N. 412 SENTENZA 20 - 27 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Libere  professioni  -  Psicologi  -  Attivita'  psicoterapeutica   -
 Esercizio  subordinato  ad apposita specializzazione   post lauream -
 Prima applicazione della legge - Ammissione degli  iscritti  all'albo
 in   possesso   di   specifici   requisiti  diversi  ed  ulteriori  -
 Discrezionalita' legislativa - Salvaguardia delle posizioni pregresse
 - Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (Legge 18 febbraio 1989, n. 56, art. 35, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 32 e 35).
 
(GU n.35 del 23-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici:  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 35, comma 1,
 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della professione di
 psicologo), promossi con tre ordinanze emesse il 26 settembre ed il 7
 dicembre 1994 dal Tribunale di Firenze ed il  13  febbraio  1995  dal
 Tribunale  di  Milano,  rispettivamente iscritte ai nn. 62, 169 e 242
 del registro ordinanze 1995 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della  Repubblica  nn.  7,  14  e 19, prima serie speciale, dell'anno
 1995;
    Visti   gli   atti   di   costituzione    di    Serena    Biagini,
 dell'Associazione  unitaria  psicologi  italiani,  dell'Ordine  degli
 psicologi della Toscana, di Annamaria Allegri D'Amico  e  dell'Ordine
 degli  psicologi  della  Lombardia nonche' gli atti di intervento del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1995 il Giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
    Uditi   l'avvocato   Natale   Giallongo   per   Serena  Biagini  e
 l'Associazione unitaria psicologi italiani, l'avvocato Valerio  Onida
 per  Annamaria  Allegri  D'Amico, gli avvocati Alberto Azzena e Paolo
 Carrozza per l'Ordine degli psicologi  della  Toscana,  gli  avvocati
 Cristiano  Romano  ed  Eugenio  Merlino  per l'Ordine degli psicologi
 della Lombardia  e  l'avvocato  dello  Stato  Claudio  Linda  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con due ordinanze di analogo contenuto emesse il 26 settembre
 (r.o.  n.  62  del 1995) ed il 7 dicembre 1994 (r.o. n. 169 del 1995)
 nel  corso  di  altrettanti  procedimenti  promossi   nei   confronti
 dell'Ordine  degli psicologi della Toscana da iscritti all'albo degli
 psicologi non ammessi all'esercizio  dell'attivita'  psicoterapeutica
 perche'  laureati  da meno di cinque anni, il Tribunale di Firenze ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3, 35 e 32  della  Costituzione,
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 1, della
 legge  18  febbraio  1989,  n.  56  (Ordinamento della professione di
 psicologo).  Questa  disposizione  stabilisce  -   in   deroga   alla
 disciplina   a   regime,  che  subordina  l'esercizio  dell'attivita'
 psicoterapeutica ad un'apposita specializzazione conseguita  dopo  la
 laurea in psicologia o in medicina e chirurgia (art. 3 della legge n.
 56  del  1989)  -  che,  in via di prima applicazione della legge, e'
 consentita l'attivita' psicoterapeutica per gli iscritti agli  ordini
 degli  psicologi  o  dei  medici, laureati da almeno cinque anni, che
 abbiano  acquisito  una   specifica   formazione   professionale   in
 psicoterapia,    documentandone    il    curriculum   formativo   con
 l'indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonche'  il  cur-
 riculum  scientifico e professionale, documentando la preminenza e la
 continuita' dell'esercizio  della  professione  psicoterapeutica.  La
 stessa  legge  prevede  poi  che  spetta  agli  ordini  stabilire  la
 validita' delle certificazioni  (art.  35,  comma  2)  e  che  queste
 disposizioni  sono  applicabili  fino  al  compimento del quinto anno
 successivo alla data di entrata in vigore della legge (art. 35, comma
 3).
