N. 580 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo 1995

                                N. 580
 Ordinanza emessa  il  22  marzo  1995  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del  Lazio sul ricorso proposto da Condorelli Mario contro
 l'Universita' degli studi di Napoli ed altri
 Impiego pubblico - Docenti universitari - Collocamento in aspettativa
    senza assegni per l'espletamento di mandato parlamentare e obbligo
    di restituzione delle somme dagli stessi indebitamente  percepite,
    ivi  compresi gli interessi legali, durante l'aspettativa medesima
    - Violazione del principio di uguaglianza per l'eguale trattamento
    riservato ai docenti universitari  rispetto  agli  altri  pubblici
    dipendenti,  pure  in  assenza  della preclusione per i professori
    universitari   in    aspettativa    per    mandato    parlamentare
    dell'esercizio di mansioni inerenti al rapporto d'impiego prevista
    invece per gli altri pubblici dipendenti nella stessa situazione -
    Incidenza  sui  principi  della  tutela  dell'insegnamento e della
    retribuzione proporzionata ed adeguata - Eccesso di delega.
 (D.-Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 71; legge 23 dicembre 1994, n.
    724, art. 22, trentottesimo comma).
 (Cost., artt. 3, 33, 36 e 77).
(GU n.41 del 4-10-1995 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 9393 del 1993
 proposto dal sig.  Mario  Condorelli  rappresentato  e  difeso  dagli
 avv.ti Lorenzo Acquarone e Roberto De Santis, presso il cui studio ha
 eletto  domicilio  in  Roma,  largo  Toniolo, 6; contro l'Universita'
 degli studi "Federico II" di Napoli  in  personale  del  rettore,  la
 Presidenza  del  Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione
 pubblica - ed il Ministero del tesoro, in  persona  dei  Ministri  in
 carica,    rappresentati    e    difesi   dall'avv.   Carlo   Tonello
 dell'Avvocatura generale dello Stato; per l'annullamento della nota 5
 aprile 1993, con la quale il rettore  ha  inviato  il  ricorrente  ad
 esercitare  l'opzione  tra  l'indennita'  di carica da senatore della
 Repubblica e quella  di  professore  universitario,  in  applicazione
 dell'art. 71 del d.P.R. 3 febbraio 1993,
 n. 29;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Amministrazione
 resistente;
    Viste le memorie depositate dalle parti;
    Vista l'ordinanza n. 616 del 1993, con la quale e'  stata  accolta
 la  domanda di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in
 via incidentale dal ricorrente;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito, alla pubblica udienza del 22 marzo 1995, il relatore  cons.
 Aldo Fera, e i difensori delle parti indicati nel verbale d'udienza;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                               F A T T O
    Il  ricorrente  e' professore universitario e ricopre nel contempo
 la carica di Senatore della Repubblica.
    Con atto notificato in data 29 maggio 1993, egli impugna la nota 5
 aprile 1993, con la quale il rettore lo ha invitato ad optare tra  la
 conservazione del trattamento economico quale docente universitario e
 l'indennita'  parlamentare, in applicazione dell'art. 71 del d.P.R. 3
 febbraio 1993, n. 29.
    Deduce a sostegno del gravame le seguenti censure:
      1) violazione e falsa applicazione  degli  artt.  71  e  72  del
 d.lgs.  3  febbraio  1993  n. 29 anche in relazione a quanto previsto
 dall'art. 13 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, dagli artt. 6 e segg.
 della legge 9 maggio 1989, n. 168,  nonche'  dell'art.  2,  comma  5,
 della   legge  23  ottobre  1992,  n.  421.  Eccesso  di  potere  per
 travisamento dei fatti ed illogicita' manifesta;
     2) in subordine. Illegittimita' costituzionale degli artt.  71  e
 72  del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, per contrasto con gli artt. 33
 e 36 della Costituzione.
