N. 482 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 1995
N. 482 Ordinanza emessa il 13 maggio 1995 dal tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Micozzi Angelo Processo penale - Decreto di sequestro - Riesame innanzi al tribunale della liberta' - Inosservanza del termine dei tre giorni liberi intercorrenti tra la notifica dell'avviso della data fissata per l'udienza camerale e l'udienza stessa - Decorrenza ex novo del termine medesimo - Mancata previsione della possibilita' del tribunale, in sede di riesame, di integrare mediante ulteriore termine, quello inferiore a tre giorni liberi dalla notifica dell'avviso - Irrazionalita' con incidenza sul diritto di difesa. (C.P.P. 1988, artt. 324, sesto comma, e 309, decimo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.37 del 6-9-1995 )
IL TRIBUNALE In esito all'udienza camerale del 29 aprile 1995 il tribunale O S S E R V A Con ordinanza del 1 ottobre 1994 questo tribunale, in sede di riesame, ha confermato il decreto del pubblico ministero, presso la pretura circondariale di Roma che convalidava il sequestro probatorio di un immobile eseguito in via d'urgenza dalla polizia giudiziaria su di un immobile sito in Roma via L'Aquila n. 7, per violazione degli artt. 20, lett. b), della legge n. 47/1985 e 1, 2, 4, 13 della legge n. 1086/1971. Il difensore della persona sottoposta alle indagini, Angelo Micozzi, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo la nullita' dell'ordinanza per violazione del termine libero di tre giorni previsto dall'art. 324, comma 6, del codice di procedura penale, in quanto l'avviso per l'udienza camerale del 29 settembre 1994 era stato notificato alla parte privata il 26 settembre, ed il tribunale aveva ritenuto di integrare il termine rinviando all'udienza del 1 ottobre. La Corte, con sentenza del 29 novembre 1994 depositata il 7 aprile 1995 annullava l'ordinanza, discostandosi nell'interpretazione dell'art. 324, comma 6, dalla giurisprudenza prevalente (adottata anche in relazione all'art. 30, comma 8, formulato in modo identico), affermava la necessita' della decorrenza ex novo del termine libero e la insufficienza della sua integrazione. Ritiene il tribunale che si possa ragionevolmente dubitare della razionalita' delle norme processuali previste dagli artt. 324, comma 6, 309, comma 8, 309, commi 9 e 10, richiamati dall'art. 324, comma 7, nella interpretazione loro data dalla suprema Corte, da ritenere diritto vivente nel caso di specie per la vincolativita' del giudizio di rinvio, per contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. La vincolativita' del principio fissato dal giudice di legittimita' a quello di rinvio impone infatti di procedere a nuovo giudizio anche quando l'interpretazione di gran lunga prevalente della Corte, che e' l'unica razionale e compatibile con le finalita' difensive e lo schema del procedimento di riesame, sia del tutto opposta. Osserva infatti Cass. Sez. 1, sent. n. 1806 del 18 giugno 1994 che, in tema di procedimenti di riesame, all'inosservanza del termine di tre giorni liberi intercorrenti tra la notifica dell'avviso della data fissata per l'udienza camerale e la detta udienza puo' ovviarsi con la concessione di un rinvio dell'udienza di trattazione in modo che venga a maturarsi tra questa e la notifica dell'avviso l'ordinario termine di tre giorni consentito dall'art. 309, ottavo comma, del codice di procedura penale. Conformi: Cass. 5, sent. 2877 del 30 settembre 1993; Cass. 6, sent. 1086 del 25 giugno 1993; Cass. 6, sent. 3938 dell'8 febbraio 1992 e numerose altre. E' infatti non controverso nella giurisprudenza della suprema Corte che la natura del termine deriva dalle speciali caratteristiche del procedimento di riesame: cio' vale certamente per la non applicabilita' della proroga del termine quando l'ultimo giorno scade in giorno festivo, o per la non applicabilita' dei termini a difesa. Ma in tale contesto, sostenere che l'aver fruito di un termine effettivo di cinque giorni, come nel caso del Micozzi, lede i diritti della difesa, mentre e' sufficiente il rispetto del termine ordinario di tre giorni e' conclusione cosi' irrazionale da sembrare in radicale contrasto con il principio di ragionevolezza previsto dall'art. 3 della Costituzione, avendo il legislatore, in funzione della particolare celerita' cui deve essere improntato il procedimento, ritenuto di derogare ai termini ordinari ritenendo, in definitiva, sufficienti tre giorni per comparire e per preparare la difesa. Ma sotto altro ed opposto profilo il tribunale ritiene di non poter decidere la controversia in corso senza sottoporre alla Corte la diversa questione delle conseguenze delle pronuncie di annullamento della Corte di cassazione, per effetto di nullita' di ordine generale non sanate, come quella ritenuta dalla sentenza sopra citata. Le sezioni unite, con sentenza del 12 febbraio 1993 hanno ritenuto che la perdita di efficacia della misura sancita dall'art. 309, comma 10, del codice di procedura penale si verifica solo in caso di mancata decisione, ma non anche di decisione affetta da nullita', e tale soluzione sembra aderente alla lettera della legge. La sentenza per altro motiva anche in relazione alla impossibilita' di equiparare la mancanza di decisione ad una decisione nulla e all'impossibilita' di stabilire un diverso trattamento, di fronte alla lettera della legge, tra i vari motivi di annullamento (ad esempio per contraddittorieta' della motivazione). Se cio' e' vero, va allora rilevato che il sistema contempla la possibilita' di evitare la decadenza, anche in situazioni di grande patologia, come l'omessa citazione della parte o del difensore, mediante l'emanazione di un provvedimento nullo che, attraverso il giudizio di rinvio, rimette in termine il tribunale (con l'ulteriore conseguenza della inapplicabilita' al giudizio di rinvio del termine di dieci giorni). Tale situazione sembra altamente lesiva dei diritti della difesa, che puo' vedere protratta e successivamente confermata, una decisione nulla. Cio' comporta, ad avviso del tribunale, una lesione del principio costituzionale stabilito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 324, comma 6, del codice di procedura penale in relazione all'art. 3 della Costituzione, nalla interpretazione secondo cui non e' consentito al tribunale in sede di riesame, integrare mediante ulteriore termine quello inferiore a tre giorni liberi dalla notifica dell'avviso; Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309, comma 10, per contrasto con l'art. 24, comma 2, della Costituzione, in quanto non prevede che la Corte di cassazione dichiari la perdita di efficacia della misura a seguito di ordinanza di conferma del tribunale in sede di riesame in esito a giudizio affetto da nullita'; Dispone la sospensione del giudizio in corso; Dispone la notifica alla persona sottoposta alle indagini e al suo difensore; Dispone che la presente ordinanza sia comunicata, a cura della cancelleria, ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Roma, addi' 13 maggio 1995 Il presidente estensore: (firma illeggibile) 95C1053