    Il Tribunale di Firenze ritiene che il possesso  della  laurea  da
 almeno  cinque  anni sia un requisito diverso ed ulteriore rispetto a
 quello del raggiungimento di una sufficiente formazione professionale
 e sia inoltre stabilito non solo  per  i  medici  ma  anche  per  gli
 iscritti   all'albo   degli   psicologi.   Non   si   terrebbe  cosi'
 adeguatamente conto che  prima  della  disciplina  legislativa  della
 professione   di   psicologo   l'esercizio   della  psicoterapia  era
 consentito  anche  a  non  laureati.  La  necessita'   della   laurea
 conseguita  da  almeno  cinque  anni  sarebbe una condizione formale,
 diretta  a  stabilire  una  presunzione  di  sufficiente  maturazione
 professionale,   che   si   sovrapporrebbe  al  giudizio  dell'ordine
 sull'idoneita' e sufficienza del curriculum formativo e professionale
 dell'aspirante al riconoscimento.
    Il requisito temporale connesso  alla  laurea  contrasterebbe  con
 vari  parametri  costituzionali:  con  l'art. 3, perche' gli iscritti
 all'albo con la stessa  preparazione  professionale  in  psicoterapia
 riceverebbero  un  trattamento  irragionevolmente  differenziato  per
 effetto  di  questo  requisito;  con  l'art. 35, perche' soggetti con
 adeguata preparazione verrebbero impediti a proseguire l'esercizio di
 una professione legittimamente intrapresa; con l'art. 32,  perche'  i
 pazienti   di   chi   non   e'   ammesso   a  continuare  l'esercizio
 dell'attivita'   di   psicoterapia   sarebbero    ingiustificatamente
 costretti  ad  interrompere  una  terapia  in corso o a sostituire il
 proprio psicoterapeuta con un altro.
    2. - In uno dei giudizi promossi dal Tribunale di Firenze (r.o. n.
 62 del  1995)  si  sono  costituiti  Serena  Biagini,  l'Associazione
 unitaria psicologi italiani e l'Ordine degli psicologi della Toscana,
 tutti parte nel processo principale.
    2.1. - Serena Biagini e l'Associazione unitaria psicologi italiani
 hanno  chiesto  che  sia  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale
 della disposizione denunciata  e,  comunque,  che  siano  indicati  i
 criteri ermeneutici per la corretta applicazione della norma.
    2.2.  -  L'Ordine  degli psicologi della Toscana ha chiesto invece
 che sia dichiarata l'infondatezza della questione, o,  in  subordine,
 che  la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 35 della legge
 n. 56 del 1989 sia limitata  alla  parte  in  cui  tale  disposizione
 esclude     dal    riconoscimento    dell'esercizio    dell'attivita'
 psicoterapeutica coloro che  si  siano  laureati  dopo  l'entrata  in
 vigore  della  legge  (10  marzo  1989), ma in una sessione dell'anno
 accademico 1988-1989.
    L'Ordine degli psicologi sottolinea la delicatezza  dell'attivita'
 demandata  agli psicoterapeuti e segnala che il legislatore ha voluto
 assoggettare a particolari cautele e garanzie l'esercizio  di  questa
 professione.
    I   requisiti   previsti   per   l'accesso   alla  professione  di
 psicoterapeuta,  maggiori  rispetto  a  quelli   richiesti   per   la
 professione  di  psicologo, si rifletterebbero anche sulla disciplina
 transitoria, che stabilisce modalita' di accesso diverse per  le  due
 attivita'.
     La  disposizione  denunciata  condizionerebbe  il  riconoscimento
 delle posizioni di chi esercitava l'attivita' di psicoterapeuta  gia'
 prima   dell'entrata   in  vigore  della  legge  all'accertamento  di
 requisiti  tali  da  garantire,  anche  nell'interesse  della  salute
 psichica  dei  cittadini,  l'effettiva capacita' professionale di chi
 intenda proseguire nell'esercizio di tale attivita', senza essere  in
 possesso  del piu' qualificante dei requisiti posti dall'art. 3 della
 stessa  legge:   la   frequenza   di   un   corso   quadriennale   di
 specializzazione ed il superamento dei relativi esami.
