N. 520 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 1995

                                N. 520
 Ordinanza  emessa  il  12 giugno 1995 dalla Commissione tributaria di
 primo grado di Rimini sul ricorso  proposto  da  Fellini  Ersilia  ed
 altra contro l'Ufficio del registro di Rimini
 Contenzioso  tributario  -  Liti  fiscali  pendenti  alla data del 17
    novembre 1994 - Facolta' dei contribuenti di chiusura  delle  liti
    stesse  mediante  pagamento,  da  effettuarsi entro la data del 30
    giugno 1995, di una somma pari al dieci per cento del valore della
    lite ove questo sia di importo  compreso  tra  i  due  e  i  venti
    milioni di lire - Previsione che la definizione della lite non da'
    luogo  alla restituzione delle somme gia' versate dal ricorrente -
    Ingiustificato  deteriore  trattamento  del  contribuente  che  ha
    pagato  l'imposta  liquidata (che non ha diritto al rimborso della
    somma  versata)  rispetto  al  contribuente  che  non  ha   pagato
    l'imposta stessa.
 (D.-L.  30  settembre 1994, n. 564, art. 2-quinquies, convertito, con
    modificazioni, nella legge 30 novembre 1994, n. 656).
 (Cost., art. 3).
(GU n.39 del 20-9-1995 )
          LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI RIMINI
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n.  584/1994  prodotto
 Fellini Ersilia e Pacia Patrizia, elettivamente domiciliate presso lo
 studio   dell'avv.  Maurizio  Morri,  piazza  Ferrari,  22/A,  contro
 l'Ufficio del registro di Rimini ed avverso l'avviso di  liquidazione
 n. 65 vol. 329. Successione;
    Sentite le parti;
    Udito il relatore dott. Francesco Paolo Miscione;
    A  scioglimento  della riserva formulata all'udienza del 29 maggio
 1995, la Commissione tributaria.
                           OSSERVA IN FATTO
    In data 24 giugno 1992 Ersilia Fellini presentava all'Ufficio  del
 registro  di  Rimini  dichiarazione di successione dal proprio marito
 Gaspare Pacia, deceduto il 21 gennaio 1992.
    In data 20 maggio 1992 la Fellini, come da atto registrato  il  25
 maggio  1992, rinunciava all'eredita' in favore della figlia Patrizia
 Pacia, altra sola erede, nei confronti della  quale  "avrebbe  dovuto
 aggiungersi in accrescimento" la sua quota.
    L'Ufficio  del  registro, al contrario, ritenuto che la Fellini al
 momento della rinuncia all'eredita'  aveva  acquisito  ope  legis  la
 qualita'  di erede puro e semplice ai sensi dell'art. 485 cod. civ. e
 che quindi per effetto dell'art. 20 della legge di registro di cui al
 T.U. d.P.R. n. 131/1986 dovevasi tener conto della intrinseca  natura
 e  degli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione al
 di la' del titolo o della forma apparente, applicava l'art.  1  della
 tariffa,   parte  1a  della  legge  del  registro  e  con  avviso  di
 liquidazione,  notificato  il  23  dicembre  1993,  determinava   nei
 confronti  della  Fellini  l'imposta  di  registro (L. 3.860.000 pari
 all'8%) sulla quota alla quale vi era stata rinuncia ed  altresi'  le
 conseguenti   imposte   ipotecarie  (L.  771.680  pari  all'1,60%)  e
 catastale (L. 192.920 pari al 4 per mille).
    Con successivo avviso di liquidazione, notificato il  23  febbraio
 1994,  l'ufficio  finanziario  applicava  nei  confronti della Pacia,
 l'imposta di successione sulla complessiva quota  della  porzione  di
 fabbricato  caduta  in  successione  ed  a lei devoluta, determinando
 l'imposta di  registro  e  "per  intero  anche  le  connesse  imposte
 ipotecaria e catastale".
    Tutte  le  imposte  di  cui agli avvisi di liquidazione sono state
 pagate dalle interessate.
    Ersilia Fellini e Patrizia Pacia hanno proposto ricorso cumulativo
 e collettivo  avverso  gli  avvisi  di  liquidazione,  sostenendo  in
 sostanza  che,  nel  conflitto  apparente  tra  due norme (la tariffa
 allegata al d.P.R. n. 131/1986 e l'art. 1 d.leg.vo n.  346/1990)  che
 sembrano  riferirsi  alla  medesima  ipotesi della rinuncia a diritti
 reali caduti in successione ereditaria, la rinuncia rilevante ai fini
 dell'imposta di registro e' unicamente  quella  effettuata  a  titolo
 oneroso  mentre  quella  "senza corrispettivo", come nella specie, va
 assoggettata   esclusivamente   all'imposta   di   successione.    Le
 ricorrenti,  altresi', denunciavano la duplicazione illegittima delle
 altre imposte, catastale e ipotecaria.