    Conclude chiedendo l'annullamento  dell'atto  impugnato  con  ogni
 ulteriore statuizione di legge.
    Resiste  al ricorso l'Ammministrazione intimata, la quale osserva,
 tra l'altro, che le norme in parola, nell'interpretazione che  ne  ha
 dato l'Universita', sono conformi al principio stabilito dall'art. 2,
 comma  1,  della  legge-delega  n.  421 del 1992, secondo il quale "i
 dipendenti  delle  pubbliche  amministrazioni  eletti  al  Parlamento
 nazionale  ..  sono  collocati  in  aspettativa  senza assegni per la
 durata del mandato".
    Nelle  more del giudizio e' entrato in vigore l'art. 22, comma 38,
 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in forza del  quale  "le  norme
 sull'aspettativa  per  mandato  parlamentare  per  i dipendenti delle
 pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 71 del d.lgs.  3  febbraio
 1993,  n.  29,  si  interpretano  autenticamente nel senso della loro
 applicabilita' anche  ai  professori  e  ricercatori  universitari  a
 decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto decreto".
    Con  memoria dell'8 marzo 1995, il ricorrente ribadisce, alla luce
 dell'interpretazione  autentica  effettuata  dalla  legge   n.   724,
 l'illegittimita'   costituzionale   delle  norme  in  questione,  per
 contrasto con gli artt, 3, 33, 36 e 77 della Costituzione.
                             D I R I T T O
    Oggetto  dell'impugnativa  proposta  dal  ricorrente,   professore
 unversitario  e senatore della Repubblica nella XI legislatura, e' la
 nota, con la quale il  rettore  lo  ha  invitato  ad  optare  tra  la
 conservazione del trattamento economico quale docente universitario e
 l'indennita'  parlamentare,  in applicazione dell'art.  71 del d.P.R.
 n. 29 del 1993.
    Per una migliore comprensione della vicenda, giova precisare  che,
 all'epoca  dell'adozione  dell'atto impugnato, la fattispecie portata
 alla cognizione di questo tribunale era  disciplinata  da  due  norme
 contenute  nel  decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993. L'art.
 71,  comma  1,  secondo  il  quale  "i  dipendenti  delle   pubbliche
 amministrazioni  eletti  al Parlamento nazionale .. sono collocati in
 aspettativa senza assegni per la durata del  mandato"  e  l'art.  72,
 comma  4,  il  quale  a  sua  volta  stabiliva che "a decorrere dal 1
 gennaio 1994 le disposizioni del presente  decreto  si  applicano  ai
 docenti  ed ai ricercatori delle istituzioni universitarie, salvo che
 entro la stessa data sia adottata  la  specifica  disciplina  che  ne
 regoli,  in  modo  organico,  il rapporto d'impiego in conformita' ai
 principi dell'autonomia universitaria ..".
    Sulla  base  di  questa  seconda  norma  il  ricorrente,   quindi,
 sosteneva  l'illegittimita'  del  procedimento  impugnato  che  aveva
 inteso fare applicazione di quanto disposto dall'art. 71,  prima  che
 si  fosse  realizzata  una  delle  due condizioni poste dall'art. 72,
 comma 4.
    Nelle more del  giudizio,  tuttavia,  il  complesso  normativo  ha
 subito ben due sostanziali modificazioni.
    La  prima,  introdotta dal d.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, per un
 verso (art. 36) riscrive l'art. 72 senza riprodurre  il  comma  n.  4
 originario,  e per altro verso (art. 2) sostituisce l'originario art.
 2, introducendo il comma 5 secondo il quale  "il  rapporto  d'impiego
 dei  professori  e  ricercatori universitari resta disciplinato dalle
 disposizioni  rispettivamente  vigenti,  in  attesa  della  specifica
 discipina  che  la  regoli  in  modo  organico  ed  in conformita' ai
 principi dell'autonomia universitaria".