    La  verifica della ragionevolezza delle norme transitorie dovrebbe
 essere effettuata in relazione non solo alla  precedente  situazione,
 priva di regole, ma anche all'attuale regime, di severa selezione per
 l'accesso   alla   professione.   Sarebbe,   difatti,   irragionevole
 introdurre  un  regime  rigoroso  e  restrittivo   per   il   futuro,
 consentendo   tuttavia,  con  norme  transitorie  assai  blande,  una
 sanatoria generalizzata delle posizioni precedenti.
    Ad avviso dell'Ordine degli psicologi, non  sarebbe  irragionevole
 avere  posto  il requisito del possesso della laurea da almeno cinque
 anni,  che   costituisce   elemento   di   legittima   ed   oggettiva
 differenziazione.
    La  barriera  temporale  potrebbe ragionevolmente fare riferimento
 all'anno  accademico  di  laurea,  seguendo  il  ciclo  degli   studi
 universitari,  piuttosto  che  ad  una  data  fissa.  In  tal modo il
 quinquennio  della  laurea  comprenderebbe  il  periodo  che  rientra
 utilmente  nelle  sessioni  di  esame  dell'anno  accademico preso in
 considerazione.
    3. - In entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo che  le  questioni  siano  dichiarate
 inammissibili e, in subordine, infondate.
    L'Avvocatura  eccepisce  anzitutto  l'irrilevanza delle questioni,
 avendo  le  parti  private  conseguito  la   laurea   successivamente
 all'entrata  in  vigore  della  legge,  sicche'  ad  esse non sarebbe
 applicabile il regime transitorio previsto dall'art. 35  della  legge
 n.  56  del  1989,  ma  quello  ordinario stabilito dall'art. 3 della
 stessa legge.
    Nel merito l'Avvocatura ritiene che  l'art.  35,  comma  1,  della
 legge  n.  56  del 1989 non violi i parametri costituzionali indicati
 nelle ordinanze di rimessione.
    Nell'operare il collegamento tra la nuova  regolamentazione  e  la
 preesistente  situazione  di  fatto,  il  requisito del conseguimento
 della laurea da almeno cinque anni non costituirebbe  la  presunzione
 di  una sufficiente maturazione professionale, ma il limite temporale
 per  assicurare  la  continuita'  tra  due  situazioni   diversamente
 disciplinate.
    4.  -  Con  ordinanza  emessa il 13 febbraio 1995 (r.o. n. 242 del
 1995) nel corso di un giudizio promosso da un'iscritta all'albo degli
 psicologi  per  ottenere  l'annullamento  del   diniego,   da   parte
 dell'Ordine,     dell'ammissione     all'esercizio     dell'attivita'
 psicoterapeutica, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3 e  35  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 dell'art.  35,  comma  1,  della legge n. 56 del 1989, nella parte in
 cui, nel prevedere quale  requisito  per  l'esercizio  dell'attivita'
 psicoterapeutica  il  possesso  del  diploma di laurea, esclude i non
 laureati, sebbene siano stati iscritti all'albo degli  psicologi  per
 avere  operato  per  almeno  tre  anni nelle discipline psicologiche,
 ottenendo riconoscimenti nel campo specifico a  livello  nazionale  o
 internazionale (art. 32, lettera d), della stessa legge).
    Si  prefigurerebbe  cosi'  un irragionevole divieto di svolgimento
 dell'attivita' di psicoterapia per coloro che, in base  all'esercizio
 di  tale  attivita',  hanno  conseguito  l'iscrizione  all'albo degli
 psicologi.
    Avere privilegiato il possesso del diploma  di  laurea,  anche  in
 materie  che non hanno attinenza con la psicologia e la psicoterapia,
 lederebbe gli  artt.  3  e  35  della  Costituzione.  Con  una  norma
 intrinsecamente  irragionevole  sarebbero  discriminati  nell'accesso
 alla professione  di  psicoterapeuta  i  non  laureati,  che  abbiano
 tuttavia  acquisito una sostanziale specifica formazione, esercitando
 in precedenza tale attivita'.
    5.1. - Si e' costituito in giudizio l'Ordine degli psicologi della
 Lombardia, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile  o
 infondata.
