilindrata  che  e' da considerare non un
 lusso,  ma  una  necessita'  soprattutto  per  chi  lavora,  data  la
 inefficienza dei mezzi pubblici" e non terrebbe conto del reddito del
 contribuente,   ponendosi  cosi'  in  contrasto  con  i  principi  di
 uguaglianza e di capacita' contributiva, intesa quest'ultima come "il
 complesso dei redditi di cui gode il contribuente" e al tempo  stesso
 come   situazione  rilevabile  "anche  dal  solo  possesso  del  bene
 indipendentemente dalla circostanza che il proprietario, per  incuria
 o  incapacita', non tragga un adeguato compenso dall'impiego del bene
 stesso";
      che, inoltre, secondo il giudice a quo non  rientrerebbe  "nella
 discrezionalita'    del    legislatore    fissare    i   criteri   di
 differenziazione delle aliquote delle imposte  automobilistiche,  dal
 momento  che  l'art.  53  della  Costituzione  dispone che tutti sono
 tenuti a concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione  della  loro
 capacita' contributiva";
      che   si  sono  costituiti  l'Associazione  per  la  difesa  dei
 consumatori  e  degli  utenti  "DideiKon"  e  la  dott.ssa  Francesca
 Bocchese  in  proprio  e  nella  qualita'  di  socia  della  predetta
 Associazione,  per  chiedere  una  declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale delle disposizioni censurate;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo  che  la  questione  venga  dichiarata inammissibile quanto
 all'art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 1982,  n.  953,  convertito,
 con  modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53 e comunque in
 toto non fondata, giacche' la commisurazione del tributo in  funzione
 della potenza in CV del motore sarebbe di per se' "normalmente indice
 di  capacita'  contributiva",  in quanto la maggiore potenza comporta
 piu' elevati costi d'acquisto ed utilizzazione;
    Considerato  che l'ordinanza, nel muovere da premesse erronee, la'
 dove  afferma  che  l'imposta  in  questione   colpirebbe   "l'intera
 categoria  degli  automobilisti,  senza  operare  alcuna  distinzione
 all'interno della medesima", si fonda al tempo stesso su  motivazioni
 contraddittorie,  la'  dove  assume  che  la  capacita'  contributiva
 sarebbe, da un lato, la risultante del "complesso dei redditi di  cui
 gode il contribuente" e, dall'altro, una situazione rilevabile "anche
 dal  solo  possesso dei beni" indipendentemente dalla circostanza che
 il proprietario "tragga un adeguato compenso dall'impiego"  dei  beni
 stessi;
      che,   in  ogni  caso,  e  contrariamente  a  quanto  assume  il
 remittente,  rientra  nella  discrezionalita'  del   legislatore   la
 determinazione   degli  indici  di  capacita'  contributiva  e  della
 conseguente entita' dell'onere tributario, essendo riservato a questa
 Corte di verificare la palese arbitrarieta'  e  irrazionalita'  delle
 scelte legislative;
      che,  per quanto concerne la dedotta violazione del principio di
 eguaglianza di cui all'art.  3  della  Costituzione,  l'ordinanza  di
 rimessione   non  fornisce  alcuna  indicazione  della  norma  o  del
 principio  dell'ordinamento  rispetto  ai   quali   la   disposizione
 impugnata,  diversificando  situazioni tra loro comparabili, porrebbe
 in essere la lamentata discriminazione;
      che, pertanto,  la  questione  deve  dichiararsi  manifestamente
 infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  5,  commi  ventisettesimo,  trentaduesimo,
 trentatreesimo, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in
 materia  tributaria),  convertito,  con modificazioni, nella legge 28
 febbraio 1983, n. 53,  e  dell'art.  2,  lettera  b),  del  d.P.R.  5
 febbraio   1953,   n.   39  (Testo  unico  delle  leggi  sulle  tasse
 automobilistiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53  della
 Costituzione,  dal  Giudice  conciliatore  di Roma con l'ordinanza in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: VARI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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