    La seconda introdotta dall'art.  22,  comma  38,  della  legge  23
 dicembre  1994, n. 724, stabilisce che "le norme sull'aspettativa per
 mandato   parlamentare   per    i    dipendenti    delle    pubbliche
 amministrazioni,  di  cui  all'art. 71 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n.
 29,   si   interpretano   autenticamente   nel   senso   della   loro
 applicabilita'  anche  ai  professori  e  ricercatori  universitari a
 decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto decreto".
    E'  di  palmare  evidenza  che  l'adesione  data  dal  legislatore
 all'interpretazione seguita dall'amministrazione universitaria  porta
 al  sacrificio  della  pretesa  avanzata  dal  ricorrente,  in quanto
 preclude al giudice una lettura
 dell'art. 71 del decreto n. 29, che escluda  i  docenti  universitari
 dall'ambito  di  applicazione del precetto che impone il collocamento
 in  aspettativa  senza  assegni  dei   dipendenti   delle   pubbliche
 amministrazioni.
    Cio'  rende  rilevante  ai  fini  del  decidere  le  questioni  di
 illegittinita' costituzionale sollevate dal ricorrente nei  confronti
 dell'art.  71  del  decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, cosi'
 come interpretato dall'art. 22, comma 38,  della  legge  23  dicembre
 1994,  n.  724,  con  riferimento  agli  artt.  3,  33, 36 e 77 della
 Costituzione.
    Le questioni appaiono non manifestamente infondate.
    Ed invero, se si considera che il docente universitario  collocato
 in   aspettativa   per  mandato  parlamentare  non  cessa  del  tutto
 l'attivita' didattica e di ricerca, ma, ai sensi dell'art.  13, comma
 5, del d.P.R 11 luglio  1980,  n.  382,  ad  esso  "e'  garantita  la
 possibilita'  di svolgere a domanda .. cicli di conferenze, attivita'
 seminariali ed attivita' di ricerca, anche applicativa", ne  consegue
 che  la  particolare  disciplina dell'istituto differenzia in maniera
 sostanziale il collocamento in aspettativa obbligatoria  dei  docenti
 universitari da quello degli altri dipendenti pubblici.
    Da qui' il dubbio se le norme in questione, che invece dettano una
 disciplina  uniforme  per  tutte le categorie di pubblici dipendenti,
 contraddicano la Costituzione, oltreche' all'art. 3 che non  consente
 di  assoggettare  alla medesima disciplina situazioni obbiettivamente
 differenti, anche all'art. 36  secondo  il  quale  il  lavoratore  ha
 diritto  ad  una retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita'
 del lavoro che svolge.
    La circostanza poi che tale regolamentazione sia stata dettata  in
 un  ambito,  quello  della disciplina generale in materia di pubblico
 impiego,  che  non  ha  consentito  di  apprezzare  adeguatamente  le
 particolarita'  dell'ordinamento  universitario,  e  che  non  vi sia
 traccia nella legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421, di riferimenti
 alla docenza universitaria, rende plausibile il dubbio se le norme in
 questione abbiano contraddetto, oltreche' l'art. 77 anche  l'art.  33
 della Costituzione.
    Pertanto, il giudizio va sospeso e la questione rimessa alla Corte
 costituzionale.
                               P. Q. M.
    Il  tribunale  amministrativo regionale del Lazio (sez. 3a), visti
 gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1  e  23,
 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  non manifestamente
 infondate  e  rilevanti  ai  fini  del  decidere  le   questioni   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 71 del d.lgs. 3 febbraio 1993,
 n. 29, cosi' come interpretato dall'art. 22, comma 38, della legge 23
 dicembre 1994, n. 724, con riferimento agli artt. 3, 36  e  77  della
 Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  giudizio e l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura  della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in causa nonche' al Presidente dei Consiglio
 dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
    Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 marzo 1995.
                     Il presidente estensore: FERA
 
 95C1163