    Il  dubbio  di legittimita' costituzionale sarebbe irrilevante per
 giudicare la posizione di chi e' privo di  qualsiasi  laurea,  se  si
 sostiene  l'irragionevolezza di una norma che non limita il titolo di
 studio  alle  sole  lauree  attinenti   alla   psicologia   ed   alla
 psicoterapia.
    Nel  merito  l'Ordine  degli  psicologi  ritiene  che  non sarebbe
 irragionevole  prescrivere,  con  la  disciplina   transitoria,   che
 l'esercizio  dell'attivita'  psicoterapeutica  sia  sorretto  da  una
 cultura, quanto meno, di livello universitario.
    La regola che vuole l'attivita' di psicoterapia  preclusa  ai  non
 laureati  costituirebbe  un principio cardine della legge. Secondo la
 difesa dell'Ordine, il maggiore rigore rispetto  alla  psicologia  e'
 posto  a  garanzia  dei destinatari dell'attivita' ed e' giustificato
 dal fatto che la psicoterapia non si  arresta  alla  osservazione  ed
 allo  studio  della  condotta,  ma si estende al trattamento dei dis-
 turbi, determinando una interazione sul paziente. Potendo  realizzare
 modificazioni   della   condizione   psichica   di  quest'ultimo,  la
 psicoterapia deve essere esercitata esclusivamente da chi, in ragione
 degli studi compiuti e dell'attivita'  svolta,  abbia  dimostrato  di
 avere raggiunto un elevato livello di affidabilita' professionale.
    La  diversita' di attivita' dello psicologo e dello psicoterapeuta
 consentirebbe di ritenere non irragionevole che gli iscritti all'albo
 degli psicologi, se non laureati, non  siano  ammessi  ad  esercitare
 l'attivita' psicoterapeutica.
    5.2.  -  Si  e'  costituita anche Annamaria Allegri D'Amico, parte
 privata nel giudizio principale, sostenendo  che  all'art.  35  della
 legge n. 56 del 1989 puo' essere attribuito un significato conforme a
 Costituzione  e  concludendo,  altrimenti,  per  l'accoglimento della
 questione.
    La  norma  denunciata  subordinerebbe  l'esercizio  dell'attivita'
 psicoterapeutica  al  possesso del diploma di laurea da almeno cinque
 anni solo per gli iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri,
 ma non anche per gli iscritti all'ordine degli psicologi  sulla  base
 delle  altre  disposizioni transitorie (artt. 32, 33 e 34 della legge
 n. 56 del 1989), per le quali il titolo di studio non  e'  condizione
 sempre  necessaria.  In  questi casi la mancanza della laurea sarebbe
 compensata  dalla  specifica  formazione  e  dalla   continuita'   di
 esercizio   professionale,   requisiti   questi  gia'  dimostrati  ed
 accertati dallo stesso ordine all'atto dell'iscrizione all'albo.
    La  diversa   interpretazione   porterebbe   ad   un'irragionevole
 discriminazione,       quanto       all'esercizio      dell'attivita'
 psicoterapeutica, in danno dei non  laureati,  che  abbiano  ottenuto
 l'iscrizione   all'albo   degli   psicologi   proprio   in  forza  di
 un'accertata e documentata esperienza professionale nel  campo  della
 psicoterapia,  con riconoscimenti nazionali e internazionali. Inoltre
 si  determinerebbe  una  contraddittorieta'  nel   testo   normativo,
 rivelatrice di un'intrinseca irrazionalita'.
    Anche  la  determinazione  dei  requisiti abilitanti all'esercizio
 dell'attivita' psicoterapeutica  sarebbe  irragionevole.  L'art.  35,
 comma  1, della legge n. 56 del 1989 privilegerebbe, per gli iscritti
 all'ordine degli psicologi, il  possesso  di  una  laurea  qualsiasi,
 anche  in  materia distante da quella relativa allo specifico settore
 professionale,   e   svaluterebbe    l'esperienza    scientifica    e
 professionale dei non laureati.