    Con  successiva  memoria,  depositata  il  18  maggio   1995,   le
 ricorrenti,  preso  atto  che  nelle  more del processo tributario e'
 entrata in vigore la legge 30 novembre 1994, n.  656  di  conversione
 con  modificazioni  del  d.-l.  30  settembre  1994,  n. 564, recante
 disposizioni  urgenti  in  materia   fiscale,   hanno   eccepito   la
 incostituzionalita'  dell'art.  2-quinquies,  sesto  comma, II parte,
 della predetta legge per violazione della Costituzione  poiche',  nei
 confronti  dei  contribuenti  che  hanno  preventivamente  pagato  le
 imposte e che intendono accedere alla  chiusura  delle  liti  fiscali
 pendenti  al 17 novembre 1994, comporta un irragionevole aggravio del
 peso fiscale sostenuto e crea un'ingiustificata discriminazione tra i
 contribuenti,  dal  momento  che  la  definizione  della lite non da'
 comunque luogo  alla  restituzione  delle  somme  eventualmente  gia'
 versate.
                          RITIENE IN DIRITTO
    Questa     Commissione     ravvisa    che    la    questione    di
 incostituzionalita',  come  prospettata,   non   sia   manifestamente
 infondata.
    Sotto il profilo della rilevanza della dedotta incostituzionalita'
 nella  presente controversia, non vi e' dubbio che i ricorrenti hanno
 un palese interesse a definire la lite fiscale pendente nel termine e
 con le modalita' operative di cui alla legge n. 656/1994.
    Nel merito, infatti, i ricorsi prospettano seri  problemi  per  il
 loro   accoglimento   in  considerazione  della  meritevolezza  delle
 deduzioni dell'Ufficio del registro che parte da un  rilievo  fondato
 in  diritto, non cotraddetto ne' contestato dalle ricorrenti, e cioe'
 che la Fellini, che era nel possesso dei beni  ereditari,  non  aveva
 provveduto a compiere l'inventario nel termine di tre mesi dal giorno
 dell'apertura della successione e, di conseguenza, giusta la norma di
 cui all'art. 485 cod. civ., aveva assunto, al momento di formalizzare
 la rinuncia all'eredita', la qualita' di erede puro e semplice.
    Da  qui  la  perdita della natura ereditaria dei beni acquisiti al
 patrimonio e la qualificazione di negozio traslativo della proprieta'
 degli stessi beni agli effetti dell'imposta di registro.
    Sotto il profilo della non manifesta infondatezza della questione,
 devesi rilevare, da una parte, che l'articolo 2-quinquies della norma
 in esame consente la chiusura delle liti fiscali pendenti  alla  data
 del  17  novembre  1994 tramite il pagamento, da effettuarsi entro la
 data del 30 giugno 1995, di una somma pari al 10%  del  valore  della
 lite  ove  questo  sia  di importo compreso tra i 2 e i 20 milioni di
 lire; dall'altra parte, lo stesso articolo di legge, al sesto  comma,
 stabilisce  che la definizione della lite non da' comunque luogo alla
 restituzione delle somme eventualmente gia' versate dal ricorrente.
    Rispetto  a  coloro  che  hanno  versato  l'importo   dell'imposta
 richiesta  dal  fisco,  la disposizione rappresenta una situazione di
 discriminazione a favore e nei confronti di coloro che alcuna imposta
 non hanno pagato e prospetta il contrasto tra la norma di  legge  col
 principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Col  riconoscere  al  contribuente il diritto di definizione della
 lite col pagamento di un importo ulteriore  rispetto  a  quanto  gia'
 pagato  e  con  la tassativa esclusione di alcun rimborso delle somme
 eventualmente gia' versate, la norma non soltanto impone un  aggravio
 irragionevole   e   discriminatorio  dell'obbligazione  fiscale  gia'
 soddisfatta  ma  annulla  di  fatto  il  conseguimento  di  qualsiasi
 beneficio nei confronti proprio del contribuente piu' corretto.
    La  discriminazione  tra  le due categorie dei contribuenti appare
 evidente.
    Coloro i quali  si  sono  limitati  ad  instaurare  una  lite  nei
 confronti  del fisco, non adempiendo all'obbligo legale di provvedere
 comunque al versamento dell'imposta liquidata in via  principale,  si
 vedono  attribuire  il diritto di definire la controversia tributaria
 in atto al predetto obbligo, versando nonostante  la  pendenza  della
 lite  l'imposta  liquidata,  si  vedono  di  fatto negato il medesimo
 beneficio di legge.
                               P. Q. M.
    Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87, dichiara
 rilevante e non manifestamente infondata con riferimento  all'art.  3
 della  Costituzione  l'art. 2-quinquies della legge 30 novembre 1994,
 n. 656, di conversione con modificazioni del d.-l. 30 settembre 1994,
 n. 564, nella parte in cui, stabilendo che la definizione delle  liti
 pendenti  non  da'  comunque  luogo  alla  restituzione  delle  somme
 eventualmente gia' versate dal  ricorrente,  di  fatto  impedisce  ai
 contribuenti,   che  hanno  gia'  versato  in  pendenza  del  ricorso
 l'imposta principale, di  avvalersi  del  diritto  della  definizione
 della lite alle condizioni premiali previste dalla medesima legge;
    Sospende il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia  comunicata
 ai   Presidenti   della  Camera  dei  deputati  e  del  Senato  della
 Repubblica.
      Rimini, addi' 12 giugno 1995
             Il presidente della seconda sezione: MISCIONE
 
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