    Il  divieto  di continuare a svolgere l'attivita' psicoterapeutica
 comprimerebbe il diritto al lavoro di quanti, pur non laureati,  sono
 iscritti  all'albo  degli psicologi, determinando un contrasto, oltre
 che con l'art. 35, primo comma, anche  con  l'art.  4,  primo  comma,
 della  Costituzione,  contrasto  che,  secondo  la difesa della parte
 privata,  puo'  essere  prospettato  senza  che  cio'   comporti   un
 allargamento della questione di legittimita' costituzionale, giacche'
 l'art.  4  della  Costituzione  enuncia  un principio poi specificato
 dall'art. 35.
    6. - Anche in questo giudizio e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello  Stato,  che  ha  concluso  per  l'infondatezza  della
 questione.
    L'Avvocatura   ritiene   che   la  posizione  differenziata  degli
 psicoterapeuti,  nell'ambito   della   categoria   degli   psicologi,
 introdotta  dal regime ordinario della legge attraverso la previsione
 per i primi di titoli e requisiti piu' severi, attesa la  particolare
 delicatezza   dell'attivita'  da  essi  esercitata,  non  poteva  non
 riflettersi  anche  sulla   disciplina   dettata   per   il   periodo
 transitorio,  che  richiede,  con la laurea da almeno cinque anni, un
 requisito di approfondimento  e  maturazione  professionale.  Non  si
 tratterebbe  di una laurea qualsiasi, ma della laurea in psicologia o
 in medicina, o quanto meno, di una laurea accompagnata dai  requisiti
 richiesti   dall'art.   32  della  legge  n.  56  del  1989  ai  fini
 dell'iscrizione all'albo degli psicologi.
    7.1. - Nel giudizio promosso dal Tribunale di Firenze con la prima
 delle  ordinanze  di  rimessione   hanno   depositato   memorie,   in
 prossimita'  dell'udienza,  Serena  Biagini e l'Associazione unitaria
 psicologi italiani. La difesa delle parti private afferma che  l'art.
 35  della  legge n. 56 del 1989, imponendo il possesso del diploma di
 laurea  ultraquinquennale,  avrebbe  scelto  requisiti  di  selezione
 eterogenei  rispetto a quelli previsti dall'art. 3 della stessa legge
 ed ultronei rispetto alla verifica  della  necessaria  formazione  ed
 esperienza   professionale.   L'aggravamento   recato   dalla   norma
 denunciata sarebbe pertanto del tutto estraneo alle  finalita'  della
 disciplina a regime.
    Il  riferimento temporale all'anno accademico di conseguimento del
 diploma, anziche' alla data dell'esame di  laurea,  non  escluderebbe
 l'irragionevolezza  della  norma,  posto  che da cio' non deriverebbe
 comunque  una  garanzia  o  la  logica  presunzione  di   un'adeguata
 preparazione.
    7.2.  -  Anche l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria,
 con la quale ribadisce l'eccezione di inammissibilita',  dal  momento
 che la ricorrente ha conseguito la laurea in psicologia soltanto dopo
 l'entrata in vigore della legge n. 56 del 1989 e non ha dimostrato di
 possedere, a prescindere dalla laurea, gli altri requisiti occorrenti
 per il riconoscimento dell'attivita' psicoterapeutica.
    8.  -  Sempre  in  prossimita' dell'udienza la difesa di Annamaria
 Allegri D'Amico ha depositato una memoria, riaffermando che  l'inciso
 "laureati  da  almeno  cinque  anni"  si  riferisce  ad una laurea in
 qualsiasi disciplina.
    L'ammissione  all'albo  degli  psicologi  prevista,   nel   regime
 transitorio,  dall'art.  32,  lettera  d), della legge n. 56 del 1989
 sarebbe  stata  prefigurata  con  specifico  riferimento   a   quanti
 svolgevano   gia'   da   tempo   attivita'  professionale  nel  campo
 psicoanalitico, che e' stato caratterizzato da processi di formazione
 lunghi, rigorosi e selettivi, sviluppati al  di  fuori  del  contesto
 universitario.
    Sarebbe  contraddittorio  tenere conto di questa particolarita' ai
 fini  dell'iscrizione   all'albo   e   precludere   poi   l'attivita'
 psicoterapeutica,  il cui esercizio pregresso, oggetto di valutazioni
 di speciale merito, e' stato assunto a  titolo  per  l'iscrizione  di
 diritto all'albo degli psicologi.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  questioni  di legittimita' costituzionale sollevate dal
 Tribunale di Firenze, con due ordinanze di analogo contenuto,  e  dal
 Tribunale  di  Milano  concernono le norme transitorie della legge 18
 febbraio 1989, n. 56, la quale disciplina,  con  l'ordinamento  della
 professione    di   psicologo,   anche   l'esercizio   dell'attivita'
 psicoterapeutica.
    Definita la professione di psicologo (art.  1),  che  puo'  essere
 svolta  dai  laureati  in  psicologia che abbiano superato l'esame di
 Stato e siano iscritti  nell'albo  tenuto  dall'ordine  professionale
 (art. 2), contestualmente istituito (art. 5), la legge n. 56 del 1989
 riserva  l'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica ai soli laureati
 in medicina e chirurgia o in psicologia che abbiano seguito  appositi
 corsi quadriennali di specializzazione e formazione (art. 3).
    Nella   prima  applicazione  della  legge  sono  tuttavia  ammessi
 all'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica gli  iscritti  all'albo
 degli  psicologi  o  dei medici "laureati da almeno cinque anni", che
 siano in possesso di specifici requisiti professionali o  scientifici
 ed   abbiano   svolto   con   preminenza  e  continuita'  l'attivita'
 psicoterapeutica (art. 35).
    Tutte le ordinanze considerano il requisito della laurea  riferito
 tanto  ai  medici che agli psicologi e ritengono che esso costituisca
 una condizione ulteriore rispetto alla formazione professionale.
    Il termine di almeno cinque anni per  il  possesso  della  laurea,
 decorrendo  dall'entrata  in  vigore della nuova disciplina (10 marzo
 1989), dipenderebbe, secondo il Tribunale  di  Firenze,  da  elementi
 casuali,  quali  la  data  di pubblicazione della legge e l'andamento
 delle  sessioni  di  laurea  nelle  universita'.  Il  requisito   del
 quinquennio di possesso del titolo di studio sarebbe in contrasto con
 gli artt. 3, 35 e 32 della Costituzione, in quanto i laureati da meno
 di  cinque  anni  potrebbero  avere  egualmente  svolto  per oltre un
 quinquennio attivita' di psicoterapia, per la quale in precedenza non
 era richiesta la laurea, e  potrebbero  avere  conseguito  la  stessa
 preparazione  professionale di chi sia laureato da oltre cinque anni.
 Nondimeno  essi  riceverebbero  un  trattamento   ingiustificatamente
 differenziato,   non   essendo  piu'  ammessi  a  svolgere  attivita'
 psicoterapeutica. Inoltre l'impedimento a  proseguire  nell'esercizio
 di  un'attivita' legittimamente intrapresa violerebbe il loro diritto
 al lavoro, mentre sarebbe leso il diritto alla salute  dei  pazienti,
 ingiustificatamente costretti ad interrompere una terapia in corso.
    Il Tribunale di Milano ritiene che la stessa disposizione, ponendo
 il  requisito  della  laurea,  sia  in  contrasto  con l'art. 3 della
 Costituzione,   perche'    esclude    in    modo    irragionevolmente
 discriminatorio  dall'attivita'  psicoterapeutica coloro che, in base
 all'art.  32,  lettera  d),  della  stessa  legge,  hanno  conseguito
 l'iscrizione  all'albo  degli  psicologi, in prima applicazione della
 legge, proprio per aver operato per almeno tre anni nelle  discipline
 psicologiche,  acquisendo  una  specifica  e riconosciuta formazione.
 Viene  anche  prospettata,  indicando  quale  parametro  di raffronto
 l'art. 35 della Costituzione, la lesione del  diritto  al  lavoro  di
 chi,  essendo  privo  di  laurea,  non puo' piu' svolgere l'attivita'
 psicoterapeutica,   in    precedenza    esercitata    con    adeguati
 riconoscimenti.
    2.  -  Le  questioni di legittimita' costituzionale, riferite, sia
 pure   con   prospettazioni   diverse,   alla   stessa   disposizione
 legislativa,  sono  connesse;  i  relativi  giudizi  possono pertanto
 essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    3. - L'eccezione  di  inammissibilita',  proposta  dall'Avvocatura
 dello  Stato  nei giudizi di legittimita' costituzionale promossi dal
 Tribunale di Firenze e dall'Ordine degli  psicologi  della  Lombardia
 nel  giudizio  promosso  dal  Tribunale  di  Milano,  non puo' essere
 accolta.
    I   giudici   rimettenti   motivano   adeguatamente   in    ordine
 all'applicabilita'  della disciplina transitoria prevista dalla legge
 n.  56  del  1989  ai  casi  sottoposti  al  loro  giudizio  ed  alla
 pregiudizialita'   della   soluzione   del   dubbio  di  legittimita'
 costituzionale rispetto alla  decisione  del  processo.  Pertanto  la
 motivazione  del  giudizio  di  rilevanza  e  l'ordine di esame delle
 questioni nel giudizio  principale  non  possono  essere  oggetto  di
 riesame e sindacato da parte della Corte.
    4. - Nel merito le questioni non sono fondate.
    Disciplinando  per  la prima volta l'ordinamento della professione
 di psicologo, il legislatore ha ritenuto di riservare l'esercizio  di
 tale   professione   -   caratterizzata   dall'uso   degli  strumenti
 conoscitivi e di intervento per la  prevenzione,  la  diagnosi  e  le
 attivita'  di  abilitazione  - riabilitazione e di sostegno in ambito
 psicologico - ai laureati in  questa  disciplina  i  quali,  dopo  un
 tirocinio pratico, abbiano superato l'esame di Stato e siano iscritti
 all'apposito albo professionale.
    La  stessa  legge  disciplina,  oltre alle attivita' proprie dello
 psicologo, anche l'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica, che non
 si limita allo studio della condotta, ma provvede al  trattamento  ed
 alla  cura non farmacologica dei disturbi e richiede una specifica ed
 ulteriore formazione professionale. Questa attivita', considerata  di
 piu' elevata specializzazione, e' riservata ai laureati in psicologia
 o  in  medicina  e  chirurgia  che abbiano frequentato, presso scuole
 universitarie di specializzazione  o  presso  istituti  riconosciuti,
 appositi  corsi  di  durata  almeno  quadriennale,  che prevedano una
 formazione ed un addestramento particolare in psicoterapia.
    Per effetto della scelta legislativa l'attivita'  psicoterapeutica
 non  puo'  piu' essere svolta liberamente da chiunque, ma diviene una
 professione che puo' essere esercitata solo da chi sia in possesso di
 particolari titoli e requisiti. Lo  stesso  legislatore  ha  tuttavia
 previsto  una  disciplina  transitoria  che, nella prima applicazione
 della legge,  consente  l'iscrizione  all'albo  degli  psicologi  con
 modalita'  agevolate  (artt.  32,  33 e 34) ed ammette, a determinate
 condizioni, il riconoscimento  dell'attivita'  psicoterapeutica  gia'
 svolta al fine di consentirne la prosecuzione (art. 35).
    In  pieno parallelismo con la diversa gradazione, nella disciplina
 a regime, dei requisiti per l'iscrizione all'albo degli  psicologi  e
 per   l'attivita'   psicoterapeutica,   anche  le  norme  transitorie
 prevedono    per    l'ammissione     all'esercizio     dell'attivita'
 psicoterapeutica requisiti ulteriori rispetto a quelli occorrenti per
 la sola iscrizione all'albo degli psicologi.
    L'attivita'  psicoterapeutica, difatti, disciplinata unitariamente
 tanto per i medici quanto per gli psicologi, richiede  una  specifica
 idoneita'  professionale,  che  presuppone, tanto in campo medico che
 psicologico, una specializzazione ed una qualificazione  superiori  a
 quelle richieste per l'esercizio della professione di base.
    In  questo  contesto normativo non e' irragionevole avere previsto
 che   per   svolgere,   o   continuare   a   svolgere,    l'attivita'
 psicoterapeutica  gli psicologi debbano possedere, oltre ai requisiti
 che legittimano l'iscrizione all'albo nella prima applicazione  della
 legge, anche la laurea conseguita da almeno cinque anni.
    Se   pure  fosse  corretta  l'interpretazione  della  disposizione
 denunciata, secondo la quale il diploma  di  laurea  potrebbe  essere
 stato   conseguito   anche   in  discipline  diverse  da  quelle  che
 caratterizzano la professione di psicologo,  comunque  il  titolo  di
 studio  sarebbe  richiesto  non  irragionevolmente  per  attestare un
 livello culturale superiore, quale  base  considerata  indispensabile
 per  la  formazione  di  un  curriculum  scientifico  e professionale
 adeguato.
    Una volta ammessa la necessita' della laurea per poter  esercitare
 l'attivita'  psicoterapeutica,  non e' irragionevole che il titolo di
 studio preceda la maturazione professionale, derivante dall'attivita'
 svolta per un adeguato arco di tempo, tanto piu'  se  l'esercizio  di
 essa sostituisce la specializzazione, prevista dalla disciplina a re-
 gime,  che  si consegue solo dopo la laurea, mediante corsi di durata
 quadriennale.
    Posta la distinzione tra le attivita' consentite allo psicologo  e
 quelle  riservate  allo  psicoterapeuta  -  secondo una diversita' di
 prestazioni la cui legittimita' non e' stata messa in dubbio - non si
 puo' ritenere che determini una discriminazione, o sia irragionevole,
 che chi e' legittimato ad iscriversi all'albo degli psicologi, avendo
 operato, senza il possesso della laurea, per almeno  tre  anni  nelle
 discipline   psicologiche,  non  abbia  tuttavia  titolo  per  essere
 ritenuto idoneo anche all'esercizio dell'attivita'  psicoterapeutica,
 sia pure in precedenza svolta.
    5.  -  La disposizione denunciata non si pone in contrasto neppure
 con  gli  altri   parametri   di   valutazione   della   legittimita'
 costituzionale  indicati  dalle  ordinanze  di  rimessione,  che  non
 possono essere integrati da altri ad opera delle parti private.
    L'art. 35 della Costituzione, tutelando il lavoro in tutte le  sue
 forme,   non   esclude   in  alcun  modo  che  il  legislatore  possa
 disciplinare una professione, riservando ragionevolmente  l'esercizio
 di  una  determinata  attivita'  a  chi  sia in possesso di specifici
 requisiti attitudinali, ritenuti necessari per garantire un  adeguato
 livello  di  capacita'  tecnica,  tanto  piu' se l'attivita' consiste
 nella cura della persona e tocca quindi aspetti inerenti alla  tutela
 del diritto alla salute.
    La  salvaguardia delle posizioni pregresse e' inoltre attuata, nel
 caso   della    professione    di    psicologo    e    dell'attivita'
 psicoterapeutica, dalle norme transitorie della legge n. 56 del 1989,
 che  consentono  l'iscrizione agevolata all'albo ed il riconoscimento
 dell'attivita' psicoterapeutica per chi possegga i titoli  di  studio
 ed  i  requisiti  professionali  non  irragionevolmente stabiliti dal
 legislatore.
    Non puo' essere infine ravvisata una lesione del diritto alla  sa-
 lute   del   paziente   che   veda  interrotto  il  rapporto  con  lo
 psicoterapeuta che non abbia i requisiti di idoneita'  stabiliti  per
 l'esercizio della professione. Una volta ammesso che questa attivita'
 puo' essere riservata, a garanzia di chi si sottopone a terapia, solo
 a  quanti  posseggano  determinati requisiti, la carenza degli stessi
 giustifica l'esclusione dall'attivita', anche  a  tutela  di  chi  e'
 curato  da un soggetto privo dei titoli professionali dal legislatore
 ritenuti necessari.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondate   le   questioni   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  35,  comma 1, della legge 18
 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della  professione  di  psicologo),
 sollevate,  in  riferimento agli artt. 3, 35 e 32 della Costituzione,
 dal Tribunale di Firenze e dal Tribunale di Milano con  le  ordinanze
 indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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